E-book - LibreriadelSanto.ithttps://www.libreriadelsanto.it/it-itConcilium - 2024/1Indice

B ernardeth Caero Bustillos – Luca Ferracci

Daniel Franklin Pilario – Michelle Becka,

Editoriale: Guerra e pace 

Abstracts 

I. Guerra e pace 

1. Inquadrare guerra e pace

1.1 Burkhard Liebsch, La guerra come anacronismo

e come minaccia apparentemente inevitabile 

1.2 Sarah Louise MacMillen, Guerra e religione:

alienazione ed espiazione 

I/ Erich Fromm su pace e guerra 

II/ Utopia: la guerra come ricerca dell’unità? 

III/ Definire la pace 

IV/ Conclusione 

1.3 Bernhard Koch, Guerra giusta e pace giusta 

I/ Introduzione 

II/ Guerra giusta 

III/ La pace giusta 

IV/ L’éthos della nonviolenza  1.4 Mary Ellen O’Connell, Credere nella guerra 

I/ L’ascesa della teoria realista e il suo impatto 

II/ Il ristabilimento della pace come scopo del diritto 

III/ Conclusione 

2. Tradizioni teologiche

2.1 John Baptist Antony, Shlôm nei suoi aspetti biblici 

Introduzione 

I/ Contesto 

II/ Alcune considerazioni metodologiche 

III/ Comprensioni bibliche della pace 

IV/ Alcune implicazioni per la costruzione della pace 

Conclusione 

2.2 Fabio Ruggiero, I padri della chiesa

di fronte alla guerra 

I/ Introduzione 

II/ Dalla letteratura subapostolica alla prima apologetica 

III/ Clemente Alessandrino, Ippolito e Origene 

IV/ L’Africa romana del III secolo 

V/ La svolta costantiniana 

VI/ Ambrogio e Agostino 

VII/ Conclusione 

2.3 Eli S. McCarthy, Nonviolenza attiva

durante la guerra. Implicazioni teologiche 

I/ Introduzione 

II/ Esempi di grande impatto durante la guerra 

III/ Implicazioni teologiche 

3. Esperienze

3.1 Francisco de Roux, Tra il dolore della guerra a pezzi

e la sfida della comunità mondiale 

I/ «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9) 

II/ La ricerca della verità 

III/ Una nuova situazione per la chiesa IV/ Discernimento tra costruire

o lasciar distruggere la comunità mondiale 

3.2 Elias O. Opongo, Conflitti africani e interventi di pace.

Alla ricerca di una pace sostenibile 

Introduzione 

I/ Analisi contestuale dei conflitti africani 

II/ Strategie di intervento nei conflitti africani

e relative implicazioni teologiche 

3.3 A lejandro Castillo Morga, Nonviolenza e resistenza

nel popolo chatino di Zenzontepec, in Messico

I/ Il popolo chatino 

II/ Nonviolenza e resistenza nella teologia politica 

III/ «Vale più la vita di una persona che un pezzo di terra» 

II. Forum teologico 

Catherine E. Clifford, Continuare a recepire

la “gerarchia” delle verità 

 

Editoriale

Guerra e pace

Le persone desiderano la pace e anche noi, come persone di fede, ci adoperiamo per ottenerla. Immagini bibliche, teologie, teorie filosofiche e utopie si interrogano sul concetto di pace. Non è da meno lo shlôm del Primo Testamento che ci promette una vita di relazione giusta e realizzata, in comunità con gli altri e sotto la protezione di Dio. Le idee contemporanee provenienti da tutto il mondo, come il buen vivir, alimentano queste concezioni e le sviluppano ulteriormente. Già nell’idea biblica di pace, quest’ultima non è concepibile senza la giustizia, e queste posizioni sono state ulteriormente sviluppate. Pace e giustizia vanno di pari passo. Dovrebbero dare forma alle nostre società: questo è l’auspicio, questa la pretesa normativa. La realtà è spesso diversa, tuttavia. Pace e giustizia mancano, mentre guerra e conflitti armati sono assai presenti. Per la maggior parte delle persone in tutto il mondo i pericoli della guerra non sono mai stati lontani: i conflitti dentro gli stati e tra gli stati determinano il nostro mondo. Ci sono guerre, come per esempio in Afghanistan e nello Yemen, ci sono guerre civili in tanti Paesi (come la Siria, il Sud Sudan, la Libia, il Tigray, il Ciad, il Congo e la guerra ai Rohingya), guerre per la droga (come in Messico e nelle Filippine) e tanti altri conflitti armati nel XXI secolo. Una delle ultime guerre1, quella di aggressione all’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, rappresenta un punto di svolta – non solo per gli europei – per almeno due aspetti: si tratta di una guerra nel cuore del Vecchio Continente e come tale prova che il progetto di pace dell’Europa non si regge su gambe così sicure come si credeva o si voleva credere; inoltre mostra, ancora una volta, l’instabilità dell’ordine internazionale: che valore ha un ordine politico se, alla fine, il vicino più potente può invadere quello più piccolo? E cosa comporta la presenza di questa guerra per il nostro pensiero e per la nostra convivenza? Come possiamo sostenere la speranza di pace senza che diventi cinica, come quando ignora la sofferenza delle persone? E cosa fa la differenza tra il livello individuale e quello strutturale? La pace e l’ideale della pacificazione si riflettono in molti modi sul piano teologico e la pace è la prospettiva guida di questo numero, nella convinzione che qualsiasi approccio alla guerra mira ad avvicinarsi alla pace. Tuttavia la guerra e i conflitti armati sono estremamente presenti nel nostro mondo: distruggono vite umane in modo permanente; ecco perché anch’essi sono al centro di questo numero, che riflette teologicamente sul fatto della guerra. Come possiamo affrontare l’esistenza della guerra e dei conflitti armati in quanto espressione più estrema dell’ingiustizia? Che cosa ci provoca la guerra? In quale maniera essa sfida il nostro pensiero teologico? I nostri contributi si sforzano di trovare risposte a queste domande. La tensione tra le possibili strade da seguire, che sono discusse in modo controverso in tutto il mondo, si riflette anche nei contributi. I quali non offrono ricette per un rapido raggiungimento della pace, ma mostrano che esistono diversi livelli di azione e diversi agenti: alcuni si concentrano sugli stati e sull’ordine internazionale, altri riflettono sulle possibilità della società civile come pure della chiesa. Le logiche e i modi di pensare sono associati anche a diversi soggetti: logica diplomatica o militare, riflessione morale, pensiero teologico o considerazioni in vista di interessi di gruppo. Alcuni si completano a vicenda, altri sono in tensione tra loro. Eppure, questi contributi sono la dimostrazione che anche di fronte alla guerra dobbiamo continuare a pensare e a lottare: per le vie di soluzione, per la comprensione, per un pensiero appropriato. È parte della visione di base di Concilium prendere in considerazione le prospettive di diverse regioni e imparare da esperienze e discorsi differenti. Le guerre e i conflitti armati sono ovunque, e le persone soffrono dappertutto. Eppure le cause, i discorsi e le strategie per fronteggiare tali conflitti sono diversi. In questo numero vogliamo presentarne e discuterne alcuni, chiedendoci cosa possiamo fare per opporci alla guerra. Cercheremo di affrontare il problema della guerra su tre livelli. In primo luogo, ricorrendo a un approccio interdisciplinare, ci chiederemo quali siano le strutture euristiche, cosa significhi oggi la guerra e quali narrazioni diano forma al discorso sulla guerra: come possiamo pensare di affrontare l’esistenza della guerra? In secondo luogo ci chiederemo quali tentativi di risposta offra la teologia, nel passato e nel presente: possiamo parlare di “guerra giusta” e cosa vorrebbe dire? Infine, ad un terzo livello, offriremo alcuni punti di vista (naturalmente ce ne sarebbero molti altri) su cosa significhi la guerra per la vita delle persone e su come la guerra e la violenza influenzino l’esistenza e la cultura: in che modo le persone la affrontano e come resistono? Come apertura, il filosofo tedesco Burkhard Liebsc h solleva la questione del fino a che punto, sullo sfondo della criminale guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la guerra debba essere intesa come una minaccia che resta inevitabile. Egli prende sul serio il fatto che «uno possa minacciare di rovinare tutto in virtù di una decisione sovrana»; allo stesso tempo però mette in guardia dal cedere alla logica della guerra. Egli mostra come in guerra ogni politica fallisca e come anche il pensiero corra il rischio di sottomettersi alla guerra. Liebsch promuove inoltre un modo di pensare che neghi la guerra e sottolinea la necessità di una comprensione appropriata e attuale dello stato, secondo la quale lo stato deve riconoscere la violenza che è andata di pari passo con la sua storia e continua a emergere da essa. La sociologa statunitense Sarah Louis e MacMillen riflette sul rapporto tra guerra e religione e sostiene la tesi secondo la quale la religione è una causa importante della guerra. L’autrice ritiene, insieme a Erich Fromm, che in questi casi spesso c’è già una comprensione problematica della religione, sovente […]

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Corso di liturgiahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788839961891/corso-di-liturgia.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788839961891/corso-di-liturgia.htmlMon, 25 Mar 2024 16:36:35 +0100Parole di VitaINDICE

EDITORIALE 

Rocco Caruso

ISAIA, PROFETA E UOMO VERO.

CHI SI CELA DIETRO I TESTI? 

Giacomo Violi

L’ESPERIENZA DELLA SANTITÀ DI DIO

E L’URGENZA DELLA MISSIONE 

Laura Invernizzi

UNO SGUARDO PROFONDO

ALLA STORIA 

Patrizio Rota Scalabrini

TRONO E ALTARE: ALLEANZA

O SCONTRO? ISAIA E LA POLITICA 

Juan Antonio Ruiz Rodrigo

LA CITTÀ DI SION/GERUSALEMME 

Dionisio Candido

«HO VISTO UNA PAROLA DI PACE».

IL SOGNO DI ISAIA (IS 2,1-5) 

Massimo Gargiulo

RIPRESE EBRAICHE DI ISAIA:

LA CHIAVE DEL SANTUARIO E DELLA TORÀ 

Maurizio Girolami

RIPRESE PATRISTICHE DI ISAIA:

«LA CHIAVE DELLA CASA DI DAVIDE» 

BIBBIA E SCUOLA

Gian Paolo Bortone

La missione del profeta e il silenzio di Dio 

IL PROFETA NELLA LITURGIA

Angelo Lameri

Il Lezionario del tempo di Avvento 

RIFIGURAZIONI

Donatella Scaiola

Isaia in musica 

APOSTOLATO BIBLICO

Giuseppe Tilocca

I commenti biblici online: una nuova frontiera? 

ARTE

Marcello Panzanini

Uno sguardo che cambia la vita:

Il profeta Isaia, di Antonio Balestra

 

EDITORIALE

Quale scopo ha la predicazione di Isaia?

Quali grandi temi affronta? Certamente

Isaia ha voluto convertire i suoi contemporanei

e provocare nel popolo l’incontro

con Dio, ma su che cosa si fondano

la sua fede e il suo annuncio? Su due pilastri: l’elezione

divina di Gerusalemme, la sua citta d’origine,

e la dinastia davidica.

Anche se Isaia non parla mai direttamente di se

stesso, emergono nei testi alcuni tratti che lo caratterizzano:

non solo la sua missione e gia racchiusa

nel significato del suo nome (Yhwh salva), ma

tutta la sua vita, compresi i suoi stessi figli e i loro

nomi (Is 8,18) e alcuni gesti significativi (come

girare nudo e scalzo per tre anni, Is 20,2-3, o

incidere su una tavoletta un messaggio che sara il

nome del futuro secondogenito, Is 8,4) sono segni

che rimandano a cio per cui Dio lo ha scelto

(R. Caruso). Nessuno si sceglie la missione profetica

come un mestiere, nessuno si nomina da

se, ma e il Signore a inviarlo; punto di partenza

e nucleo incandescente della vicenda profetica e

sicuramente il momento della vocazione. Quella

di Isaia e narrata secondo lo “schema politico”,

come ci spiega G. Violi: e l’incontro con la santita

di Dio, che sembra cercare qualcuno da inviare,

a spingere Isaia, uomo deciso, a un generoso

si e alla celebre risposta: Eccomi, manda me (Is

6,8). La missione e tornare tra i suoi come messaggero

divino, pur sapendo di esser destinato al

fallimento. Isaia non ci comunica la propria esperienza,

ma dopo quella teofania sara un uomo

nuovo, messaggero di una visione che si fa parola:

uno sguardo penetrante e profondo sulla realta

e sulla storia; la capacita visionaria del profeta

non e mai separata dalla parola, che interpreta e

trasmette agli altri la sua esperienza (L. Invernizzi).

Infatti, tutto cio non puo essere per il profeta

solo un forte accadimento intimo e personale, ma

si traduce in liberta di giudizio e lucidita di analisi

nella dimensione politica e nella lettura delle

vicende belliche e diplomatiche, in denuncia delle

ingiustizie e in invito alla speranza (P. Rota Scalabrini).

Nel cuore del profeta una speciale attenzione

e per Sion/Gerusalemme, la citta per eccellenza

(J.A. Ruiz Rodrigo): e non solo la sua citta

d’origine, ma uno dei grandi filoni della sua predicazione.

Le denunce sociali e la critica alle autorita

postulano un cambiamento di condotta che

provochera un indurimento nel popolo e il castigo

di Dio, ma la catastrofe non e l’ultima parola:

nel sogno di Isaia Sion (e soprattutto il tempio)

diviene la meta non solo di pellegrini e fedeli,

ma il luogo luminoso e di pace capace di attrarre,

in una sorta di “ecumenismo isaiano”, anche i

gentili (D. Candido). Oltre a Gerusalemme, l’altro

grande tema della predicazione isaiana e quello

della dinastia davidica, che ritroviamo nel cap.

22 e, in particolare, quello della chiave del santuario

e della casa di Davide (Is 22,22), al centro

dei due “articoli gemelli” sulle riprese di Isaia

in prospettiva ebraica (M. Gargiulo) e nella tradizione

patristica (M. Girolami).

Da non perdere, poi, l’appuntamento con le

rubriche: allo sguardo che cambia la vita di Isaia

sono dedicati anche la copertina e l’approfondimento

di M. Panzanini (Arte), mentre G.P. Bortone

(Bibbia e Scuola) ci ricorda che la missione

non si esaurisce solo nella dimensione operativa

e che anche il silenzio di Dio “parla”; il percorso

nella liturgia (A. Lameri) prosegue con l’uso di Isaia

nel tempo di Avvento, mentre a proposito delle

riprese di testi isaiani nell’arte in questo numero

ci occuperemo di quelle musicali: D. Scaiola ci

guidera alla scoperta del Messia di Handel. La riflessione

sull’Apostolato biblico (G. Tilocca) si concentra

su una nuova frontiera di annuncio della

parola: i commenti on line; mentre la Scheda biblica,

ovvero il nostro inserto staccabile (F. Nigro),

propone alcuni spunti sulla vocazione-missione

di tutti noi lettori, alla scuola del profeta Isaia.

Buona lettura!

Elena Maria Laluce

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Servizio della Parola - n. 556@Wordinprogress

4. Il Direttore risponde

Alcune valutazioni e proposte

su Servizio della Parola

I nostri modi di dire

50. Felici come una Pasqua

1. La felicità ragionevole e possibile (A. Carrara)

2. La gioia nel Vangelo (P. Mascilongo)

3. Felici come una Pasqua (S. Passeri)

Veglia vocazionale per giovani

Cosa devo fare per essere felice?

(C. Cremonesi)

Tempo pasquale 2024

31 marzo / 19 maggio

Pasqua di risurrezione (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

2ª domenica di Pasqua (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

3ª domenica di Pasqua (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

4ª domenica di Pasqua (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

5ª domenica di Pasqua (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

6ª domenica di Pasqua (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

Ascensione del Signore (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

Domenica di Pentecoste (L. Flori, V. Brunello, R. Laurita)

 

 

4.

Il Direttore risponde

Alcune valutazioni e proposte

su Servizio della Parola

Carissimo Direttore,

sono abbonato da una decina d’anni (forse più) alla rivista e

vi ho sempre trovato un bel contributo per la riflessione sulle

letture e per la preparazione dell’omelia domenicale.

Apprezzo i commenti di solito concisi e chiari sia a livello esegetico

che omiletico. In taluni commenti esegetici si usa un linguaggio

a volte un po’ troppo “tecnico” o “ecclesialese”, che

perde in chiarezza.

Talvolta ho letto anche i contributi dei dossier su tematiche

della predicazione e dei sussidi su iniziative pastorali. Ho apprezzato

il tentativo di collegare la parola di Dio con le sfide

culturali di oggi, con contributi specifici. Mi sembra molto

buono l’accompagnamento dell’anno liturgico.

Terrei più presente, nei commenti, anche le giornate specifiche

fisse: giornata missionaria mondiale, giornata della parola di

Dio, della carità del papa, dei nonni e anziani, dei poveri, dei

migranti e rifugiati. Forse si potrebbe offrire una riflessione su

alcuni temi specifici, in questo tempo di discernimento sinodale.

Offro tre esempi. – Bambini ed eucaristia: quale tipo di adattamento è possibile

per i più piccoli?

– Liturgia della Parola domenicale ed eucaristia domenicale:

come salvare le reciproche caratteristiche?

– Giovani e liturgia eucaristica: come offrire una messa che

esprima il sentire e le modalità espressive dei giovani?

Grazie per il lavoro tuo e della tua équipe.

don Maurizio Fabbri

Carissimo don Maurizio,

ti ringrazio per la semplicità e chiarezza della tua riflessione

su Servizio della Parola. Tocchi molti punti importanti e offri

prospettive interessanti. Mi soffermo particolarmente sulla tua

prima osservazione, accogliendo con soddisfazione il tuo giudizio

sui nostri commenti esegetici al Lezionario domenicale.

Al cuore della nostra rivista c’è la parola di Dio, specialmente

quella che risuona ogni domenica nelle nostre comunità. L’obiettivo

è offrirne commenti che sappiano mediare la ricerca

propria dell’esegesi in una forma comprensibile a tutti, senza

stancare il lettore con passaggi argomentativi o linguaggi tecnici,

che sono certo necessari per i contributi scientifici ma che possono

pregiudicare la possibilità di una comunicazione più ampia.

Trovare questo equilibrio non è un compito facile per l’esegeta

e richiede una specifica competenza, acquisita sul campo della

comunicazione pastorale, con una costante attenzione alle forme

e ai linguaggi. È il frutto di un’ascesi che comporta la rinuncia al

narcisismo dei metodi e alla pretesa di una spiegazione completa.

Si tratta di dare gratuitamente, con poca spesa e fatica per il

lettore, quella perla preziosa che rappresenta la meta di decenni

di lavoro intellettuale ed è al contempo l’ispirazione e motivazione

profonda di tanta fatica.

Viene in mente quel passo di Isaia: «O voi tutti assetati, venite

all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate;

venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte»

(Is 55,1). Non è scontato esprimere questa liberalità, che spoglia l’accademia del suo carattere esclusivo ed espone senza filtri il

nucleo incandescente della passione esegetica: la comunicazione

della Parola. Se poi il lettore non apprezza la fatica che c’è

dietro, che importa? Ciò che a noi preme è che si rinnovi in lui

o in lei il gusto della Parola e che possa far propria quella nuova

comprensione, per donarla ad altri, in diverse modalità e contesti,

compreso quello liturgico.

Il nostro desiderio è che un abbonato di Servizio della Parola

sappia di trovare nella rivista un frutto sicuro e profondo, senza

doverlo scovare con fatica in una frase di un commentario, pescata

dopo pagine di ricerca delle fonti, analisi filologiche o studi

narratologici. Se poi il nostro lettore, ispirato da questo frutto,

sentirà nascere in lui il desiderio di un confronto serio con un

commentario, per la propria preparazione personale, allora saremo

davvero soddisfatti, perché l’impulso alla comunicazione

del Vangelo sarà consolidato dalla ricerca di una maggiore profondità.

Questa non è una meta facile e forse non sempre siamo riusciti

a raggiungerla. L’impegno si rinnova oggi, nel solco di una

lunga e importante tradizione, che ha saputo mettere a frutto i

migliori sforzi dell’esegesi italiana, storicamente attenta a coniugare

ricerca e pastorale.

Tutti gli altri punti che citi, carissimo don Maurizio, sono molto

importanti e andrebbero sviscerati uno per uno: preferiamo

farlo nei prossimi numeri, in modo da non trascurare nulla per

motivi di spazio.

Solo un accenno mi riservo al tema del rapporto tra liturgia

della Parola ed eucaristia e al tema dell’accompagnamento dei

giovani e delle famiglie nella Parola e nella liturgia. In un tempo

di ripensamento delle forme ministeriali e di riorganizzazione

della comunità cristiana sul territorio, il nostro contributo come

Servizio della Parola al cammino sinodale potrà essere anche

quello di offrire esperienze promettenti di mediazione pastorale

della parola di Dio, in grado di offrire una buona pedagogia,

rivolta in particolare ai giovani, alle famiglie e alle comunità in

attesa di presbitero.

don Davide Arcangeli

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Studia Patavina 2023/3INDICE

editoriale

Jacques Dupuis (1923-2023) La controversa eredità di una teologia cristiana

del pluralismo religioso

Gaudenzio Zambon

focus Coscienza e umanità. Fondamenti teorici, fonti antiche,

riflessioni moderne e contemporanee

Introduzione – Alla riscoperta di una “realtà antropologica universale”

Lubomir J. ak

Alle radici della nozione di coscienza nella cultura mediterranea antica: cenni

di analisi e di interpretazione

Ernesto Borghi

Per un’etica della riconoscenza e della restituzione in prospettiva

fenomenologico-trascendentale

Franco Buzzi

Cosa influisce sulla coscienza secondo la psicodinamica e le neuroscienze

Pierluigi Imperatore

La coscienza cristiana dei laici nell’impegno politico, tra storia e spiritualità

Markus Krienke

«Qui sto saldo». Una frase e il suo impatto

Johannes Schilling

Il giudizio della coscienza e la libertà della fede. Il fondamento dell’autocomprensione umana

Dietrich Korsch

La coscienza morale cristiana nel cammino dell’etica ecumenica.

Prospettive di dialogo

Lorenzo Raniero

Prendere coscienza come essere presi. Un cammino di libertà

Sergio Gaburro

ricerche

Il mistero di Maria, figura e simbolo della creazione

Giuseppe Trentin

temi e discussioni

Blaise Pascal fra libertini e post-modernità: sono le Pensées ancora attuali

per l’odierna teologia fondamentale?

Giuseppe Tanzella-Nitti

Come parlare di risurrezione oggi? Spunti di teologia pastorale

Rolando Covi

L’esistenza umana e credente nel globalismo informazionale

Alessandro Scardoni

notiziario

Vita della Facoltà (a.a. 2022-2023)

Paola Zampieri

libri ricevuti

indice generale 2023

 

EDITORIALE

Jacques Dupuis (1923-2023). La controversa eredità

di una teologia cristiana del pluralismo religioso

Gaudenzio Zambon

 

Negli anni Novanta alcune istituzioni accademiche ecclesiastiche e civili di

Padova e di altre città del Triveneto hanno avuto l’onore di conoscere padre

Jacques Dupuis come conferenziere su temi riguardanti il dialogo interreligioso.

In occasione del centenario della sua nascita (Charleroi, 5 dicembre

1923) ricordare la sua figura, oltre a omaggiarne la memoria, può utilmente

risvegliare l’interesse, lo studio e la ricerca sul dialogo interreligioso.

Il gesuita p. Dupuis è stato uno dei teologi piú famosi al mondo, esperto

di cristologia interreligiosa e di teologia delle religioni, e figura di

spicco nel mondo accademico internazionale messa in discussione dalla

Congregazione per la Dottrina della fede (il “caso-Dupuis”) guidata dal

card. Joseph Ratzinger a motivo della sua visione positiva della pluralità

delle fedi; oggi viene collocato tra i giganti dalle cui spalle possiamo guardare

alla teologia del futuro1. Il suo cammino teologico è stato segnato da

una intensa attività accademica a Kurseong, a Delhi (India) e a Roma, dove

si trovò a vivere in un clima di sospetto, iniziato con la critica radicale alla

sua opera Verso una teologia del pluralismo religioso (Queriniana 1997) da parte

del teologo milanese Inos Biffi pubblicata in Avvenire il 14 aprile 1998: «Le

affermazioni fondamentali, che guidano tutto il volume e lo concludono, ci

sembrano inaccettabili non solo dal punto di vista teologico, ma anche dal

profilo della vita cristiana»; «Crediamo che la teologia “cristiana” del pluralismo

religioso debba seguire un’altra strada» (p. 20). La Congregazione per

la Dottrina della fede nell’agosto 2000 pubblicava la dichiarazione Dominus

Iesus, uno dei piú criticati documenti degli ultimi decenni, e il 24 gennaio

2001 emetteva una Notificazione a proposito del libro del p. Jacques Dupuis

nella quale veniva affermato: «Nel libro sono contenute notevoli ambiguità

e difficoltà su punti dottrinali di rilevante portata, che possono condurre

il lettore a opinioni erronee o pericolose». Dinanzi a tali accuse la prima

reazione provata da Dupuis fu di «profonda angoscia, mista a un senso di rivolta

»2. Avvertí un senso di desolazione e solitudine per essere stato criticato

su ciò a cui aveva dedicato gran parte della sua vita; a nulla erano valse le

due memorie del 1998 e del 1999 (pp. 188+60) inviate alla Congregazione

come risposta alle accuse, prima della Notificazione del 2001. Egli stesso

confidò di avere vissuto due periodi di crisi: nel 1984 con il trasferimento

da Delhi – dove talvolta era accusato di essere un reazionario – a Roma,

dove invece era visto come un teologo progressista estremista; e nel 1998

quando divenne “il caso Dupuis”. Se Congar si sentí un “uomo spezzato” a

causa della proibizione di insegnare, Dupuis invece temette una “scissione

di personalità” e una “perdita del suo senso di identità” per le tante valutazioni

contradditorie del suo essere e delle sue pubblicazioni3. Negli ultimi

anni tentò in tutti i modi di chiarire le sue posizioni e avrebbe desiderato

un colloquio personale con la Congregazione per la Dottrina della fede che

invece utilizzò una procedura che «sembrava una caricatura della giustizia»4.

Ciò nonostante rimase un uomo di profonda fede in Gesú Cristo, mantenne

il suo sorriso ironico e nel contempo dolente, segno di una profonda

amarezza che lo portò a isolarsi anche dai suoi confratelli fino alla morte,

il 28 dicembre 2004, quando «depresso per le accuse di eresia»5, si accasciò

nella mensa della Università Gregoriana, a causa di un malore improvviso.

William R. Burrows, redattore presso la Orbis Books (New York), definisce

Dupuis un “revisionista conservatore” perché pone la massima attenzione

alla Scrittura, alla Tradizione e ai documenti del Magistero con un

occhio rivolto all’azione di Cristo e dello Spirito nelle religioni del mondo

allo scopo di “liberare uno spazio” per un dialogo serio e autentico6. Luigi

Sartori invece offrendo un approccio piú narrativo, nella Prefazione al libro

di Dupuis Il cristianesimo e le religioni. Dallo scontro all’incontro (Queriniana

2001), scrive: «Dovremmo gioire per gli aiuti che studiosi di seria competenza

offrono all’incontro, oggi cosí urgente e decisivo, del cristianesimo

con le religioni mondiali; soprattutto se provengono da chi dispone di una

lunga esperienza di ‘convivenza’, e cioè di vissuta testimonianza missionaria,

all’interno di quegli ‘universi lontani’»7.

Anche l’istruzione Dialogo e annuncio (1991), di cui Dupuis fu il principale

estensore, dice che tra le forme di dialogo interreligioso la prima

forma è quella della vita, dello spirito di apertura e di buon vicinato tra

le persone (Dialogo e annuncio, n. 42 a). Senza i 36 anni vissuti in India

non si può comprendere la struttura e la prospettiva che Dupuis diede al

suo pensiero teologico, la sua visione sulla missione evangelizzatrice della

chiesa. L’attività accademica e gli impegni formativi vissuti a Kurseong e a

Delhi, l’assistenza spirituale dei profughi tibetani, la collaborazione con l’episcopato

locale per l’inculturazione del vangelo nella valorizzazione delle

tradizioni religiose locali, l’elaborazione con un gruppo di persone di un

“ordinario della messa” per l’India e di tre volumi di seconde letture alternative

per l’ufficio delle letture, selezionate tra le sacre Scritture dell’India,

lo condussero a elaborare criteri inclusivi per un’interpretazione cristiana

aperta, capace di evocare i semi del verbo presenti nelle diverse tradizioni […]

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Asprenas n. 4/2023PRESENTAZIONE

«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri

soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le

tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano

che non trovi eco nel loro cuore […]. La comunità dei cristiani si sente realmente

e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia […]. Si tratta di

salvare l’uomo, si tratta di edificare l’umana società […]. Per svolgere questo

compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli

alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione,

possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita

presente e futura e sulle loro relazioni reciproche» (Gaudium et spes 1, 3 e 4) .

Le parole con le quali si apre la costituzione pastorale del Concilio

Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo conservano, a quasi

sessant’anni dalla sua promulgazione (il 7 dicembre del 1965), una

forza e un’attualità straordinarie: in un tempo segnato da una velocità

di cambiamenti che sembra destinata a incrementarsi sempre più – un

tempo nel quale si è, come mai prima d’ora, esposti al rischio di “perdere

dei pezzi”, trascinati dal turbinio degli eventi con i quali è difficile

stare al passo –, la comunità cristiana non può sottrarsi a un attento

ascolto dell’umano e delle sue istanze più profonde, per rispondere a

quanto di quell’umano non è ancora giunto, se non a compimento, almeno

a una sua chiara espressione. Tra le dimensioni dell’umano che

ancora domandano di essere pienamente accettate, accolte e valorizzate

– in una parola “elaborate” – vi è, indubbiamente, quella dell’alterità

uomo-donna, che passa inevitabilmente per la restituzione (o, forse addirittura,

per il riconoscimento) della dignità e della specificità proprie

del femminile, che per secoli è stato “misurato” sul maschile e che oggi

sembra, finalmente, possa essere guardato per il valore e la peculiarità

che porta in sé. Per quanto, infatti, l’antropologia biblica – nonostante

i limiti culturali di cui inevitabilmente è portatrice, dovuti ai contesti di redazione

del testo sacro, che sono tutt’altro che indifferenti alla mediazione

della rivelazione divina – sia un’antropologia della reciprocità,

che non mortifica la differenza maschio-femmina, ma ne trova il suo

fondamento e la sua ultima ragion d’essere in Dio stesso (il quale «creò

l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina

li creò» Gen 1,27), va riconosciuto che anche nel mondo cristiano la

donna ha vissuto una condizione di sottomissione al maschio, che spesso

le ha impedito di poter esprimere in pienezza la propria identità e il

proprio “genio” (per utilizzare una categoria cara a Giovanni Paolo II:

cf. Lettera alle donne 9-12).

Nel messaggio che, a chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre

1965), Paolo VI rivolgeva alle «donne di ogni condizione», dichiarava,

con sguardo profetico e con grande autorevolezza:

«La Chiesa è fiera, voi lo sapete, d’aver esaltato e liberato la donna, d’aver

fatto risplendere nel corso dei secoli, nella diversità dei caratteri, la sua uguaglianza

sostanziale con l’uomo. Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione

della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società

un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. È per questo, in

questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione,

che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono tanto per aiutare

l’umanità a non decadere» (nn. 2-4).

Per quanto sia innegabile che le parole di Paolo VI abbiamo trovato

solo parziale compimento negli anni che ci separano da lui, va detto

che, proprio sulla base di un ascolto del mondo più libero da precomprensioni

e grazie a un’obbedienza più critica all’autentica tradizione

biblica e cristiana, i passi fatti dalla Chiesa nella direzione della valorizzazione

e della promozione del femminile sono numerosi e non sono banalmente

riducibili al riconoscimento di “quote rosa” o all’assegnazione

di incarichi “visibili” all’interno della compagine ecclesiale. Basti pensare

al valore che hanno avuto, nel panorama teologico ed ecclesiale post-

conciliare, documenti come la lettera apostolica Mulieris dignitatem

di Giovanni Paolo II sulla dignità e sulla vocazione della donna (15 agosto

1988), o la sopra citata Lettera alle donne (29 giugno 1995), e ancora

la Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo

e della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004) dell’allora Congregazione

per la Dottrina della Fede, testi che fanno da sfondo e da preparazione

remota ai recenti interventi di papa Francesco, tra i quali va ricordata l’omelia del

1° gennaio 2024, in occasione della Solennità di

Maria Santissima Madre di Dio e nella LVII Giornata mondiale della

pace, nella quale il pontefice ha dichiarato che «ogni società ha bisogno

di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla,

valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio,

nato da donna». Il vero problema non è tanto l’inserimento delle donne

nelle strutture esistenti, quanto piuttosto la possibilità di poter ripensare

le strutture stesse sociali ed ecclesiali a partire dalla polarità

uomo-donna che, per la fede giudaico-cristiana, connota l’umano dall’in-

principio. La vera scommessa sta, allora, nel liberarsi dall’idea di femminile

come “maschio mancato” (mas occasionatus) o, comunque, come

un essere umano costitutivamente destinato alla subordinazione, per

cogliere nella polarità uomo-donna la pienezza dell’umano, in tutte le

sue sfaccettature, al di là di ogni contrapposizione come anche di ogni

omologazione. D’altro canto, come si diceva, vi è un proprium del femminile,

che per il santo padre Francesco va colto a partire dalla considerazione

che «la donna è colei che fa bello il mondo, che lo custodisce e

mantiene in vita. Vi porta la grazia che fa nuove le cose, l’abbraccio che

include, il coraggio di donarsi» (Discorso a una delegazione dell’“American

Jewish Committee”, 8 marzo 2019).

La Sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica

dell’Italia Meridionale ha voluto rendere stabile l’interesse per l’universo

femminile: a questo scopo, nel 2022, è stato istituito il Laboratorio

permanente sul genio femminile, che ha promosso il convegno nazionale

dedicato al tema Donne, poesia e amore della Sapienza, tenutosi il 13 e 14

ottobre dello stesso anno presso la sede di Capodimonte. Il convegno

– i cui Atti vengono raccolti nel presente fascicolo – ha inteso mostrare,

come in quell’occasione ha dichiarato una delle promotrici del laboratorio,

Carmela Bianco, che «l’universo femminile può custodire l’armonia

dell’esistenza nell’atto generatore della cultura stessa, dal mondo

antico alla contemporaneità, tanto nella scrittura quanto nell’arte, in

sintonia con l’evoluzione sociale» e, ci sembra di poter aggiungere, con

il progresso delle scienze religiose e teologiche.

La sapienza teologica, alla quale il femminile non è estraneo – nonostante

la “marginalizzazione” vissuta per lungo tempo –, non ha solo

molto da dire alle donne, ma sempre più deve mettersi in ascolto del

mondo femminile e lasciare che esso possa esprimersi in tutta la sua

variegata e multiforme ricchezza, portando a piena maturazione quella

“apertura al femminile” che – come ha dichiarato all’apertura dei lavori

del convegno l’allora decano della Sezione Francesco Asti – «può oggi

felicemente incarnarsi nell’operosità di gesti semplici e importanti, da

compiere a ogni livello. Se la donna è stata identificata con l’immagine

della forza e della bellezza, nel senso più nobile della sua accezione,

quale artefice o semplice ispiratrice delle arti e delle culture, la riscoperta

decisa del genio femminile può agevolare il tanto auspicato “cambiamento

del sistema”, sostituendo la logica del dominio con quella del

servizio e della cura».

È questo l’orizzonte entro il quale intendono muoversi i cinque

contributi qui presentati, che, secondo curvature e sensibilità differenti

ma complementari, offrono una stimolante lettura storico-teoretica di

figure e di opere che, a vario titolo, hanno a che fare con le donne, dal

mondo antico ai nostri giorni.

GIANPIERO TAVOLARO]]>
https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026980/asprenas-n-42023.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026980/asprenas-n-42023.htmlWed, 21 Feb 2024 16:26:33 +0100
Miscellanea Francescana n. III - IV/2023https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026973/miscellanea-francescana-n-iii---iv2023.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026973/miscellanea-francescana-n-iii---iv2023.htmlTue, 20 Feb 2024 16:40:37 +0100Archivum Franciscanum HistoricumINDEX

Discussiones et Documenta

Juri Leoni, oFM. – i miracoli di Caterina Vigri (1413-1463) in una raccolta

ferrarese

GiorGia Proietti. – i manoscritti del Corpus Domini di Bologna. ricognizione

e descrizione del fondo conservato nel monastero

Kateina PtáKoVá. – «ovunque mettano piede, difficilmente potranno

essere scacciati». Gli osservanti nel regno di Boemia (1450-1530)

ConCetto DeL PoPoLo. – Vita del Servo di Dio antonino da Caltagirone:

studio e edizione

JarMiLa HLaVáKoVá. – „als kein Mittel mehr half“. Die wundertätige

Marienstatue und das Verhältnis zwischen Klarissenkloster und Stadt

Znaim Miscellanea

ManueL GerarDo GóMeZ MenDoZa. – el discurso sobre la naturaleza en la

primera crónica franciscana de tarija del P. Manuel Mingo de la Concepción

(1791)

Summaria

Recensiones

BruBaKer, JeFF. – the Disputatio of the Latins and the Greeks, 1234. introduction,

translation and Commentary. – (Michael robson)

nannini, anDrea - ZaVattero, irene (a cura). – itinerari di filosofia e teologia

francescana. Studi offerti in memoria di Marco arosio. – (riccardo

Saccenti)

MenSa, JauMe et al. (eds.). – La recepció de l’obra d’arnau de Vilanova. –

(Sara Muzzi)

BuCCoLini, MarCo, oFM. – San Giacomo della Marca. La vita, la riforma

religiosa e l’opera sociale. – (antal Molnár)

PeLLeGrini, LuiGi [oFMCap.]. – i frati Minori dell’osservanza: dall’italia

all’europa (secoli xiV-xV). – (Pacifico Sella)

BianCHi, LuCa [oFMCap.] - PaSZtaLenieC, raDoSLaw [oFMCap.] (a cura).

– una tradizione in cammino. Storia e spiritualità cappuccina. –

(Leonhard Lehmann)

MaCSHane, BronaGH ann. – irish women in religious orders, 1530-

1700. Suppression, Migration and reintegration. – (Mícheál Mac

Craith)

SoreLLe CLariSSe (a cura). – il Monastero del Buon Gesù di orvieto e il

suo archivio storico. inventario (secc. xVi-xx). – (andrea Maiarelli)

ZHanG, rui. – La missione del primo Legato pontificio Maillard de tournon.

all’origine delle relazioni tra Santa Sede e Cina (1622-1742). –

(Claudia von Collani)

CaPeLLi, Sara. – una scuola francescana di confine: un Bonaventura platonizzante

ispiratore di rosmini. – (Gian Pietro Soliani)

Notae bibliographicae

Libri ad nos missi

index alphabeticus

tabula materiarium

index auctorum anni 2023

 

I miracoli di Caterina Vigri (1413-1463) in una raccolta ferrarese

JurI LeONI, OFM

Frati editori di Quaracchi, roma, Italia

Premessa

La fondatrice del monastero del Corpus Domini di Bologna, Caterina

vigri, monacata nell’omonimo Monastero di Ferrara, era morta il 9 marzo 1463;

sulla sua sepoltura, come annota la lettera circolare che le monache di Bologna

scrissero per dare notizia della sua morte e del ritrovamento miracoloso del

corpo incorrotto ai monasteri viciniori, si erano verificati alcuni miracoli:

e la sera fu deliberato fusse posta in terra, et fu posta in terra in una fossa cavata

ben più due braci sotto […]: dove essa benedetta stete çorni decioto. et ogni dì

era sentito novo odore de quella fossa; et più sore stando sopra quella erano liberate

da sue infirmitate1.

Gli eventi miracolosi si erano moltiplicati allorché il corpo era stato dissepolto

il 26 marzo 1463 ed esposto alla venerazione pubblica con concorso di

cittadini bolognesi e prelati che si recarono al Monastero per vedere il prodigio:

et per lei el nostro Signore Dio glorioso à adoperato assai e belli miracoli, guarito

impiagati, assidrati, et uno povero posseduto dal nemico liberato dal

morbo caduco, doglie, e febre, et altri mali assai La Vita breve, il più antico testo

agiografico sulla vigri attribuito

alla compagna Illuminata Bembo e ritenuto dalla critica una prima versione

dello Specchio di illuminazione, allega una prima raccolta di miracoli,

introducendola con queste parole:

Ora non me volio pero anche dimentigarme che non facia memoria de

alcuni deli miracoli adoperati per la beata e devota anima, acio che la infidelita

mia sia alquanto relevata, se infidilità li fosse. Io non li scrivo za

tuti, però che non o tenuto el conto, zoe non gli o scriti, quando me è stato

dicto, per mia negligentia. et ora non me li ricordo3.

Purtroppo, il ms. 2894 della Bibliothèque royale de Bruxelles (=

Br)4, in cui è conservato il testo, è mutilo e presenta solo due miracoli

post mortem5. Alcuni miracoli sul luogo della prima sepoltura della vigri

sono ricordati nello Specchio di illuminazione sia nella redazione lunga

che in quella media: una suora è guarita da un dolore di schiena appoggiandosi

al sepolcro e altre monache «ogni zorno, andando mo’ l’una,

mo’ l’altra, chi per una passione, chi per un’altra, se sentiveno sanare, e

sentendo pur quello odore»6. Il testimone manoscritto della redazione

lunga dello Specchio di illuminazione (Mi) aggiunge a conclusione una

raccolta di 60 miracoli post mortem7, mentre il testimone della redazione

media, tradizionalmente conosciuto come autografo di Illuminata

Bembo, non presenta alcun miracolo8.

La raccolta e la redazione scritta di miracoli compiuti per intercessione

di Caterina da Bologna dovette essere oggetto di una intensa e […]

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La cura delle emozioniLe emozioni sono un grande dono per la nostra vita. Proviamo per un

istante a immaginare la realtà circostante completamente grigia: come

sarebbe monotona la nostra esistenza! Un mondo senza emozioni

assomiglia a una realtà monocroma, priva di colori e sfumature, di spinte

e dinamismo. Ma le emozioni possono essere anche un peso, una fonte di

tensione e fatica. Da qui l’importanza di “curare” il nostro vissuto emotivo

imparando a conoscere e regolare il mondo degli affetti.

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Parole di VitaINDICE

Guido Benzi IL ROTOLO SIGILLATO (IS 29,11-12). LA STRUTTURA DEL LIBRO DI ISAIA Donatella Scaiola ISAIA, PROFETA TRA PROFETI Paolo Merlo OLTRE LE PAROLE. I CONTESTI STORICI Ombretta Pettigiani LEGGERE ISAIA DALL’INIZIO ALLA FINE Boris Lazzaro UN LIBRO, MOLTI STILI Paolo Mascilongo LA TEOLOGIA DEL LIBRO DI ISAIA Massimo Gargiulo RIPRESE EBRAICHE DI ISAIA: «ECCOMI, MANDA ME!» (IS 6,8) Maurizio Girolami RIPRESE PATRISTICHE DI ISAIA: «ECCOMI, MANDA ME!» (IS 6,8) BIBLIOGRAFIA GUIDATA Guido Benzi Introduzioni, commentari e studi su Isaia BIBBIA E SCUOLA Gian Paolo Bortone Apri il rotolo di Isaia e ci trovi… Ezechiele 25! IL PROFETA NELLA LITURGIA Angelo Lameri La struttura del lezionario RIFIGURAZIONI Annalisa Guida Isaia nella Commedia di Dante APOSTOLATO BIBLICO Giuseppe Tilocca “Cucinare” la Parola ARTE Marcello Panzanini Immersi nel mistero: Il profeta Isaia di Melozzo da Forlì

 

EDITORIALE

Dall’VIII secolo a.C. a oggi le immagi- ni e le parole potenti del profeta Isaia non smettono di esortare, consolare e finanche sferzare i loro destinatari nella tradizione ebraica, prima, e in quella cristiana, poi. Isaia ha offerto una parte consistente di quel grande repertorio di figure su cui si è costruita la  narrazione neotestamentaria (basti pensare alla decisività dei “canti del servo” nei racconti evangelici della passione): del resto è il libro dell’Antico Testamento più citato nel Nuovo, dopo i Salmi. Ma non è “solo” per ragioni quantitative che dedicheremo l’annata 2024 di Parole di vita al primo profeta del canone cristiano (sebbene questa posizione non sia stata sempre la stessa, come ci spiega in questo fascicolo D. Scaiola). Negli studi isaiani dell’ultimo ventennio, infatti, non pochi sono stati gli assunti “scardinati” e rimessi in discussione dalla critica, soprattutto relativamente alla composizione dell’opera e alla sua teologia “finale”. Ci è sembrato, dunque, opportuno dar conto di tali aggiornamenti (in forma rigorosa, ma accessibile), anche per gustare un testo così significativo attraverso nuove chiavi di lettura, provenienti ora da una prospettiva prevalentemente sincronica. G. Benzi offrirà una sintesi della stagione recente nella ricerca isaiana, che ha superato la rigida tripartizione classica dell’opera per individuarne il disegno teologico complessivo; una bibliografia ragionata a cura dello stesso Benzi supporterà lettrici e lettori in percorsi di approfondimento personali. Una composizione tanto lunga ha attraversato periodi storici e dominazioni anche diversi tra loro, sebbene accomunati spesso da arroganza e potere oppressivo che il profeta denuncia. Di tale complesso quadro storico, sociale e culturale disegna un ampio scenario P. Merlo. Ma provando, come si diceva, a leggere Isaia in modo unitario nella sua redazione finale (l’unica, del resto, oggi a disposizione del pubblico), è possibile rintracciarvi delle costanti? A questo quesito risponderanno gli articoli seguenti: O. Pettigiani ci aiuterà a ripercorrere i sessantasei capitoli dell’o pera riconoscendovi la proposta unitaria di novità e salvezza che Yhwh fa a chi vuole essere suo «servo», per aiutare il credente ad attraversare una storia personale e collettiva di dolore con la speranza di cambiarla; B. Lazzaro, con illuminanti esemplificazioni, ci permetterà di apprezzare le peculiarità dello stile isaiano, delle sue figure retoriche e strategie comunicative – da non considerare come puri elementi esornativi, ma come mezzi insostituibili per veicolare il messaggio profetico; P. Mascilongo cercherà di evidenziare i principali temi teologici che emergono dalle pagine del grande profeta del Sud, come la sua immagine di Dio, la forte visione messianica, la centralità della figura del «servo», la preoccupazione per il ristabilimento della giustizia e del diritto in Israele, il tema del «resto» ecc. Peculiarità dell’annata, due articoli “gemelli” ripercorreranno la storia di ricezione di alcuni celebri versetti isaiani nella tradizione rabbinica e in quella patristica: illustrerà la storia delle riprese ebraiche di Isaia (per questo numero, di Is 6,8) M. Gargiulo, mentre M. Girolami e Z. Carra si alterneranno nello spiegare la ricezione nella tradizione cristiana degli stessi versetti. Non sfuggano ai lettori i box laterali, disseminati lungo gli articoli, che costituiscono un piccolo lessico ragionato dei termini-chiave di questo straordinario libro. Novità e conferme nell’offerta tematica delle rubriche: alla firma di M. Panzanini (Arte) si aggiungono quelle di G.P. Bortone (Bibbia e scuola), F. Nigro (Scheda biblica) e G. Tilocca (Apostolato biblico), mentre vengono introdotte due nuove rubriche, una che illustri l’abbondante uso del libro profetico nella liturgia, a cura di A. Lameri, e una che ripercorra le “rifigurazioni” letterarie, musicali e cinematografiche dell’opera isaiana. Un caro benvenuto alla nuova coordinatrice di redazione, E.M. Laluce. Buona lettura e buon anno! Annalisa Guida

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 Claudio Avogadri

Un “pezzo unico”

Studi

4 D aniele Piazzi

Il triduo pasquale

Lasciti e strascichi di una lunga storia

10 Marco Gallo

Dalla pasqua scaturiscono tutti i giorni santi

Un’unità complessa

15 Pierangelo Chiaramello

La domenica delle palme

Una celebrazione sulla soglia

20 Morena Baldacci

Il giovedì santo

Nella stanza al piano superiore

26 Patrick Prétot

Il venerdì santo

Celebrare la pasqua contemplando la croce

31 Francesca Peruzzotti – Emanuele Bordello

Il sabato santo

Le sfumature del silenzio

36 G ianandrea di Donna

La madre di tutte le veglie

L’iniziazione delle iniziazioni

41 D omenico Messina

La domenica di pasqua

Esperienza di unità e molteplicità

46 G abriele Tornambé

La messa del crisma

Tra punti assodati e possibilità

53 A lberto Giardina

La pietà popolare della settimana santa

Formazione

58 Claudio Campesato

La musica nella settimana santa

62 Paolo Alliata

Non come muti spettatori

1. Morte e vita

Asterischi

67 G ianni Cavagnoli

Gesti e parole

1. Il Preconio pasquale

71 A ntonio Scattolini

Gesti e parole

2. Il crocifisso

Chiacchiere di sacres tia

75 Manuel Belli

Animali mitologici pasquali

79 Segnalazioni

 

Claudio Avogadri

Un “pezzo unico”

Se guardiamo una pedina di legno a forma di alfiere fare un movimento in diagonale su un tavolo di quadrati bianchi e neri, sappiamo tutti che non stiamo osservando semplicemente il movimento di un oggetto nello spazio. C’è una ragione se l’alfiere si sposta solo in diagonale, soprattutto se si muove in quel preciso momento e in quel modo. Se volessimo capire il perché di quello spostamento nello spazio non potremmo limitarci a guardare più intensamente la scacchiera davanti ai nostri occhi, ma dovremmo interrogare il passato e il futuro di quel tavolo di gioco. Il passato, perché senz’altro quella mossa è “sintatticamente” legata a quelle precedenti e quindi è decifrabile soltanto alla luce di un prima che la rende strategicamente sensata; il futuro, perché la bontà di quello che è accaduto sul tavolo si rivelerà soltanto alla fine del gioco, quando cioè noi spettatori diremo: «Ecco perché quell’alfiere si è mosso così in quel momento». Se restassimo schiacciati al qui e ora del puro darsi del movimento, non riusciremmo a capire nulla di più di una banale traslazione. Perché è importante celebrare la settimana santa? Per certi versi, tecnicamente parlando, non si tratta di celebrazioni che valgono più di altre e, se ci limitassimo alla positività dei riti, non capiremmo perché quel momento dell’anno ha un valore così importante. Tuttavia, ci sono almeno due ragioni che ci aiutano a capire il senso di quella settimana e l’opportunità di celebrarla. La prima è teologica: quando diciamo che la fede cristiana ha il suo cuore nella pasqua, non intendiamo che quello che conta è il miracolo della domenica mattina. Pasqua, per i cristiani, è un evento di durata, che trova la sua decifrazione solo alla luce di tutti i giorni di cui è composta. Se ci limitassimo a guardare la croce o il sepolcro vuoto sarebbe come pretendere di capire il senso di una partita di scacchi giudicando lo spostamento del solo alfiere. Al contrario, la condizione per riconoscere in un corpo morto il Salvatore è scoprire come ci è arrivato, su quel legno. Senza gli episodi precedenti della vita di Gesù, non vedremmo nella croce che un patibolo e ci sarebbe impossibile distinguere l’evidenza di Dio da un ladrone qualsiasi. Allo stesso tempo, osservando il solo sepolcro vuoto, non riusciremmo a trasformare l’assenza di visibilità in un credere, ma ci troveremmo nella stessa posizione sgrammaticata delle guardie, che, non conoscendo la storia di colui che era sepolto lì, non vi hanno visto che un possibile trafugamento di cadavere. Se vogliamo decifrare e capire il senso della pasqua, allora, è importante mantenere unite le giornate che compongono la settimana santa, perché è l’unica maniera per appropriarci in modo credente di quell’evento. La seconda ragione è legata alla struttura stessa della fede, perché credere non è aderire a un contenuto, ma lasciarsi coinvolgere in una dinamica. Nelle nostre dichiarazioni siamo forse tutti d’accordo, ormai, nel dire che avere fede non si riduce all’adesione intellettuale nei confronti di una dottrina. Tuttavia, nel cristianesimo contemporaneo possiamo osservare nuove forme di adesione simili, non intellettualiste, ma ugualmente problematiche: ci riferiamo a quelle volte in cui si assolutizza l’aspetto miracolistico della pasqua, con la conseguenza di trasformare l’atto di fede nel gesto magico di consenso a un evento sbaragliante. L’effetto di una lettura magica (o puramente estetica) della pasqua è quello di non coinvolgere l’effettività del nostro aderire pratico: pasqua resta un’azione di Dio, un pacchetto che si può solo scegliere se accettare o meno. Al contrario, per i cristiani la pasqua realizza la sua verità quando diventa vita vissuta da parte di un credente, che se ne appropria non teoricamente, ma trasformando il proprio essere-nel-mondo. Per questa ragione, servono più giorni per entrare nel mistero del triduo: occorre che la liturgia sappia tradurre la propria ritualità in un cammino, perché la durata del dramma di Dio possa accompagnarsi alla durata del processo di vita di un credente, che non è tale perché ha una conoscenza in più, ma perché trasforma la qualità del movimento della propria vita. Affinché si incontrino due storie e imparino a crescere insieme, è proprio necessario un cammino, che i riti della settimana santa, scandendo le tappe della vicenda di Gesù, ci permettono di fare. Vivere la settimana santa, allora, sarà un’opportunità non solo se vi parteciperemo come a uno spettacolo, ma soprattutto se diventerà un’occasione per dare un ritmo nuovo al nostro vivere pratico e per contemplare il volto di Dio, la cui pienezza è visibile solo nel mistero di tutta quanta la vita di Gesù.

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https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026942/rivista-di-pastorale-liturgica.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026942/rivista-di-pastorale-liturgica.htmlThu, 01 Feb 2024 13:42:29 +0100
Servizio della Parola - n. 555@Wordinprogress

3. Tra presente e futuro: il sondaggio

agli abbonati di Servizio della Parola

(a cura di S. Fenaroli)

I nostri modi di dire

49. Siamo responsabili della morte di Gesù

1. «Noi siamo responsabili della morte di Gesù» (A. Carrara)

2. La responsabilità d’Israele

nel processo e nella morte di Gesù (G. Michelini)

3. Siamo responsabili? (L. Paris)

Processione del Venerdì santo

(R. Laurita)

Tempo di Quaresima 2024

14 febbraio / 30 marzo

Mercoledì delle Ceneri (L. Flori, M. Della Bianca)

1ª domenica di Quaresima (L. Flori, M. Della Bianca)

2ª domenica di Quaresima (L. Flori, M. Della Bianca)

3ª domenica di Quaresima (L. Flori, M. Della Bianca)

4ª domenica di Quaresima (L. Flori, M. Della Bianca)

5ª domenica di Quaresima (L. Flori, M. Della Bianca)

Domenica delle Palme (L. Flori, M. Della Bianca)

Giovedì santo (M. Della Bianca)

Venerdì santo (M. Della Bianca)

Veglia pasquale (M. Della Bianca)

 

3. Tra presente e futuro: il sondaggio agli abbonati di Servizio della Parola a cura di Stefano Fenaroli

A partire dal settembre del 2022, fino ai primi mesi del 2023, la redazione della rivista Servizio della Parola ha avviato un sondaggio rivolto principalmente ai propri abbonati, con un duplice obiettivo: da una parte, ottenere un identikit, seppur a grandi linee, del proprio lettore reale; dall’altra, raccogliere pareri e opinioni circa punti di forza e di debolezza della rivista, argomenti più e meno interessanti che sono stati o andrebbero trattati, sezioni più o meno apprezzate che andrebbero integrate, modificate o espunte dall’attuale fascicolo. I risultati, per quanto modesti numericamente, hanno avuto il merito di offrire un primo materiale su cui riflettere, in vista di un fecondo ripensamento della rivista – dopo oltre cinquant’anni dalla sua prima apparizione – in dialogo con le nuove esigenze del popolo di Dio e la nuova realtà socio-ecclesiale in cui oggi siamo chiamati a metterci al “servizio” della Parola. Le risposte giunte in redazione ammontano a 290. Questo è un primo dato: chi ha risposto è meno del 10% degli abbonati. Questo evidentemente fa sì che non si possa avere un’immagine completa e soddisfacente del lettore reale della rivista, né presumere di avere un feedback esaustivo e rappresentativo della maggioranza delle opinioni degli abbonati. È certo sintomatico, tuttavia, registrare la scarsità numerica delle risposte, un po’ come quando alle elezioni politiche o amministrative a vincere sono le astensioni. Servirebbe forse un maggior coinvolgimento dei lettori? Il sondaggio è stato troppo poco pubblicizzato o pubblicizzato attraverso canali sbagliati? Il modulo era troppo difficile da compilare, era troppo lungo o troppo complesso da raggiungere “tecnologicamente”? Forse tutte queste cose insieme…

1. Un profilo dell’attuale lettore Le prime domande erano di carattere generico (età, sesso, luogo di residenza ecc.) col fine, come si diceva, di tracciare un profilo del lettore della rivista. Il 94,5% dei lettori è di sesso maschile, il restante 5,5% è femminile. Questo risultato era abbastanza scontato, considerando il fatto che la rivista è sempre stata pensata come rivolta a ministri ordinati per aiutarli nella preparazione dell’omelia domenicale. Il risultato è avvalorato dal fatto che, alla domanda sullo stato ecclesiale, il 79,3% ha risposto “ministro ordinato”, il 13,1% “religioso/a” e solo il 12,8% “laico/a”. Nello specifico, incrociando i dati, su 37 laici, le donne sono 10; a loro si vanno a sommare le religiose. Si chiarisce qui un primo grande obiettivo del ripensamento della rivista: ampliare il proprio pubblico. Una rivista che voglia seriamente essere uno “strumento di lavoro per la comunicazione di fede nelle assemblee” non può ridurre il proprio campo d’azione alla sola omelia nella messa domenicale. Il campo dove seminare la Parola è molto più ampio e frequentato da diversi attori ecclesiali (ministri ordinati ma anche ministri istituiti o di fatto, laici impegnati, catechisti, educatori…). È necessario quindi un impegno per meglio bilanciare queste percentuali e raggiungere la globalità del popolo di Dio, in tutta la sua multiforme ministerialità. Guardando all’età anagrafica, invece, il 75,5% di chi ha risposto ha più di 51 anni (34,8% nella fascia 51-65; 24,1% 66-75; 16,6% più di 75), il 20,7% si colloca tra i 36 e i 50, mentre solo il 3,8% ha tra i 20 e i 35 anni. Non è inutile sottolineare come l’età media dei lettori e delle lettrici sia medio-alta, identificando così chiaramente il target cui la rivista parla. Si tratta di un pubblico fedele, affezionato, che ritiene Servizio della Parola uno strumento valido e utile. Allo stesso tempo, tuttavia, è un pubblico che da qui a qualche anno rischia di non avere un ricambio generazionale. Come raggiungere, direttamente o indirettamente, la fascia più giovane del popolo di Dio? Come rispondere alle esigenze di chi oggi, presbitero o laico/a, è forse alle prime armi nella predicazione, nella catechesi, nell’animazione liturgica, e cerca uno strumento che possa guidarlo e aiutarlo? Quali sono le tematiche, gli argomenti che possono incuriosire, interessare e avvicinare ancora oggi i cristiani alla Parola di Dio? Quali i linguaggi da abitare, non solo in ottica intra-ecclesiale?

2. Uno sguardo al presente… A questo primo momento più descrittivo, completato dal riferimento abbastanza eterogeneo alle regioni di appartenenza e ai titoli di studio, la seconda parte del sondaggio era interessata a recepire la percezione attuale della rivista da parte degli abbonati, per capire gli aspetti più apprezzati e quelli invece maggiormente carenti. C’è un generale apprezzamento per tutte le sezioni della rivista. Salta immediatamente all’occhio come quasi il 30% dei partecipanti al sondaggio consideri “molto utile” (voto 6, su una scala da 0 a 6) la sezione Interpretare i testi dedicata all’esegesi dei brani liturgici delle domeniche e […]]]>
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Rassegna di Teologia n. 4/2023FOCUS

Emanuele Iula SJ, L’etica nella riparazione

Ascolto – Etica – Pazienza – Ripara zione – Sentire

STUDI

Fabrizio Ilardo, Ferite (in)sanabili: una lettura

teologico-fondamentale dei legami spezzati nella fraternità

Esempi di mediazione in san Francesco d’Assisi

Coscienza – Cer vello – Cognitivismo – Cognizione incar nata –

Ecologia

Guilhem Causse SJ, Réparation: peine, soin, pardon

écart – justice restaurative – pardon – réversibilité du

temps – victime

Emanuele Iula SJ, Il problema del tempo nei processi

di riparazione

Conflitto – Incontro– Phar makon – Ripara zione – Tempo

NOTE E DISCUSSIONI

Anna Ponente, Il campo analitico come luogo di riparazione

Campo re lazionale – Controtra nsfer t – Mediazione umanistica –

Psicoanalisi – Valdesi

Giulia C.M. Oriani, Il riconoscimento della protezione

internazionale: un percorso riparativo?

Giustizia – Migra zioni – Protezione inter nazionale – Richiedenti

asilo – Ripara zione

Mario Farci, Riflessioni a margine dell’ultimo Congresso

ATI / 1: i (nuovi) ministeri

Abusi – Ecclesiologia – Immaginar io – Liturgia – Restora tive justice

Recensioni 

Indice dell’annata 2023

 

Emanuele Iula SJ*

L’etica nella riparazione

Il testo propone di mettere a fuoco la portata etica della riparazione,

soprattutto in merito al modo d’essere auspicato per

coloro che intendono farsi carico di una tale responsabilità.

Dopo aver introdotto i concetti di ascolto, sentire e pazienza,

vengono presentati i contributi del Convegno, intitolato “Il lavoro

di riparazione”, 3-4 marzo 2023.

The essay focuses the ethical range of reparation. A special attention

is given to the description of the basic attitude needed

by the operators of reparation, because of the high responsibility

that they have to bear. Concepts of hearing, sensing

and being patient with others are introduced. Finally, there is

a presentation of the contributions given by different Authors

in the Conference titled “The Work of Reparation” – 3rd-4th

March 2023.

Rassegna di Teologia 64 (2023) 437-451 437

Focus

«Io sono figlia dell’odio. È un odio che ho geneticamente.

A otto mesi di gravidanza mia madre veniva

inseguita dai fascisti. Il fantasma del fascista c’è,

ma visti i nostri discorsi è proprio nel nemico che si

può trovare valore»1.

Iniziare un discorso sulla riparazione commentando parole

come quelle che aprono questo quaderno di Rassegna di teologia

mi espone non poco al rischio di essere banale, o peggio ancora

ridondante. Eppure credo che esse siano radicate nella medesima energia

vitale che sospinge il lavoro di riparazione, e con esso anche tutte le persone

che vi prendono parte. Non è difficile riconoscere le forti rigidità,

rese dai riferimenti all’odio, al fascismo, o al nemico. Così come non

manca una genuina testimonianza di umanità, che leggiamo in parole

come gravidanza, maternità e valore. In queste parole, tutto è detto. Ma

nell’essere detto tutto, l’impressione che ne ricavo è che molto rimanga

ancora da dire.

In questa sede non ricostruirò la storia della lotta armata, da cui è

tratta la testimonianza citata, né delle rivendicazioni, né delle numerose

vittime. Approfitterò piuttosto di queste pagine introduttive per

dare voce a quell’ancora da dire, da fare e da scrivere di cui si occupa

il lavoro di riparazione. Chi parla di riparazione non può fare a meno

di riferirsi alla Giustizia riparativa e al suo metodo innovativo, ben

lungi dal considerarsi superato. Si potrebbe pensare che un approccio

di questo tipo sia fruibile solo nell’ambito di problematiche su scala

internazionale – guerre, conflitti armati, reti di criminalità organizzata,

ecc. –, oppure su crimini particolarmente efferati – stragi, violenze o

reati gravi –, che trovano nelle aule di un tribunale il luogo proprio per

essere discussi. La prima cosa da fare per accedere in maniera più spicciola

a quella che su un alto livello istituzionale chiamiamo Giustizia

riparativa consiste nel considerarla a portata di mano. La riparazione

non è materia da specialisti, ma è per tutti coloro che pensano che

rapporti interpersonali frammentati, conflittuali, saturi di tanti ricordi

infelici, possano in qualche modo tornare a vivere. Da questa osservazione

risultano già evidenti almeno due premesse. La prima è che

la riparazione non è assoluta, né incondizionale. Essa necessita di una

base umana minimamente fertile al desiderio di restituire vita e dignità

alle situazioni che l’hanno persa. La seconda è che il dolore, la perdita,

nonché alcune brutte esperienze del passato non sono irreversibili, non

hanno l’ultima parola sul presente, né possono rivendicarla. Queste

due premesse restituiscono già una chiave di volta dell’intero progetto

riparativo, dichiarandone al tempo stesso le ambizioni più alte. Si tratta

di un principio unico, che risiede nelle motivazioni personali di cui

dispone colui che si confronta con tale lavoro, incluse le sue inevitabili

vicissitudini. Dalla personale adesione deriva la spinta verso l’altro e

verso la vita. Da questa stessa spinta deriva anche l’atteggiamento nei

confronti del male, perpetrato o subito. Non ci si improvvisa riparatori

proprio perché determinate motivazioni, anche se hanno un che di

spontaneo, devono essere coltivate in una direzione specifica. In caso

contrario, si rischierebbe di diventare giustizieri. Per questa ragione, il

bandolo della matassa della riparazione va precisato in alcune disposizioni

che presiedono gli atti e gli atteggiamenti che li ispirano, e che

sono di fondamentale importanza per portare avanti il lavoro nel migliore

dei modi. Parliamo di tre elementi principali, che sono l’ascolto,

il sentire e la pazienza.

Il primo elemento che occorre distillare per giungere a una formulazione

più chiara dell’etica nella riparazione è senz’altro l’ascolto. Posto

che si tratta di un atteggiamento raccomandabile per tante situazioni, va

detto che esso tradisce già, per così dire, il debito che la Giustizia riparativa

ha nei confronti del sapere biblico. «Ora, Israele, ascolta le leggi e

le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate

ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta

per darvi» (Dt 4,1). Così recita un versetto tratto dal libro del Deuteronomio,

dell’Antico Testamento. Osserviamo un atteggiamento recettivo

fondamentale, che Dio auspica per il popolo di Israele, come fosse un

sinonimo di fedeltà al legame. Il servo fedele è il servo che ascolta. Il

popolo fedele è il popolo che ascolta e si fa guidare. Il versetto lascia

inoltre intendere che il Popolo di Dio non legifera in modo autonomo,

ma lascia che sia Dio stesso a farlo per lui. Anche se lo scenario posto in

essere dalle prassi di riparazione non è identico a quello della rivelazione

biblica, non mancano, nell’intuizione dei primi teorici della Giustizia

riparativa, alcuni punti di contatto con la teologia di cui il versetto citato

è portatore.

Trovandoci in un contesto normativo, l’esigenza di ascolto è indicazione

necessaria per comprendere che l’iniziativa va lasciata all’altro, che

in questo caso è Dio. Non si tratta di un’iniziativa generica, né relativa

a interessi immediati per cui servono soluzioni, accordi o intese di vario

genere. Essa è finalizzata a un obiettivo preciso, distante nel tempo e nello

spazio, ed è in virtù di questo che esprime la forma del rapporto che

in essa viene stipulato. In una situazione problematica, come quelle che

spesso si incontrano nell’ambito della Giustizia riparativa, lo scenario con

cui ci si confronta è di tutt’altro genere. Il riferimento all’ascolto rimane

però valido perché orienta la discussione fondandola in un migliore senso

dell’altro, innanzi tutto in termini di rispetto. Ad esempio, quando si

è in mediazione, i mediatori sanno bene che all’inizio è il conflitto che

fa le regole. È il problema, la ferita, il trauma subito che suggerisce come

ci si può porre nei suoi confronti e da dove cominciare. Questo non è

sufficiente a garantire un elevato senso dell’altro nelle persone in mediazione.

Lo fa però rispetto ai mediatori. Per quanto riguarda invece coloro

che sono in conflitto, il metodo migliore per favorire questa disposizione

è lasciare spazio alle differenti narrazioni del conflitto, che implica in […]

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Concilium - 2023/5Indice

Editoriale 

Abstracts 

I. La teologia come disciplina accademica 

1. Prospettive regionali

1.1 Francis Appiah-Kubi – Nora K. Nonterah,

L’istruzione teologica superiore in Africa.

La voce cristiana nelle università pubbliche 

I/ Introduzione

II/ Diversità, teologia e istituzioni pubbliche superiori:

il caso del Ghana

III/ Le sfide della formazione teologica in Africa

IV/ Ripensare la formazione teologica

come indispensabile per lo sviluppo dell’Africa

V/ Conclusione

1.2 Ernesto PalaFox – olvanI SÁnChez hernÁndez

geraldo l. de morI – bIrgIt WeIler

loreto moya marChant – marCela mazzInI,

La teologia nell’istruzione superiore in America latina 

I/ Messico (a cura di Ernesto Palafox)

II/ Colombia (a cura di Olivani F. Sánchez Hernández)

III/ Brasile (a cura di Geraldo L. De Mori)

IV/ Perú (a cura di Birgit Weiler)

V/ Cile (a cura di Loreto Moya Marchant)

VI/ Argentina (a cura di Marcela Mazzini)

VII/ Un bilancio provvisorio: tra sfide e opportunità

1.3 G rant Kaplan, Teologia cattolica

e istruzione superiore cattolica negli Stati Uniti 

I/ Introduzione e contesto

II/ Il particolare contesto nordamericano

III/ I cattolici e il sogno americano

IV/ Recupero o perdita di specificità?

V/ Fallimenti storici e tentativi di riparazione morale

VI/ L’istruzione superiore cattolica

non controlla più il suo destino?

VII/ Nuova speranza o eclissi incombente?

1.4 G usztáv Kovács, La visione

di un’università cattolica in Ungheria 

I/ Un piccolo istituto di istruzione superiore

all’ombra di una grande università

II/ Le università cattoliche in Ungheria

III/ Speranze e crisi

IV/ Teologia e istituzioni

V/ Com’è una buona università?

VI/ Opzione per i poveri

VII/ Vivere secondo la tradizione

VIII/ Learning by doing

IX/ I più piccoli con le visioni più grandi

X/ Ridere e sperare

XI/ Sperare l’improbabile

1.5 P. Joseph Titus, La teologia nell’istruzione accademica

da un punto di vista asiatico 

I/ Una buona rete di facoltà di teologia in Asia

II/ Le sfide a cui siamo posti davanti

III/ Conclusioni

2. Prospettive teologiche

2.1 Carmelo Dotolo, Teologia e istanze educative.

Per un pensiero critico e cooperativo 

I/ L’educativo come spazio di umanizzazione

II/ Teologia, laboratorio di pensiero critico

III/ Cambiamento di paradigma e stile interdisciplinare

IV/ Per un’epistemologia di confine:

il caso della “teologia delle religioni”

V/ Conclusione

2.2 D arren J. Dias, Teologia della stabilità e dell’inquietudine 

I/ Introduzione

II/ Toronto School of Theology: teologia

in un istituto di ricerca pubblico

III/ Terra stabile: immigrazione e diversificazione

IV/ Terra inquieta: verità e riconciliazione

V/ Conclusione

2.3 Paul Béré, Ricerca teologica e magistero ecclesiale: come promuovere il dialogo?

Introduzione

I/ Il posto della ricerca teologica nella chiesa

II/ Le inerzie nel dialogo di vita intraecclesiale

III/ Promesse e condizioni per il rispetto dei carismi

Conclusione

2.4 G erald J. Beyer, La teologia accademica

ha bisogno di mettere ordine in casa propria 

I/ La svolta della teologia verso la prassi

II/ Teologia, bene comune e giustizia ad extra

III/ Teologia, bene comune e giustizia ad intra

IV/ Conclusione

2.5 M aricel Mena López, Razzismo epistemico.

Sfide per una formazione teologica liberatrice 

I/ Introduzione

II/ Il razzismo sistemico nel sistema educativo colombiano e latinoamericano

III/ Approccio contestuale a partire da un programma di teologia

IV/ Verso una formazione teologica antirazzista

2.6 Franciscus X. Eko Armada Riyanto,

Dialogo interreligioso e università cattoliche.

Una lezione dall’Indonesia 

I/ Cosa è stato fatto

II/ Sforzi teologici

III/ Dialogo interreligioso

IV/ Infrastrutture

V/ Sfide

VI/ Cosa c’è ancora da fare

VII/ Conclusione

II. Forum teologico 

1. E dmund Chia, Il triplice dialogo e la Federazione

delle conferenze episcopali dell’Asia.

Cinquant’anni dopo

2. M ary Mee-Yin Yuen, La FABC e le teologie dell’Asia.

Cinquant’anni anni di teologia contestuale e inculturata

III. Indice dell’annata 2023 

 

Editoriale

La teologia è una delle discipline accademiche più antiche.

Molte università in diverse parti del mondo sono state infatti

fondate come istituzioni di studi teologici. Oggi la teologia,

tuttavia, si trova ad affrontare molteplici sfide legate al suo

posto attuale e futuro nell’istruzione superiore, così come nelle

chiese e nella società in generale: alcuni potrebbero mettere in

discussione la sua posizione come disciplina accademica, da

un lato, o il suo contributo alla vita della chiesa, dall’altro. Il

basso numero di iscritti è un’ulteriore criticità che ha un impatto

sul finanziamento dei dipartimenti, degli istituti, delle

scuole. Queste istituzioni teologiche potrebbero anche trovarsi

in difficoltà per definire la loro missione e il loro profilo in un

mondo plurale, nell’incontro con altre confessioni e religioni

o con visioni del mondo secolari. In alcuni luoghi queste sfide

hanno portato alla chiusura dei dipartimenti di teologia nelle

università pubbliche o alla loro trasformazione in istituti di Religious

Studies (studi religiosi). Sia gli studiosi e gli studenti di

teologia che gli operatori dell’istruzione superiore si chiedono

se la teologia sarà in grado di mantenere il proprio posto nelle

istituzioni di istruzione superiore e come potrà (ri)definire il

proprio ruolo.

Questa situazione richiede una rinnovata riflessione sulla

teologia come disciplina accademica e come ambito di studio

con le sue metodologie specifiche e con i contributi che può dare

alla ricerca accademica, alla chiesa e alla società in generale.

Questo numero di Concilium si propone di promuovere queste

riflessioni, sia per quanto riguarda la natura istituzionale e la collocazione della teologia nell’istruzione superiore, sia per

quanto riguarda le sue metodologie, epistemologie e interazioni

interdisciplinari con altri campi di studio, entro i limiti e le

possibilità delle istituzioni di istruzione superiore. L’obiettivo

di questo fascicolo, pertanto, è quello di trattare non di teologia

in generale, ma specificamente di teologia come disciplina

nel contesto istituzionale dell’istruzione superiore. La natura

di queste domande e sfide certamente varia da una regione

all’altra del mondo, come dimostrano i contributi provenienti

da diverse aree geografiche e contesti culturali raccolti in questo

numero, e spesso anche all’interno dello stesso Paese, da

un’istituzione all’altra e da un contesto confessionale all’altro.

Gli articoli della prima parte di questo numero si concentrano

su prospettive regionali per evidenziare la dimensione

contestuale della teologia nell’istruzione superiore. Un gruppo

di teologi impegnati nel campo dell’educazione provenienti

da tutto il mondo è stato invitato a riflettere sulle sfide con cui

si confronta la teologia nell’istruzione superiore e sul modo in

cui le loro istituzioni le affrontano. Partendo dal loro contesto

istituzionale e culturale, e adottando un approccio narrativoriflessivo,

i contributi affrontano domande come: Quali sono

le sfide, le domande o le questioni che le istituzioni teologiche

stanno affrontando in relazione al loro posto e al loro ruolo futuro

nell’istruzione superiore? Quali sono le iniziative adottate

in un contesto specifico per affrontare queste sfide? Qual è il

futuro contributo della teologia come ambito di studio nell’istruzione

superiore?

Riflettendo dal Ghana, l’articolo di Francis Appi ah-Kubi e

Nora K. Nonterah esamina le sfide e le prospettive degli studi

teologici superiori nell’Africa subsahariana, in particolare

nell’Africa occidentale anglofona. Gli autori analizzano il futuro

degli studi teologici nelle università pubbliche, soprattutto

in Ghana, dove il loro posto è messo in discussione dalla mancanza

di un legame storico delle istituzioni con una tradizione

religiosa, anche se la presenza della teologia nelle università

pubbliche darebbe un contributo significativo al bene comune.

In America latina, sostiene un gruppo di teologi di quella

regione, la teologia ha conosciuto uno sviluppo significativo […]

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Servizio della Parola - n. 554@Wordinprogress

2. Parola e vita: a che serve una Rivista?

(P. Bignardi)

I nostri modi di dire

48. Che cosa ho fatto per meritare questo?

1. «Che cosa ho fatto per meritare questo?» (A. Carrara)

2. Che cosa ho fatto per meritarmi questo?

Il libro di Giobbe (L. Mazzinghi)

3. Il difficile linguaggio del dolore (G. Reggi)

Accogliere e vivere la Parola

Un percorso pedagogico (R. Laurita)

Dall’Epifania

alla 6a domenica ordinaria

6 gennaio / 11 febbraio

Epifania del Signore (N. Agnoli, R. Laurita)

Battesimo del Signore (N. Agnoli, R. Laurita)

2ª domenica ordinaria (F. Ficco, P. Bignardi, S. Toffolon)

3ª domenica ordinaria (F. Ficco, C. Pozzi, S. Toffolon)

4ª domenica ordinaria (F. Ficco, E. Bordello, M. Orizio)

5ª domenica ordinaria (F. Ficco, L. Manicardi, M. Orizio)

6ª domenica ordinaria (F. Ficco, R. Giaretta, M. Orizio)

 

RU B R I C A @Wordinprogress

2. Parola e vita: a che serve una Rivista?

di Paola Bignardi

 

Molte cose stanno cambiando, nel mondo attorno a noi e nelle

comunità cristiane.

Dopo la pandemia, molti praticanti non sono più tornati alla

messa della domenica; molte piccole comunità non possono più

avere la presenza stabile di un prete; i giovani stanno prendendo

le distanze dalla Chiesa in modo sempre più deciso. Sono solo alcuni

dei segnali di cambiamento che lasciano pensosi e inducono

a interrogarsi. D’altra parte, non tutti i fenomeni sono negativi:

vi è una sensibilità per la Parola più matura e più avvertita di un

tempo; diversi gruppi di ascolto si organizzano anche nelle case,

altre iniziative vengono proposte per accostarsi alla Parola in

maniera più consapevole e matura.

In questo contesto, quale può essere la funzione di una rivista

dalla lunga tradizione, come Servizio della Parola?

Nella primavera del 2022 è stata realizzata una serie di focusgroup

sparsi per l’Italia, composti da presbiteri e laici, uomini e

donne, catechisti o semplici frequentanti della messa della domenica;

in essi è stata posta questa domanda: «Che cosa vi aspettate

da questa rivista?». Le risposte sono state di notevole interesse;

esse soprattutto consentono di pensare la rivista in maniera

più aderente alle domande dei suoi lettori: quelli di oggi e – si

spera – quelli che ne saranno lettori domani.

Quale profilo di rivista emerge da questi dialoghi fitti e coinvolgenti?

Una rivista che sappia interpretare, valorizzare e promuovere

l’attuale accresciuta sensibilità per la Parola. Una partecipante a

uno di questi focus-group afferma: «La Parola parla di me, non

solo di Dio. La Parola mi legge, mi aiuta a capire la mia vita». E

un prete afferma: «La Parola mi decentra nell’ascolto, riesce a

farmi stare zitto». Interessante la testimonianza di un parroco,

responsabile di un’unità pastorale composta da tre parrocchie,

con storie e tradizioni pastorali diverse. «La parrocchia – dice

– che ha ricevuto di più dal punto di vista dell’educazione all’ascolto

della Parola è la meno seduta». Sembrerebbe eco concreta

all’affermazione di una religiosa che afferma che «l’ascolto

continuo della Parola può rinnovare la Chiesa».

Dunque la rivista deve entrare in dialogo con questa sensibilità

e con le esigenze che essa esprime.

Il cuore della rivista viene riconosciuto nel supporto che essa

offre alla comprensione della Parola di domenica in domenica e

alla attualizzazione di essa. A questo accostamento alla Parola

domenicale si chiede un’esegesi seria ma non da specialisti, in

funzione della comprensione corretta del messaggio della liturgia.

Molti partecipanti ai focus-group hanno lamentato i difetti

delle omelie che ascoltano, a cominciare dal moralismo che finisce

con l’oscurare la bellezza di una Parola che è buona notizia

e che quasi mai è percepita come tale: una predicazione troppo

preoccupata di insegnare come vivere, prima che annunciare la

bellezza dell’amore di Dio e della sua cura per uomini e donne

che conoscono la fatica di vivere. Un presbitero poi lamenta il

difetto cui lui stesso si sente soggetto: «Usare la Parola per fini

educativi, che equivale a strumentalizzarla!». Alla proposta della

rivista si chiede che aiuti a correggere i difetti cui va soggetta

certa predicazione. E le si chiede anche ciò che è più difficile:

che la proposta accompagni a mettere in dialogo Parola e vita

quotidiana, che sia «un aiuto per interpretare la vita» ma anche

per leggere la Parola racchiusa nella vita stessa. Del resto la

Scrittura racconta fatti, narra eventi, presenta personaggi; in […]

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Rivista di Pastorale LiturgicaINDICE

Editoriale

2 M. Belli

Un dato da assumere

o un problema da regolare?

Studi

4 A. Pacini

Ma è veramente un problema?

10 O. Laham

Un esempio

di pratiche liturgiche ortodosse

14 J. Rumpel

Un esempio

di pratiche liturgiche luterane

19 M. Rizzi

Una preghiera interreligiosa?

27 P. Bordeyne

Beata incompletezza

dei matrimoni interconfessionali

32 G. Rota

Communicatio in sacris:

alcune attenzioni

36 D . Vendramin

Ospiti a casa loro

40 L . Fioriti

I cattolici orientali italiani

46 SAE (Segretariato attività ecumeniche)

La settimana di preghiera

per l’unità: esperienze

Formazione

51 F. Trudu

La liturgia fuori dalla parrocchia

6. Il carcere

56 G. Zanchi

I luoghi della liturgia

6. Le chiese contemporanee

Asterischi

60 R. Barile

Lectio Ritus

6. L’esorcismo invocativo

65 E . Mass imi

I canti liturgici

6. I bambini cantano “ancora” la messa?

 

Manuel Belli

Un dato da assumere

o un problema da regolare?

 

Questo è il ventunesimo numero

della rivista di cui ho l’onore di preparare

la pubblicazione. Il tema è ambizioso:

la globalizzazione ci porta a incontri e

attriti sempre più frequenti con diverse

forme di alterità, non ultima quella di

natura religiosa. Ma la fatica dell’incontro

con colui che vive un’altra esperienza

religiosa comporta che modi diversi

di pregare e di vivere i riti siano più facilmente

confrontabili. Quali sono le risorse

e le questioni che nascono da questo

nuovo “villaggio globale liturgico”?

Non vi è dubbio: è stato il numero

più complesso che mi è capitato di imbastire.

L’elenco delle difficoltà mi sembra

un modo efficace per comprendere

confini e limiti del lavoro.

Non è stato facile identificare i temi

dei singoli articoli. Quando con la redazione

abbiamo iniziato a progettare

il numero, la discussione si è protratta a

lungo perché da un lato i temi di volta

in volta individuati ci sembravano troppo

descrittivi, dall’altro lato gli affondi

più riflessivi apparivano troppo tecnici

e specifici. Penso che questo primo ordine

di ostacoli da superare metta in luce

un problema: non è facile identificare

un terreno medio e condiviso su cui

imbastire una riflessione che ambisca ad

essere di alta divulgazione. Si rendono

necessarie numerose premesse di natura

narrativa prima di provare ad affrontare

alcuni snodi. Nelle pagine che seguiranno

le narrazioni saranno le maggiori

protagoniste. Potrebbe venirne una indicazione

per una “pastorale liturgica”?

Probabilmente anche dal punto di vista

pastorale è forte l’urgenza di conoscersi,

narrarsi, incontrarsi, capirsi. Le testimonianze

che abbiamo raccolto e offerto

in queste pagine indicano che la differenza

religiosa costituisce un elemento

non secondario di difficoltà per una

effettiva integrazione sociale. Le nostre

comunità cristiane potrebbero farsi

promotrici di una maggiore capacità di

dialogo e di conoscenza reciproca?

Un secondo ordine di problemi è legato

all’estrema località delle questioni.

Il dato è paradossale: più viviamo in un

mondo globalizzato, più l’incontro sul

territorio di culture e religioni differenti

assume mille volti specifici. Se l’universo

social tende a standardizzare le relazioni,

le piazze dei paesi e delle città

rappresentano una vera resistenza all’omologazione.

Raccontare un’esperienza

bergamasca può sembrare utile poco

più di un incremento di cultura personale

per un abitante di Roma, mentre

2 | Editoriale

l’ascolto di un’esperienza ecumenica

di Roma è solo un distante evento per

un cristiano di una città di provincia.

Leggendo gli articoli che seguono, un

lettore potrebbe sentire estremamente

distanti da sé gli sguardi esposti sulla

questione della pluralità. Si tratta di un

rischio, ma forse anche di una risorsa:

la vita qui, oggi, in carne ed ossa resiste

ad ogni standardizzazione. Se con una

webcam posso illudermi di essere contemporaneamente

in una chiesa ortodossa,

in una assemblea evangelica e in

una celebrazione cattolica, il realismo

quotidiano crea situazioni, storie, interazioni

e tradizioni che non possono

essere comprese se non nella loro singolarità.

Il paradosso solo esteriormente

è tale: la comprensione del globale

richiede un’attenta disamina del locale.

Non nascondo che su taluni passaggi

il mio pensiero è stato: «Ma possiamo

mettere questo fatto, questa espressione,

questa affermazione, questa esperienza

su una rivista di interesse nazionale?

». Parlare di spazi in comune con

persone di altre fedi, celebrare in un villaggio

mussulmano, vivere un percorso

matrimoniale tra due confessioni diverse,

ipotizzare casi in cui sia possibile comunicarsi

in una Chiesa che non sia la

propria propone una serie di prassi da

esaminare su cui non sempre abbiamo

un canovaccio. Nostra aetate rappresenta

una svolta nel pensiero cattolico

circa le altre religioni, e in generale il

concilio ha indicato vie inedite per l’ecumenismo.

Abbiamo solo sessant’anni

di esperienza, su una storia cristiana di

più di due millenni: siamo dei pionieri.

E al pioniere deve essere riconosciuto

il coraggio di chi prova, ma l’attenuante

delle necessarie imprecisioni.

In questo numero abbiamo cercato

di condividere pensieri con associazioni

e gruppi che si occupano di ecumenismo,

mondialità e dialogo interreligioso.

Non è stata una ricerca facilissima in

termini di interlocutori: forse si tratta

del numero in cui più volte abbiamo

ricevuto un diniego rispetto al nostro

invito a scrivere. Come sempre, interpretare

un silenzio è rischioso. La motivazione

più frequente è stata la sensazione

di non avere un pensiero maturo

da mettere nero su bianco. O meglio: i

pensieri sono anche molti, e alcuni maturi;

sul tema specifico della ritualità e

della preghiera in rapporto a diverse

fedi o confessioni un po’ meno. Forse

la consuetudine ci ha consegnato il dibattito

come prettamente normativo,

legato a ciò che si può o non si può fare.

Il fatto che in una città si celebrino

riti di confessioni diverse, o preghiere

di fedi diverse potrebbe apparire come

un problema da regolamentare più

che una realtà da interpretare e leggere

in chiave teologica. Probabilmente è

il contributo più significativo di questo

timido tentativo. Abbiamo provato

a mettere su alcune pagine esperienze,

prospettive, racconti e pensieri; ci siamo

cimentati nell’assumere come dato

che celebrare diverse fedi e diversi riti

in una stessa comunità umana locale

non sia semplicemente fattualità foriera

di disagi.

Le pagine che seguiranno non hanno

alcuna pretesa di esattezza e di definitività.

Si tratta di un cantiere e di un esercizio

che chiedono di essere proseguiti.

Con questo numero terminiamo la

sessantesima annata della rivista. Nata

per accompagnare la riforma liturgica

negli anni del concilio e approdata a un

numero sul villaggio globale liturgico. I

due estremi mostrano il cammino fatto

e ci riempiono di gratitudine.

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Parole di VitaEDITORIALE

Così avverrà alla fine del mondo»

(Mt 13,40): se questa era la curiosità

di lettrici e lettori interessati

ai testi apocalittici – carpire da

quella singolare letteratura cosa avverrà negli ultimi

giorni e come o quando il tempo di questo mondo

volgerà al termine –, certamente la presente annata

di Parole di vita sarà risultata di gran lunga deludente

e tale potrebbe essere anche il suo numero

conclusivo.

Anziché definire il futuro ultimo in modo esatto,

abbiamo spesso guardato al passato, a condizioni

storiche e politiche remote, descrivendo (al più)

il presente dei destinatari dei testi esaminati, con i

loro interrogativi e incertezze. Anziché dare un nome,

un volto, una identità precisa a tutti i singolari

personaggi incontrati (mediatori, messaggeri, cavalieri,

bestie immaginifiche), abbiamo introdotto

concetti come simbolo, metafora, figura. Ancora:

anziché concentrarci su disperazione, drammi ed

eventi catastrofici, abbiamo tanto più spesso parlato

di speranza, di certezza dell’intervento di Dio,

di presenza di un senso.

Siamo consapevoli di aver costretto il nostro

pubblico a non pochi ribaltamenti di prospettiva,

ma può accadere anche questo quando facciamo

parlare i testi anziché le nostre precomprensioni.

La letteratura apocalittica biblica ed extrabiblica si

è manifestata, a mio parere, come una polifonia insieme

affascinante e talvolta agghiacciante di voci

– ora di giubilo, ora di disperazione; ora di minaccia,

ora di commosso conforto –, ma sempre aperta

al futuro, che invoca con fiducia.

Ripercorriamo, dunque, con gli articoli dell’ultimo

fascicolo, alcune tematiche trasversali che speriamo

aiuteranno lettrici e lettori a rileggere alcune

o tutte le opere affrontate. Esse saranno: la misteriosa

compresenza di bene e male nelle esistenze individuali

e collettive, a fronte della rigorosa certezza

che in Dio non c’è male e che la sua vittoria sui

malvagi sarà definitiva e incontrovertibile (Dioniso Candido); una peculiare concezione del tempo, in

cui principio e fine si richiamano vicendevolmente

come promessa e compimento della comunione

con Dio (Lorenzo Gasparro) e che si configura

come «cronosofìa», ossia come visione ordinata di

eventi che vuole rivelare il senso ultimo dell’intera

storia umana (Luciano Zappella); la categoria di

«giudizio» nel suo doppio legame con la finitudine

dell’esperienza terrena e la pienezza della vita con

il Risorto (Sebastiano Pinto).

Le articolate teologie narrative dei testi apocalittici

vengono veicolate da una selva di immagini,

figure, simboli ricorrenti: la città santa versus la città

peccatrice, come la nuova Gerusalemme in contrapposizione

alla Babilonia grande e colpevole (Luca

Pedroli); figure di mediazione tra mondo divino

e mondo umano, come il profeta-veggente e diverse

creature angeliche (Donatella Scaiola); un ricco

immaginario collegato alla scrittura, dal rotolo (anche

volante) al libro (mangiato, sigillato o aperto),

che sottolinea la dimensione propriamente rivelativa

della letteratura apocalittica (Annalisa Guida).

Completano il fascicolo una nuova incursione

nei testi apocalittici extrabiblici a firma di Piero Capelli,

che presenterà le Vite di Adamo ed Eva greca

e latina, e le consuete rubriche che permetteranno

a docenti, operatori o semplici appassionati di rintracciare

i temi illustrati nella sezione esegetica anche

nell’ampio panorama letterario, cinematografico

e artistico internazionale, per veicolarli nella

prassi pastorale e scolastica.

Con gratitudine verso tutti i collaboratori che,

a vario titolo, hanno consentito di portare a termine

il coraggioso e inedito percorso di quest’anno,

auguro al pubblico di Parole di vita una lettura intrigante

e provocatoria, raccomandando di accettare

– ribaltandola – la stessa difficile esperienza di

Ezechiele e Giovanni: sperimentare amarezza nelle

viscere, ma conservare dolcezza nel palato.

Annalisa Guida]]>
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Asprenas n. 1-3/2023EDITORIALE

In questo volume di Asprenas sono raccolti i contributi dei primi tre fascicoli

dell’annata 2023: si tratta di testi che, molto diversi per natura gli uni

dagli altri, rivelano comunque alcune interessanti convergenze tematiche.

Il primo studio, di SALVATORE INFANTINO, mostra il valore quasi paradigmatico

della figura e della vicenda di Tabithà – “discepola” della comunità

cristiana di Joppe, della quale l’evangelista Luca parla in At 9,36-43 –

la cui guarigione appare come un prolungamento dell’azione di Gesù dentro

e attraverso i suoi discepoli. L’autore fa emergere dal testo soprattutto il

ruolo “diaconale” svolto dalla donna tra i cristiani di Joppe e la sua costante

azione agapica, nella quale si esprimono la scelta preferenziale del credente

per i poveri e una pienezza che non consente a un discepolo del Signore

di restare prigioniero della morte: la centralità di questi due elementi è confermata,

inoltre, dall’azione di intercessione della comunità stessa, che, mentre

è arricchita dal servizio di Tabithà, sa prendersene cura nel momento della

sua fragilità.

Alla fragilità fisica è dedicata, peraltro, anche la seconda delle note critiche

pubblicate nel volume. Partendo dalla lettura del testo di Noëlle Kesmarky

La nuit des autres. Témoignage d’une visiteuse d’hôpital CLOE TADDEI

FERRETTI riflette, forte anche della personale esperienza di volontariato, sulla

dignità della persona: se il valore di un essere umano va riconosciuto e custodito,

anche e soprattutto quando questi è in una condizione di evidente

fragilità, la persona che vive una malattia, specialmente se in fase terminale,

è per gli altri appello a una prossimità che restituisce all’ammalato il senso del

proprio esistere e, in certi casi, lo allevia nell’attraversamento della morte. La

breve nota si presenta, così, ricca di suggestioni che aprono, ancora una volta,

sull’ampiezza del concetto e della realtà di ciò che si indica con il nome

di “cura”: questa, in effetti, non può essere confusa e ridotta alla terapia e all’impegno

per la guarigione o al lenimento del dolore fisico. Il tema della cura è al cuore dello studio di CORNELIUS IZUCHUKWU

OKAFOR: il caso dell’Igboland (nella Nigeria sud-orientale) consente all’autore

di approfondire le grandi questioni di ecologia integrale e di spiritualità

ecologica che emergono dalla Laudato si’ e di declinare il grande tema dell’ecospiritualità

in chiave cristiana. La sensibilità ecologica che, grazie a pastori

come Bartolomeo I e papa Francesco, le Chiese di Oriente e di Occidente

stanno imparando a coltivare e ad approfondire, è in effetti un fenomeno

tipico della modernità e affonda le sue radici nella ferita che l’uomo, sempre

più a partire dalla prima rivoluzione industriale, ha inferto alla natura: è la

coscienza di questa ferita a esigere quella «cura di ciò che è debole», della

quale Francesco d’Assisi è, sia pure in un senso non strettamente ecologico,

«esempio per eccellenza» (LS 10).

Nella linea della cura si colloca anche – stando a quanto il saggio di

ANTONIO PETRONE evidenzia – la predicazione, così come Alano di Lilla la

concepisce: il predicatore, infatti, dovrebbe agire sulla fragilità “spirituale”,

favorendo la conversione e la crescita soprattutto spirituale dei fedeli: nell’Ars

praedicandi del maestro di Lilla l’azione del predicatore a servizio dei

cristiani si dà all’interno di un medesimo cammino di rinnovamento spirituale,

che chiede a ciascuna delle due parti di crescere in ogni virtù, ancorandosi

a quella sana dottrina teologica che spetta al predicatore coltivare e

alla quale bisogna che ciascuno resti fedele.

Alla dottrina teologica, d’altro canto, l’intera comunità credente deve

costantemente riferirsi, anche per tutte le questioni giuridiche che regolano

l’andamento e la vita della Chiesa. Segno dell’attenzione che la nostra

Sezione riserva a tali questioni, grazie anche all’attività del Dipartimento

di Diritto Canonico, sono i due studi di FILIPPO IANNONE e di MICHELE

MUNNO. Il primo mette a fuoco l’attività del Dicastero per i Testi Legislativi,

offrendone una precisa lettura in occasione dei quarant’anni dalla promulgazione

del nuovo Codice di Diritto Canonico (1983), mediante il quale si

è tentato di tradurre in linguaggio canonistico la visione ecclesiologica del

Concilio Vaticano II. Nell’assolvere ai propri compiti, il Dicastero si pone al

servizio del papa e dei vescovi e agisce in comunione con essi, sulla base della

“necessità” del diritto, per la crescita della Chiesa nella carità. Anche lo

studio di Munno, prendendo in esame il contributo di Joseph Ratzinger allo

sviluppo del diritto canonico, prima come prefetto della Congregazione per

la Dottrina della Fede e poi come pontefice, mette in evidenza la natura eminentemente

teologica e spirituale delle questioni giuridiche: in particolare,

la scelta del titolo di “papa emerito” a partire dal 28 febbraio del 2013 è

specchio di una ben precisa concezione teologica, la quale non distingue tra […]]]>
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Studia Patavina 2023/2SOMMARIO

Editoriale

221 Istituti superiori di Scienze religisoe: hanno ancora senso?

Andrea Toniolo

focus Teologia e scienze religiose. Nodi da sciogliere

229 Breve ricognizione storico-genetica della nascita degli Istituti superiori di Scienze religiose in Italia

Gaudenzio Zambon

241 La specificità delle Scienze religiose in rapporto alla Teologia

Alberto Cozzi

255 Il corso di laurea magistrale interateneo in Scienze delle religioni (Università di Padova-Ca’ Foscari Università di Venezia)

Chiara Cremonesi

261 La Religionspädagogik nel mondo germanofono

Alexander Notdurfter

269 Formazione teologica in dialogo

Leonardo Paris

279 Centocinquant’anni dopo. Sul ritorno delle teologie nelle università italiane (1871-2021)

Alberto Melloni

287 La collocazione degli studi storico-religiosi nelle università italiane. Una vi­cenda complessa. Dialogo con Paolo Bettiolo

Giovanni Trabucco (a cura)

Agorà

297 A venticinque anni dalla Fides et ratio: un bilancio prospettico e propositivo

Lorenzo Magarelli

311 Soumission et usage de la raison. Razionalità sapienziale e fede cristiana in Blaise Pascal

Alberto Peratoner

Temi e discussioni

325 Riscoprire la vocazione all’ascolto. Provocazioni dalla teologia e dalla prassi pastorale

Assunta Steccanella

339 La Sacra Scrittura in Teologia pastorale. Precisazioni interdisciplinari e una loro attuazione

Giovanni Giuffrida

353 Il ruolo della Bibbia nella prassi catechistica

Carlo Broccardo

Recensioni

367 Kasper W.-Augustin G. (curr.), Percorsi di fraternità. Per raccogliere la sfida dell’en­ciclica Fratelli tutti (G. Zambon)

370 Thomasset A., Un’etica teologica delle virtú sociali. Giustizia, solidarietà, compassio­ne, ospitalità, speranza (G. Bozza)

372 Zago G. (cur.), Le discipline filosofiche e pedagogiche a Padova tra positivismo e umanesimo (L. Sandonà)

375 Flournoy T., La psicologia della religione. Principi, ricerche, prospettive (G. Pavan)

377 Toso M., Dimensione sociale della fede. Sintesi di Dottrina sociale della chiesa (G. Bozza) 

380 Ciancio C.-Goisis G.-Possenti V.-Totaro F. (curr.), Persona: centralità e pro­spettive (G. Piaia)

382 Ghisleri L.-Poma I. (curr.), Il sacro e la polis. Intersezioni simboliche (R. Tommasi)

385 Borghi E.-Buzzi F., Coscienza, riconoscenza e azione. Per cercare di essere umani (G. Bozza)

388 Hamidovi D., L’insostenibile divinità degli angeli. Saggio storico (A. Magoga)

390 Raterio Vescovo di Verona e di Liegi, Le lettere (D. Fiocco)

393 Bertazzo L.-Ceschia M., Un mistico vedere. «Vita et Revelationes» della beghina viennese Agnes Blannbekin († 1315) (A. Ramina)

396 Cazzulani G.-Como G.-Dalle Fratte S.-Luppi L. (curr.), Lo Spirito, le brecce e la danza. Introduzione alla spiritualità cristiana (A. Ramina)

Segnalazioni

1. FILOSOFIA

399 Scilironi C., San Paolo filosofo (M. Barcaro)

401 Guanzini I., Filosofia della gioia. Una cura per le malinconie del presente (G. Osto)

2. STORIA DEL CRISTIANESIMI

2.1 Biblico

402 Cline E.H., Archeologia biblica. Una breve introduzione (C. Broccardo)

2.2 Patristico e medievale

403 Prandi E., Santa Eurosia. Un culto agrario dai Pirenei spagnoli alla Pianura Padana (G. Piaia)

3. TEOLOGIA

406 Ruggeri G., Abbi cura di me. Fine corsa della formazione. Inediti modi, luoghi, tempi nella chiesa che verrà (L. Voltolin)

408 Riva G.-Ruggeri G., Parole al capolinea. Come il digitale sta cambiando identità, relazioni, religione (L. Voltolin)

408 Ruggeri G., Teologia digitale. Internet come cultura e pensiero per-formante nell’in­segnamento teologico. Prassi esperienziale (G. Giuffrida)

410 Bergamo M., L’anatomia dell’anima. Da François de Sales a Fénelon (A. Ramina)

413 libri ricevuti

 

EDITORIALE

Istituti superiori di Scienze religiose: hanno ancora senso?

Andrea Toniolo

«La chiesa “ha bisogno di crescere nell’interpretazione della Parola ri­velata e nella comprensione della verità”, senza che ciò implichi l’imposi­zione di un unico modo di esprimerla. Perché “le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, se si lasciano armonizzare dallo Spirito nel rispetto e nell’amore, possono far crescere anche la chiesa”. Questa crescita armoniosa conserverà la dottrina cristiana piú efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo».

Sono alcuni passaggi della lettera che papa Francesco ha indirizzato al nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, Víctor Manuel Fernández, nominato il 1° luglio 2023. Il mandato è quello di un cambio di stile nel custodire la fede e nel crescere nella comprensione della fede, e chiama in causa la questione strutturale delle condizioni della “scienza della fede”, che possiamo ricondurre a due, spesso in tensione, rinvenibili nel passaggio citato: la libertà di ricerca nel campo della fede – senza la quale non può crescere la comprensione e l’espressione della tradizione credente – e il servizio alla verità del vangelo. L’auspicio fa eco a quanto espresso nel programma di rinnovamento di Veritatis gaudium: la teologia non è chia­mata semplicemente a trasferire conoscenze bibliche o dogmatiche, ma ha il compito di «concepire, disegnare e realizzare sistemi di rappresentazione della religione cristiana capace di entrare in profondità in sistemi culturali diversi» (n. 5).

Nel contesto italiano, tale compito teologico – entrare in dialogo pro­fondo con i vari sistemi culturali – si attua soprattutto attraverso le istitu­zioni accademiche esistenti, articolate in due percorsi: Teologia e Scienze religiose. La strutturazione di tali percorsi è oggetto di dibattito da alcuni anni, per tanti motivi, tra cui la revisione dell’architettura delle discipline, la poca rilevanza della teologia nello spazio pubblico, l’incerta sostenibilità e sensatezza accademica di due binari quasi paralleli.

In Italia, fuori Roma (che costituisce una situazione a sé stante a motivo delle pontificie università), esistono attualmente piú di ottanta centri teo­logici, di cui otto sono le sedi delle Facoltà teologiche regionali, e di cui 43 sono Istituti superiori di Scienze religiose (Issr). Gli studenti sono piú di diecimila, la maggior parte dei quali (piú di seimila) appartiene agli Issr e sono laici. Questi semplici dati fanno emergere fin da subito gli aspetti posi­tivi e peculiari della teologia in Italia, come anche le criticità. Tra gli aspetti positivi segnalo il legame con la realtà locale ecclesiale (la presenza capillare nel territorio e il grande interesse per la teologia da parte dei laici), la buona qualità didattica dei docenti, la solidità dell’indirizzo pedagogico-didattico. La peculiarità della teologia italiana è a mio avviso la sua forte connotazione pastorale, ovvero il suo legame con le esigenze delle chiese, che ha permesso di formare pastori e laici non in modo “accademico” astratto, autoreferen­ziale, ma molto attento all’esperienza della fede.

Mi permetto però di segnalare, sempre sinteticamente, anche due critici­tà di fondo, il doppio binario e la debolezza della ricerca.

Il rapporto tra percorso teologico e di scienze religiose viene percepito come un doppione, insostenibile dal punto di vista istituzionale (docenti, economia, studenti) e segnato dall’indeterminatezza delle scienze religiose. L’incerta natura delle scienze religiose è come una spada di Damocle che pende fin dal sorgere degli istituti, anche se raccoglie la maggioranza degli studenti. Gli Issr reggono grazie allo sbocco professionale dell’insegnamen­to della religione, ma hanno realizzato in parte o quasi nulla il progetto iniziale, ovvero dare vita a lauree magistrali differenziate in vista di compe­tenze da spendersi per il mondo pastorale o laico: arte, bioetica, mediazio­ni interculturale, ministerialità pastorali. Paradossalmente, anche l’indirizzo pastorale stenta a reggere.

La questione del doppio binario sta diventando un tema dominante nel di­battito italiano. Ci si rende conto che non può reggere e certamente si dovrà andare verso il suo superamento. Per evitare, tuttavia, di buttare via il bam­bino con l’acqua sporca, bisogna riflettere su due implicazioni importanti.

La prima riguarda la natura specifica delle “scienze religiose” nel conte­sto teologico italiano. Possiamo semplicemente abbandonarle, riducendole a qualche corso di pedagogia e didattica (per gli insegnanti di religione)? Possiamo lasciare che le scienze religiose o religious studies siano appan­naggio solo dell’università laica? Possono avere una collocazione specifica anche in ambito teologico? Su questo dobbiamo confessare che in Italia nonostante ormai l’esistenza pluridecennale degli Issr non abbiamo svilup­pato una buona riflessione in questo ambito, gestendo a volte gli Issr come dei fratelli minori della teologia.

 

Seconda implicazione: l’eventuale creazione di un percorso triennale unico con due licenze (Teologia e Scienze religiose) chiede una coraggiosa rivisitazione della mappa territoriale dei nostri istituti. Altrimenti ci sarà una implosione delle stesse facoltà teologiche, data la diminuzione degli studen­ti, dei docenti preti e delle risorse economiche.

 

Bisognerebbe risolvere anche l’equivocità terminologica e strutturale interna ai titoli canonici: esistono due tipi di baccalaureato in Teologia; le licenze in Teologia non hanno una chiara collocazione; non esiste la possi­bilità di un dottorato in Scienze religiose.

La seconda criticità del sistema italiano, strettamente connessa con la pre­cedente, è la debolezza della ricerca, pena l’irrilevanza o insignificanza nello spazio pubblico della fede. Pur avendo già evidenziato come elemento po­sitivo la connotazione pastorale della teologia in Italia, ritengo che la sfida della “re-inculturazione” o meglio di un nuovo incontro del cristianesimo con la cultura dell’Occidente, chieda un maggior investimento sulla ricerca, in ambiti che sono propri delle scienze religiose, e riguardano la fenome­nologia del sacro, lo studio comparato delle diverse esperienze religiose, il confronto con le spiritualità di altri continenti che incrociano sempre di piú la ritualità occidentale.

La debolezza appena evocata è accentuata anche dalla frammentazione delle istituzioni accademiche. Oltre alle questioni del doppio binario e della ricerca, gli altri ambiti, a mio avviso, chiamati in causa nella rivisitazione della teologia sono: la ratio degli studi da riformulare alla luce dei quattro criteri di Veritatis gaudium (soprattutto quello della inter e trans-disciplina­rità forte), il riconoscimento civile dei titoli, a livello di profilo e di procedura, la solidità istituzionale delle nostre facoltà dal punto di vista accademico ed economico, la valorizzazione, anche professionale, delle competenze teologi­che e di scienze religiose, sia nel mondo ecclesiale che in quello laico. […]

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Concilium - 2023/4Indice Editoriale: Gli abusi nella Chiesa. . . . . . . 13 Abstracts . . . . . . . . . . . . . 17 I. Abusi nella chiesa 23 1. Le fondamenta hIlle haKer, Gli abusi sessuali del clero: dal 2004 al 2023. Una rivisitazione . . . . . . 25 I/ Un commento personale: il silenzio e il potere della voce II/ Uno sguardo retrospettivo al fascicolo Il tradimento strutturale della fducia III/ Dallo scandalo degli abusi sessuali alla violenza sessuale-sessualizzata IV/ La svolta etico-sociale e l’importanza dell’etica femminista V/ Conclusione 2. Partire dalle vittime: narrazioni di soerenza e resistenza e loro rilevanza teologica 2.1. ute leImgruber, Porsi in ascolto delle vittime! La rilevanza (teologica) della narrazione dell’abuso su donne adulte nella chiesa cattolica . . . 39 I/ Erzählen als Widerstand: l’abuso su donne adulte diventa visibile e narrabile 1/ Rivelazione di abusi nella chiesa cattolica in Germania dal 2010: i minori come gruppo di vittime 2/ Le vittime a lungo trascurate: le donne come vittime di abusi 3/ Dire l’indicibile a parole: Erzählen als Widerstand II/ Spunti epistemici e teologici tratti dalla lettura di Erzählen als Widerstand 1/ Vittimizzazioni primarie e di altro tipo 2/ Rapporti di potere, dipendenze e vulneranza sistemica 3/ Autodeterminazione spirituale e sessuale 4/ Dalla violazione alla resilienza: come le esperienze diventano signifcative nella narrazione III/ Conclusione: il potere di non tacere 2.2. FederICa tourn – ludovICa eugenIo, Il silenzio sugli abusi in Italia. Tra omertà, rivittimizzazione e ricerca di giustizia . . . . . 54 I/ L’omertà dell’istituzione, una rete di connivenze II/ Una chiesa esonerata dal dovere di denunciare III/ Il silenzio, frutto di una teologia da ripensare IV/ Le dinamiche del silenzio nel caso italiano V/ Risalire la corrente per abbattere il silenzio 2.3. roCío FIgueroa – davId tombS, Disciplina, obbedienza e abuso nel Sodalizio di Vita Cristiana . . . . . . . 66 I/ Introduzione II/ Luis Fernando Figari III/ La spiritualità sodale: disciplina e obbedienza IV/ Abusi sessuali nel Sodalizio V/ Accuse contro i leader del Sodalizio VI/ Conclusione 2.4. marIe-Jo thIel, Il rapporto CIASE nella chiesa di Francia . . . . . . . . . 78 I/ La presa di coscienza della pedocriminalità II/ Contributi e raccomandazioni del Rapporto Sauvé III/ Il posto della teologia nel Rapporto IV/ Le decisioni ufciali della chiesa V/ In conclusione 2.5. maría Soledad del vIllar, Le vittime di abusi in contesti ecclesiali come luogo teologico. Passare dal silenzio e dall’insabbiamento al riconoscimento e alla parola . . . . . . . 89 I/ Introduzione II/ Rompere le dinamiche del silenzio III/ Il Cristo crocifsso e le vittime di abuso sessuale ecclesiale 2.6. mmbI Kìgtha, Esempi di violenza istituzionale . . 100 I/ Introduzione II/ Rapporti di discrepanza di potere III/ Violenza istituzionale IV/ L’invito teologico e gli approcci incentrati sulle vittime 3. Approcci sistematici 3.1. rhoderICK John S. abellanoSa, L’elitismo ecclesiastico e l’ambivalente teologia dei beni temporali della chiesa . . . . . . . 110 I/ L’intreccio di elitismo ecclesiastico e beni temporali II/ L’ambivalenza della chiesa verso i beni temporali III/ Conclusione: verso una critica della teologia dei beni temporali della chiesa 3.2. dorIS reISInger, Abuso spirituale: defnizione, forme e condizioni di possibilità . . . . 126 I/ Abuso spirituale: un tema relativamente giovane 1/ L’abuso spirituale come abuso della persona, violazione della sua intimità spirituale e della sua autodeterminazione 2/ Autodeterminazione spirituale: presupposto di qualsiasi atto di fede, oltre che necessità teologica 3/ Forme di violazione dell’autodeterminazione spirituale 4/ Linea di demarcazione tra atti di abuso spirituale e atti non abusivi II/ Condizioni che rendono possibile l’abuso spirituale nella chiesa cattolica 3.3. vIrgInIa Saldanha, Quando il potere spirituale distrugge la vita. Abusi sessuali nella chiesa cattolica . . . . . . 139 I/ Perché il problema persiste II/ La cura spirituale come copertura per gli abusi sessuali III/ Perché accade questo? IV/ Vulnerabilità in un rapporto di potere diseguale V/ Fondamenti teologici VI/ Conclusione 3.4. hanS zollner, Che cos’è la ri-elaborazione (Aufarbeitung)? Una riessione . . . . . . . . . . . 152 I/ I presupposti per la guarigione, il perdono e la riconciliazione II/ La ri-elaborazione II. Forum teologico 163 1. heIner bIeleFeldt, I diritti umani e l’arte di ascoltare. Una difesa critica dell’universalismo. . . . . . . . . . . 165 I/ Diritti per tutti II/ Un antidoto all’uniformità III/ Universalismo in prova IV/ L’arte di ascoltare 2. huang Po-ho, I diritti umani compiono settantacinque anni. Un tempo per un riesame. . . . . . . . . 172 III. Rassegna bibliografca internazionale 179

Editoriale Gli abusi nella Chiesa Corre l’anno 2023 e il problema degli abusi sessuali e di altre tipologie di abusi nella chiesa è noto da tempo. Ma la gestione dei singoli casi e soprattutto la gestione delle vittime, l’elaborazione delle cause, le modifche delle strutture favorenti l’abuso, l’introduzione di un sistema di pesi e contrappesi e, non ultimo, la riessione teologica su questo argomento sono ancora insufcienti. Ecco perché questa pubblicazione risulta necessaria. Già nel 2004 a questa tematica venne dedicato un numero di Concilium dal titolo Il tradimento strutturale della fducia. Regina Ammicht-Quinn, Hille Haker e Maureen Junker-Kenny curarono quel fascicolo, che guardava oltre il momento particolare. Dal 2004 alcune richieste sono state soddisfatte, altre no, e alcune sono attualmente (di nuovo o ancora) oggetto di accesi dibattiti. Le considerazioni su questo tema pubblicate nel fascicolo del 2004 costituiscono la base, il fondamento su cui sono costruite le presenti riessioni. Allo stesso tempo, in questo numero si enfatizzano alcuni argomenti, in un certo senso, in maniera dierente. Non si pone l’accento principalmente sulla violenza sessuale nei confronti dei minori, ma sulle relazioni abusive di direzione spirituale o di cura pastorale e sulla violenza sessualizzata in questi contesti. Questo argomento sta emergendo poco alla volta. Spesso l’abuso sessuale va di pari passo con l’abuso spirituale, ma ovviamente entrambi si possono verifcare anche separatamente. [...]

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Servizio della Parola - n. 553INDICE

1. Per cominciare.

Una lettera del direttore (D. Arcangeli) 3

I nostri modi di dire

47. La tua vocazione 7

1. La tua vocazione (A. Carrara) 8

2. Barnaba. Al servizio della vocazione (M. Crimella) 13

3. «Noi siamo una missione» (E. Bolis) 19

Novena del Natale del Signore

Consolate il mio popolo, dice il Signore

(C. Cremonesi) 23

Tempo di Avvento e di Natale

3 dicembre / 1 gennaio 35

1ª domenica di Avvento (N. Agnoli, R. Laurita) 37

Immacolata concezione (N. Agnoli, R. Laurita) 57

2ª domenica di Avvento (N. Agnoli, R. Laurita) 77

3ª domenica di Avvento (N. Agnoli, R. Laurita) 97

4ª domenica di Avvento (N. Agnoli, R. Laurita) 117

Natale del Signore (N. Agnoli, R. Laurita) 137

Santa famiglia (N. Agnoli, R. Laurita) 178

Maria Madre di Dio (N. Agnoli, R. Laurita) 198

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Rassegna di Teologia n. 3/2023FOCUS

Severino Dianich, Oltre l’aula. Fare teologia oggi

Concetto – Divulgazione – Immagine – Metodo – Teologia

STUDI

Secondo Bongiovanni SJ, Per una ecologia del cervello.

L’esperienza umana tra neuroscienze e fenomenologia

Coscienza – Cervello – Cognitivismo – Cognizione incarnata –

Ecologia

Enzo Appella, «Beato l’uomo…». Antico Testamento

e orizzonte di felicità

Antico testamento – Felicità – Beatitudine – Salvezza

Andrea Villafiorita, Ecologia cattolica, ambientalismo

e complessità

Agenda 2030 – Ambientalismo – Barry Commoner – Complessità

– Ecologia integrale

NOTE E DISCUSSIONI

Tomáš Pruinec, Dall’idea di giustizia sociale alla giustizia

nella prassi. La giustizia sociale nel servizio dei diaconi

Ambiente ecc lesiale – Ambiente non religioso – Diaconato – Giustizia

sociale – Paradigma del diaconato

Roberto Maier, Potere e abusi nella Chiesa: contro una

teologia dell’artificio

Abusi – Ecc lesiologia – Immaginario – Liturgia – Restorative justice

 

Severino Dianich*

Oltre l’aula

Fare teologia oggi

A partire dall'osservazione della diversità dei modi di pensare

fra il procedere scientifico del discorso e quello corrente

nella vita comune, si tracciano alcune linee sulle quali muoversi

nell'opera di divulgazione della teologia. L'esperienza

della divulgazione a sua volta si ripercuote con interessanti

conseguenze sullo stesso procedere scientifico in teologia.

Beginning with the observation of the diversity of ways of

thinking between the scientific proceeding of discourse and

that current in common life, some lines are drawn on which

to move in the work of popularizing theology. The experience

of popularization in turn has interesting consequences, for the

scientific procedure itself, in theology.

Rassegna di Teologia 64 (2023) 293-312 293

Focus

Premessa

Non intendiamo in questa riflessione riferirci all’evangelizzazione, né

alla predicazione, né alla catechesi. Queste componenti della vita ecclesiale

possono essere condotte all’insegna del dantesco «State contenti,

umana gente, al quia / ché se potuto aveste veder tutto / mestier non era

parturir Maria»1. Qui è posto a tema il problema del far teologia, cioè

dell’ascolto dei problemi dell’interlocutore e del suscitarne dei nuovi, del

sollevare questioni e cercare spiegazioni. “Per causas”, si direbbe aristotelicamente,

quindi al modo con cui si fa scienza, se pure in maniera diversa

dalle scienze esatte e dalle scienze sperimentali. Caso mai, al modo

delle cosiddette scienze umane. O, più semplicemente, nel senso che una

volta affermato, per fede, un certo dato, si procede a interpretarlo in maniera

metodica e razionale, concettualizzando e procedendo nel rispetto

della logica dell’argomentazione.

Fare teologia fuori dell’aula non significherà, quindi, rinunciare al

senso critico e a porre questioni alla fede. Ci si dovrà domandare, però,

se è possibile farlo con lo stesso metodo, concettualizzando e argomentando,

con la stessa logica del procedere scientifico, così come si procede

nell’accademia. Basterà mettersi in ascolto e verificare la maniera con

cui di solito vengono poste le questioni, per rendersi conto che qui sta il

problema. Il questionare, infatti, della gente comune nella vita comune,

generalmente, non parte dal domandarsi Quid est?, a proposito di una

certa cosa. È più facile sentirsi domandare Ad quid?, a che cosa serve una

certa cosa? È necessario quindi passare da un modo di pensare a un altro.

1. I molti modi diversi di pensare

Dalle prime osservazioni di che cosa e come credono i cristiani, risulterà

con immediatezza che il loro pervenire a credere non è il frutto di

un processo cognitivo uguale a quello di chi perviene al sapere a partire

dalla percezione sensitiva diretta dell’oggetto, né da una dimostrazione

razionale di ciò che ritiene per vero e intende asserire. Tanto meno i loro

percorsi sono del tipo dello scienziato, cui si impone di pervenire alla

conoscenza dell’oggetto nella sua purezza, nell’esclusione di ogni possibile

interferenza della sua soggettività. La teologia in aula prende atto del

modo di conoscere e di pensare le cose della fede nella vita delle grandi

masse religiose, ma poi si permette di scavalcare il loro modo di pensare

per adottare il modo di pensare scientifico, nella chiarezza dei concetti

e nel rigore della logica dell’argomentare. Lo hanno fatto i vescovi nella

solenne aula del concilio di Calcedonia; ma quando, dopo il concilio,

l’imperatore Leone I chiedeva loro quale fosse il loro giudizio sull’evento,

un certo vescovo Euippo gli rispondeva di tenere presente che in concilio

si era proceduto aristotelice e non piscatorie2. Egli coglieva in tal modo

l’esistenza di due modi diversi di parlare della fede e di interrogarsi sulle

cose che si credono.

Pierre Bourdieu, l’antropologo ben noto per i suoi apporti, al di là delle

sue ricerche sul campo, alla problematica epistemologica, nel corposo

saggio del 1980 Le sens pratique3, analizza con acribia le differenze che intercorrono fra il modo di conoscere dello scienziato nelle sue ricerche e

il modo di conoscere dell’uomo comune nella vita comune. Lo farà in seguito,

con risultati sorprendenti quando, ritornando a operare da antropologo

sul campo, assumerà a oggetto dell’indagine la “tribù”, cui egli stesso

appartiene, quella dei professori universitari: come pensa, come discerne,

come decide l’intellettuale, quando, uscito dal suo laboratorio o dalla biblioteca,

si ritrova con i colleghi a discutere e decidere sull’andamento della

vita accademica?4 Il metodo scientifico impone al ricercatore l’imperativo

di oggettivare l’oggetto della sua ricerca, la res, escludendo radicalmente

qualsiasi interferenza del soggetto e dei suoi interessi personali nell’oggetto

dell’indagine. Bourdieu ritiene l’imperativo, imposto dogmaticamente

al ricercatore scientifico, di estraniare sé stesso dall’oggetto dell’indagine,

utopico e, alla fine, del tutto falsificante. Subirlo conduce, infatti, questo

spettatore “imparziale” del mondo, interessato a comprendere solo per

comprendere, ad attribuire il suo stesso modo di procedere agli agenti che

assume a oggetto della sua ricerca, come se tutti intendessero comprendere

per comprendere e non, invece, come accade nella maggioranza dei casi,

comprendere per agire5. Egli denuncia il trionfalismo della ragione teorica,

che intende raggiungere l’oggetto emarginando l’apparenza, scavalcando la

doxa per tendere all’episteme, trascurando il senso comune per arrivare alla

scienza. Il suo linguaggio è determinato da una sua finalità senza fine e le

cose di cui egli parla sembra esistano solo per essere interpretate6. Ne deriva

la collocazione nell’ambito del reale anche di ciò che esiste solo nel pensiero7.

Ci si inibisce di riconoscere che esistono vie diverse della conoscenza,

la via di quel che appare e la via di ciò che è al di là di quel che appare, le

vie del senso comune e la via della scienza. Dalla presunzione della scienza

di essere l’unico modo valido di conoscere le deriva l’impotenza a […]

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Rassegna di Teologia n. 2/2023FOCUS

Umberto Rosario Del Giudice, Teologia del diritto

canonico: una disciplina appena maggiorenne?

Diritto canonico – Discipline accademiche – Pratiche ecclesiali

– Teologia

STUDI

Giuseppe Guglielmi, Oltre la cosmesi della continuita.

Riflessioni a margine della teologia di Christoph Theobald

Continuità/discontinuità – Origine – Presente – Storia – Tradizione

Francesco Bertoldi, “Rinascita religiosa” e religione civile

Böckenförde – Fondamentalismo – Libertà religiosa – Rapporto

fede/politica – Religione civile

Ignazio Genovese, La genesi della conoscenza e il valore

della parola: l’intersoggettivita gnoseologica nel De magistro

di Agostino d’Ippona

Agostino d’Ippona – Conoscenza – De magistro – Interiorità –

Intersoggettività

Salvatore Sorrentino, L’esperienza mistica di Bartolo Longo

come locutio interior

Bartolo Longo – Conversione – Locutio interior – Rosario

– Spiritismo

NOTE E DISCUSSIONI

Claudio Tagliapietra, Cosa si fa quando si fa teologia?

Il lavoro del teologo fra esperienza, dottrina e sinodalita

Bernard Lonergan – Dottrine – Metodo – Ricerca teologica –

Sinodalità

Presentiamo un libro

Enrico Cattaneo SJ, Il tema dell’amore in Bernard J.F.

Lonergan. Note a margine della nuova edizione italiana

dell’opera Metodo in teologia

 

Umberto Rosario Del Giudice*

Teologia del diritto canonico:

una disciplina appena maggiorenne?

La Teologia del diritto canonico è una nuova disciplina istituita

nel 2002. A poco più di vent’anni dalla sua introduzione

come insegnamento obbligatorio nel curriculum della Laurea

in Diritto canonico, occorre riflettere sul suo statuto epistemologico.

Il presente studio, oltre a proporre una breve ricognizione

circa alcuni presupposti teoretici della Teologia del

Diritto canonico e alcuni suoi concetti, intende proporre una

lettura antropologico-simbolica come presupposto del diritto

nella vita della Chiesa.

The Theology of Canon Law is a new discipline established of

2002. A little more than twenty years after its introduction as a

compulsory course in the curriculum for the Degree in Canon

Law, we need to reflect on its epistemological status. The study,

in addition to proposing a brief survey of some theoretical

assumptions of Theology of Canon Law and some of its concepts,

intends to propose an anthropological-symbolic reading

as an assumption of Canon Law in the life of the Church.

Rassegna di Teologia 64 (2023) 149-169 149

Focus

Introduzione

Il diritto canonico e una realta ecclesiale che va custodita, arricchita e

compresa: solo cosi vi potra essere piu il suo uso che il suo abuso. L’urgenza

di riflettere intorno a questa “pratica” ecclesiale (che rimane ben

distinta ma complementare a tutte le altre pratiche ecclesiali, e in special

modo alla morale e alla liturgia) e un’evidenza pastorale che diventa anche

un’esigenza ecclesiale e teologica.

Nell’anno poi in cui ricorre il quarantesimo anniversario della

promulgazione del nuovo Codex Iuris canonici e dalla sua entrata in vigore1, e quanto mai opportuno riprendere la riflessione circa una

disciplina “appena maggiorenne” dall’articolazione della quale possono

irradiarsi luci e ombre su tutta l’azione della Chiesa.

Il 2 settembre 2002, infatti, fu pubblicato dal competente Dicastero

un Decreto per il riordino degli studi nelle Facoltà di Diritto canonico2, approvato

dal Romano Pontefice in forma specifica (contrariis quibuslibet

non obstantibus)3 che ha introdotto una disciplina del tutto nuova nel

percorso per la Licenza in diritto canonico (secondo ciclo di studi) e denominata

Teologia del diritto canonico (d’ora in poi TDC).

La novita di allora non risiedeva solo nel fatto che una disciplina con

un tale titolo appariva tra i corsi obbligatori per il curriculum relativo al

titolo in ius canonicum; la vera sfida era quella di voler/dover offrire un

percorso che ribadisse i cardini fondamentali della riflessione teologica

circa i contenuti e le specificita del diritto canonico (e del diritto in genere).

L’intenzione della “prima ora” apparve proprio questa. Il limite

appariva nel fatto che l’indole, la natura, il contenuto e il metodo di

questa nuova disciplina andavano configurandosi nell’orizzonte di due

tendenze contrapposte: da una parte la tendenza a teologizzare il diritto

canonico e, dall’altra, quella contigua di giuridicizzare la teologia4. Mentre […]

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Servizio della Parola - n. 551/552Sguardi in pastorale

16. Rimpianti e occasioni (A. Carrara)

I nostri modi di dire

46. La grazia sacramentale

1. La grazia sacramentale (A. Carrara)

2. La grazia del sacramento.

Nutrirsi della Vita secondo Giovanni 6 (D. Arcangeli)

3. Dimensione ecclesiale della grazia

nelle celebrazioni ecclesiali (D. Vitali)

Per una santità feriale

(R. Laurita)

Dalla 29a domenica ordinaria a Cristo, Re dell’universo

22 ottobre / 26 novembre

29ª domenica ordinaria (Redazione, R. Bindi, M. Gallo)

30ª domenica ordinaria (Redazione, D. Rocchetti, M. Gallo)

Tutti i santi (a cura della Redazione)

Commemorazione dei fedeli defunti (a cura della Redazione)

31ª domenica ordinaria (Redazione, C. Cremonesi, D. Fidanza)

32ª domenica ordinaria (Redazione, P. Bignardi, V. Brunello)

33ª domenica ordinaria (Redazione, + F. Lambiasi, D. Fidanza)

Gesù Cristo, Re dell’universo (Redazione, M. Aliotta, V. Brunello)

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 Marco Gallo

La terza età, quella del desiderio

Studi

4 A ndrea Grillo

Riforma liturgica: punto fermo o stile?

10 A nna Maria Calapaj

La riforma liturgica

e il “mito” dell’antichità

15 P ierangelo Chiaramello

Il sogno della riforma liturgica

20 C hiara Giuliani

Siamo la “Chiesa del concilio”?

26 Maria Ignazia Angelini

Una riforma “dal basso” o “dall’alto”?

33 O livier-Marie Sarr

Gli adattamenti

e l’inculturazione liturgica

39 Michele Roselli

Liturgia e catechesi

45 L uigi Girardi

Non avere fretta

Formazione

50 Fabio Trudu

La liturgia fuori dalla parrocchia

5. Le case di cura

55 Giuliano Zanchi

I luoghi della liturgia

5. Il concilio prima del concilio

Asterischi

60 R iccardo Barile

Lectio Ritus

5. L’inno di compieta

65 E lena Mass imi

I canti liturgici

5. Che fine ha fatto il repertorio nazionate?

69 Segnalazioni

 

Marco Gallo

La terza età, quella del desiderio

Rivista di Pastorale Liturgica fu fondata

per accompagnare l’attuazione

della riforma liturgica. Se questa rivista

si e impegnata molte volte a fare il punto

sul tema, oggi torniamo a dedicare

un numero monografico allo stato di

salute della riforma, non per anniversari

particolari o per eventi polemici o

risultati raggiunti.

Nell’epoca in cui si e ancora giovani

fino alla morte, ci pare invece degno di

pensiero il momento in cui ci troviamo,

dove la riforma si avvicina ai sessant’anni.

Abbiamo adottato l’espressione “terza

eta”, proprio perché in questi anni

essa ci sembra perdere ogni illusione di

novita e debba affrontare una stagione

di maturita decisiva. Muoiono gli ultimi

che parteciparono in prima persona al

concilio Vaticano II, sono sempre meno

quelli che vissero da bambini la liturgia

preconciliare. Chi e cattolico oggi ha

conosciuto ormai solo questa liturgia

rinnovata, uscita da un grande cantiere

lungamente preparato e che oggi sembra

lontano.

1. Invecchiare

Nel 1970, Simone de Beauvoir scrive

il sorprendente saggio La vieillesse (La

terza età), in cui denuncia l’analfabetismo

sociale e culturale che impediscono

al moderno di cogliere che cosa

sia davvero la stagione della vita dopo

quella adulta. Falsamente edulcorata

come l’eta della sapienza pacifica o temuta

come il tempo della progressiva

regressione, se essa e ascoltata con attenzione

si rivela invece come una conferma

della natura umana, che e viva

finché animata da desideri.

Entrare nella terza eta in modo umano,

cioe senza accettare che sia per forza

disumanizzante, e possibile dunque

solo onorando quell’intatta potenza di

vita che si fa strada con un corpo non

piu forte, con relazioni disarmate e con

una coscienza che trattiene molte sfide

e ricordi. E, nello specchio lacaniano

dell’altro, al vecchio e chiesto di assumere

la sua nuova identita che non coincide

con quella che ha interiorizzato.

In un certo senso, ci e parso che

la metafora reggesse anche per la Riforma

liturgica, che raggiunge i suoi

sessant’anni e dalla quale si rischia di

pretendere una serenita che mai avra o

di trattarla come progetto fallimentare

che non ha raggiunto i suoi scopi. In

questo numero sara molto interessate

fare il punto su numerose questioni –

ora che non si e piu né nella prima eta

della sua messa in opera – né tanto meno

nella sua seconda eta, quella dell’emergere

critico delle sue fragilita. Viene

una terza, quella del desiderio. […]

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Parole di Vita 

Alessandro Pilo

L’APOCALISSE DI GIOVANNI:

IL VOLTO SEGRETO DELL’AUTORE

Annalisa Guida

LE SETTE CHIESE D’ASIA

Dionisio Candido

L’AGNELLO IN PIEDI, COME MORTO

Francesco Piazzolla

I QUATTRO CAVALIERI:

UNA STORIA SEMPRE ATTUALE?

Luca Pedroli

LE TRE DONNE DELL’APOCALISSE

Claudio Doglio

LA TEOLOGIA DELLA STORIA

SECONDO L’APOCALISSE

Alessandro Cavicchia

L’APOCALISSE APOCRIFA DI GIOVANNI

Giorgio Bonaccorso

APOCALITTICA E LITURGIA

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

I romanzi apocalittici: Nel paese delle ultime cose

di Paul Auster

PER SAPERNE DI PIU

Marcello Panzanini

Una primizia dell’esegesi: Sull’Apocalisse

di Vittorino di Petovio

RILETTURE

Valeria Poletti

E se gli zombie fossimo noi?

APOSTOLATO BIBLICO

Fabio Pizzitola

Parola e sinodalità. I cantieri di Betania: le diaconie

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

Già e non ancora. Il polittico dell’Agnello mistico

di Hubert e Jan van Eyck

 

EDITORIALE

Racchiude tanti misteri quante sono le sue parole: cosi potremmo tradurre il celebre commento di Girolamo che, nella sua lettera a Paolino di Nola sullo studio della sacra Scrittura, diceva dell’Apocalisse: Tot habet sacramenta quot verba, cantando le lodi di uno scritto che nelle singole sue parole racchiude svariatissimi sensi. Con il quinto fascicolo del 2023 Parole di vita si concentra finalmente sull’opera neotestamentaria che ha dato il nome al genere di scritti cui l’annata e dedicata. L’ultimo libro del canone biblico cristiano ha avuto una tormentata storia di accettazione, soprattutto nella chiesa orientale, a motivo della sua dubbia origine apostolica (e molte riserve le nutri anche Lutero); ma, una volta accolta, costante negli elenchi dei libri canonici rimase la sua posizione ultima, come capitolo conclusivo che nell’amen finale del dialogo tra l’Agnello e la sua sposa (22,20) fa da chiusa ideale a un dialogo tra Dio e il mondo iniziato in Gen 1,3, agli albori della creazione. Potente fucina di immagini, scene e simboli che – anche frutto di uno straordinario saccheggio dei libri profetici, e non solo – hanno improntato di se i linguaggi artistici fino all’epoca contemporanea, generando anche numerose opere pseudoepigrafiche (come l’Apocalisse apocrifa di Giovanni presentata da Alessandro Cavicchia), l’Apocalisse resta un’opera la cui lettura suscita difficolta e sgomento e che facilmente si presta a misinterpretazioni, come conferma la storia della sua ricezione. Abbiamo cercato, quindi, di offrire ai nostri lettori e alle nostre lettrici alcune coordinate essenziali per comprenderne lo scopo comunicativo e la visione teologica, partendo dai numerosi interrogativi sull’identita del profeta-“io narrante” Giovanni in esilio a Patmos e del vero autore del libro (Alessandro Pilo) nonche dal contesto geopolitico che tanto peso assume nella strutturazione della sua prima parte (2,1–3,22), quella delle cosiddette lettere alle sette chiese d’Asia (Annalisa Guida).

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La pace del cuorehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788898573516/la-pace-del-cuore.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788898573516/la-pace-del-cuore.htmlTue, 26 Sep 2023 15:47:55 +0200Archivum Franciscanum HistoricumINDEX

DISCUSSIONES ET DOCUMENTA

LYDIA SCHUMACHER. – ‘BEYOND’, ‘ABOVE’ OR ‘AGAINST’ NATURE? EARLY

SCHOLASTIC DEBATES ON THE STATUS OF MIRACLES.

DOMINIC ABBOTT. – THE DOCTRINE OF THE ABSOLUTE PRIMACY OF CHRIST ACROSS

THE WORKS OF JOHN DUNS SCOTUS

ZI’ANG CHEN. – AUGUSTINE, ARISTOTLE, AND FRANCISCANS ON LYING: A STUDY ON

TEXTS BY FRANCIS OF MEYRONNES AND GERALD ODONIS

ANTONÍN KALOUS. – THE BOHEMIAN CHRONICLES OF EBERHARD ABLAUFF AND

MICHAEL OF CARINTHIA ON THE CAPITULA GENERALISSIMA (1430-1517) .

SEAN L. FIELD - PIERRE MORACCHINI. – THE ANSIENS MÉMOIRES DE L’ABBAIE

DE LONGCHAMP: A SEVENTEENTH-CENTURY NUNS’ CHRONICLE

BERT ROEST. – DISCUSSING EXORCISM DURING THE EARLY ENLIGHTENMENT: UBALD

STOIBER’S ARMAMENTARIUM ECCLESIASTICUM

 

SUMMARIA

RECENSIONES

FIELD, SEAN L. - GUIDA, MARCO [OFM] - POIREL, DOMINIQUE (ÉDS.). –

L’ÉPAISSEUR DU TEMPS. MÉLANGES OFFERTS À JACQUES DALARUN. – (JURI

LEONI)

BOBOVNIK, NENA - BOGATAJ, JAN DOMINIK [OFM] - ŠPELI, MIRAN [OFM].

– UT BON(AVENTURIAN)I FIAMUS. STUDIES IN ST. BONAVENTURE ON THE OCCASION

OF THE 800TH ANNIVERSARY OF HIS BIRTH. – (CARLOS E. SALTO SOLÀ) 

SOLVI, DANIELE. – ROTUNDIS QUADRATA MUTARE. QUESTIONI FRANCESCANE DALLE

ORIGINI AI FIORETTI. – (EMIL KUMKA)

BARTOLOMEI ROMAGNOLI, ALESSANDRA. – CORPO SACRO. SCRITTURA ED ESPERIENZA

MISTICA TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA. – (MARZIA CESCHIA) .

BOBILLIER, STÈVE. – L’ÉTHIQUE DE PIERRE DE JEAN OLIVI. LIBERTÉ, PERSONNE ET

CONSCIENCE. – (JACOPO LOHS)

SERAFINI, MARCELLA. – LA LIBERTÀ INNATA. VOLONTÀ, AMORE E GIUSTIZIA NEL

PENSIERO DI GIOVANNI DUNS SCOTO. – (FRANCESCO PICA)

GRASSI, ONORATO - DEZZA, ERNESTO [OFM] (A CURA). – DUNS SCOTO IN ITALIA.

EDIZIONI, TRADUZIONI, STUDI. – (CARMINE GIOVANNI FERRARA)

DAS LEBEN DER HEILIGEN COLETTE VON CORBIE. EINE ALTE, NEU ENTDECKTE HANDSCHRIFTLICHE

LEBENSBESCHREIBUNG IN ALEMANNISCHEM DEUTSCH. – (WILLIBALD

HOPFGARTNER)

HERNÁNDEZ VERA, RENÉ. – FRANCISCAN BOOKS AND THEIR READERS. FRIARS AND

MANUSCRIPTS IN LATE MEDIEVAL ITALY. – (DANIELE SOLVI)

ILLUMINATA BEMBO [OSC]. – SPECCHIO DI ILLUMINAZIONE. REDAZIONE LUNGA.

EDIZIONE CRITICA SULLA BASE DEL MS. AMBROSIANO Y 46 SUP. – (JURI LEONI)

TOURIS, WILLIAM, OFM. – THE CONTEMPLACIOUN OF SYNNARIS. LATE-MEDIEVAL

ADVICE TO A PRINCE. – (MICHAEL ROBSON)

LUPOLI, ROSA. – DAL GRIDO DEGLI ULTIMI AL SILENZIO DI DIO. BIOGRAFIA DELLA

BEATA MARIA LORENZA LONGO FONDATRICE DELL’OSPEDALE INCURABILI DI

NAPOLI E DELLE MONACHE CAPPUCCINE (CA. 1463-1539). – (JURI LEONI)

COMPARE, CARMELA - NEPORI, FRANCESCA - RUSCONI, ROBERTO (A CURA). –

ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI. – (FEDERICA DALLASTA)

BENEDETTO DA CANFIELD [OFMCAP.]. – REGOLA DI PERFEZIONE. – (ALESSANDRA

BARTOLOMEI ROMAGNOLI)

SCHWALLER, JOHN F. – THE STATIONS OF THE CROSS IN COLONIAL MEXICO. THE

VIA CRUCIS EN MEXICANO BY FRAY AGUSTIN DE VETANCURT AND THE SPREAD

OF A DEVOTION. – (BERENICE ALCÁNTARA ROJAS)

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 E. Massimi

Perché non scommettere sulla liturgia?

Studi

4 M. Gallo

«Democratizzare la liturgia»

La sinodalità come svelamento

10 G. Zurra

La liturgia: verità celebrata

della Chiesa

15 P. Carrara

Nomenclatura sinodale. Una mappa

21 A . Giardina

Guardarsi attorno

26 M. Belli

Quello che la liturgia sapeva già

30 G. Drouin

La presidenza liturgica

e la pluralità dei ministeri

36 F. Peruzzotti

La profezia e il carattere sovversivo

della liturgia

41 M. Baldacci

Chi è di casa nella liturgia?

46 S . Sirboni

Preparare una liturgia

come pratica sinodale

Formazione

52 F. Trudu

La liturgia fuori dalla parrocchia

4. I movimenti (II)

57 G. Zanchi

I luoghi della liturgia

4. Atmosfere tridentine

Asterischi

62 A . Meneghetti

Lectio Ritus

4. Noi vedemmo la sua gloria

66 E. Massimi

I canti liturgici

4. Il gregoriano: canto vivo o morto?

 

 

EDITORIALE

Elena Massimi

Perché non scommettere

sulla liturgia? 

Il 4 ottobre prossimo verrà celebrata

la prima sessione della XVI Assemblea

Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi

proprio sulla sinodalità. Un sinodo

particolare per più motivi: una

consistente partecipazione di laici con

diritto di voto, la strutturazione in due

sessioni, e il tema, diciamo “speciale”

per un sinodo, cioè la sinodalità (ma

un sinodo che riflette su se stesso, non

rischia di divenire autoreferenziale?).

Un sinodo sulla sinodalità non poteva

che essere preparato da due anni di

“esercizio” per assumere e sperimentare

uno stile sinodale. Il cammino sinodale

ha visto il coinvolgimento dei

diversi membri delle comunità ecclesiali,

tra impegno e disimpegno, tra

entusiasmo e stanchezza post-Covid,

tra fatiche e piccole conquiste.

Nel 2012 uscì un testo della Commissione

Teologica Internazionale su

La sinodalità nella vita e nella missione

della Chiesa, che ben approfondiva il

concetto di sinodalità nell’orizzonte

scritturistico, teologico e pastorale. Il

testo citato in più numeri metteva in

luce l’importanza e il connaturale legame

dell’eucaristia con la sinodalità.

Si legge, ad esempio, che «la sinassi

eucaristica è la sorgente e il paradigma

della spiritualità di comunione. In

essa si esprimono gli elementi specifici

della vita cristiana chiamati a plasmare

l’affectus sinodalis» (n. 77).

Forse siamo effettivamente una società

senza memoria, perché, come è

ben noto, nel Documento Preparatorio

pochissimo spazio trova la liturgia –

e la stessa eucaristia – e le domande

sicuramente non hanno aiutato le

comunità locali a fare il punto della

situazione sulla liturgia, ridotta alla

eucaristia, alla Parola di Dio e alla ministerialità.

Ma, se anche nelle riflessioni, nei

dibattiti, nella fase di ascolto, non è

stato dato spazio in modo uniforme

alla liturgia (in alcune sintesi diocesane

è molto presente, in altre completamente

assente), di ciò è testimone la

parte dedicata al celebrare della “sintesi

della sintesi” della fase diocesana

nazionale, nella quale si legge che «il

processo sinodale è stato segnato da

forte tensione spirituale», senza però

nominare la liturgia, ma solo la Parola

di Dio. Abbiamo forse dimenticato

anche SC 14, dove veniva evidenziato

che la liturgia «è la prima e indispensabile

fonte dalla quale i fedeli

possono attingere il genuino spirito

cristiano»? Nella medesima sintesi si

parla di “liturgie smorte”, ridotte a

spettacolo, e per questo «si avverte

l’esigenza di ridare alla liturgia sobrietà

e decoro per riscoprirne tutta

la bellezza e viverla come mistagogia,

educazione all’incontro con il mistero

della salvezza che tocca in profondità

le nostre vite, e come azione di tutto

il Popolo di Dio».

Però se è evidente che della liturgia

si è parlato poco – e forse, dal momento

che la liturgia non è un “discorso”

ma un’azione, questo è anche normale

–, ci si chiede se l’agire liturgico abbia

accompagnato il cammino sinodale,

se almeno qualcuno si sia ricordato

che, per poter camminare in modo

sinodale, è necessario celebrare bene

la liturgia.

Certamente le nostre chiese, dopo

il Covid, si sono svuotate, e con molta

fatica si ritorna per la celebrazione

eucaristica domenicale. Il bisogno di

celebrare in tempo di Covid è “scomparso”,

ma ciò è anche normale. È più

semplice vivere la liturgia in momenti

della vita particolari (nascita, crisi,

matrimonio, morte) che non nella

quotidianità. Infatti, terminata la

pandemia, e tornati alla vita normale,

le chiese sono rimaste vuote. E paradossalmente

riprendiamo le nostre

“antiche” strutture di pastorale in un

contesto che è totalmente altro, perché

anche noi siamo diversi, segnati

da quanto vissuto.

Allora vien da domandarsi: perché

non scommettere sulla liturgia? Cosa

abbiamo da perdere? Forse, in questo

tempo così faticoso, di crisi, anche se

segnato dalla quotidianità, non potrebbe

riemergere il bisogno di celebrare?

Potrebbe essere l’occasione per

credere (anche se per convenienza)

nelle potenzialità della liturgia?

In fondo questo cammino sinodale

ha del paradossale: si inserisce «nel

solco “dell’aggiornamento” della Chiesa

proposto dal Concilio Vaticano II»

(Documento preparatorio) e dimentica

proprio il programma del Concilio

stesso espresso in SC 1: «Il sacro Concilio

si propone di far crescere ogni

giorno più la vita cristiana tra i fedeli;

di meglio adattare alle esigenze del

nostro tempo quelle istituzioni che

sono soggette a mutamenti; di favorire

ciò che può contribuire all’unione di

tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire

ciò che giova a chiamare tutti nel seno

della Chiesa. Ritiene quindi di doversi

occupare in modo speciale anche

della riforma e della promozione della

liturgia».

La liturgia è necessaria per la riforma

della Chiesa, perché la Chiesa possa

essere “se stessa”, perché l’ecclesiologia

del Vaticano II possa realmente

“prendere corpo”.

Allora torniamo alla scommessa:

perché non scommettere sulla liturgia?

Pascal ci direbbe che, nella situazione

attuale, non abbiamo nulla da

perdere, e tutto da guadagnare. «Quale

male potrà palesarsi facendo questa

pia scelta?» (Pascal).

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Parole di VitaEditoriale

Mirko Montaguti

GESÙ CRISTO: UN FIGLIO D’UOMO

O IL FIGLIO DELL’UOMO?

Paolo Mascilongo

L’APOCALITTICA NEI VANGELI SINOTTICI

Alessandro Cavicchia

ESCATOLOGIA E APOCALITTICA

NEL VANGELO SECONDO GIOVANNI

Andrea Albertin

RISORGEREMO? TUTTI? APOCALITTICA

E RISURREZIONE DEI MORTI IN PAOLO

Giacomo Violi

«IL MISTERO DELL’INIQUITÀ».

LA PICCOLA APOCALISSE DI 2 TS 2,1-12

Michele Mazzeo

LA SECONDA VENUTA DEL SIGNORE:

LETTERA DI GIUDA E 2 PT 3,3-13

Piero Capelli

LE SIBILLE E GLI ORACOLI SIBILLINI

Antonio Bergamo

POST-MODERNITÀ E APOCALITTICA

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

I romanzi apocalittici: L’ultimo uomo di Mary Shelley

PER SAPERNE DI PIÙ

Marcello Panzanini

Il discorso sulle dieci vergini di Agostino d’Ippona

RILETTURE

Valeria Poletti

Il cinema post-apocalittico dopo l’11 settembre

APOSTOLATO BIBLICO

Fabio Pizzitola

Parola e sinodalità. I cantieri di Betania: la casa

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

Aprire la porta con lo sguardo: Le vergini sagge

e le vergini stolte di Peter von Cornelius

 

EDITORIALE

Il percorso fin qui svolto attraverso i primi tre

fascicoli dell’annata 2023 ha provato a mettere

in evidenza qualità e peculiarità della letteratura

apocalittica biblica ed extrabiblica,

invitando i lettori di Parole di Vita a una riscoperta

della sua originalità e del suo carattere provocatorio

rispetto agli interrogativi e atteggiamenti

della (post)modernità. La visione apocalittica del

mondo è essenziale, del resto, per capire tanta parte

del Nuovo Testamento, non solo il suo ultimo

libro nell’ordine canonico che ha dato il nome al

genere (e al quale sarà dedicato il prossimo fascicolo

in forma monografica).

Se pensiamo ad alcuni tratti tipici dell’apocalittica

quali già evidenziatisi nei fascicoli precedenti,

come la consapevolezza dell’esistenza di forze

spirituali con il potere di influenzare le realtà terrene

oppure l’affermazione della piena sovranità

di Dio sulle potenze che sembrano sfidarlo; se ricordiamo

una certa visione dualistica che dipinge

il cosmo come campo di battaglia tra forze del

bene e forze del male, sotto il controllo divino; se

richiamiamo alla memoria il senso di impotenza

di tanti uomini e donne verso la possibilità di riscattare

la storia presente, con la conseguente proiezione

delle proprie speranze verso un futuro e

definitivo intervento di Dio; se, ancora, pensiamo

a tematiche quali le rivelazioni celesti, l’escatologia,

il messianismo, ecco che nella nostra mente si

affollano tante pagine più o meno note del Nuovo

Testamento che forse non avremmo ascritto,

almeno in prima battuta, al genere apocalittico.

Alcune di queste le ripercorreremo insieme ai

nostri autori: i detti sul Figlio dell’uomo in cui

i tratti di potere e autorità tipici della figura danielica

si sovrappongono a dimensioni proprie

dell’esperienza terrena di Gesù, come la sofferenza

(Mirko Montaguti); le cosiddette “apocalissi sinottiche”,

ossia quel lungo discorso escatologico

presente in Matteo, Marco e Luca subito prima del racconto della passione in cui immagini e simboli

apocalittici si colorano di una forte impronta cristologica

(Paolo Mascilongo); diversi passaggi del

quarto vangelo sull’«ora» della glorificazione di

Gesù e la vita eterna (Alessandro Cavicchia); alcuni

brani dell’epistolario paolino autentico sul tema

della risurrezione personale: la Prima lettera ai Tessalonicesi

e la Prima lettera ai Corinzi (Andrea Albertin);

testi deutero-paolini che rispondono agli

interrogativi sulla manifestazione storica del male

e devono ribadire la credibilità della parusia di

Cristo, come la Seconda lettera ai Tessalonicesi (Giacomo

Violi) e la Seconda lettera di Pietro, insieme

alla lettera cattolica di Giuda (Michele Mazzeo). Il

confronto con la letteratura apocalittica extrabiblica

proseguirà, invece, con la presentazione degli

Oracoli sibillini (Piero Capelli).

La chiave di volta dell’apocalittica neotestamentaria

è certamente la figura di Cristo, non solo

con la sua predicazione, ma soprattutto con il

paradosso della sua croce e inaudita risurrezione,

che inaugurò anche il tempo dell’attesa del suo ritorno,

stravolgendo così, nei suoi seguaci, il senso

stesso del presente e della storia.

Nell’oggi di un mondo post-moderno e altresì

post-cristiano, che percepisce la temporalità come

– insieme – accelerata e contratta e intravede

diffusi segni della fine, preludio di una catastrofe

imminente, lo sguardo cristiano, pur non negando

la fragilità presente, scorge l’operare silenzioso

e generativo dello Spirito e vede nell’incontro

con Cristo una prospettiva di speranza e compimento

(Antonio Bergamo).

Riscoprire, anche immersi nei segni della fine,

il fine ultimo dell’esistenza umana come essere in

Cristo con Dio: così l’apocalittica cristiana riapre

il senso della storia alla fecondità.

Annalisa Guida

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Servizio della Parola - n. 550Esercizi di sinodalità

Editoriale, di Paola Bignardi

1. Un primo bilancio di un percorso sinodale

1.1 Un anno sinodale. L’esperienza di un vescovo di + Erio Castellucci

1.2 Vivere in Sinodo. Bilancio di un’esperienza di Giuseppina De Simone

2. Testimonianze diocesane di percorsi sinodali

2.1 Il Sinodo dei bambini.

L’esperienza dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto a cura di Annalisa Caputo

2.2 L’ascolto sinodale vissuto

nella diocesi di Concordia-Pordenone a cura di Maurizio Girolami

2.3 L’esperienza sinodale

nella chiesa di Faenza-Modigliana a cura di Michele Morandi e Cristina Dalmonte

2.4 La forza sinodale dell’incertezza.

L’esperienza della diocesi di Modena a cura di Ivo Seghedoni

2.5 Il Sinodo diocesano della chiesa di Padova a cura di Leopoldo Voltan 41

2.6 L’esperienza del cammino sinodale

nell’arcidiocesi di Palermo a cura di Milena Libutti 49

2.7 Il primo anno di percorso sinodale

nell’arcidiocesi di Pescara-Penne a cura di Loredana Reitano e Roberta Fioravanti 55

2.8 L’esperienza della diocesi di Senigallia a cura di Paolo Gasperini 59

3. Una rilettura esperta delle testimonianze

3.1 Uno sguardo ecclesiologico sulle esperienze sinodali di Simona Segoloni Ruta 65

3.2 Cammino sinodale: chiese che imparano di Pierpaolo Triani 71

3.3 Una rilettura in prospettiva pastorale di Enzo Biemmi 75

4. In ascolto dell’esperienza

4.1 Storie a confronto

4.2 Per un ascolto della vita e della Parola.

Un contributo al processo sinodale  cura del Consiglio di Direzione

Conclusione. Dal sinodo alla sinodalità di Giacomo Canobbio

 

Editoriale di Paola Bignardi

 

Introduzione

Dopo cinque anni, la chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze,

e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità

per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà

una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della

strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento.

E incominciare a camminare.

Sono le parole che papa Francesco ha rivolto alla chiesa italiana

in occasione dell’incontro con i partecipanti al convegno

promosso dall’Ufficio catechistico nazionale (30 gennaio 2021).

Da allora, si è messo in movimento un processo imponente, che

ha coinvolto molti soggetti ecclesiali in un intenso lavoro di

ascolto, confronto, approfondimento. Insieme a diverse resistenze,

la proposta di papa Francesco ha incontrato l’attenzione di

tanti che hanno intravisto nel Sinodo l’occasione straordinaria

per una riforma della chiesa che sembra impossibile per le vie

più quotidiane e comuni.

Si è visto in questi mesi un grande fervore di iniziative: da

quelle istituzionali dei gruppi sinodali in parrocchie, in diocesi,

in gruppi e associazioni, a quelle di studio, per una messa a

fuoco teorica del tema, a quelle editoriali di riviste e libri anche

molto impegnativi.

La domanda cruciale sottesa a tutte queste attività è: qual è

1. Uno sguardo alla realtà ecclesiale

Lo sguardo alla realtà ecclesiale giustifica un Sinodo: le assemblee

domenicali sono sempre più povere di partecipanti e

soprattutto da esse sono scomparsi i giovani e anche i bambini.

Dopo la pandemia non vi è stato un ritorno alla messa festiva

da parte di tutti quelli che la frequentavano prima. È come se

molti si fossero accorti che anche senza eucaristia la domenica

scorreva bene lo stesso; anzi, era più libera senza quell’impegno

che per molti era poco più che assolvere a un precetto. Appare

sempre più chiaro che la pandemia ha avuto la funzione di rivelare

una crisi che era in atto già da prima e che aveva, a ben

guardare, anche altri segnali espliciti. Ad esempio l’abbandono

quasi totale della frequenza ai sacramenti e alle attività della comunità

cristiana da parte dei ragazzi, subito dopo la celebrazione

della cresima. Il sacramento del diventare adulti come discepoli

del Signore in effetti segna l’allontanamento dalla chiesa e

dalla sua proposta spirituale e formativa. Un fenomeno, questo,

molto preoccupante, se si pensa che le parrocchie dedicano la

gran parte delle loro energie, al di fuori delle celebrazioni domenicali,

proprio alla catechesi dell’iniziazione cristiana. Questo

è ciò che si vede. Se inoltre ci si fermasse anche ad ascoltare,

ci si renderebbe conto che la distanza interiore, culturale e spirituale

anche di coloro che frequentano la messa della domenica,

è consistente: gli insegnamenti della chiesa sono percepiti come

obsoleti e non in grado di rispondere alle domande delle persone

di oggi, particolarmente della componente giovanile e ancor

più di quella femminile della comunità cristiana.

È proprio l’ascolto che conferma il valore della convinzione

di molti studiosi dei fenomeni sociali: la secolarizzazione non ha

fatto sparire la religione, ma la sta trasformando. La religione

non è scomparsa nella società post-secolare, ma sta mutando

la posta in gioco?

È l’interrogativo al quale cerca di rispondere anche questo

numero speciale della nostra rivista. […]

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Servizio della Parola - n. 549Sguardi in pastorale

15. Il peso del passato.

Come tornarvi e come leggerlo

alla luce del presente (A. Carrara)

I nostri modi di dire

45. «Seguire Dio, non il mondo»

1. «Seguire Dio, non il mondo» (A. Carrara)

2. Seguire Dio, ma nel mondo (I. Pagani)

3. Fuori dal mondo? (A. Matteo)

Suggerimenti di preghiera

(A. Martinelli)

Dalla 22a alla 28a domenica

del Tempo ordinario

3 settembre / 15 ottobre

22ª domenica ordinaria (Redazione, S. Dianich, G. Tornambé)

23ª domenica ordinaria (Redazione, L. Monti, G. Tornambé)

24ª domenica ordinaria (Redazione, M. Cinquetti, M. Roselli)

25ª domenica ordinaria (Redazione, G. De Simone, M. Roselli)

26ª domenica ordinaria (Redazione, + G. Ambrosio, M. Roselli)

27ª domenica ordinaria (Redazione, S. Segoloni Ruta, A. Ghersi)

28ª domenica ordinaria (Redazione, P. Pasqualini, A. Ghersi)

 

15. Il peso del passato.

Come tornarvi e come leggerlo alla luce del presente

di Alberto Carrara

Mi ha preso la mania di tornare a leggere alcuni testi della letteratura

classica. I grandi classici non sono mai soltanto classici e

non sono soltanto appartenenti al passato. Più classici sono e più

attuali continuano a essere. Dipende da come si leggono.

Mi sono lasciato prendere, in prima battuta, da un testo che

appartiene a un passato che sembra aver ispirato profondamente

il nostro presente, per andare a morire, un po’ mestamente, insieme

con esso: il Settecento, con il suo corteo di enfasi razionale

e illuminista. È un tentativo molto artigianale di tornare alle

nostre radici per capire – anche – perché quelle radici, nei tempi

più vicini a noi, si stiano seccando.

1. La città degli uomini e i due paradisi.

Spunto (1) dalle Lettere persiane di Montesquieu

Prendo in mano le Lettere persiane di Montesquieu, uno dei

protagonisti del Settecento francese, il secolo dei «philosophes» e dell’Encyclopédie, grande sintesi di quella filosofia e di quella

cultura. Le Lettere persiane sono un romanzo epistolare. Usbek

e Rica lasciano la loro città persiana di Ispahan e intraprendono

un viaggio in Europa. Guardano con occhi disincantati le istituzioni

europee, soprattutto francesi, e le sferzano con la loro

ironia caustica. Questa impostazione del romanzo lo rende un

testo esemplare per un esercizio utile: arrivare a guardare con il

disincanto giusto le cose che ci appassionano troppo.

Leggo la Lettera XI e le successive: è la storia dei trogloditi.

I cattivi trogloditi, quelli della prima generazione, iniziano con

l’assassinio del loro re, poi passano all’abolizione progressiva di

tutti i doveri e degli oneri sociali, delle leggi che regolano i rapporti

con gli altri… e finiscono per perire tutti «a causa della loro

stessa malvagità, vittime delle loro stesse ingiustizie» (Lettera

XI). I trogloditi buoni, invece, nati da due famiglie sopravvissute

al dramma precedente, rispettano le leggi, vivono le relazioni,

osservano la giustizia perché «la giustizia verso altri è carità verso

noi stessi» (Lettera XII). Alla fine, però, arrivano allo stesso

punto dal quale erano partiti i cattivi trogloditi: decidono di scegliersi

un re. Designano un saggio anziano il quale, però, non accetta

di diventare re. Non vuole, infatti, arrivare a imporre con

l’autorità ciò che ognuno deve invece osservare per semplice,

naturale inclinazione…

Storia molto illuminista. Da notare che i buoni trogloditi

“nascono” da due nuclei buoni rimasti dopo la fine tragica dei

trogloditi cattivi. Interessante: all’inizio sta il male, il bene è residuale

e successivo rispetto al male.

In principio era il male, dunque. Il contrario della prospettiva

biblica che, invece, pone il bene – il paradiso terrestre – agli

inizi, con il male e la disarmonia che vengono dopo, come tragica

conseguenza del peccato originale. Sempre a proposito di

confronti con le prospettive bibliche, va notato anche che, nelle

Lettere persiane, male e bene, società conflittuale e società armonica

sono totalmente umane, nascono dai rapporti violenti

o fraterni che le persone stabiliscono tra di loro. In termini biblici

si potrebbe dire che non esiste redenzione. O meglio: non

esiste redenzione che viene dall’alto, gli uomini si condannano

o si redimono da soli. Da qui, forse, viene anche la visione così profondamente manichea di Montesquieu: la storia o è cattiva

o è buona.

Per tornare al mondo biblico, invece, bene e male si mischiano

e la redenzione esiste, già oggi, ed esisterà definitiva, alla fine.

La storia è iniziata con un paradiso e finirà con un altro paradiso.

Nel frattempo, però, la storia scorre, storia “mischiata”,

dice Agostino nel De civitate Dei: bene e male insieme, anche

perché, in quella storia, Dio ha fatto capolino.

Alla luce di questi spunti, si può ipotizzare che, forse, una

delle imprese culturali del nostro tempo post-illuminista, tempo

di grandi tensioni, di guerre e di spaventose povertà, è rendersi

conto che, appunto, bisogna essere salvati. E rendersi conto anche

che le buone salvezze che gli esseri umani si costruiscono

sono più radicate, più durature, se poggiano su una qualche forma

di salvezza che «viene dall’alto».

2. Si è come si appare.

Spunto (2) dalle Lettere persiane di Montesquieu

Mentre Usbeck è a Parigi diventa oggetto di interminabili

attenzioni da parte dei parigini. Per stare più tranquillo si veste

all’europea.

Libero di tutti gli ornamenti stranieri, mi vidi apprezzato nel mio

giusto valore. Avrei avuto di che lamentarmi del mio sarto, che in

un attimo mi aveva privato dell’attenzione e della considerazione

pubblica: precipitai all’improvviso in un nulla spaventoso. A volte

rimanevo per un’ora in una compagnia senza che nessuno mi

guardasse, e senza avere l’occasione di aprire bocca. Ma se qualcuno,

per caso, rivelava ai presenti che ero persiano, subito udivo

un brusio intorno a me: «Ah! ah! Il signore è persiano? Ma è incredibile!

Come si può essere persiano?» (Lettera XXXI).

Tutto dipende dal vestito, dunque. Si è persiani perché si è

vestiti alla persiana. E quando non si è vestiti alla persiana ci

si chiede come si possa essere persiani. Non si appare come si

è, ma si è come si appare… Ecco un altro tratto, sorprendente […]

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Concilium - 2023/3Carlos Mendoza-Álvarez – Daniel F. Pilario –

Gusztáv Kovács, Editoriale

Abstracts

I. La divina provvidenza. Oltre il paradigma di onnipotenza

1. Un approccio filosofico-teologico

1.1 Paolo Gamberini, Il pensiero post-teista

e l’azione provvidenziale dell’Assoluto

I/ Oltre il teismo

II/ Agire trascendentale e categoriale di Dio

III/ Monismo relativo

IV/ Provvidenza di Dio e auto-determinazione della creatura

1.2 Emmanuel Falque, L’improvvidente provvidenza

I/ Introduzione

II/ Chi pensa troppo poco, pensa troppo

III/ La colpa a nessuno

IV/ Dal testo all’azione

V/ Una provvidenza kenotica

VI/ Essere contenuto dal più piccolo

III/ Quando Dio compare in modi modesti

IV/ Assumere un corpo: la via per trasferire

la presenza di Dio nella vita

V/ Conclusione

3.2 SimonMary Asese Aihiokhai, Il Dio inerme.

La divina provvidenza nell’era del potere globale

I/ Introduzione

II/ Potere, conoscenza e Dio: idoli dell’Illuminismo

III/ Ripensare la solidarietà come svolta etica

verso il Dio inerme

3.3 Teresa Forcades, La provvidenza di Dio

e le idolatrie contemporanee

I/ Una concezione della divina provvidenza

che non annulli la libertà personale

II/ L’assolutizzazione di causalità/giudizio

nelle questioni morali

III/ L’assolutizzazione dell’azione dell’uomo

nel plasmare l’esperienza umana

II. Forum teologico

1. Claudio Monge, Il cosmo in un abbraccio trinitario.

Idee germinali per l’anniversario

del concilio di Nicea I (325-2025)

I/ Ripensare il rapporto Dio-mondo

in un nuovo contesto religioso e culturale

II/ Dalla causalità alla presenza

III/ Il tempo operante dello Spirito

2. Silvia Martínez Cano, Tornare a danzare

con Dio Trinità. In dialogo con Nicea

I/ La specificità linguistica di Nicea

II/ La necessità di dialogare con la tradizione

III/ Un Dio che danza: contributi alla teologia trinitaria

per il terzo millennio

III. Rassegna bibliografica internazionale

 

Editoriale

La divina provvidenza: oltre il paradigma di onnipotenza

Nella prima metà del XXI secolo, in tempi d’incertezza globale,

parlare di Dio rappresenta, per la teologia cristiana, una

grande sfida.

Sarà ancor più urgente dare conto della presenza e dell’azione

di Dio come divina provvidenza nel cuore delle società

tardo-moderne, nel tentativo di promuovere l’autonomia umana

nel mezzo del modello sociale egemonico segnato da un

desiderio di onnipotenza infantile, comprendendo allo stesso

tempo l’estrema fragilità e la finitudine di tutto il creato.

La sfida teologica e pastorale si fa ancor più complessa per

i singoli e per le comunità cristiane che cercano di «rispondere

a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi»

(1 Pt 3,15), laddove il mondo che ci sembrava sicuro inizia a

sgretolarsi. Infatti, in tutto il mondo, le comunità di fede stanno

affrontando delle crisi interne ed esterne, tipiche di un tempo

che vede collassare le istituzioni che hanno plasmato le società

moderne, quali la famiglia, la scuola, lo stato, la democrazia e la

religione. Le crisi interne a quest’ultima, per esempio gli abusi

sessuali da parte del clero e il ritorno del fondamentalismo in

molte realtà, sembrano averne minato la credibilità fino al punto

di non ritorno al vecchio modello di sacralità. Le crisi esterne, quali

quelle rappresentate dall’antropocene-capitalocene,

aggravano la sensazione di “orfanità” che pervade tutta l’umanità,

laddove la certezza della presenza e dell’azione divina

svanisce come una mera consolazione per gli ingenui, di fronte

alla crescente devastazione in campo ecologico, alle migrazioni

forzate e ai crimini d’odio su base razziale, sociale e di genere,

che si servono in maniera fraudolenta del sentimento religioso

come strumento a sostegno delle idolatrie su cui si fondano.

Per tutti questi motivi è tempo di rivisitare l’esperienza

fondativa del mistero d’amore della realtà, come sorgente mistica

ed etica esplorata dalle religioni dell’umanità e dal cristianesimo

in particolare, per abbeverarsi a quella fonte di vita,

di dignità, di senso e di speranza. Questa esperienza emerge

dal profondo della notte in quelle persone e comunità che si

prendono cura degli altri (del prossimo e della casa comune)

con amorevole radicalità e con fiducia incondizionata nella

Vita misteriosa che dimora in loro, con un incredibile potere di

redenzione.

Il presente fascicolo di Concilium dedicato alla divina provvidenza

– a quasi sessant’anni dalla fondazione della rivista al

tempo del concilio Vaticano II, rivista che nella propria storia

editoriale ha già toccato questo tema in numeri precedenti – desidera

contribuire alla riflessione teologica contemporanea e al

dibattito su questa presenza-assenza amorevole che ha sostenuto

Gesù di Nazaret e la sua comunità messianica nel confidare

nell’amore incondizionato del Padre, «che fa sorgere il suo sole

sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»

(Mt 5,45).

Dopo il trauma di Auschwitz che, paradossalmente, ha sia

paralizzato sia provocato la gestazione del pensiero teologico

moderno, ottant’anni dopo ci troviamo a confrontarci con delle

questioni ancor più radicali, in questo momento di orfanità

globale prodotta dalla violenza sistemica che affligge l’umanità

e la casa comune. Come possiamo motivare una speranza in un

amore divino provvidente, che trascende la violenza odierna?

Chi ci aiuta a intravedere nel mondo la presenza di quel Dioche-

è-solo-amore e come possiamo scoprire la sua presenza

viva? Quali narrazioni, grammatiche e atti performativi di […]

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Studia Patavina 2023/1editoriale

7 Faith and reason: from the classic debate to an interactive approach.

Fede e ragione: verso un approccio interagente

Roberto Tommasi

focus Metafisica e teologia

13 Introduzione – Pensiero dell’assoluto e realismo della rivelazione

Giovanni Trabucco

19 Il respiro della metafisica. Un breve promemoria

Paolo Pagani

29 Le lien entre phénoménologie, métaphysique et praxis, condition d’une réarticulation

entre philosophie et théologie

Emmanuel Gabellieri

45 Il contingente liberato. L’immutabilità di Dio in Duns Scoto

Claudio Avogadri

59 Una filosofia cristiana? Blondel versus Gardeil e Gilson

Giovanni Trabucco

75 Il Logos divenuto carne. La libera appartenenza dell’uomo all’evidenza di Dio

Sergio De Marchi

prolusione

89 Intelligenza artificiale e condizione umana. Questioni aperte

Adriano Pessina

Ricerche

101 L’empatica come lucerna della vita. Il tratto unificante degli affetti relazionali

Rinaldo Ottone

115 La fede cristiana e l’istituzione ecclesiale alla prova delle famiglie – parte 2

Paolo Carrara-Francesco Pesce

temi e discussioni

129 Solitudine e silenzio, marginalità irriducibili nella poesia di Emily Dickinson

Cinzia Banterle

149 Un’antropologia a modello trinitario

Alessandro Ravanello

recensioni

161 Dotolo Carmelo, Teologia delle religioni (G. Osto)

163 O’Collins Gerald, Una cristologia delle religioni (G. Zambon)

167 Williams Rowan, Cristo, cuore della creazione (L. Paris)

170 Meroni Fabrizio-Sileo Leonardo (curr.), Dalla Maximum illud alla Evangelii

gaudium. Sull’urgenza della trasformazione missionaria della chiesa (G. Zambon)

173 Reali Nicola, Idee per un’antropologia teologico-pastorale (F. Pesce)

176 Godzieba Anthony J., Per una teologia della presenza e dell’assenza di Dio (S.

Didonè)

178 Florio Mario, Teologia sacramentaria. Temi e questioni (R. Bischer)

180 Spaviero Paolo, L’etica alla prova delle neuroscienze. Sfide e opportunità per la teologia

morale (C. Vanin)

183 Grasso Santi, La fragilità necessaria. Occasione o tentazione, frustrazione o redenzione?

(G. Bonifacio)

186 Meiattini Giulio, Dire Dio pregando. Teologia a partire dalla preghiera (M. Ceschia)

188 Sartorio Ugo, Conversione. Un concetto controverso, una sfida per la missione cristiana

(G. Zambon)

190 Gaburro Sergio-Noffke Eric-Vassiliadis Petros, Scrittura e Tradizione nella

chiesa. Tre voci teologiche in dialogo (G. Zambon)

194 Cantarella Glauco Maria (cur.), I castelli della preghiera. Il monachesimo nel

pieno medioevo (secoli X-XII) (R. D’Antiga)

segnalazioni

TEOLOGIA

199 Collin Dominique, Il Vangelo inaudito (S. Didonè)

200 Belli Manuel, L’epoca dei riti tristi (S. Didonè)

201 Nouis Antoine, Le nostre radici ebraiche (G. Zambon)

203 G.Wilhelms-H.Wulsdorf, Un’etica nell’economia. Responsabilità e bene comune

(S. Morandini)

204 Rotundo Nicola (cur.), L’uomo al centro. Per un’ecologia integrata (G. Bozza)

206 Biscardi Angelo (cur.), La prese per mano e la rialzò. Seminario di studio su chiesa

e coronavirus. 11 e 18 settembre 2020 (A. Steccanella)

209 libri ricevuti

 

EDITORIALE

Faith and reason: from the classic debate to an interactive approach.

Fede e ragione: verso un approccio interagente

Roberto Tommasi

Il pensiero di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, recentemente scomparso,

ha uno dei suoi “fili rossi” nell’additare a tutti il compito di porre

costantemente in dialogo fede e ragione (filosofica, storica e scientifica)

perché si riconoscano e possano compiere almeno in parte un cammino

comune. Benedetto XVI ha ribadito che questa strada, con tutte le sue

problematicità, non solo permette al cristianesimo di essere fecondo nella

via dell’evangelizzazione, ma consente anche ai “non credenti” di accogliere

il messaggio di Gesú come ipotesi carica di senso e decisiva per l’esistenza.

Nel pensiero del bavarese il rapporto di fede e ragione si caratterizza

in un modo specifico rispetto a larga parte del pensiero e della teologia

contemporanee che, da un lato, tendono a negare la possibilità di porlo positivamente

e, dall’altro, a risolverlo in modo compromissorio: egli invita a

pensare come sia proprio della fede cristiana rapportarsi con il Logos immanente

all’atto del credere, il quale deve tendere alla verità di Dio, dell’uomo

e del mondo proprio come atto di fede cui non è estranea la ragionevolezza.

Pertanto quando Gesú di Nazareth, Logos di Dio incarnato in cui l’Assoluto

è nella storia (Gv 1,2-4.14) afferma «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv

14,6) la questione non è ripetere quanto lui dice, ma indagare-pensare ciò

che lui tende a dirci.

Il rapporto tra la fede e la ragione va oggi perseguito e chiarito con coscienza

critica e con attenzione all’effettività. Esso, già adombrato nel pensiero

greco (si pensi al rapporto tra episteme e pistis in Platone) è costantemente

presente in una pluralità di modi e di opzioni nel cammino storico del

cristianesimo e si ripresenta, con accentuazioni diverse, nelle discussioni

teologiche, filosofiche e scientifiche medievali e moderne (a proposito delle

quali va tenuta presente la diversità tra la scienza teoretica antica e medievale,

essenzialmente concepita secondo il modello dell’episteme, e il ciclo

empirico-teoretico che caratterizza le scienze moderne e contemporanee).

Dal punto di vista ecclesiale e teologico il rapporto tra fede e ragione

si declina oggi alla luce dei fondamentali della relazione tra chiesa e

mondo (la chiesa è nel mondo senza essere nel mondo) espressi dal concilio

Vaticano II che ha evidenziato in proposito una duplice consapevolezza:

la necessità (espressa nella Gaudium et spes) di «abbattere i bastioni» affinché

«la chiesa scenda a incontrare il mondo e partecipi al suo modo di sentire

»1 e l’esigenza (che emerge dalla Dei Verbum) di pensare la rivelazione di

Dio superando la logica estrinsecistica e dottrinalistica per comprenderla

come l’evento del manifestarsi nella storia di Gesú di Nazareth della volontà

di Dio di autocomunicarsi nell’amore affinché gli uomini accogliendolo

entrino in relazione e comunione con lui e fra di loro, partecipando

della natura divina2. Su questa scia l’enciclica Fides et ratio promulgata da

Giovanni Paolo II nel 1998 e preparata da una commissione presieduta dal

cardinale Ratzinger ha ripreso e rilanciato il tema fede e ragione in una

prospettiva non piú “ancillare”, ma di “circolarità”3, considerando la filosofia,

specie per la sua portata metafisica e sapienziale in grado di propiziare

il passaggio dal fenomeno al fondamento4, partner privilegiato nel dialogo

con la fede, la quale interagisce anche con altre diverse sapienze, religioni

e culture; nella Veritatis gaudium (2017), riferita alle università e alle facoltà

ecclesiastiche, papa Francesco “colloca” il tema in una prospettiva “inter e

trans disciplinare” che, secondo il criterio del “dialogo a tutto campo” tra

i diversi saperi, valorizza il rilievo delle scienze (formali, storiche, umane,

biologico-naturali)5. La circolarità di fede e sapere, credere e comprendere è oggi da pensare

e attuare contestualmente alle istanze “moderne” e alla cosiddetta “condizione

postmoderna”.

Heidegger ha evidenziato cinque manifestazioni essenziali che, nella loro

correlazione, costituiscono il “mondo moderno”: la scienza moderna caratterizzata

dalla ricerca, ovvero dal conoscere che si installa sotto forma di

investigazione in un dominio dell’ente quale la natura o la storia; la tecnica

meccanica quale trasformazione autonoma della prassi che importa l’impiego

della scienza matematica della natura e che fa tutt’uno con l’essenza della

metafisica moderna; l’arte ricondotta nell’orizzonte dell’estetica e la conseguente

interpretazione dell’arte come espressione della vita dell’uomo; l’agire

umano concepito e progettato come cultura e quale realizzazione dei

supremi valori; la sdivinizzazione (differente dall’ateismo grossolano come

semplice messa da parte di Dio e intesa quale duplice processo attraverso

cui, per un verso, l’immagine del mondo si cristianizza ponendo alla propria

base l’infinito e, per un altro, il cristianesimo intende la propria cristianità

come “visione cristiana del mondo”) che si traduce in uno stato di indecisione

rispetto a Dio e agli dèi6.

L’attuale crisi-metamorfosi della modernità cosí configurata è una sua

transizione-trasformazione, contrassegnata dall’affermarsi del pluralismo e

della complessità accompagnati da un atteggiamento rinunciatario al postulato

dell’unitarietà e universalità nonché della pretesa totalizzante della

ragione scientifica cui si connettono il riemergere del valore veritativo

dell’estetico, l’indebolimento dell’ideale di un intrinseco autoperfezionamento

della storia, la crisi della soggettività moderna e l’emergere di un

tendenziale carattere nichilistico7. Fenomeni tutti bisognosi di adeguate ermeneutiche

e analisi comparative e critiche qui non possibili.

Il “nuovo dibattito sulla secolarizzazione”8 attualmente in corso evidenzia

il nuovo “sfondo” che si produce nelle transizioni descritte, cioè il nuovo […]

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Miscellanea Francescana n. I - II/2023https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026713/miscellanea-francescana-n-i---ii2023.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026713/miscellanea-francescana-n-i---ii2023.htmlMon, 12 Jun 2023 16:17:07 +0200Concilium - 2023/2INDICE

Margareta Gruber – Stan Chu Ilo – Stephan van Erp,

Editoriale

Abstracts

I. Prospettive su teologia e chiesa in Africa 29

1. Chiesa e teologia in Africa

1.1 Stan Chu Ilo, Teologia e chiesa in Africa oggi

I/ Introduzione

II/ La teologia africana e la questione

dell’identità e dell’azione culturale

III/ Tempi nuovi e nuovo centro di attenzione

IV/ Storicizzare l’ecclesiologia africana

V/ Conclusione

1.2 Paul Gifford, La vulnerabilità

del cattolicesimo africano al pentecostalismo

I/ Il vangelo della prosperità

II/ L’immaginario incantato

1.3 William T. Cavanaugh, La situazione del disincanto

in Occidente . . . . . . . . . . . 66

I/ Paul Gifford su incanto e disincanto

II/ Incanto e religione 1.4 Esther Mombo, Alcune prospettive

sulla teologia africana womanist.

L’esempio del Circolo delle teologhe africane impegnate 79

I/ Il Circolo delle teologhe africane impegnate

II/ Cambiamenti climatici e altri temi caldi

1/ Una partecipazione significativa delle donne

al governo della chiesa

2/ Valutare e governare tra privilegi, potere e partnenariato

in una comunità di credenti e di collaboratori

3/ Risposte alle questioni emergenti nella chiesa

e nella società fondate sulla ricerca

4/ Metterci impegno e coerenza nella preparazione

della prossima generazione

5/ Riconoscimento, affermazione e creazione

di una sinergia di pensieri e doni differenti

 

2. Questioni inerenti la teologia africana

e la chiesa in Africa

2.1 Nkechi Lilian Iwuoha, Maria piange per le sue figlie,

vittime del traffico di esseri umani.

Le politiche di prevenzione in Nigeria

I/ Introduzione

II/ Definizione del problema

III/ Quadro teorico

IV/ Risultati

1/ Partecipazione della comunità

2/ Formazione e consapevolezza

3/ Sviluppo infrastrutturale

4/ Collaborazione intersettoriale

5/ La legislazione in campo educativo

V/ Conclusione

2.2 Solange Sia, Gli abusi commessi da membri del clero

in Costa d’Avorio. Osservazioni emerse

nel corso del ministero svolto sul campo

I/ La vittima silenziosa,

ovvero il peso della cultura

II/ Il volto della chiesa della Costa d’Avorio,

svelato dagli abusi

III/ Gli abusi: osservazioni in merito ai preti

della Costa d’Avorio

IV/ Conclusione 2.3 Lawrence N. Nwankwo, Aprire le tradizioni:

da evento a processo. Prolegomeni all’inculturazione

del rito del matrimonio presso gli Igbo

I/ Introduzione

II/ Una storia sociale del rito nuziale cristiano

III/ Aprire la tradizione

IV/ Riflessione conclusiva

3. Teologia e memoria nel cristianesimo africano

3.1 Simon Mary Aihiokhai, Reimmaginare

il futuro della chiesa in Africa

I/ L’Africa, un continente

che ha bisogno di nuove immaginazioni

II/ Verso un’ecclesiologia della speranza

rilevante per i nostri tempi

3.2 Marcel Uwineza, Immaginare le responsabilità

cristiane nella costruzione di una chiesa vitale

in Ruanda I/ Introduzione

II/ Una teologia a partire dai simboli

III/ Sfidare un cristianesimo della doppiezza

IV/ Contrastare comportamenti sociali

e strutture ingiuste

V/ L’impegno rispetto alla memoria:

smontare i pregiudizi

VI/ Conclusione

3.3 Jodi Mikalachki, I martiri della fraternità

del Burundi. Una testimonianza africana

per il mondo

I/ Storie africane, testimonianza africana

II/ Collettivo e anonimo

III/ Un martirio nascosto

IV/ Un valore che parla

V/ Una luce per illuminare le nazioni

II. Forum teologico: Recenti sviluppi

nella chiesa africana e in teologia

1. Nora K. Nonterah, Costruire una cultura

della sinodalità per l’Africa e a partire dall’Africa

I/ Introduzione

II/ Verso una cultura della sinodalità in Africa

1/ Il frutto di una collaborazione

2/ In dialogo con alcune intuizioni

tratte da A Pocket Companion to Synodality

III/ Verso una chiesa sinodale:

saggezza dalle chiese locali africane

IV/ Conclusione

2. Leonida Katunge, Camminare insieme

per una chiesa vitale in Africa e nel mondo

I/ Metodo per il congresso:

cultura dell’incontro, ubuntu e palaver africano

II/ Il messaggio del congresso

III/ Uno sguardo al futuro

3. Michael L. Budde, L’eresia del patriarca

I/ Introduzione

II/ Per Dio e per la nazione

III/ L’eresia del filetismo-etnofiletismo

IV/ Il Russkiy Mir e l’eccezionalismo russo

V/ Un pensiero conclusivo

 

Editoriale

Dal 28 al 31 luglio del 1969 ha avuto luogo, presso l’Istituto pastorale dell’Africa orientale di Kampala, in Uganda, il primo incontro del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SECAM). Nel discorso d’apertura il primo presidente del SECAM, il cardinal Zoungrana, arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso), faceva notare che i sei vescovi africani che si erano ritrovati a Roma, nell’aprile del 1968, per la riunione plenaria della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, avevano una domanda centrale in mente, e cioè: «Quali sono i problemi principali che deve affrontare la chiesa in Africa, nel nostro tempo?» (African Enchiridion, 274). Il cardinal Zoungrana individuava uno dei problemi nell’imposizione di piani e schemi pastorali provenienti da fuori Africa, e proponeva che il nuovo organismo episcopale panafricano affrontasse il problema e trovasse una soluzione volta a rafforzare l’autonomia e la comunione nella chiesa africana. Zoungrana parlò anche della crescita significativa della popolazione cristiana e della necessità di formare preti, religiosi e laici africani che si assumessero il compito di approfondire la fede dei cristiani d’Africa e di creare delle comunità ecclesiali forti nel continente. Il cardinale lamentava, tuttavia, anche la lentezza dello sviluppo economico africano; le tristi condizioni sociali rappresentavano una sfida per il continente, stretto tra le tante forze mondiali che tendevano a dimenticarsi dell’Africa oppure a non curarsene se non in minima parte. Quel che colpisce, nel rileggere oggi il discorso del cardinal Zoungrana, è che avrebbe potuto essere pronunciato nel 2023: tutti i problemi che egli elenca guardando al 1969 sono ancora qui con noi, in Africa. Perché mai le chiese africane portano ancora il fardello degli stessi problemi che dovevano fronteggiare nel 1969, nel diverso contesto odierno, con le risorse che l’Africa può oggi vantare e che non c’erano allora? Questi problemi perdurano a causa di fattori esterni o perché gli africani, ora pienamente responsabili delle chiese e delle nazioni del continente, non sono stati capaci di trovare il giusto equilibrio nell’affrontare alcuni dei problemi, o addirittura tutti, allora elencati da Zoungrana? In tanti, compresi alcuni dei nostri autori e delle nostre autrici, metteranno in discussione l’affermarsi di un’organizzazione davvero africana nella chiesa e nello stato, in Africa, date le tenaci strutture coloniali e missionarie che rimangono l’asse portante su cui, nascostamente, poggiano la chiesa cattolica e molti Paesi africani. Altri/e ancora sosterranno che la gestione africana nella chiesa cattolica, per esempio, e le figure guida nella società africana in genere, hanno portato al fiorire di diverse spiritualità, di ministeri pastorali e sociali e a un forte impulso alla democratizzazione, all’attivismo sociale e al buon governo. Alcuni di questi temi sono già stati affrontati nel fascicolo 4/2006 di Concilium, dedicato alle Vie del cristianesimo in Africa, che trattava in particolare di questioni fondamentali di dottrina, del pentecostalismo in Africa, di inculturazione, delle comunità ecclesiali di base, di Bibbia e liturgia, di cura pastorale e salute, di vita religiosa, e dell’adattamento delle strutture ecclesiali. Questo nuovo fascicolo prende atto degli sviluppi della teologia e della vita pastorale in Africa. Con esso, uno degli obiettivi che ci poniamo è di trasmettere, grazie agli autori e alle autrici, alcune delle prospettive emergenti su chiesa e teologia in Africa. La rivista è il risultato dei dialoghi che sono scaturiti dalla collaborazione congiunta fra i curatori di Concilium e i teologi e operatori pastorali africani presenti al secondo congresso cattolico panafricano su teologia, società e vita pastorale, che si è svolto presso l’Università cattolica dell’Africa orientale, a Nairobi, in Kenya, dal 18 al 22 luglio 2022. I saggi qui raccolti si occupano delle diverse prospettive su alcune delle questioni e delle preoccupazioni più importanti nel cattolicesimo africano contemporaneo. Gli autori presentano queste prospettive prestando attenzione allo sviluppo della teologia africana dopo il Vaticano II, dopo il primo e secondo sinodo africano, alla luce dell’insegnamento magisteriale di papa Francesco, e nel mondo post-pandemia. Quel che appare evidente oggi è che ci troviamo a fronteggiare sfide nuove e complesse a livello globale, che hanno generato in molte nazioni nuove fonti di conflitto e di tensione nel mezzo di difficoltà economiche, crisi energetiche, guerre, nazionalismo crescente, populismo, razzismo e in un contesto di agitazione e contrasti interni. In Africa queste sfide discendono da molti anni di lotta dei popoli africani per resistere alle forze di morte e di distruzione. In mezzo a tutto ciò, vi sono una forte speranza custodita nei cuori di tanti cittadini africani e una resilienza che continua a spingerli a lavorare per un nuovo futuro. Tutto questo s’incarna in maniera unica nelle risorse delle donne africane e nel dinamismo dei giovani. Papa Francesco ha colto questo sentimento nell’incontro virtuale [promosso dalla DePaul University] avuto con i giovani africani nel giorno di Ognissanti del 2022, quando ha detto loro: L’Africa non è stata creata per essere sfruttata. L’Africa non dev’essere vista come una sottocultura; ha le proprie ricchezze, non solo per le numerose risorse naturali, non solo per le sue bellezze; ha i suoi esseri umani, e voi giovani africani dovete apprezzare la ricchezza che rappresentate. È dalla profondità delle ricchezze della spiritualità africana, della teologia, delle tradizioni sinodali e dagli incontri dell’Africa con il vangelo nel contesto odierno, che emergono le prospettive sulla teologia e la chiesa negli scritti di chi ha collaborato a questo fascicolo. La prima parte, sul tema della chiesa e della teologia in Africa, inizia con il saggio di Stan Chu Ilo; egli sostiene che […]

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Servizio della Parola - n. 548Sguardi in pastorale

14. Cronache di vita liturgica (A. Carrara)

I nostri modi di dire

44. «Siamo una grande famiglia»

1. «Siamo una grande famiglia» (A. Carrara)

2. La famiglia di Gesù (S. Grasso)

3. «Siamo una grande famiglia».

Pretese inglobanti di una frase ambigua (R. Laurita)

Vivere la speranza

(R. Laurita)

Dalla 16a alla 21a domenica

del Tempo ordinario

23 luglio / 27 agosto

16ª domenica ordinaria (A. Busia, M. Aliotta, V. Brunello)

17ª domenica ordinaria (A. Busia, P. Bignardi, S. Cumia)

Trasfigurazione del Signore (A. Busia, S. Cumia)

19ª domenica ordinaria (A. Busia, E. Caretti, G. Frusca)

Assunzione della Vergine Maria (A. Busia, S. Cumia)

20ª domenica ordinaria (Redazione, R. Maiolini, G. Frusca)

21ª domenica ordinaria (Redazione, P. Bignardi, G. Frusca)

 

Rubrica

Cronache di vita liturgica

di Alberto Carrara

1. Il paradiso dell’Assunta, il mio e quello degli altri

È un tratto ricorrente in molti atteggiamenti ecclesiastici. «Bisogna annunciare le verità cristiane che contano, le verità fondamentali e fondanti… Bisogna dire che Dio c’è, che dà senso alla nostra storia, che Gesù è davvero Figlio di Dio, che è risorto… Bisogna annunciare la parola di Dio, la chiesa e i sacramenti… Bisogna parlar chiaro sui temi morali…». E così via predicando. Tutto vero, molto vero… anzi, troppo. Manca in tutte queste “sacrosante verità” la preoccupazione dell’interlocutore. Non basta che io dica le cose vere, infatti, devo anche chiedermi se hanno una qualche possibilità di essere percepite come vere. Io posso parlare ebraico e greco, ma se i miei ascoltatori parlano italiano, succedono due cose. Primo: i miei ascoltatori non capiscono e, proprio perché non capiscono, si convincono sempre di più che le cose di quella lingua straniera e strana non sono cose loro… Ce lo ripetiamo molte volte, ma una certa predicazione ecclesiastica più passa il tempo, più appare estranea alle persone di oggi. Il nostro zelo nel dire le cose sante e nel dirle santamente esatte, finiscono per renderle ancora più estranee. Secondo. Può succedere anche che, qualche volta, le cose che dico io le conoscano anche i miei interlocutori. Resta però aperto il problema di sapere se le parole che dico io significano le stesse cose per me e per quelli che mi ascoltano. Io dico certe cose e le mie “cose” diventano altre cose per loro. Ho l’impressione, dunque, che con l’aumento del distacco dalla chiesa da parte della cultura corrente aumenti, negli uomini di chiesa, l’urgenza di irrigidire il proprio messaggio. Alla scarsa passione per il Vangelo si risponde con un Vangelo “duro e puro”. L’intenzione è buona: si vuole evitare la deriva; sciogliere il Vangelo per farsi capire può comportare, infatti, che il Vangelo sia sempre meno Vangelo. Il Vangelo “duro e puro”, però, corre il rischio opposto: per eccesso di fedeltà al Vangelo e per un eccesso di fedeltà al linguaggio di sempre per annunciarlo, rischio di perdere gli interlocutori che dovrebbero accoglierlo. Nel primo caso si perde il Vangelo, nel secondo caso si perdono coloro ai quali il Vangelo deve essere annunciato. Nel mese di agosto incrociamo la festa della Assunzione in cielo della Vergine. È un caso esemplare in rapporto a quello che stiamo dicendo. Tutto è fascinosamente allusivo nel racconto tradizionale di quella festa: il cielo, Maria “assunta”… E poi le scenografie alle quali l’arte ci ha abituato: angeli festanti che volano attorno alla Madonna portata in alto, e gli apostoli, in basso, “in terra”, stupefatti di fronte alla tomba vuota… Proviamo a immaginare un “pubblico” esemplarmente moderno: un gruppo di giovani, ad esempio. Posso parlare loro della Madonna, del suo ritorno “in cielo” e del paradiso. Quello che però sanno del paradiso corrisponde soltanto in piccola parte a quello che so io. Alle immagini che anch’io ho in testa faccio corrispondere i testi sacri e un po’ di teologia, che mi permettono di ripensare il cielo, il paradiso, gli angeli… Questo è il mio bagaglio. Mediamente, però, non è quello dei giovani che mi ascoltano. Anzi: può persino capitare che le mie parole, invece di far passare le cose vere del paradiso – quelle che i testi rivelati mi hanno fatto assimilare – facciano passare quelle false, quelle che pubblicità e barzellette hanno fatto passare per i miei interlocutori. La festa dell’Assunta ripropone, dunque, un problema che c’è sempre, che nella festa di metà agosto si acutizza per il carat […]

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Miscellanea Francescana n. III - IV/2022https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026683/miscellanea-francescana-n-iii---iv2022.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026683/miscellanea-francescana-n-iii---iv2022.htmlFri, 09 Jun 2023 16:17:32 +0200Rassegna di Teologia n. 2/2023FOCUS

Umberto Rosario Del Giudice, Teologia del diritto

canonico: una disciplina appena maggiorenne?

Diritto canonico – Discipline accademiche – Pratiche ecclesiali – Teologia

STUDI

Giuseppe Guglielmi, Oltre la cosmesi della continuita.

Riflessioni a margine della teologia di Christoph Theobald

Continuità/discontinuità – Origine – Presente – Storia – Tradizione

Francesco Bertoldi, “Rinascita religiosa” e religione civile

Böckenförde – Fondamentalismo – Libertà religiosa – Rapporto fede/politica – Religione civile

Ignazio Genovese, La genesi della conoscenza e il valore

della parola: l’intersoggettivita gnoseologica nel De magistro di Agostino d’Ippona

Agostino d’Ippona – Conoscenza – De magistro – Interiorità – Intersoggettività

Salvatore Sorrentino, L’esperienza mistica di Bartolo Longo come locutio interior

Bartolo Longo – Conversione – Locutio interior – Rosario – Spiritismo

 

NOTE E DISCUSSIONI

Claudio Tagliapietra, Cosa si fa quando si fa teologia?

Il lavoro del teologo fra esperienza, dottrina e sinodalita

Bernard Lonergan – Dottrine – Metodo – Ricerca teologica – Sinodalità

Presentiamo un libro

Enrico Cattaneo SJ, Il tema dell’amore in Bernard J.F. Lonergan. Note a margine della nuova edizione italiana dell’opera Metodo in teologia

Recensioni

 

 

 

Umberto Rosario Del Giudice*

Teologia del diritto canonico: una disciplina appena maggiorenne?

La Teologia del diritto canonico è una nuova disciplina istituita nel 2002. A poco più di vent’anni dalla sua introduzione come insegnamento obbligatorio nel curriculum della Laurea in Diritto canonico, occorre riflettere sul suo statuto epistemologico. Il presente studio, oltre a proporre una breve ricognizione circa alcuni presupposti teoretici della Teologia del Diritto canonico e alcuni suoi concetti, intende proporre una lettura antropologico-simbolica come presupposto del diritto nella vita della Chiesa. The Theology of Canon Law is a new discipline established of 2002. A little more than twenty years after its introduction as a compulsory course in the curriculum for the Degree in Canon Law, we need to reflect on its epistemological status. The study, in addition to proposing a brief survey of some theoretical assumptions of Theology of Canon Law and some of its concepts, intends to propose an anthropological-symbolic reading as an assumption of Canon Law in the life of the Church. Rassegna di Teologia 64 (2023) 149-169 149 Focus Introduzione Il diritto canonico e una realta ecclesiale che va custodita, arricchita e compresa: solo cosi vi potra essere piu il suo uso che il suo abuso. L’urgenza di riflettere intorno a questa “pratica” ecclesiale (che rimane ben distinta ma complementare a tutte le altre pratiche ecclesiali, e in special modo alla morale e alla liturgia) e un’evidenza pastorale che diventa anche un’esigenza ecclesiale e teologica. Nell’anno poi in cui ricorre il quarantesimo anniversario della promulgazione del nuovo Codex Iuris canonici e dalla sua entrata in vigore1, e quanto mai opportuno riprendere la riflessione circa una disciplina “appena maggiorenne” dall’articolazione della quale possono irradiarsi luci e ombre su tutta l’azione della Chiesa. Il 2 settembre 2002, infatti, fu pubblicato dal competente Dicastero un Decreto per il riordino degli studi nelle Facoltà di Diritto canonico2, approvato dal Romano Pontefice in forma specifica (contrariis quibuslibet non obstantibus)3 che ha introdotto una disciplina del tutto nuova nel percorso per la Licenza in diritto canonico (secondo ciclo di studi) e denominata Teologia del diritto canonico (d’ora in poi TDC). La novita di allora non risiedeva solo nel fatto che una disciplina con un tale titolo appariva tra i corsi obbligatori per il curriculum relativo al titolo in ius canonicum; la vera sfida era quella di voler/dover offrire un percorso che ribadisse i cardini fondamentali della riflessione teologica circa i contenuti e le specificita del diritto canonico (e del diritto in genere). L’intenzione della “prima ora” apparve proprio questa. Il limite appariva nel fatto che l’indole, la natura, il contenuto e il metodo di questa nuova disciplina andavano configurandosi nell’orizzonte di due tendenze contrapposte: da una parte la tendenza a teologizzare il diritto canonico e, dall’altra, quella contigua di giuridicizzare la teologia4. Mentre […]

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Servizio della Parola - n. 547INDICE

Sguardi in pastorale

13. Estate. Il corpo.

Il paradiso terrestre perduto (A. Carrara)

I nostri modi di dire

43. «Gesù è nel tabernacolo»

1. Il Signore è nel tabernacolo (A. Carrara)

2. «Entrò per restare con loro». La presenza di Gesù

nella prima comunità cristiana (R. Virgili)

3. L’eucaristia e i suoi linguaggi (M. Belli)

Sussidio per la preghiera mattutina

durante il Grest

(C. Cremonesi)

Dalla SS. Trinità

alla 15a domenica ordinaria

4 giugno / 16 luglio

Santissima Trinità (A. Busia, A. Lameri)

SS. Corpo e Sangue di Cristo (A. Busia, A. Lameri)

11ª domenica ordinaria (A. Busia, G. De Simone, A. Lameri)

12ª domenica ordinaria (A. Busia, C. Torcivia, V. Brunello)

13ª domenica ordinaria (A. Busia, P. Bignardi, S. Riva)

14ª domenica ordinaria (A. Busia, F. Zaccaria, S. Riva)

15ª domenica ordinaria (A. Busia, L. Monari, S. Riva)

Un servizio fedele e appassionato.

Il nostro grazie a don Chino Biscontin

Con il presente numero di Servizio della Parola, don Chino

Biscontin lascia dopo tanti anni (1991-2023) la direzione della

rivista. Gli subentra don Davide Arcangeli, presbitero della

diocesi di Rimini e docente di esegesi biblica. A lui rivolgiamo

il nostro grazie per aver accettato l’incarico e gli auguriamo

di portare alla rivista la sua competenza e il suo entusiasmo.

L’Editrice Queriniana, facendosi interprete dei sentimenti

di tutti i lettori che ci seguono da tempo, intende qui esprimere

a don Chino tutta la sua stima e la sua riconoscenza per

il lavoro svolto a favore della Rivista. Del resto, egli l’aveva avvicinata

fin dalle sue origini, grazie all’amicizia e alla collaborazione

che lo legava al primo direttore, don Luigi della Torre,

che figurava anche tra i fondatori.

Da don Luigi egli ha ricevuto poi il testimone della direzione,

portandone avanti le intuizioni e le scelte. Don Chino

ha voluto rispettare e valorizzare quel programma che chiaramente

è ben delineato già nel titolo e nel sottotitolo della Rivista:

Servizio della Parola, «strumento di lavoro per la comunicazione

di fede nelle assemblee».

Un «servizio» – così lo ha sempre pensato don Chino – appassionato

e competente, capace di unire la sollecitudine del

pastore, la sua vicinanza al popolo di Dio che gli è stato affidato,

alle sue attese, ai suoi interrogativi, ai suoi bisogni. Un

«servizio» che si nutre dell’ascolto della Parola, esplorata con

la serietà scientifica dell’esegesi, meditata nel silenzio e nella

preghiera, vissuta con l’impegno del testimone che raccoglie

le sfide del suo tempo.

Un «servizio» che la Rivista, guidata da don Chino, ha fino

ad oggi onorato riservando un’attenzione particolare all’omelia,

alle sue dinamiche, alle sue possibilità, alla sua preparazione.

Per tutti questi motivi, contando ancora sulla sua collaborazione,

con affetto a nome di tutti:

Grazie 

L’editore

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Rivista di Pastorale LiturgicaEDITORIALE

2 M. GALLO

La liturgia tra ieri, oggi e domani

STUDI

4 T. CITRINI

Tradizione, rinnovamento,

improvvisazione

9 M. NICOLACI

La genesi del linguaggio rituale

dei credenti in Gesù

15 M. BELLI

Disinnescare futuri

19 R. MAIER

Una finestra aperta per Peter

Il futuro tra fantasia e memoria

24 D. PIAZZI

Nuovi gesti e nuovi linguaggi

29 M. BALDACCI

Nuovi ministeri

per un rinnovamento ecclesiale

34 L. PALAZZI

Spazi di creatività liturgica

39 P. CHIARAMELLO

Nuova pluralità:

luoghi, destinazioni, assemblee

44 F. MARTIGNANO

Liturgia, realtà virtuale

e nuove tecnologie

49 S. MARELLI

I giovani tra riti tristi e ritualità felice

FORMAZIONE

55 F. TRUDU

La liturgia fuori dalla parrocchia

3. I movimenti (I)

60 G. ZANCHI

I luoghi della liturgia

3. La cifra mistica del gotico

ASTERISCHI

64 R. BARILE

Lectio Ritus

3. I prefazi dei defunti

69 E. MASSIMI

I canti della liturgia

3. L’importanza del ritmo

1. Prevedere, sognare, riformare, generare

Come immaginare la liturgia del futuro? Tra le mani avete un numero paradossale di Rivista di Pastorale Liturgica, pagine godibilissime in cui alcuni esperti offrono considerazioni su riti che ancora non esistono, immaginando i loro gesti, i linguaggi, i nuovi ministri, i testi, le pluralità, le tecnologie ad essi collegate e, _nalmente, i nuovi nati che li eserciteranno senza di noi che ne scriviamo. Scrivere sul passato o sul presente è atto assai diverso dall’offrire analisi sul futuro. Come si scrive dunque sul futuro? Si può operare per intuito e con perizia, considerando le tendenze di grandi fenomeni in atto. Sul tema liturgico, non è dif_cile immaginare, ad esempio, che la secolarizzazione occidentale prosegua la sua radicale incidenza sul fenomeno religioso cristiano cattolico in Europa. Accanto ai macro-fenomeni, è decisivo intuire sapientemente ciò che pare meno chiaro agli occhi dei più, e provare a pre_gurarne il seguito. Tra macroscopico e microscopico, il liturgista che guarda al domani trova addirittura una forma condivisa di sapere, la futurologia scienti_ca. I future studies, con serissima metodologia e grandi responsabilità, prevedono quando _niranno le risorse naturali sulla terra, o quali forme di energie diventeranno accessibili. Non si può governare responsabilmente senza questa competenza, e parimenti potremmo quindi affermare che non si parla di liturgia senza futurologia, a cui la teologia non è certo estranea. Non è da poco ricordare che per lungo tempo l’unica cattedra di Previsione umana e sociale in Italia era presso l’Università Gregoriana di Roma, af_data alla celebre sociologa Eleonora Barbieri Masini (1928-2022). Ma la previsione accorta non è l’unico esercizio possibile. Ci si può dedicare evidentemente anche al sogno e alla profezia, pratiche tutte umane che ci spostano, a modo loro, in ciò che non è e non può (ancora) essere. Riabilitato in senso clinico da Freud e in _loso_a da Zambrano, sognare è un atto potentissimo, da sempre rivoluzionario per la sua ef_cacia sul rapporto con il tempo presente. L’utopia messianica è un esercizio di immaginazione, con forte impatto sulla speranza. Esso apre, nei tempi maturi e in epoche determinate, all’altra opera particolare in rapporto con il futuro, che è la riforma. Operazione delicatissima e coraggiosa, la riforma si assume la responsabilità di incidere la linearità dei fenomeni per innestare qualcosa che organicamente non sorgerebbe. Come l’immaginazione, anche riformare è un atto (ancora più) rivoluzionario, perché un’auctoritas che ne ha la facoltà sposta la comunità in una nuova epoca, nel futuro. La riforma nasce certamente sia dall’opera faticosa dell’animal laborans che lavora ai fenomeni a cui mette mano, ma anche dall’animal onirico che ha sognato in anticipo ciò a cui aspira. Il nostro elenco non può ancora fermarsi qui. Tutta una fondamentale serie di altre pratiche in rapporto al futuro si raccolgono attorno a un’ulteriore azione, che è quella di generare. La generatività è la pratica più potente e incisiva di tutte rispetto al tempo che ancora non c’è, perché trasmette la vita, rinnovando. Come magistralmente raccolto da Hannah Arendt, l’unica vera novità che rompe in modo assolutamente indeducibile con il passato, ed è quindi la radicale forma di futuro, è la nascita, il venire al mondo di una nuova vita. Ogni nato inaugura una serie di azioni indeducibili ed originali, sicché è la nascita la matrice di ogni azione in generale.

2. Liturgia e creatività

 Tutto lo strumentario del lavoro di previsione, delle visioni oniriche, dei criteri di riforma e generatività è necessario per parlare della liturgia del futuro. Ne parliamo a sessant’anni dalla riforma post-concilio Vaticano II, con l’accortezza di precisare che cosa signi_ca. Ci pare che il tema della creatività nel celebrare viva ora una stagione più pacata, dopo la dialettica tra l’entusiasmo post-conciliare e la reazione ad essa successiva. Dopo il Concilio, si è coraggiosamente messo mano ad ogni parola e a quasi tutti i gesti del celebrare cattolico. Lo si è fatto in modo ecclesiale, con un processo che oggi ci appare degno di un’impresa eroica, a lungo sognata dal XVIII secolo: preparato da lunghi studi, diffuso con riviste di incomparabile successo e valore rispetto ad oggi, seppe conquistare lo spirito dei padri conciliari e di chi fu incaricato dopo di loro di lavorare ai nuovi libri rituali. Ma negli stessi anni, lo si è fatto altresì – senza vederne sorprendentemente _no in fondo l’incoerenza – anche in modo individuale e arbitrario, colpendo la natura dei riti: mentre prima del Concilio tradire una rubrica era percepito come grave colpa, per troppi anni questo è stato fatto alla leggera. Sembra oggi _nalmente terminare il tempo in cui tanti celebranti e tante comunità hanno trattato il gesto rituale con improvvisazione, facendolo occasione di altri pur nobili interessi. Ne è scaturita un’azione che ha lecitamente voluto reagire a queste forme di arbitrio, spesso _nendo per immaginare ritorni nostalgici, in cui rendere reversibile ciò che è irreversibile (Francesco, 24 agosto 2017). Ad oggi, risulta più evidente che la forza creativa della liturgia non sta nella sua in_nita riforma, ma nella sua capacità di generare il nuovo. Il futuro è, in un certo senso, dentro l’agire rituale, nella sua dinamica teologica che sposta nell’escatologico ogni breve preghiera, ogni comunità puntuale, ogni biogra_a che vi entra. Ragionare di liturgia del futuro è operazione estremamente istruttiva, perché rinnova la consapevolezza della natura dell’atto rituale, ci impone di immaginarne le s_de che già si annunciano e ci conferma nella cura di atti già ricchi di domani.

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Parole di VitaEditoriale

Ombretta Pettigiani

QUALCHE COORDINATA PER CAPIRE DANIELE

Paolo Merlo

IL POTERE SECONDO DANIELE (DN 2 E 7)

Giovanni Ibba

ANIMALI IN LOTTA E UN PICCOLO CORNO

CHE CRESCE (DN 8)

Mario Cucca

QUANDO I CONTI NON TORNANO (DN 9)

Marco Settembrini

UN UOMO VESTITO DI LINO (DN 10,1–12,4)

Laura Invernizzi

«BEATO CHI ATTENDERÀ

CON PAZIENZA» (DN 12,13)

Piero Capelli

IL QUARTO LIBRO DI ESDRA (4 ESDRA)

Vincenzo Anselmo

APOCALITTICA E PSICOLOGIA DEL VEGGENTE

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

I romanzi apocalittici: L’ombra dello scorpione

di Stephen King

PER SAPERNE DI PIÙ

Marcello Panzanini

Davvero tu sei profeta in Israele:

il Commento a Daniele di Teodoreto di Cirro

RILETTURE

Valeria Poletti

Cinema e apocalisse/1

APOSTOLATO BIBLICO

Fabio Pizzitola

Parola e sinodalità. I cantieri di Betania: l’ospitalità

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

In attesa: Daniele nella fossa dei leoni

di Pieter Paul Rubens

 

EDITORIALE

Il lettore solitamente attento di Parole di vita avrà già notato una stranezza in copertina: si annuncia la trattazione dell’apocalittica in Daniele, ma poi ci si concentra sulla seconda parte del libro (capp. 7–12). Come nel numero precedente, focalizzato sui libri profetici, si distingueva tra materiale escatologico, proto-apocalittico e apocalittico in senso stretto, così anche in Daniele si trova una mescolanza di generi che rendono necessarie una lettura e un’interpretazione accurate dell’opera. A ciò si dedica Ombretta Pettigiani. Ella offre le coordinate indispensabili per muoversi all’interno di un testo che si può definire “liquido”. Anzitutto, a motivo dell’indeterminatezza dei suoi confini. Come il libro di Ester, la versione greca (anch’essa ebraica) di Daniele risulta più ampia rispetto a quella masoretica. Tra il materiale in eccedenza si trova, al cap. 14, un’altra versione del racconto di Daniele nella fossa con i leoni (per sei giorni invece che una notte), raffigurato in copertina e illustrato da Marcello Panzanini. In secondo luogo, a motivo della mobilità della sua collocazione canonica. La tradizione ebraica – di impostazione prima farisea, poi rabbinica – lo include tra gli Scritti: in seguito alle due repressioni romane, infatti, si era decisa a obliterare le tendenze più marcatamente apocalittiche presenti al proprio interno (il Quarto libro di Esdra, per esempio, scritto intorno al 100 d.C. probabilmente in ebraico, fu tramandato dalle comunità cristiane orientali e accolto nella Vulgata latina, come specifica Piero Capelli). La tradizione ebraica di lingua greca, invece, lo inserisce tra i Profeti (in due codici assai importanti chiude la loro serie e in uno funge da cerniera con il Nuovo Testamento). Una posizione così oscillante spinse i padri della chiesa a difendere la caratura profetica del libro e del suo autore, come fa per esempio Teodoreto di Cirro – ancora nel V secolo – nel suo Commento (Marcello Panzanini): la posta in gioco era la veridicità delle visioni di Daniele. Parlo di «visioni», riferendomi a tutto il libro, perché i manoscritti greci recano all’inizio di ogni capitolo questo titolo: «Visione». Ciò chiarisce come la tradizione ebraica in lingua greca abbia letto in chiave profetica e apocalittica l’intero impianto del libro, contribuendo a coltivare quell’humus messianico da cui germinerà il cristianesimo. Non per caso, Giovanni, l’unico veggente canonico del Nuovo Testamento, qualifica le proprie visioni come «profezia » (Ap 1,3) al pari di Daniele, l’unico veggente dell’Antico (Dn 9,24). Parimenti, Gesù esprimerà la propria consapevolezza messianica autodefinendosi «figlio dell’uomo» come la figura che in Daniele si muove tra l’umano e il divino e che con il tempo assunse una valenza messianica e una natura soprannaturale e preesistente (Paolo Merlo). Al pari di ogni profezia e di ogni visione, la simbolica numerica, teriomorfa, astronomica e cromatica disseminata ovunque va decifrata con cura. E così sul libro di Daniele si è affinata la tecnica della crittografia. Dietro la sequenza di belve si intravede una teologia della storia (Giovanni Ibba); il ricalcolo degli anni indicati in un oracolo di Geremia getta una sfida alla teodicea (Mario Cucca); figure celesti disvelano il corso della storia sino al tempo della fine (Marco Settembrini), ma sollecitano a sopportare il “ritardo” nella maturazione del tempo divino vivendo il presente con sapienza e responsabilità (Laura Invernizzi). Un simile sforzo interpretativo lascia esausto il veggente. A più riprese si parla del suo sfinimento e del suo turbamento. La lama dell’ermeneutica lo trapassa e lo lascia a pezzi. L’esperienza visiva lo destabilizza e lo traumatizza (Vincenzo Anselmo). Non gli resta che trasmettere il suo travaglio al lettore che, dopo tanto vedere, resta avvolto nel mistero: anche l’evidenza solare contiene macchie scure. Ma proprio per questo vale la pena di imbarcarsi sulle montagne russe dove cielo e terra, sopra e sotto si congiungono in un attimo. Quindi, buona lettura.

Marco Zappella

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Asprenas n. 4/2022EDITORIALE 

Non possiamo fare a meno di ricordare, all’inizio di questo fascicolo di

Asprenas, quarto e ultimo del 2022, la recente e prematura scomparsa del

caro collega PIERLUIGI CACCIAPUOTI ofm cap., nei confronti del quale desideriamo

esprimere la gratitudine e l’affetto del Consiglio di Redazione della

Rivista e dell’intera Comunità accademica della Sezione per il servizio di

docenza e di ricerca che egli ha reso per circa un trentennio con grande competenza

e con singolare umanità, tanto da essere, per colleghi e studenti, un

esempio coerente e un affidabile punto di riferimento.

Viene pubblicato in questa sede l’ultimo lavoro che padre Pierluigi ha

consegnato alla nostra Redazione e che, insieme allo studio di PIERPAOLO

ARABIA, è dedicato a un autore a lui particolarmente caro, Martin Lutero,

del quale, in modo diverso, i due contributi mettono in evidenza l’originalità

del pensiero, in rapporto alle fonti filosofico-teologiche tardo-antiche e medievali.

Lo studio di Arabia coglie e ricostruisce il nesso che lega il riformatore

tedesco all’evo moderno, condividendo con Roland H. Bainton l’idea

– applicabile anche al nesso che lega Agostino all’età medioevale – che Lutero

sia una figura di congiunzione e di passaggio, nella quale il medioevo si

compendia e la modernità si dischiude, grazie soprattutto all’imporsi di quel

“fatto della coscienza” che l’autore, riprendendo Wilhelm Dilthey, riconosce

come il contributo fondamentale della riforma luterana allo spirito moderno,

ma anche come l’esito estremo di un filone di pensiero medievale che

affonda le sue radici in Pietro Abelardo. Cacciapuoti, dal canto suo, si preoccupa

di mettere a fuoco l’influsso esercitato su Lutero dalla Theologia

Deutsch dell’Anonimo Francofortese, che offre al riformatore una sintesi

teologica che inscrive all’interno di un impianto metafisico di matrice rigorosamente

neoplatonica (derivato soprattutto dallo pseudo-Dionigi) una riflessione

sulla grazia cristologicamente fondata su una theologia crucis che

ha inizio fin dall’incarnazione del Verbo. Sono tre le note critiche che arricchiscono il fascicolo e che risultano legate

dal comune tenore a un tempo teoretico e storico-filosofico. Entrando

nel dibattito recentemente avviato dalla crisi russo-ucraina sui temi della

pace e della guerra, MASSIMO SERIO – riprendendo peraltro l’insegnamento

di Tommaso d’Aquino e di Francisco de Vitoria – propone di distinguere il

concetto di legittima difesa – da salvaguardare in nome della difesa del diritto

del più debole – da quello di “guerra giusta” – da rigettare (o quantomeno

da ripensare), nonostante la sua ripetuta occorrenza nella tradizione

teologico-politica occidentale, in considerazione del fatto che provocare una

guerra è sempre un atto irresponsabile. La psicologia del De rerum natura di

Bernardino Telesio è, invece, l’oggetto di indagine della nota di ANTONIO

CASTIGLIONE: la dottrina telesiana si rivela di grande interesse e attualità in

quanto manifesta la preoccupazione di affermare l’autonomia della ricerca fisica,

senza che ciò implichi la rinuncia ad ammettere un Dio trascendente o

anche un principio spirituale sovrasensibile da accostare nell’uomo allo spirito,

cui spetterebbe la funzione che in Aristotele veniva riservata all’anima

sensitiva. A partire dal volume collettaneo Da Tommaso Campanella a

Pasquale Galluppi. Il filosofo e la città (im)possibile, pubblicato nel 2021

a cura di Francesco De Carolis, PASQUALE GIUSTINIANI offre una breve ma

intensa riflessione sul “pensiero meridiano”, ossia su quel pensiero filosofico

e politico che il Meridione d’Italia – particolarmente la Calabria – ha saputo

elaborare nell’evo moderno e che trova in pensatori quali Tommaso

Campanella o Pasquale Galluppi non solo i convinti assertori della partecipazione

del filosofo alla vita politica, ma anche un significativo esempio di

apertura alle istanze della modernità, in grado di mantenere il riferimento

a un Trascendente.

Degno di attenzione è anche il resoconto che, in Rassegne&Figure,

GIUSEPPE FALANGA dedica al seminario Dalla terza edizione del Messale

Romano ai Propri diocesani: criteri e procedure – promosso nello scorso novembre

dall’Ufficio Liturgico Nazionale della CEI –, in cui emerge in modo

chiaro ed efficace come il focus degli interventi sia costituito dal tema della

santità nelle sue possibili declinazioni all’interno della Chiesa locale.

Ci auguriamo che il lettore possa ancora una volta saggiare, attraverso

la variegata ricchezza dei contributi qui offerti, la “complessa unità” della

scienza teologica, nella quale convergono e si intrecciano istanze diverse (da

quelle dogmatiche a quelle storiche, da quelle antropologiche a quelle etiche

e politiche), tutte riunite sotto il comune riferimento al divino.

GIANPIERO TAVOLARO

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Rassegna di Teologia n. 1/2023FOCUS

Andrea Grillo, Iniziazione ed esculturazione: “sbattezzo” e penitenza non laboriosa

Battesimo – Esculturazione – Iniziazione – Penitenza – Sbattezzo

STUDI 

C. Lorenzo Rossetti, La Chiesa in pericolo: segnali d’allarme e bagliori di speranza. Dati bibliografici e prospettive critiche

Chiesa cattolica – Crisi epocale – Fine della cristianità – Iniziazione cristiana – Nuova evangelizzazione

Ferdinand Mabanza Tolotolo, Perché le braccia estese a forma di “V” sono un gesto inculturato nel messale dello Zaire (1989)?

Corpo – Cultura – Dio – Uomo – Venerazione / Adorazione

Mario Imperatori SJ, Restaurazione dell’Ecclesia ex judaeis accanto all’Ecclesia ex gentibus? In cammino verso un’ecclesiologia bilaterale

Ebrei messianici –Ecclesiologia bilaterale – Israele – Nazioni –

Servo soff erente

NOTE E DISCUSSIONI

Vincenzo Di Pilato, «Questo tempo e il suo oltre».

Un resoconto del XXXII Corso di aggiornamento dell’ATI

Apocalisse – Crisi – Escatologia – Finitudine – Tempo

Presentiamo un libro

Giuseppe Guglielmi, Modernità, magistero e consapevolezza storica in un recente libro di M. Seewald

Agostino Porreca, L’assemblea eucaristica e la nuova edizione

del Messale

Recensioni

Libri ricevuti

L’Autore presenta lo “sbattezzo” come frutto della riduzione del sacramento al suo schema formale di “santificazione”, la perdita della rilevanza cultuale dello spazio e tempo, la ricaduta sulla forma immediata del battesimo e la forza di attrazione di questo approccio distorto anche sulla penitenza, per concludere con la messa in guardia verso una sorta di “iniziazione contra naturam”. Il percorso dovrebbe garantire una ricomprensione più adeguata della soglia iniziatica come caratteristica peculiare di tutti i sacramenti e in modo speciale del battesimo. The Author presents the “sbattezzo” (“I debaptize”) as the result of the reduction of the sacrament to its formal scheme of “sanctification”, the loss of the cult relevance of space and time, the fallout on the immediate form of baptism and the force of attraction of this distorted approach also on penance, to conclude with a warning against a sort of “initiation contra naturam”. The process should guarantee a more adequate understanding of the initiatory threshold as a peculiar characteristic of all the sacraments and especially of baptism.

Introduzione

 “Chi di atto ferisce, di atto perisce”. Così potremmo intitolare l’esordio di una riflessione che intende interrogarsi sul fallimento attuale di una “pastorale della iniziazione immediata”. Questa impostazione pastorale, che affonda le sue radici nelle grandi intuizioni del Concilio di Trento e che però si è sviluppata così come la conosciamo oggi soprattutto dopo la introduzione del Codice di Diritto Canonico, nel 1917, ha come esito il crescere di forme di “immediata estraneità” alla tradizione. Quanto più il valore trainante è assunto da una “istituzione centrale”, diremmo da una “burocrazia della santificazione”, tanto più formale e superficiale diventa il legame tra fede e vita. Il registro burocratico della tradizione non perdona: e la nascita della burocrazia, anche nella Chiesa, con l’avvento della modernità, e la creazione delle grandi Congregazioni Romane, come ministeri centrali nei diversi ambiti, determina inevitabilmente un progressivo stemperarsi e appannarsi della potenza iniziatica dei linguaggi elementari della fede. Come con un atto sono stato “iscritto nel registro” da parte della istituzione, così con un atto poi pretendo, come individuo, di “esserne cancellato”. Di fronte a questo sviluppo istituzionale e oggettivo, la teologia della “irreversibilità del carattere” – e quindi della impossibilità teorica dello “sbattezzo” – può fare ben poco. Non si combatte una realtà effettiva mediante la dichiarazione della sua impossibilità, poiché la realtà ha già superato la questione della possibilità: questa pretesa soluzione teorica, che ha pur sempre i suoi buoni fondamenti, lavora però su un altro livello e su un altro terreno, che risulta allo stesso tempo “immunizzato dalla realtà” e “ininfluente sul reale”. Costituisce, per così dire, una “difesa d’ufficio” della tradizione, certo nobile e anche ben fondata, ma che non riesce a mordere davvero sul reale del vissuto e delle appartenenze. Il motivo di tutto ciò sta nascosto nel titolo: la iniziazione non avviene senza una mediazione con la cultura. La pretesa di garantire la iniziazione mediante l’“esculturazione” 1 crea solo integralismo e disadattamento. Si tratta di una questione assai delicata, che si nasconde nel profondo di “atti sensazionali”, come appaiono le richieste di “sbattezzo” ”. Per comprendere meglio questa delicata relazione tra “desiderio di iniziazione” e “tendenza all’esculturazione” intendo procedere con quattro passaggi fondamentali più una conclusione. Ogni passaggio comporta una acquisizione essenziale, che poi viene approfondita in modo strutturale nel passaggio seguente. Ma il percorso lineare tra i quattro passaggi può garantire la comprensione della lettura che propongo. Essa muove da una comprensione della iniziazione cristiana (ossia della stessa elaborazione storica della categoria di iniziazione) come risposta a un problema sistematico introdotto dalla tradizione latina: la concentrazione del significato teologico dei sacramenti nel solo dono di grazia. Diremmo un dono senza esperienza del dono, un dono senza ricezione del dono. A tale concezione risponde quella di una esperienza del dono senza espressione del dono dell’esperienza! Così all’atto amministrativo con cui la grazia scende – senza esperienza – nella vita del soggetto, corrisponde l’atto amministrativo con cui l’esperienza – senza espressione di grazia – rinuncia a ogni espressione del dono costitutivo del sé. L’esculturazione ha una lunga storia di “inculturazioni” ed è mediata da “operazioni culturali” – da inculturazioni molto coraggiose – che si è stati tentati di ritenere assolute, senza contesto, e che perciò si sono capovolte in esculturazioni. Quando una “inculturazione” si assolutizza, perdendo il legame con la cultura, diventa inesorabilmente un’“esculturazione”. Qui credo che dovremmo tutti riflettere su un fenomeno davvero profondo, direi viscerale, con cui procede la tradizione: le forme di “inculturazione” che la tradizione elabora (con coraggio e sotto la spinta della necessità) non sono mai assolute: perciò, quando entrano in crisi, le inculturazioni diventano potentissime esculturazioni. Questo appare evidente quando un “gesto scandaloso” offre materia di scrittura anche ai giornali popolari (tale è la domanda di essere cancellati dai registri parrocchiali!). Ma forse è più insidiosa l’esculturazione che si realizza in forme meno evidenti, ma più subdole. Per questo vorrei soffermarmi, in seconda battuta, anche su alcune pratiche di culto cristiano in cui, più sottilmente, agisce la medesima “mentalità di esculturazione”. Ciò appare chiaro se consideriamo non solo lo “sbattezzo” (o “baptexit” ) e la sua richiesta di originaria estraneità alla vicenda della fede, ma la dinamica altrettanto interessante della sostituzione della penitenza con il rinnovamento e la ripetizione a oltranza di un battesimo “amministrativo”. In altri termini, ciò che sorprende nello “sbattezzo” è presente, indirettamente, in una diffusa comprensione del sacramento della penitenza. Un battesimo che si ripete di continuo è la negazione del battesimo. Se manca l’iniziazione, e se vi rinunciamo anche consapevolmente, direi quasi burocraticamente, sarà facilissimo che non capiamo più l’insistenza con cui tutta la tradizione antica e medievale ribadisce: “il battesimo non si ripete”. Invece, se noi riduciamo la penitenza a nuovo battesimo infinitamente ripetibile (e già inaugurato nella sua realtà distorta nella esperienza precoce della “prima confessione” ), entriamo nel tunnel di un errore di prospettiva, che compromette il rapporto con la grazia e con il suo significato. Appare così questo paradosso: la “cooptazione” della “prima confessione” nei sacramenti di iniziazione (secondo un programma che appare comunque piuttosto recente) è il segnale di questa strutturale distorsione sistematica, che qui vorrei segnalare, associandola provocatoriamente allo “sbattezzo”. Desidero perciò indagare in ordine questi quattro punti più una conclusione: la riduzione del sacramento al suo schema formale di “santificazione” (§.1), la perdita della rilevanza cultuale dello spazio e tempo (§.2), la ricaduta sulla forma immediata del battesimo (§.3) e la forza di attrazione di questo approccio distorto anche sulla penitenza (§.4), per terminare con la messa in guardia verso una sorta di “iniziazione contra naturam” (§5). Il percorso dovrebbe garantire una ricomprensione più adeguata della soglia iniziatica come caratteristica peculiare di tutti i sacramenti e in modo speciale del battesimo.

1. La divisione sistematica tra santificazione e culto

Sono stati in particolare due autori francesi (Gh. Lafont2 e L.-M. Chauvet3) a mettere in rilievo, rispettivamente negli anni Sessanta e negli anni Ottanta del secolo scorso, una mossa sistematica che ha avuto, proprio sulla iniziazione cristiana, una ricaduta pesantissima: la distinzione/ divisione tra santificazione e culto nella trattazione dei sacramenti. Questa mossa teorica ha indotto a leggere lo spazio dei sacramenti come uno spazio di azione di Dio, mettendo in qualche modo da parte, e in secondo piano, l’agire dell’uomo. Questa attenzione privilegiata per l’azione di Dio, che aveva le sue ragioni storiche, ha però separato il mysterium dall’azione di culto. Tale distinzione, di per sé del tutto legittima, con i secoli si è lentamente trasformata in una opposizione. [...]

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Il cielo in una strada. Madeleine Delbrelhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788898573509/il-cielo-in-una-strada-madeleine-delbrel.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788898573509/il-cielo-in-una-strada-madeleine-delbrel.htmlMon, 03 Apr 2023 13:20:29 +0200Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 E. Castellucci

Con creativa fedeltà

Studi

4 S . Morra

La realtà è superiore all’idea

9 V. Le Chevalier

Una domenica senza messa

14 A . Costanzo

Tenersi confessati

20 M. Roselli

Come se fosse la prima volta

25 D. Piazzi

Il destino della messa feriale

30 A . Grillo

Il minimo necessario e la grazia sgraziata

36 F. Zaccaria

Dacci una candela quotidiana.

Uno sguardo pastorale sulla venerazione

delle immagini sacre

41 E. Massimi

Il caso serio di Maria

47 G. Drouin

Tra teologie, pratiche e rappresentazioni

Un andamento liturgico eterogeneo

Formazione

54 F. Trudu

La liturgia fuori dalla parrocchia

2. I monasteri

59 G. Zanchi

I luoghi della liturgia

2. Il genus basilicale, la mistagogia cosmica

Asterischi

64 R . Barile

Lectio Ritus

2. Dalla terra al cielo

69 E. Massimi

I canti liturgici

2. I canti per la Quaresima

 

EDITORIALE

Erio Castellucci

Con creativa fedeltà «La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità»: Evangelii Gaudium 33 è forse uno dei passi più citati a tutti i livelli: dagli incontri parrocchiali ai convegni di teologia. Papa Francesco lo ha ripreso, all’inizio del Sinodo in corso, criticando l’immobilismo: «Siccome “si è sempre fatto così” – questa parola è un veleno nella vita della Chiesa – è meglio non cambiare. Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo» (9 ottobre 2021). Tutti (o quasi) d’accordo con le dinamiche prospettive di papa Bergoglio: la tradizione non è statica, ma dinamica; l’indietrismo (ultimamente ha arricchito il vocabolario italiano con questa parola) è uno dei mali più grandi della Chiesa; la dottrina non è un cadavere ma un corpo vivo in continua crescita. Sì, tutti (o quasi) d’accordo, però... in che senso allora la liturgia, per sua stessa natura fatta di riti, e quindi ripetitiva, è culmine e fonte dell’azione ecclesiale (cfr. SC 10), e in particolare la celebrazione eucaristica è fonte e culmine della vita cristiana (cfr. LG 11)? In effetti non c’è niente di più fisso e codificato dei sacramenti e della messa – dove tutto è definito nei particolari – e nel sentire comune la liturgia suona monotona, sempre uguale a se stessa, povera di innovazioni. E se la liturgia è esemplare per la Chiesa, anzi è addirittura il motore della sua vita, come si può sposare con un qualche progresso? Non solo: la riforma liturgica post-conciliare ha cercato, con buoni risultati, di recuperare le fonti più antiche, ripristinando canoni, formule e preghiere in uso nei primi secoli dell’era cristiana; ha spesso sostituito con questi testi antichi quelli medievali e moderni; e, se ha inserito nuove formule, lo ha fatto con la maggiore aderenza possibile al linguaggio biblico. Insomma, la liturgia sembra proprio vivere su quel «si è fatto sempre così», tanto temuto da papa Francesco. Una soluzione ci dev’essere: e questo quaderno infatti ne prospetta più d’una. A partire dalla fondamentale distinzione avanzata da san Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Vaticano II (11 ottobre 1962): è necessario distinguere, nella dottrina, la sostanza dalle forme; la prima resta immutata, le altre devono necessariamente evolvere. Papa Francesco, in proposito, ama citare il Commonitorium, nel quale san Vincenzo di Lérins (sec. V) paragona la dottrina ecclesiale al corpo umano, che evolve e cambia aspetto, pur mantenendo la propria identità: è un progresso, dice l’abate, e non un cambiamento (profectus est et non permutatio). Infine, per dirla solennemente con le parole dell’ultimo Concilio: «La Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10). La liturgia dunque si rinnova cambiando le forme e mantenendo il suo radicamento nella sostanza, che è il mistero del Signore Gesù, inviato dal Padre e vivo nello Spirito. Nel corso dei secoli, però, il mistero è stato talvolta reificato, concentrando l’attenzione sugli elementi materiali e formali che garantiscono la validità delle celebrazioni (o... cerimonie) e trascurando la vita che vi è intrisa. Ma un’occhiata, anche rapida, ai passi del Nuovo Testamento che sono all’origine della vita liturgica della Chiesa, ci porta su un piano dinamico, vitale e sinodale. Basti pensare a quelli che poi la tradizione, consacrata da Tommaso d’Aquino, definirà i sacramenti “principali”(potiora), l’eucaristia e il battesimo, i due fuochi di quell’ellisse che è la vita liturgica della Chiesa. Le comunità delle origini non sono preoccupate di individuarne esattamente la materia e la forma, definirne le formule essenziali, distinguervi ciò che è valido da ciò che è fruttuoso e così via; si tratta di aspetti utili e necessari, ma secondari di fronte alla sostanza: l’incontro con il Signore vivente. Il battesimo, immersione nella pasqua di Gesù (cfr. Rm 6,3-6), è una tappa del percorso dell’annuncio: e il ministro della regina Candace può riceverlo dal diacono Filippo mentre è in viaggio, facendo una piccola sosta, dopo la quale Filippo scompare (cfr. At 8,26-40). L’eucaristia, memoriale della pasqua di Gesù (cfr. 1 Cor 11,23-26), è l’apice dell’incontro con il Risorto: e i due discepoli di Emmaus vi prendono parte, avendo ospitato alla loro mensa il Signore non ancora riconosciuto, che sparisce dalla loro vista perché si mettano loro stessi in cammino con la Chiesa apostolica (cfr. Lc 24,13-53). Itineranti, sinodali, dinamici: i due sacramenti più importanti sono amministrati in cammino. La struttura dei riti rimane sempre la stessa, perché non sono canovacci teatrali da reinventare continuamente ad opera di attori e registi; sono invece doni che vengono da Dio e che la Chiesa accoglie nella loro sostanza immutabile, cercando di modulare forme, segni e linguaggi con creativa fedeltà. Questa è la bella sfida della viva tradizione cristiana.

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Parole di VitaSOMMARIO

L’APOCALITTICA NEI LIBRI PROFETICI

Editoriale

Guido Benzi

LA SALVEZZA DALL’INTERNO

DEL GIUDIZIO E DELLA PROVA (IS 24–27)

Boris Lazzaro

LA SPADA E LA STRADA IN IS 34–35

Ombretta Pettigiani

GOG DEL PAESE DI MAGOG (EZ 38–39)

Massimiliano Scandroglio

DAL TEMPIO ALLA CAPANNA (AM 9)

Laila Lucci

YHWH, GIUSTIZIA CHE CASTIGA,

ZELO CHE RISTABILISCE

Filippo Serafini

LA REGALITÀ DIVINA INI ZC 14

Piero Capelli

L’APOCALISSE SIRIACA DI BARUC (2 BARUC)

Roberto Marchisio

APOCALITTICA, SOCIETÀ E SETTE

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

I romanzi apocalittici: Il Signore delle mosche

di W.G. Golding

PER SAPERNE DI PIÙ

Marcello Panzanini

La valle del giudizio: il Commento a Gioele di Girolamo

RILETTURE

Valeria Poletti

La musica, fra tempo e fine del tempo

APOSTOLATO BIBLICO

Fabio Pizzitola

I cantieri di Betania: la strada e il villaggio

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

La grande festa che verrà: gli affreschi

della sinagoga di Dura Europos

 

EDITORIALE

Se l’apocalittica è, tra l’altro, il prefigurare una svolta nella storia mediante un sorprendente intervento divino, allora il bacino testuale a cui attingere è primariamente quello dei profeti. Perciò, dopo le questioni introduttive, questo secondo fascicolo si concentra sui loro scritti. Con un’avvertenza, però. Si corre sempre il rischio di cercare nei testi quei fili tematici che in precedenza si è stabilito formino il tessuto di un genere letterario. Non servono molte parole per giustificare quanto un simile modo di procedere sia poco corretto e soprattutto poco rispettoso della libertà compositiva degli autori, nonché del lungo processo redazionale che i libri profetici hanno conosciuto. Perciò gli articoli qui raccolti analizzano i passaggi profetici più vicini all’apocalittica e ne mettono in risalto i punti di contatto, ma anche le divergenze. Per esempio, Guido Benzi, a proposito di Is 24– 27, capitoli in passato etichettati come la «Grande apocalisse», distingue tre tipi di materiale: escatologico, proto-apocalittico e apocalittico in senso stretto. Nel primo caso le svolte decisive nel destino di Israele e dei popoli non abbandonano l’orizzonte storico; nel secondo i cambiamenti avvengono per un intervento soprannaturale; nel terzo il mutamento avviene in modo ultimo e definitivo. Lo stesso si dica per la cosiddetta «Piccola apocalisse », cioè Is 34–35, di cui Boris Lazzaro evidenzia piuttosto il registro simbolico ambientale: uno scenario arido fa da sfondo allo scoraggiamento in cui sprofonda Israele, mentre la straordinaria fioritura del suolo fa da contorno alla gioia scandita dal ritorno a Sion. Anche per quanto riguarda la vicenda di Gog, del pae se di Magog, narrata da Ez 38,1– 39,20, Ombretta Pettigiani condivide l’opinione di quanti parlano di proto-apocalittica. Resta il fatto che il lungo testo di Ezechiele con vigore e ampiezza rivela la forza di un Dio che, con ogni mezzo, salverà il suo popolo e distruggerà chi lo minaccia. Più diretto a Israe le è l’oracolo che si dispiega al cap. 9 del libro di Amos: la fine ormai prossima del popolo, significata dall’abbattimento del santuario nazio-nale di Betel, si tramuta nella ricostruzione di una nazione, con le sue istituzioni e la sua storia, grazie al Signore che manifesta tutta la sua potenza di vita. Il passaggio dal tempio demolito alla capanna rialzata risponde esclusivamente a un gesto di grazia (Massimiliano Scandroglio). Tratti decisamente più apocalittici presentano gli ultimi due testi analizzati. Gl 4 evoca il giudizio definitivo che si svolgerà nella valle di Giòsafat o della Decisione, e coinvolgerà tutte le nazioni. Lo accompagneranno fenomeni di stravolgimento dell’ordine cosmico. «In quel giorno» i nemici saranno annientati, mentre a Giuda sarà riassicurata la benedizione (Laila Lucci). Esito del tutto diverso avrà «quel giorno» secondo la prospettiva dell’autore del libro di Zaccaria. Anche se le nazioni dovranno ancora recarsi al tribunale divino, questa volta il giudizio avrà una valenza purificatrice. Il pellegrinaggio a Gerusalemme sancirà il loro riconoscimento della regalità di Y___. Zc 14 proietta in «quel giorno » qualcosa di paradossale: la distruzione di Gerusalemme e la possibilità di conversione per il resto delle nazioni (Filippo Serafini; si vedano i riferimenti allo stesso capitolo nel contributo finale di Marcello Panzanini). Si approda così a un libro pienamente apocalittico come 2 Baruc, con ogni probabilità composto dopo il 70 d.C. Vi predominano l’attesa dell’imminente fine dei tempi e la speranza nell’avvento di una figura messianica, accompagnati dalla distruzione dell’impero nemico per opera di Dio (Piero Capelli). In sintesi, nei profeti la dimensione apocalittica è modulata secondo prospettive differenti con ricadute diverse, al pari di quanto avviene oggi in ambito sociale (Roberto Marchisio focalizza in modo appropriato il fenomeno delle sette), letterario (Marco Tibaldi) e musicale (Valeria Poletti). Insomma, un fascicolo da leggere e approfondire. Marco Zappella

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Concilium - 2023/1INDICE

Sharon A. Bong – Bernardeth Caero Bustillos

Susan Abraham, Editoriale. Il razzismo,

dalle prospettive interculturali delle donne

Abstracts

I. Il razzismo

1. Racconti di razzializzazione,

dalla voce di alcune donne

1.1 A nne-Béatrice Faye, La donna africana

nella categorizzazione e nella produzione

delle gerarchie razziali

I/ Usi polisemici delle nozioni di razza,

razzismo e razzializzazione

1/ Imparare ad essere diverso a causa della razza

2/ La razzializzazione nel processo complessivo di alterazione

II/ Il posto delle donne africane nel dominio coloniale

III/ Le gerarchie razziali in Africa: le donne

tra violenza strutturale e culturale

1/ Le violenze strutturali

2/ Le violenze culturali

IV/ Conclusione

1.2 Septemmy E. Lakawa, Le voci spezzate delle testimoni.

Una riflessione teologica noken sulle storie di razzismo decriptato delle donne papuane in Indonesia

II/ Cristiane papuane che decodificano

le narrazioni del razzismo incarnato

1/ Razzismo a struttura aperta e chiusa

2/ «Non vogliamo partorire!»: testimoniare il razzismo

III/ Decriptare il razzismo: una teologia del noken,

una teologia della testimonianza

1.3 Judith Gruber, Narrazioni femminili

di razzializzazione. Prospettive europee

I/ Lo spettacolo della frontiera: scene di esclusione…

II/ … e l’osceno dell’inclusione

III/ «Alcuni confini non sono più affatto situati alla frontiera»

IV/ Intrecci teologici

1.4 Joanne Marie Terrell, Olocausto a cascata:

razzismo nel contesto nordamericano

1.5 G eraldina Céspedes, Narrazioni

di razzializzazione delle donne.

Uno sguardo in America latina e nei Caraibi

I/ Nelle viscere di un sistema razzista-patriarcale

II/ L’interconnessione sesso-razza

III/ Manifestazioni dell’intersezione sessismo-razzismo

IV/ Decostruzione delle narrazioni sessiste e razziste

V/ Creare narrazioni di cambiamento su genere e razza

1.6 Cristina Lledo Gomez – Seforosa Carroll,

Racconti ed esperienze di razzializzazione

da donne dell’Oceania

I/ Localizzazione dell’Oceania

II/ Contesto coloniale

III/ Dottrina della scoperta

IV/ Le storie di razzializzazione delle donne dell’Oceania

1/ Essere scure

2/ Diventare consapevoli della razza prima del genere

V/ Violenza, genere e razza

VI/ Conclusione

2. Riflessioni teologiche, ecclesiologiche

ed etiche sul razzismo

2.1 C. Vanessa White, Libertà per tutti.

La formazione teologica e il percorso

verso la giustizia razziale e la libertà

I/ Introduzione

II/ Una breve storia del razzismo negli Stati Uniti

III/ Lo sviluppo del corso

IV/ Conclusione

2.2 Neomi De Anda, Razzismo coloniale e possibilità di decolonizzazione nel contesto specifico

I/ Il razzismo coloniale intessuto nella vita

delle donne e delle studiose LGBTQ+

II/ La dottrina della scoperta e dell’espiazione attraverso la ricapitolazione

III/ Miscapitulation e Incarnazione

IV/ Conclusione

2.3 Pearl Maria Barros, Razzismo e trauma.

Terre di frontiera, guarigione ambivalente e speranza

Introduzione

I/ La frontiera tra Stati Uniti e Messico come ferita aperta e il trauma della “illegalità”

II/ Guarigione ambivalente e speranza

Conclusione

2.4 E lisabetta O’Donnell Gandolfo, Smantellare la triade coloniale del collasso ambientale.

Una riflessione ecoteologica sulle intersezioni tra razzismo, patriarcato e capitalismo

I/ Berta Cáceres e la lotta contro il coloniaje

II/ Analisi intersezionali del collasso ambientale

III/ La sfida dell’ecologia integrale

2.5 M . Shawn Copeland,

Razzismo ed etero-patriarcato I/ Introduzione

II/ Lo strutturarsi del sessismo e del razzismo

III/ Razzismo e teologia

IV/ Ricostruire la teologia cristiana come antirazzista, antisessista, antiomofobica

II. Forum teologico

B ernardeth Caero Bustillos,

La difesa del territorio dell’Amazzonia in Bolivia

III. Rassegna bibliografica internazionale

 

Editoriale

Il razzismo, dalle prospettive interculturali delle donne

Il razzismo è una terribile realtà del nostro mondo contemporaneo. Da quello apertamente disumanizzante delle odierne visioni politiche di destra, a quello superficiale e quotidiano della gente comune, sino alla segreta cancellazione di intere comunità, il razzismo è ben presente nell’esperienza di molte persone. La questione rimane perciò una sfida per la teologia cristiana, in particolare per quella teologia che si rifà alla dignità della persona quale base per la propria antropologia teologica. Qualunque analisi del problema dipende anche da categorie sociologiche secolari, inducendo alcuni a sostenere che il razzismo non abbia delle implicazioni teologiche. Questo fascicolo mette alla prova il binomio religioso/secolare, sostenendo che se l’esperienza rimane una fonte della teologia, anche l’esperienza di disumanizzazione, a causa della propria appartenenza razziale o etnica e dell’identità culturale, è una fonte di riflessione e rielaborazione teologica. Per le donne, vi si aggiunge l’esperienza di emarginazione e di violenza di genere. Laddove la razza e il genere (e, in maniera implicita, la sessualità) rimangono delle categorie di esclusione nel lavoro teologico cristiano, riflettere su queste categorie di esclusioni che s’intersecano tra loro diventa un mandato teologico. Pertanto, come donne e teologhe provenienti da quattro diversi continenti del mondo – America del Nord e del Sud, Africa e Asia – cominciamo presentando le nostre esperienze concrete di razzismo e di appartenenza, nei rispettivi contesti sociali, a delle minoranze razziali, etniche e indigene. Per quanti vivono negli Stati Uniti, l’esperienza recente della nascita del movimento Black Lives Matter risuona dei tanti movimenti storicamente ispirati alla razza, sorti come sfida al fenomeno della “supremazia bianca”. Fondato in qualche modo sulla teoria critica della razza, Black Lives Matter solleva molte questioni teoriche e teologiche. Qual è il rapporto tra la particolarità della pelle nera e l’universalità, presunta e dichiarata tale, di una teologia priva di pregiudizi razziali? Inoltre, che senso ha la “supremazia bianca”? Essa è una forma regnante di dominio, che nasce dalla paura e dall’odio nei confronti di esseri umani dalla pelle nera o marrone e da un’ostentata preferenza per il capitale culturale, sociale, politico ed economico dell’“essere bianco”. Un tratto fondamentale di questa “bianchezza” (Whiteness) è la storia di schiavitù, colonialismo e genocidio. Quella supremazia è multiforme e trova espressione in un sistema di privilegi per alcuni e di esclusione violenta, cancellazione e completa rimozione per altri. Nella storia mondiale, tuttavia, è importante sottolineare che la violenza dei bianchi può essere rivolta anche contro altri bianchi (poveri, genderizzati, sessualizzati o altrimenti emarginati sotto l’aspetto culturale). Può essere messa in atto anche da persone nere o di colore nei confronti di altri individui. È perciò fondamentale che il lavoro teologico contro il razzismo elabori delle possibilità di forme più complesse di alleanza e coalizione. A livello globale altre persone, che ricevono il cristianesimo come retaggio coloniale, vivono il razzismo come colonialismo. Varie forme di colonialismo, specialmente di stampo europeo, hanno generato un contesto virulento per il razzismo contemporaneo. Nella sua prima iterazione, il colonialismo europeo ha lasciato il proprio segno nelle ex-colonie laddove, all’indomani della decolonizzazione storica, forme indigene […]

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Servizio della Parola - n. 546INDICE

Sguardi in pastorale

1. Maria di Betania e Giuda.

Il simbolismo delle mani e la comunità cristiana (A. Carrara)

I nostri modi di dire

42. Salvare l’anima

1. Salvare l’anima (A. Carrara)

2. Salvare l’anima: e il corpo? Uno sguardo all’antropologia biblica (S. Pinto)

3. Salvare l’anima è salvare la persona (G. Canobbio)

Salve regina. Una novena

(R. Laurita)

Tempo pasquale 2023

9 aprile / 28 maggio

Domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

2ª domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

3ª domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

4ª domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

5ª domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

6ª domenica di Pasqua (M. Girolami, M. Della Bianca)

Ascensione del Signore (M. Girolami, M. Della Bianca)

Domenica di Pentecoste (M. Girolami, M. Della Bianca)

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Parole di VitaQUESTIONI INTRODUTTIVE

Editoriale 2

Donatella Scaiola

LE RADICI DELL’APOCALITTICA BIBLICA 4

Paolo Merlo

IL CONTESTO STORICO 9

Giovanni Ibba

IMMAGINI E CONTENUTI

DELL’APOCALITTICA NEI TESTI BIBLICI 15

Sebastiano Pinto

TEMI TEOLOGICI DELL’APOCALITTICA 22

Dionisio Candido

TRA I LIBRI E I FRAMMENTI

DELL’APOCALITTICA BIBLICA 28

Andrea Albertin

UNA BIBLIOGRAFIA

RAGIONATA IN LINGUA ITALIANA 33

Piero Capelli

IL LIBRO ETIOPICO DI ENOC (1 ENOC) 38

Pasquale Arciprete

SEMPRE APOCALISSE:

TROPPA, POCA O MALINTESA? 43

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

I romanzi apocalittici: La strada di C. McCarthy 48

PER SAPERNE DI PIU

Marcello Panzanini

Mille e non più mille 51

RILETTURE

Valeria Poletti

Letteratura e Apocalisse 53

APOSTOLATO BIBLICO

Fabio Pizzitola

Parola e sinodalità.

I cantieri di Betania: la strada 56

VETRINA BIBLICA 57

ARTE

Marcello Panzanini

È inaudito! La visione di Ezechiele, di Francisco Collantes 59

 

EDITORIALE

Gli eventi drammatici degli ultimi tre anni – la pandemia prima, una dolorosa guerra poi e, in mezzo, una crisi climatica senza precedenti – hanno imposto come mediazione concettuale degli avvenimenti in corso immagini e termini “apocalittici” quali fine del mondo, catastrofe, punizione divina, distruzione o battaglia finale. Per esempio, Armaghedon (il nome della pianura in cui, secondo Ap 16,16, negli ultimi giorni si riuniranno i re malvagi alleati della Bestia per il conflitto finale contro Dio), dopo aver gia costituito il titolo di un celebre kolossal americano del 1998 e di un recente film del 2022, e diventato nella comunicazione di massa sinonimo di guerra nucleare finale. Purtroppo, pochi sanno che il termine apokàlypsis non significa affatto “distruzione”, bensi “rivelazione” e che moltissimi testi riconducibili a questo “genere”, lungi dall’indugiare in catastrofismi, sono permeati della convinzione che anche gli eventi tragici custodiscono al loro interno un progetto divino di salvezza per l’umanita. Abbiamo quindi sentito l’esigenza di fare chiarezza, provando a illustrare quali siano le reali poste in gioco in quelle opere che la tradizione chiama apocalittiche e in quali contesti quelle visioni, profezie, attese siano sorte e poi siano state messe per iscritto. Nei fascicoli del 2023, quindi, dopo aver presentato le questioni preliminari per comprendere il genere apocalittico e la sua storia, presenteremo i libri (o le porzioni di libro) ad esso ascrivibili sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, lasciando ampio margine di trattazione anche alla letteratura apocalittica extrabiblica. Nel presente numero, dopo una sintesi del dibattito esegetico sulle origini dell’apocalittica (D. Scaiola), sara presentata la storia di Israele dal II secolo a.C. al II d.C., arco temporale in cui la maggior parte dei testi che analizzeremo sono stati redatti (P. Merlo). I due articoli successivi saranno dedicati alla presentazione delle figure o scene piu evocative che in essi ricorrono a partire da quella fucina di immagini che fu il libro di Ezechiele (G. Ibba) e alla disamina dei temi teologici più caratterizzanti, come la fede in un Dio salvatore o la contrapposizione tra premio dei giusti e punizione dei malvagi (S. Pinto). Ma quali testi del canone biblico sono definibili apocalittici? A tale domanda rispondera la ricognizione di D. Candido tra libri (e frammenti) dell’Antico e del Nuovo Testamento, mentre il contributo di A. Albertin offrira ai nostri lettori una bibliografia ragionata in italiano per orientarsi nello studio del genere. In tutti i fascicoli dell’annata seguiranno due articoli non prettamente esegetici, di cui uno dedicato alla presentazione di un testo della letteratura apocalittica extrabiblica (per questo numero 1 Enoc, a firma di P. Capelli) e uno al confronto tra gli interrogativi (etici, storici, soteriologici) sollevati dall’apocalittica e le istanze della modernita e delle scienze umane. Aprira questa seconda serie di articoli il contributo di P. Arciprete inteso a tracciare le origini della spiritualita apocalittica per individuarne i riflessi sulla cultura politica contemporanea. Completano l’offerta culturale e pastorale della rivista le consuete rubriche Bibbia e scuola (M. Tibaldi), Per saperne di piu (dedicata alle interpretazioni cristiane dell’apocalittica; M. Panzanini), Riletture (V. Poletti), Apostolato biblico (F. Pizzitola), Vetrina biblica e Arte (M. Panzanini), oltre all’inserto staccabile della Scheda biblica (A. Pilo). I box laterali compongono, nell’insieme, un piccolo lessico ragionato del genere, mentre le finestre approfondiscono alcune questioni specifiche. La letteratura apocalittica nasce sempre in un periodo di crisi e sofferenza, dalla presa d’atto di uno iato drammaticamente doloroso tra mondo ideale e mondo reale. Tuttavia, coltiva la certezza che la storia, anche nei suoi passaggi piu drammatici e controversi, ha un fine, un senso: l’ultima parola non spettera alla Bestia, ma allo Sposo.

Annalisa Guida

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 F.G. Brambilla

L’urto della realtà

Studi

6 V. Mignozzi

Prassi rituali, teologie, evoluzione

12 M . Belli

Il caso dell’iniziazione cristiana

17 F. Peruzzotti

Liturgia al maschile e al femminile

22 M . Gallo

Omoaffettività e liturgia:

benedizioni proibite?

27 V. Rossi

Padrino e madrina

33 M . Aversano – L. Carando – I. Gallo

Divorziati e risposati dopo Amoris Laetitia

38 L . Palazzi

Tra anziani e bambini, dove sono gli adulti?

43 A . Matteo

Non è una Chiesa per giovani?

48 S . Tarantelli

Gli edifici di culto

Formazione

53 F. Trudu

La liturgia fuori dalla parrocchia

1. I santuari

48 G. Zanchi

I luoghi della liturgia

1. Le antiche chiese siriane

Asterischi

62 A . Meneghetti

Lectio Ritus

1. La vocazione

ad essere popolo di sacerdoti

66 E . Massimi

I canti della liturgia

 1.     Il Pane del cammino e Gloria

 

 

 

Editoriale

Franco Giulio Brambilla

L’urto della realtà

Incroci fra storia e celebrazione

 Formule e concetti – nel loro ambito sensati e validi – ci hanno precluso la visione

della realtà nella sua interezza. Abbiamo pensato non più secondo vive rappresentazioni,

ma secondo segni, classificazioni di contrassegni che significavano cose, così

come una banconota significa un valore senza essere per sé un valore. Non abbiamo

più vissuto a cuore aperto l’urto della realtà né percepito il modo d’essere delle cose. Ora

si desta la volontà di vedere di nuovo le cose, non i concetti; di pensare e affermare

realtà, non parole. Ci si presenta nuovamente come compito il cimento duro, ma

altrettanto fecondo, con il mondo reale nella sua pienezza e nella sua forza a sé stante.

Così pure il compito di porsi con rispetto di fronte al senso proprio delle cose,

chiamandole veramente come esse sono, ascoltandone il messaggio, ma rivolgendo

ad esse contemporaneamente la volontà plasmatrice.

 

«Ritornare alle cose stesse»: questo è l’imperativo che Guardini, esattamente un secolo fa, metteva davanti alla nostra mente e al nostro cuore, per tornare a sentire “l’urto della realtà”. Non avevo ancora letto – lo confesso – questo saggio del Filosofo e Teologo di Monaco, di origini italiane, anche perché è stato pubblicato in Italia relativamente tardi. A un secolo di distanza, pur contrassegnato dall’afflato profetico dello Jugendbewegung, a cui Guardini partecipava con l’aggregazione Quickborn (Fonte viva), il testo rivela ancora tutta la sua freschezza. Esso appartiene al trittico: Lo Spirito della liturgia (1918), Formazione liturgica (1923), I santi segni (1927). Guardini propone un programma di vasto respiro, di cui il nostro saggio tesse l’ordito di fondo con grande impegno filosofico: per ritrovare il fascino (bellezza estetica) e la persuasività (bontà etica) dell’atto liturgico è necessario restituire al soggetto, collocato nel “noi” ecclesiale, la sua capacità simbolica, chiave d’accesso alla verità delle cose (l’urto della realtà). Il maestro monacense lo dice sin dall’inizio con slancio: «Adesso importa che si riconosca in che cosa consista quel che è proprio dell’accadere (Geschehen) liturgico e del suo realizzarsi nell’atto liturgico» (41). E lo fa con un grande affresco nel quale non contrappone aspetto soggettivo e intenzionalità  oggettiva dell’atto liturgico, ma con la paziente esplorazione di un triplice rapporto con cui restituire all’uomo d’oggi la sua forza simbolica: il rapporto anima e corpo, il rapporto con il mondo e la relazione tra persona e comunità. Il punto d’avvio è singolare e limpidissimo: contro una religione dell’interiorità e del sentimento di fine Ottocento, la singolarità dell’uomo, inteso quale anima forma corporis, dice che l’anima trova la sua espressione nel corpo, proprio nel momento in cui lo trascende, pur penetrandolo totalmente, come spirito incarnato: qui si rivela il «rapporto simbolico per antonomasia» (59) che si realizza in modo eminente nell’atto liturgico. Ecco la prima grande traiettoria della “formazione” (Bildung): «L’uomo deve diventare nuovamente capace di simboli» (60). Guardini critica il processo della modernità come spiritualizzazione, idealismo e razionalismo astratto, fino all’organicismo del mondo contemporaneo. A un secolo di distanza possiamo dire che la lezione guardiniana è stata appresa, anche se talvolta ha corso il pericolo, che egli fin d’allora paventava, di una simbolizzazione arbitraria e retorica, che non assume l’interazione di anima e corpo, ma che contrabbanda segni per simboli, i primi bisognosi di interminabili spiegazioni. Ecco il primo compito della Bildung: «Dobbiamo imparare a pregare con il nostro corpo. Dobbiamo imparare a esprimere l’interiorità all’esterno e a desumere l’interiorità (altrui) dall’esterno. Dobbiamo ridiventare capaci di simboli» (69). L’enfasi sulla capacità simbolica dell’azione liturgica ha attraversato il Novecento, anticipata dallo sguardo pionieristico di Guardini. Essa poi è stata sostenuta da diversi filoni del pensiero contemporaneo. Basti ricordare Ricoeur con il suo «Il simbolo dà a pensare», e si potrebbe aggiungere: «Dà anche da… fare». L’azione liturgica della Chiesa è un atto che però non è solo potentemente espressivo del soggetto/comunità, ma è anche essenzialmente recettivo dell’accadere del Mistero santo nella celebrazione rituale: la liturgia è azione di Cristo nell’atto rituale della Chiesa! La reciproca immanenza di azione di Cristo e azione della Chiesa (va ricordato che non è l’unico luogo in cui ciò avviene, perché egli si rende presente anche nella comunione/carità) non è però alla pari: l’atto liturgico del singolo inserito nel noi ecclesiale, con tutta la sua forza simbolica espressiva e trasformante, ha da essere nel suo fondo recettivo della presenza e della forza d’urto dell’azione di Cristo, della sua Pasqua! Qui si colloca il secondo passo della Bildung proposto da Guardini: imparare «l’urto della realtà» nel modo d’essere delle cose e lasciarsi toccare, anzi trasfigurare, dalla sua presenza trasformante. Su questo aspetto l’operetta di Guardini dà forse il suo contributo più geniale e a un secolo di distanza resta ancora un potente stimolo per oggi. L’impresa sembra immensa perché il mondo oggettivo «con il suo spazio illimitato, con il tempo che scorre senza fine e l’incommensurabile abbondanza delle cose» (76) trasmette all’uomo un senso di smarrimento. Per questo […]

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Servizio della Parola - n. 545Sguardi in pastorale

11. Desiderio desideravi.

Fede, liturgia e vita (A. Carrara)

I nostri modi di dire

41. Togliere i peccati

1. Togliere i peccati (A. Carrara)

2. Gesù di Nazaret, l’Agnello di Dio

che toglie il peccato del mondo (D. Arcangeli)

3. Il peccato e la sua remissione (M. Aliotta)

La via della croce

seguendo il vangelo di Matteo

(R. Laurita)

Tempo di Quaresima 2023

22 febbraio / 8 aprile

Mercoledì delle Ceneri (S. Vuaran, R. Laurita)

1ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)

2ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)

3ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)

4ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)

5ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)

Domenica delle Palme (S. Vuaran, R. Laurita)

Giovedì santo (R. Laurita)

Venerdì santo (R. Laurita)

Veglia pasquale (R. Laurita)

 

_____________________

11.

Desiderio desideravi.

Fede, liturgia e vita

di Alberto Carrara

 

Desiderio desideravi (= DD) è il titolo della Lettera apostolica

di papa Francesco, «dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano,

il 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo,

dell’anno 2022, decimo del mio pontificato».

1. La bellezza, la verità della liturgia

e le abitudini dei credenti

Lo scopo della lettera è dichiarato esplicitamente all’inizio:

Condividere con voi alcune riflessioni sulla Liturgia, dimensione

fondamentale per la vita della Chiesa. […] Non intendo trattare

la questione in modo esaustivo. Voglio semplicemente offrire alcuni

spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la verità

del celebrare cristiano (DD 1).

È uno «stato d’animo» tipico di papa Bergoglio: fare andirivieni

fra alcuni grandi principi e alcuni concreti modi di fare e

di dire che si vedono e si sentono dentro la chiesa, per mostrarne

la reciproca, feconda tensione. Tensione che esiste anche tra «bellezza» e «verità» della liturgia. Giocando sui due termini,

la lettera di papa Francesco permette di affermare, infatti, che

la liturgia è vera solo se è bella e viceversa. Il documento, come

non tratta in maniera esaustiva della liturgia e delle sue indefinite

implicazioni, così non intende essere un autorevole aggiornamento

di rubriche di “modi di celebrare”, ma portare a scoprire

quanto è portatrice di valori una bella celebrazione.

In questo sta il carattere pastorale del documento: non enunciare

grandi verità sconosciute, ma richiamare, quasi rivitalizzare,

antiche verità variamente nascoste e in parte dimenticate.

In effetti, la liturgia trae le proprie possibilità e i propri rischi

dal fatto di far parte della normale vita quotidiana della chiesa.

La liturgia – e, in particolare, la messa – è diventata il criterio

dominante per definirne l’identità, sia dentro, sia fuori la chiesa.

Questa, infatti, ritrova se stessa soprattutto quando celebra l’eucaristia.

Anche l’identità del singolo cristiano coincide, prevalentemente,

con la sua pratica liturgica. Il buon cristiano è colui

che “va a messa” tutte le domeniche.

Tutto questo conferma il “peso teologico” della messa, cuore

di tutta la vita cristiana, che dovrebbe essere il punto più alto

verso cui tutto converge, punto di arrivo di tutto il vivere cristiano.

In realtà, il punto massimo di arrivo è diventato punto minimo

di partenza. Non si partecipa alla messa perché si è cristiani;

si è cristiani perché si partecipa alla messa. Si può dire, quindi,

che l’ovvietà quotidiana del rito liturgico finisce per contribuire

anche alla sua relativa banalizzazione. Più il cristiano è partecipante,

più si abitua alla messa. Se si vuole portare alle estreme

conseguenze tutto questo, si potrebbe affermare che la celebrazione

del mistero si appiattisce sul rito e il rito è governato dal

precetto (superfluo forse notare che rito e precetto non negano

la profondità misterica dell’eucaristia, ma possono negarla e di

fatto, talvolta, la negano).

D’altronde, anche dall’esterno la chiesa – e chi ne fa parte – è

vista allo stesso modo. Basti pensare ai criteri correnti con cui si

articolano le indagini sociologiche sul mondo credente. I vari livelli

di appartenenza ecclesiale vengono definiti con i diversi livelli

di partecipazione liturgica. I cristiani sono divisi tra coloro che partecipano alla messa tutte le settimane, una volta al mese,

qualche volta nell’anno, una volta all’anno, mai.

Ora, Desiderio desideravi, di fronte al rischio dell’appiattimento

sul rito e sul precetto, ripropone lo spessore, la profondità

del mistero, quasi a recuperare quello che talvolta sembra

essere dimenticato. Si potrebbe dire che papa Francesco parla

di due diverse sproporzioni che segnano l’eucaristia: una sproporzione

nel tempo e una sproporzione nello spazio.

Papa Francesco ricorda quello che sta all’inizio, «l’infinito

desiderio» del Signore che «non si potrà saziare finché ogni uomo,

di ogni tribù, lingua, popolo e nazione (Ap 5,9) non avrà

mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue». Desiderio, per

forza di cose, irrealizzato. Per cui «quella stessa Cena sarà resa

presente, fino al suo ritorno, nella celebrazione dell’Eucaristia»

(DD 4).

Non solo, ma quello che non si è ancora realizzato e non si

realizzerà mai nel tempo, «fino alla fine», si incrocia con la ristrettezza

spaziale nell’oggi della chiesa. Il gregge del Signore è

piccolo. Non tutti sanno che esiste il dono che il Signore ha lasciato

all’umanità e non tutti quelli che lo sanno amano riceverlo.

Di conseguenza: «Non dovremmo avere nemmeno un attimo

di riposo, sapendo che ancora non tutti hanno ricevuto l’invito

alla Cena o che altri lo hanno dimenticato o smarrito nei sentieri

contorti della vita degli uomini» (DD 5).

Il carattere inattingibile del mistero, l’intensità del desiderio

del Signore irrealizzato nel tempo e nello spazio diventa, necessariamente,

urgenza pastorale. La grandezza del dono diventa

«santa inquietudine» dei credenti di fronte alla non accoglienza

di quel dono o al suo oblio. Si torna a sentire, anche in questi

passaggi, la costante del magistero di papa Francesco: la chiesa

è per gli uomini, la chiesa è «in uscita», missionaria. Anche la liturgia

non è tanto donata alla chiesa, se così si può dire, in esclusiva,

ma attraverso la chiesa è offerta a tutti. Si può ritrovare in

questo magistero del papa una specie di insistente circolo virtuoso:

il “dato” della fede, la bella notizia del Vangelo, richiede

anche la sintonia dell’annuncio dinamico, aperto da parte della

chiesa. Altrimenti il circolo da virtuoso rischia di diventare vi […]

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Rassegna di Teologia n. 4/2022FOCUS

+ Pietro Parolin, Il Mediterraneo, luogo di conflitti e laboratorio di pace

Dialogo – Mediterraneo – Pace – Religioni – Teologia

STUDI

Christoph Theobald SJ, La Chiesa nella storia messianica dell’umanita

Chiesa – Messianismo – Prassi sinodale - Tradizione – Vaticano II

Lorenzo Gasparro, L’ecologia di Gesu. Il creato e la sua custodia nei vangeli

Creato – Ecologia – Nuovo Testamento – Teologia biblica – Vangeli

Enrichetta Cesarale, Sinodalita della Trinita, sinodalita della Chiesa. «Chi ha orecchio, ascolti cio che lo Spirito dice

alle Chiese» (Ap 2,7a)

Apocalisse – Chiesa – Sinodalità – Teologia del Processo – Triade demoniaca – Trinità

Ignazio Genovese, Dalla concordia degli animi alla tranquillita dell’ordine: per una fondazione interiore della pace

nella Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino

Carità – Pace – Summ a Theologiae – Tomm aso d’Aquino – Virtù

NOTE E DISCUSSIONI

Marco Vitelli, La Giudea di Gesu. Note a margine di un recente contributo al dibattito storiografico

Erodiani – Giudea – Grupp i rivoluzionari – Impero romano –

Somm i sacerdoti

Presentiamo un libro

Claudio Tagliapietra, Un nuovo progetto di teologia fondamentale in dialogo con le scienze. Nota in margine

all’opera Teologia fondamentale in contesto scientifico di G. Tanzella-Nitti

Recensioni

Libri ricevuti

Indice dell’annata 2022

 

____________________________________________________________

Focus

Pietro Parolin*

Il Mediterraneo, luogo di conflitti e laboratorio di pace

Il Mediterraneo rappresenta lo scambio tra la dimensione

culturale-religiosa e quella politica-geografica di vari popoli.

Oggi, riflettere sugli effetti storici e simbolici di questa regione

significa guardare il mondo da un angolo prospettico peculiare.

Il Mediterraneo, dopo decenni di marginalità, è infatti

tornato al centro dell’attenzione mondiale e può diventare,

dopo secoli di conflitti, un laboratorio di dialogo, pace e convivenza.

The Mediterranean represents the exchange between the

cultural-religious dimension and the political-geographical of

many people. Today, reflecting on the historical and symbolic

effects of this region means looking at the world from a peculiar

perspective. The Mediterranean, after decades of marginalization,

has in fact returned to the center of world attention

and can become, after centuries of conflict, a laboratory of

dialogue, peace and coexistence.

 

Carissima Ecc. Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo

metropolita di Napoli, vescovi, professori, autorita, studenti,

vi ringrazio calorosamente dell’invito che mi avete rivolto e porgo

un saluto affettuoso a tutti i presenti1.

C’e una famosa xilografia del 1581, incisa dal pastore e teologo protestante

Heinrich Bunting, che raffigura tre continenti, Europa, Asia e Africa,

come se fossero tre lobi, o meglio, tre petali di un unico fiore uniti al

centro da Gerusalemme e circondati da una distesa di mare che viene definita

come il “grande Mediterraneo”. Questa xilografia nel corso del tempo

ha avuto un grande successo editoriale, anche in epoca recente, perché e stata

utilizzata in alcune copertine di libri, i cui autori hanno voluto mettere

in luce due concetti diversi ma fortemente intrecciati tra loro.

Da un lato, l’elemento religioso del Mediterraneo, caratterizzato dal

fatto che il cristianesimo e stato, sin dalle origini, una “religione tricontinentale”

con una storica presenza non solo in Europa, ma anche in Africa

e in Asia, almeno fino al XIV secolo, quando sopraggiunse una persecuzione

durissima per opera dei mongoli islamizzati che videro nelle minoranze

cristiane i capri espiatori di una profonda crisi socioeconomica.

Dall’altro lato, invece, l’elemento geografico-politico del Mediterraneo,

sottolineando l’aspetto di raccordo, “eccezionalita” e, al tempo stesso, di

“unita” di questa regione che legava non solo tre continenti ma anche

molti popoli e culture diverse.

Questo continuo scambio osmotico tra la dimensione culturale-religiosa

e quella politico-geografica e un aspetto decisivo dell’identita mediterranea

su cui, ancora oggi, vale la pena riflettere perché assume una

rilevanza che va ben oltre quell’ideale linea geografica che collega Beirut

a Gibilterra. Oggi, riflettere sul portato storico-simbolico di questa regione

– e sulle sue ricadute attuali – significa, infatti, guardare il mondo

da un angolo prospettico peculiare, ancorché decisivo. Il Mediterraneo,

dopo decenni di marginalita, e tornato al centro dell’attenzione mondiale

e puo diventare, dopo secoli di conflitti, un laboratorio di dialogo,

pace e convivenza.

1. Mediterraneità della Chiesa primitiva

E opportuno far partire la mia riflessione da un concetto di cruciale

importanza: la mediterraneita della Chiesa delle origini. Perché se e vero

che esiste una “storia perduta del cristianesimo” orientale, rappresentato

soprattutto, ma non solo, dalle eresie monofisite e nestoriane, e vero

altrettanto che, sulle orme di san Paolo – l’uomo delle «tre culture», il

giudeo che parlava in greco ed era cittadino romano – esiste una direttrice

spaziale che guarda verso Ovest e dal Medio Oriente arriva in Europa

attraverso il Mediterraneo. Il mare e infatti il mezzo attraverso il quale il

cristianesimo ha superato i confini etnici, linguistici, culturali. E grazie al

Mediterraneo, come strada di missione e spazio di interculturazione, che

e stato possibile portare l’annuncio della Resurrezione di Cristo al centro

e alla periferia dell’Impero romano. Le Chiese da cui e partita la spinta

missionaria verso il mondo allora conosciuto si sono alimentate, dunque, del

respiro mediterraneo che, da questo punto di vista, e stato uno snodo

fondamentale, non solo per la comunicazione, ma anche per la testimonianza

cristiana e per l’incontro di culture differenti nel nome di Cristo.

La personalita del passato che meglio di altre testimonia questo stupefacente

intreccio socio-religioso e, senza dubbio, sant’Agostino: «l’africano-

latino» che venne battezzato a Milano da sant’Ambrogio, nato

a Treviri, nella notte di Pasqua del 387. In quel battesimo, c’e una convergenza

spaziale tra due uomini di origini geografiche lontanissime – le

attuali Algeria e Germania – in cui il Mediterraneo era stato un luogo di

transito e di incontro. Un incontro di sintesi non tanto etnico-culturale,

quanto di fede. Quel battesimo incarnava simbolicamente le parole che

san Paolo aveva scritto ai Galati: non c’e piu giudeo o greco, schiavo o

libero ma «tutti voi siete uno in Cristo Gesu» e in virtu di questa appartenenza

«allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa».

E questo un fatto specifico del cristianesimo che produce effetti sul

mondo non come frutto di un’opera di ingegneria sociale ma come un’irruzione

dello Spirito Santo nella vita degli uomini. Da quel battesimo, da

quell’incontro in Cristo, si possono ravvisare, infatti, le radici antiche di un

continente e di un mondo culturale-religioso: l’Europa e il Mediterraneo.

Un luogo geografico e di fede, dunque, in cui molti uomini e donne

hanno testimoniato la fede cristiana fino al martirio. Mi permetto di fare

un solo esempio, in questa sede, perché valorizza, a me pare, in modo

originale e fecondo, la mediterraneita del cristianesimo: Charles de Foucauld,

canonizzato da papa Francesco lo scorso 15 maggio. In lui possiamo

vedere, ha detto il pontefice, «un profeta del nostro tempo, che ha

saputo portare alla luce l’essenzialita e l’universalita della fede». Un profeta,

che dopo aver sperimentato il dono magnifico della conversione ha

solcato il Mediterraneo e dalla Francia si e recato in Africa, seguendo una

direttrice opposta a quella che oggi molti uomini e donne percorrono in

cerca di una vita migliore. Charles de Foucauld attuo «l’apostolato della

bonta» con l’obiettivo di «abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani,

ebrei e idolatri» a considerarlo «come loro fratello, il fratello universale»2.

Dalla Francia ando pertanto nel Sahara algerino e trovo la morte nel

1916 per mano di alcuni predoni: una morte silenziosa durante il frastuono

della Prima guerra mondiale. Una vita inutile? No, una vita che […]

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Archivum Franciscanum HistoricumINDEX

Franciscani et natura: historicae disquisitiones

Bernard Forthomme. – Perspectives franciscaines sur notre environnement

et notre partenaire naturel

aleksander horowski, oFmCap. – Francesco novello adamo e la creazione

nella predicazione francescana del duecento e dell’inizio del

trecento

laure solignaC. – nature et technique selon Bonaventure et roger Bacon

lorenzo CaPPelletti. – dalla “Pietas per le creature” alla “Predica agli

uccelli”. le rappresentazioni della “Predica agli uccelli” nella Basilica

di s. Francesco ad assisi

luCiano Bertazzo, oFmConv. – tra scientia e mirabilia. relazioni di

viaggio francescane tra Xiii e XiV secolo

marzia CesChia, Fdt. – il codice del creato. un’esegesi dell’esperienza

spirituale in alcune mistiche francescane

manuel lázaro Pulido. – el pensamiento franciscano ibérico-castellano

entre la edad media y la edad moderna: variaciones sobre el tema de

la naturaleza .

saVerio CamPanini. – experimental science and kabbalah in the works of

Francesco giorgio (1466-1540)

asunCión laVrin. – Franciscan missionaries as witnesses of nature in Colonial

mexico

Benedikt mertens, oFm - mauro PaPalini. – la spezieria francescana.

notizie storiche (sec. XVi-XViii) .

Pierre moraCChini. – « Ces horreurs changées en délices ». le sainteynard

vu par le récollet archange de Clairmont

antonio CiCeri. – agostino mandirola e il Manuale di (de’) Giardinieri o

Giardino de’ fiori

Benedikt mertens, oFm. – lerchen am Barockhimmel. Fortunat huebers

Ornithologia moralis (1678)

martin elBel. – the great Comet of 1680. amandus hermann between

theory and experience

Jordan kellman. – a recollect among the dakota sioux: louis hennepin

and the Plains Bison

FaBienne henryot. – Pierre Étienne et le Bonheur rural (1788) : la nature

au coeur de la sécularisation de l’Écriture chez les frères mineurs français

au XViiie siècle

simone BorChi. – i Francescani a la Verna ospiti e affittuari del bosco

(1810-1814 e 1866-1934): dalla prassi alla regolamentazione

Miscellanea

alessandra Bartolomei romagnoli. – il libro di agnese Blannbekin.

mistica e profezia nella Vienna di fine duecento . . . . . . . . . . . . . . . .

Summaria

Recensiones

messa, Pietro [oFm]. – Breviarium Sancti Francisci. un manoscritto tra

liturgia e santità. – (william J. short)

Pirone, Bartolomeo. – al-malik al-kmil e i cristiani d’egitto. – (Jason

welle)

riCCi, adelaide – Apparuit effigies. dentro il racconto delle stigmate. –

(solanus Benfatti)

dalarun, JaCques. – Corpus franciscanum. François d’assise, corps et

textes. – (Bernardo molina)

sChumaCher, lydia - ByChkoV, oleg (eds. and transl.). – a reader in early

Franciscan theology. the Summa Halensis. – (riccardo saccenti)

iohannis de ruPella [omin.] quaestiones disputatae de legibus. – (Claus

a. andersen)

BoBillier, stèVe - thornton, ryan [oFm] (eds.). – Peter of John olivi:

Construction of the human Person. anthropology, ethics, and society.

– (Peter nickl)

Piron, sylVain. – Pietro di giovanni olivi e i francescani spirituali. –

(Paolo Vian)

raimundi lulli opera latina 64, ars ad faciendum et solvendum quaestiones.

– (rafael ramis Barceló)

Pellegrini, letizia. – Bernardo aquilano e la sua Cronaca dell’Osservanza

con nuova edizione e traduzione a fronte. – (antal molnár)

augustin Von alVeldt, oFm. – erklärung und Verteidigung der klarissen-

regel Papst urbans iV. – (alexander sembdner)

Cohen, thomas m. - harrison, Jay t. - reX galindo, daVid (eds.). – the

Franciscans in Colonial mexico. – (Éric roulet)

griPPaudo, ilaria. – musica e devozione nella «Città felicissima». ordini

religiosi e pratiche sonore a Palermo tra Cinque e seicento. – (maria

Paola Borsetta)

moCCiaro, Pietro. – Francesco d’assisi nel settecento riformatore. l’indagine

storico-critica dei gesuiti Bollandisti negli Acta Sanctorum

(1768). – (mícheál mac Craith)

Notae bibliographicae

libri ad nos missi ..

index alphabeticus

tabula materiarum.

index auctorum anni 2022

 

 

EDITORIAL NOTE

Earlier this year, we lost Fr. Carlo Paolazzi,

oFM (1938-2022), to Sister Death. He was a

member of the Frati Editori di Quaracchi from 1999

to 2008 and an eminent scholar of Dante alighieri

and of the writings of Francis of assisi. To his

memory, we dedicate this themed aFH volume on

“Franciscans and Nature – Historical investiga -

tions”. in a 2019 lectio magistralis at the Pontifical

University antonianum on Francis’s Canticle of

Brother Sun, the late Fr. Carlo wrote:

Uno dei tratti piu caratteristici della spiritualita evangelica di Francesco

consiste nella rinuncia radicale al possesso delle cose materiali, ma questo

non gli ha impedito di contemplare con occhio stupito tutte le creature,

riscoperte e amate all’interno del disegno provvidente del santissimo

Padre nostro […]. infatti non c’e dubbio che le espressioni frate Sole,

sora luna e frate Vento possono nascere solo da un sentimento

vivissimo della paternita divina, che in forme diverse ha fatto buone, simili

a se e sorelle tra loro tutte le cose.1

This theological intuition of a fraternal interconnectedness of all

creatures and its practical consequences for a respectful human

cohabitation with whatever sora nostra matre Terra (Canticle 20)

produces and hosts did not really develop into an identity marker of

Franciscan thought and Franciscan communities throughout later

centuries. However, to lament this fact would mean to anachronistically

apply current ecological concerns to past times very different from ours.

The theological and intellectual climate at large has not always been

receptive to an engaging view on nature. For example, Friar Candide

Chalippe, in his 1728 Life of St Francis, deplores that heretics and critics

of his time ridiculed the vision of the fraternisation of all creatures and

of a tender-hearted approach to animals, as it springs from Francis’s

biography and Bonaventure’s theological interpretation. For his part, he apologetically claims that Francis’s stance and the resulting teachings for

his followers were not merely sentimental but in line with what can be

read in Scripture and in the lives of the saints.2

The topic of Francis’s close relationship with the natural

environment will resurface strongly only in the Romantic literature of

the 19th century and is echoed today in his being saintly patron of

ecologists (1979) and a driving force behind Pope Francis’s encyclic

Laudato sì (2015).3 The current volume of aFH humbly attempts to help

fill the gap between Francis and today’s theological and pastoralpractical

contribution to a widening ecological awareness. indeed, we

would like to address many questions to the brothers and sisters of the

Franciscan family between the 13th and 19th centuries: How did they

perceive and interpret nature, and how did they actively shape it? Did

they show concern for natural resources? How did they relate to animals?

Did Francis’s ‘passion for Creation’ also shape the image that later

centuries had of him? The seventeen studies in this volume do not

precisely answer these questions, and, as i said, it would be anachronistic

to expect such answers. Nevertheless, the case studies reveal a wide

variety of historical approaches to nature to be found among Franciscans,

brothers and sisters: philosophical, theological, scientific, experiential,

homiletic, mystical, symbolic, aesthetic, utilitarian, and protective.

it is our wish that these essays may trigger more studies on the

historical (Franciscan) echoes of our current understanding of nature and

our ecological concern.

FR. BENEDikT MERTENS, oFM

General Editor AFH

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Asprenas n. 3/2022PRESENTAZIONE

1. Accogliendo la sfida della interdisciplinarità e della transdisciplinarità

(cf. Veritatis gaudium 4), il fascicolo monografico del 2022 è dedicato

da Asprenas ai temi della creazione, della persona e dell’intelligenza

artificiale, non solo a motivo della loro attualità, ma anche in ragione della

singolare opportunità che essi offrono di mostrare la fecondità e la

complessità del rapporto tra scienza, filosofia e teologia. L’incontro tra

saperi diversi è un’istanza assolutamente prioritaria in un tempo nel quale

appare quanto mai forte il rischio della frammentazione delle scienze.

Tale istanza risulta ancor più urgente quando si ha a che fare con questioni

che toccano direttamente, e con sempre maggiori aspettative, le

possibilità di intervento umano sulla natura in generale e sull’uomo in

particolare.

Come papa Francesco diceva ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio

Consiglio della Cultura il 18 novembre 2017, ricordando Paolo VI,

«rimane sempre valido il principio che non tutto ciò che è tecnicamente

possibile o fattibile è perciò stesso eticamente accettabile. La scienza, come

qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da rispettare per

il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di responsabilità etica.

La vera misura del progresso è quello che mira al bene di ogni uomo

e di tutto l’uomo [cf. Populorum progressio 14]». E così, la ripresa

di un dialogo tra scienziati, filosofi e teologi – dopo secoli di diffidenza,

di indifferenza o, perfino, di dichiarata ostilità – sembra quanto mai

indispensabile sulla base della comune attenzione alla costruzione dell’umano

e di un mondo più umano, oltre che nella condivisa ricerca del

bene comune, per quanto, anche in questo senso, la strada da percorrere

risulti ancora lunga, data la difficoltà di individuare paradigmi antropologici

ed etici che siano ritenuti validi dai diversi attori del dialogo.

2. Posto che la scienza e la tecnologia hanno consentito di allargare

i confini della conoscenza che l’uomo ha della natura – e questo è senza

dubbio un dato al quale guardare in maniera positiva e grata –, occorre

chiedersi se esse siano di per sé chiamate a permettere all’uomo

un costante superamento dei limiti che gli sono imposti dalla natura oppure

se sia l’uomo a dover stabilire i limiti entro i quali esse devono

muoversi e, nel caso in cui a essere accolta sia la seconda ipotesi, in cosa

tali limiti consistano. E diversi sono ancora gli interrogativi da porsi:

cosa significa “persona”? Cosa si intende per promozione umana? Che

cosa rende il bene veramente “comune”? Evidentemente le risposte a

tali domande sono molteplici e tutt’altro che univoche: eppure la complessità

del confronto non può in alcun modo costituire, soprattutto per

il credente, un alibi per sottrarsi alla fatica del dialogo.

Entro questo quadro generale, si colloca il presente volume, che raccoglie

sei contributi di tenore molto diverso tra loro e che vanno dalla

scienza alla teologia, dalla filosofia all’etica e al diritto: esso risulta idealmente

strutturato in due parti, delle quali la prima è incentrata su questioni

relative prevalentemente alla cosmologia, mentre la seconda è dedicata

alle questioni del potenziamento umano e dell’intelligenza artificiale.

Ciascuna delle due parti si apre con un contributo di carattere generale

e introduttivo, che intende aiutare il lettore, anche quello meno

esperto, a entrare nel vivo delle questioni dibattute (quelle di ordine cosmologico

e quelle relative all’intelligenza artificiale, appunto), cercando

di coglierne i nodi essenziali all’interno del dibattito tra scienza, filosofia

e teologia.

3. Il contributo di EDOARDO CIBELLI funge da introduzione generale

al volume: l’autore individua nella creazione/evoluzione, nelle neuroscienze

e nel potenziamento umano alcuni dei temi di maggiore attualità

nel dialogo tra saperi e riconosce nella Teologia fondamentale la

branca del sapere teologico che, prima e più di ogni altra, è in grado di

dialogare con le scienze umane e naturali, in ragione del suo ruolo di

fondamento e di frontiera.

Accogliendo la sfida del dialogo tra saperi, IVO COELHO si propone

di mostrare che creazione ed evoluzione non si escludono a vicenda

– come peraltro anche il magistero più recente ha più volte ricordato –,

nella misura in cui la prima si propone come risposta alla domanda sull’origine

di tutto ciò che è, mentre la seconda va intesa soprattutto come un’ipotesi

attraverso la quale tentare una spiegazione dell’intelligibilità

immanente all’universo, il cui sviluppo può essere colto, secondo quanto

suggerito da Bernard Lonergan, come una successione di realizzazioni

probabili di possibilità.

Sulla creazione si sofferma anche ROBERTO GALLINARO, il quale, nel

suo ampio studio si propone di verificare la “tenuta” di alcune acquisizioni

della metafisica classica (particolarmente di quella tomista) di

fronte alla variabilità che caratterizza le più recenti teorie astrofisiche.

4. Il contributo di LUCIO ROMANO segna il passaggio alla seconda

parte del volume, offrendo alcune chiarificazioni sull’intelligenza artificiale

e sulle possibili definizioni che di essa vengono proposte: le diverse

questioni che l’intelligenza artificiale pone alla riflessione etica e al

modo di intendere l’umano – ivi incluse le questioni riguardanti le tecnologie

digitali – richiedono che dignità della persona, giustizia, sussidiarietà

e solidarietà non vengano smarrite come paradigmi di riferimento

mediante i quali le tecnologie possono mettersi realmente al servizio

di ogni persona nella sua integralità.

Il rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza è ancora al centro

del saggio di CLOE TADDEI FERRETTI, il quale, ponendosi in continuità

con il precedente, affronta la questione dal punto di vista filosofico,

a partire da una chiarificazione dei termini in esame e insistendo –

grazie anche al richiamo agli studi di Lonergan – sulla capacità di autotrascendimento

propria dell’uomo.

Chiude la rassegna ANTONIO FODERARO, il quale si occupa delle implicazioni

etico-giuridiche delle nuove tecnologie, particolarmente di

quelle legate alla robotica e all’intelligenza artificiale, collocandole all’interno

della più ampia questione del rapporto tra l’uomo e la tecnica,

alla quale Martin Heidegger ha dedicato pagine che, per la profondità

delle intuizioni, risultano ancora profondamente efficaci.

Ci auguriamo che il presente fascicolo, denso e complesso – soprattutto

per i non addetti ai lavori –, possa risultare per i nostri lettori

un utile contributo a quella riflessione sull’uomo che, nella sua perenne

attualità, si trova oggi ad affrontare nuove sfide, che mettono a rischio

l’integrità e la dignità della persona umana.

GIANPIERO TAVOLARO

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Studia Patavina 2022/3INDICE

Editoriale 

Historical processes and synodal paths. Processi storici e cammini sinodali 

Stefano Didonè

FOCUS Le fonti del pensiero di papa Francesco e la sua pedagogia implicita 

Introduzione – “Armonizzare gli opposti”. Fonti e prospettive pedagogiche del pensiero di papa Francesco 

Andrea Pozzobon 

Alle fonti del pensiero di papa Francesco. L’influenza di Gaston Fessard e di Romano Guardini 

Massimo Borghesi 

«Uno spazio per farti incontrare la verità». Il “pensiero aperto” di Guardini e Francesco 

Elena Piatto-Laura Vedelago 

L’impronta ignaziana in papa Francesco 

Giuseppe Riggio 

Intorno al “pensiero pedagogico” di papa Francesco 

Loris Benvenuti-Andrea Conficoni 

Agorà 

L’identità sessuale fra etica del gender e politica del simbolico 

Susy Zanardo 

L’identità di genere dal punto di vista della psicologia dello sviluppo 

Giancarlo Pavan 

Ricerche 

La fede cristiana e l’istituzione ecclesiale alla prova delle famiglie - parte 1 

Paolo Carrara-Francesco Pesce 

Temi e discussioni 

Vita da seminaristi 

Paola Bignardi

Notiziario 

Vita della Facoltà (a.a. 2021-2022) 

Paola Zampieri 

Recensioni 

Martin A., Sinodalità. Il fondamento biblico del camminare insieme (S. Didonè) 

Brancozzi E., Rifare i preti. Come ripensare i seminari (G. Pivato) 

Caputo J.D., La follia di Dio. Una teologia dell’incondizionale (G. Zambon) 

Albini C., Responsabili dell’umano. Antropologia inclusiva in chiave etico-politica (F. De Carolis) 

Vogt M., Christliche Umweltethik. Grundlagenund zentrale Herausforderungen (M. Krienke) 

Trentin G., Il principio Gesú. Nuove prospettive dai colloqui con Wilhelm Klein (G. Zambon) 

Autiero A.-Perroni M. (curr.), Maschilità in questione. Sguardi sulla figura di san Giuseppe (M. Ceschia) 

Rupertus Tuitiensis, Anulus seu Dialogus de Sacramentis Fidei (R. Battocchio) 

Riparelli E., Memoria, creazione, dialogo. Percorsi dell’arte ebraica (G. Zambon) 

Ciola N., Al centro il sacerdozio di Cristo. La spiritualità della venerabile Maria Bordoni e i suoi riflessi nella teologia di Marcello Bordoni (V. Battaglia) 

 

Segnalazioni 

1. FILOSOFIA 

583 Maglio G., Libertà e giustizia nel pensiero di Tommaso d’Aquino. Un modello di umanesimo cristiano (F. Magro) 

2. STORIA DEL CRISTIANESIMO 

2.1 Biblico 

584 Wénin A. (éd.), La contribution du discours à la caractérisation des personnages bibli­ques (C. Broccardo) 

3. TEOLOGIA 

586 Ferrario F.-Vogel L., Rileggere la Riforma. Studi sulla teologia di Lutero (G. Osto) 

Ibáñez Á.G., Conversione e riconciliazione. Trattato storico-teologico sulla penitenza post-battesimale (L. Della Pietra) 

Bianchi L.-Di Muro R. (curr.), In dialogo. Metodo scientifico e stile di vita (A. Ramina) 

Di Muro R., Temi di vita spirituale. Dinamiche e componenti della santità (A. Ramina) 

Ruggeri G., Prete in clergyphone. Discernimento e formazione sacerdotale nelle rela­zioni digitali (L. Voltolin) 

Libri ricevuti 

Indice generale

 

EDITORIALE 

Historical processes and synodal paths 

Processi storici e cammini sinodali«Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla chiesa del terzo millennio»1. Non è una novità che l’orizzonte nel quale si muove la chiesa sia molto ampio e superi le contingenze storiche. L’impegno pro­grammatico proposto da papa Francesco alle conferenze episcopali di tutto il mondo traccia una direzione chiara per il futuro. Si tratta, come viene spesso ripetuto, di avviare processi, prima che vedere nell’immediato dei cambiamenti concreti. Tuttavia, lo scarto tra questa prospettiva processuale cosí ampia e l’attuale congiuntura storica può dare origine a fenomeni pa­radossali. Osservando l’attuale situazione europea nel suo insieme emerge – non senza una certa evidenza – un elemento su cui riflettere: mentre è ritornata l’esperienza della guerra nel suolo europeo e si affermano le forze cosiddette sovraniste, le chiese storiche sono chiamate a una svolta mis­sionaria del cammino sinodale, come prospetta il documento preparatorio della terza tappa, quella continentale (Allarga lo spazio della tua tenda) che dedica un lungo capitolo alla missionarietà, al rapporto con il territorio e si fa riferimento ai conflitti e alle guerre. La terza guerra mondiale «com­battuta a pezzi» si allarga pericolosamente, ma questo non sembra mettere in subbuglio gli ordini del giorno dei vari cammini sinodali delle chiese storiche, talvolta persino in affanno nel gestire le ripercussioni interne degli “inciampi” lungo il percorso.La terza guerra mondiale «combattuta a pezzi»si allarga pericolosamente, ma questo non sembra metterein subbuglio gli ordini del giorno dei vari cammini sinodalidelle chiese storiche, talvolta persino in affanno nel gestirele ripercussioni interne degli “inciampi” lungo il percorso.

L’osservazione forse non coglie di sorpresa lo storico, che guarda con un certo distacco alle vicende bimillenarie del cristianesimo, ma appare degna di una certa attenzione nel momento in cui i processi sinodali cessano di essere espressione di una certa autoreferenzialità ecclesiale e si incrociano con i cambiamenti di equilibri che coinvolgono la concretezza della vita di ampia parte della popolazione mondiale. Cambiamenti storici che sono espressione della libertà degli uomini e della stessa creazione, quella casa comune il cui equilibrio viene continuamente messo alla prova dalle attività dell’uomo (civili e militari). Ed è evidente a tutti che gli effetti del cambia­mento climatico pesano sui paesi piú poveri e meno sviluppati del mondo.Processi sinodali e comunione gerarchica: un paradosso?Un esempio concreto dei possibili “inciampi” del camminare insieme arriva – ancora una volta – dalla Germania. I recenti sviluppi del cammino sinodale della chiesa tedesca (Der Synodale Weg), che ha visto l’inizio della IV Assemblea generale colorarsi di delusione dopo la mancata approvazione del testo base del quarto Forum “Vivere in rapporti riusciti – Vivere l’a­more nella sessualità e nella coppia”, pongono diverse questioni. La prima riguarda gli equilibri istituzionali che reggono il cammino sinodale stesso, in cui il voto dei vescovi ha un’importanza determinante. Una certa reto­rica che enfatizza la sinodalità in astratto viene di fatto smentita dall’eserci­zio concreto dei processi sinodali, che non possono essere, per loro natura, né esclusivamente democratici (con una maggioranza che si impone sulla minoranza a colpi di votazioni), né esclusivamente in termini autocratici e autoreferenziali. Questo è un nodo strategico, come ben evidenzia il docu­mento della Commissione teologica internazionale sulla sinodalità al n. 69: «Un sinodo, un’assemblea, un consiglio non può prendere decisioni senza i legittimi pastori. Il processo sinodale deve realizzarsi in seno a una comunità [...]

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Concilium - 2022/5Indice

Carlos Schickendantz – Gusztáv Kovács

Stan Chu Ilo, Editoriale 

Abstracts

I. Ospitalità e amicizia 

1. Fondamenti filosofici e teologici

1.1 William O’Neill, Ospitalità ed ermeneutica

dei diritti dei rifugiati 

I/ Retoriche rivali

II/ Un approccio ermeneutico

III/ Il plusvalore del significato religioso

1.2 Claudio Monge, Ospitare Dio.

La concettualizzazione dell’incontro

divino-umano nelle narrazioni religiose 

I/ Un Dio che si rivela creando uno spazio ospitale

II/ Alterità come appello alla responsabilità

III/ Ospitalità e tradizione ebraica

IV/ Ospitalità e tradizione islamica

V/ Ospitalità e tradizione neotestamentaria

VI/ Ospitalità: l’altro come porta sul divino

1.3 D aniel Innerarity, In difesa della compassione

I/ La compassione proibita

II/ La dignità del palliativo

[777

1.4 M ichelle A. Gonzalez, Sei mio amico?

Amicizia interculturale ed éthos della differenza

I/ L’amicizia oggi

II/ Spunti di riflessione dalla formazione gesuitica

III/ Antropologia teologica

IV/ L’amicizia nell’istruzione universitaria

V/ Osservazioni conclusive

2. Prassi di ospitalità e amicizia

2.1 L uiz Carlos Susin, Una Chiesa aperta a tutti.

L’ospitalità come anima della comunità

che si origina in Gesù 

I/ L’eredità di Gesù: il Regno messianico dell’ospitalità

II/ L’ospitalità come segno del regno di Dio nella storia

e “prima etica”

III/ Ospitalità oltre la chiesa stessa: Fratelli tutti

2.2 Sharon A. Bong, Donne che aprono

spazi di appartenenza per le donne nella Chiesa

I/ Il genio femminista in linea di principio

II/ Il genio femminista nella pratica

2.3 B radford E. Hinze, Aprire spazi di appartenenza

per i laici nella Chiesa 

I/ Le convinzioni che motivano comunità di appartenenza

per i laici

II/ Le pratiche che motivano l’appartenenza dei laici

nelle comunità

2.4 R oman Globokar, L’etica della cura e dell’amicizia

con la Terra, nostra casa comune 

I/ Caratteristiche dell’amicizia

II/ Amicizia con il pianeta Terra secondo Laudato si’

III/ Interconnessione, vulnerabilità, cura e responsabilità

IV/ Conclusione

3. Sguardi e prospettive globali

3.1 Jojo M. Fung, Topunan:

una spiritualità indigena asiatica

I/ Etimologia di topunan

II/ La spiritualità del topunan e le influenze della intersezionalità

III/ Spiritualità del topunan, condivisione della mensa

e «spazio resiliente»

IV/ La spiritualità del topunan che alimenta lo «spazio sapienziale»

V/ Conclusione

3.2 N éstor Medina, Ripensare l’ospitalità

in relazione alle migrazioni

I/ Ospitalità: una nozione inadeguata

II/ Intreccio tra ospitalità e colonizzazione

III/ Riformulare il dibattito sull’ospitalità

IV/ Ripensare con l’ausilio dell’etica i termini dell’ospitalità

3.3 Pascale Renaud-Grosbras, Ospiti

e padroni di casa inadeguati. Violenza e rischi

nell’amicizia interculturale e nella missione

I/ Cos’è l’ospitalità: un approccio biblico

II/ Come Gesù interpreta l’ospitalità e l’amicizia

III/ Una storia di ospitalità e amicizia

IV/ Una lettura teologica della vicenda

V/ C’è ancora posto

II. Forum teologico 157

1. Juan Carlos La Puente Tapia, Ospitalità e amicizia,

scorci di vocazione collettiva

I/ Gratitudine

II/ Sussurri

III/ Verso l’amicizia religiosa

IV/ Voci e grida

V/ Perdono offerto

VI/ Accompagnamento reciproco, lavoro teologico

2. Jodi Mikalachki, Perché ringrazio di esser qui?

Riflessioni su ospitalità e amicizia in Burundi 

I/ Celebrazione

II/ Perdita

III/ Compassione

3. E li S. McCarthy, Ospitalità e amicizia:

interrompere la violenza e costruire

una pace sostenibile in Ucraina

I/ Ospitalità

II/ Amicizia

III/ Conclusione

III. Rassegna bibliografica internazionale

IV. Indice dell’annata 2022 191

 

Editoriale

Ospitalità e amicizia

È ancora possibile la nascita di un mondo inclusivo, dove dimorare insieme e sperimentare una prosperosa crescita umana e cosmica? È questo l’interrogativo affiorato in modo sempre più pressante all’inizio del 2022, dopo lo scoppio in Ucraina della devastante guerra che ha infranto il mito di un’Europa post-1989 libera da scontri e ostilità tra Paesi. Oggi in tanti si chiedono come si possa creare un mondo nuovo sulle fondamenta di un’umanità comune, sul rispetto dei diritti e delle libertà, oltre che dell’autonomia individuale e di gruppo. Come liberare il mondo dalle ideologie distruttive che alimentano il conflitto anziché l’amicizia tra i popoli, le nazioni e i diversi gruppi presenti nella società contemporanea? Quale ruolo possono assumere la fede e la teologia per contrastare questo fenomeno attraverso l’etica dell’inclusione e della comunità, riuscendo a sanare i legami spezzati dell’amore e delle relazioni nel nostro mondo? In altre parole, possiamo essere tutti amici in questo comune viaggio sulla Terra e accoglierci a vicenda per il fatto che, nell’altro, vediamo ciò che vediamo in noi stessi? La nostra epoca esige una rivoluzione etica, che spinga i cuori verso nuovi modelli di comportamento, di vita e appartenenza, in grado di realizzare un mondo giusto e pacifico. Ciò presuppone, tuttavia, la capacità di affrontare alcuni idoli quali nazione, denaro, potere, religione e affrontare le forze dell’imperialismo che oggi infiammano il mondo causando tanta sofferenza agli innocenti, ai poveri e a coloro che vivono nelle periferie esistenziali della vita. Questi idoli sono spesso il frutto di parecchi anni di moralità distorta, politiche globali distruttive e logiche di sfruttamento pensate dalle cosiddette nazioni sviluppate, a volte tristemente coinvolte nell’iniziare, legittimare e armare i conflitti moderni. Noi pensiamo che sia possibile sognare e generare un mondo di giustizia e di pace. Occorre però fare ancora molto lavoro se si vogliono far trionfare le idee e gli ideali di amore, amicizia, ospitalità, comprensione, compassione, solidarietà globale ed etica della fraternità fondata su una spiritualità di inclusione, riconoscimento e comunità. Si tratta di un lavoro da svolgere su più piani: analisi della visione del mondo, cambiamento di mentalità e conversione, costruzione di conoscenze, istruzione, formazione e pratiche quotidiane di inversione che offrano un luogo e una visione alternativi per ripensare un mondo in cui tutti possiamo dimorare come un’unica famiglia. Un lavoro che richiederà la collaborazione e l’amicizia tra tutti gli uomini e le donne, come un’unica famiglia all’opera per una crescita rigogliosa, sia umana che cosmica. Il tema dell’ospitalità e dell’amicizia è stato scelto per questo fascicolo come un buon punto di partenza per sviluppare un tipo di etica in grado di trasformare culture, ideologie, teologie ed etica sociale, con l’intenzione di esplorare in una prospettiva teologica la complessità del discorso che si articola attorno alle questioni dell’amicizia e dell’ospitalità. Pur non potendo esaminare la tematica da un punto di vista esclusivamente teologico, riteniamo che essa tocchi molti aspetti delle sfide e delle opportunità presenti nella nostra vita moderna, che possono trarre beneficio da considerazioni di carattere teologico. Questa tematica apre anche un vasto orizzonte di riflessione teologica e pastorale su come affrontare le sfide, le paure, il cinismo, lo scetticismo e l’ansia del nostro tempo, attingendo a una nuova immaginazione etica che papa Francesco chiama «cultura dell’incontro». Pertanto è possibile approfondire la teologia, l’etica, la spiritualità, la politica e la prassi dell’intersoggettività, per costruire relazioni sane e generatrici di vita tra i popoli. Quali ruoli può svolgere la teologia, per esempio, nel nostro mondo infranto e ferito che sta ancora cercando di emergere dalla pandemia? Come possono le comunità cristiane trasmettere una capacità generativa e l’annuncio del vangelo, mostrandosi in grado di potenziare quelle azioni che affermano la vita e l’altro da noi? Sono tutte azioni che le persone possono cogliere come segni dell’amicizia e dell’ospitalità al cuore pulsante della vita interiore e della presenza creativa del Dio uno e trino nella storia. Le comunità cristiane di tutto il mondo possono accompagnare l’umanità di oggi nella ricerca collettiva della guarigione dei legami d’amore che si sfilacciano, al di là dell’ansia del momento presente. La ricerca di un’umanità comune è anche il cuore pulsante di tutte le religioni e le culture. Tutti noi desideriamo dimorare nella pace e fare spazio agli altri nella nostra casa comune, in particolare ai più fragili e a coloro che sono abbandonati, incompresi e trascurati. Tuttavia, mentre il mondo sta uscendo dalla pandemia, emerge con lampante chiarezza che alcune delle misure di contenimento, come il distanziamento sociale e la quarantena, potrebbero essere diventate la normalità oppure possono diventare misure razionali che legittimano e rafforzano le gerarchie sociali e l’emarginazione oggi esistenti. In molti contesti tali misure hanno irrigidito altre strutture sociali creando dolore, alienazione e pratiche di esclusione in diversi ambienti: ecclesiali e religiosi, nazionali e globali. Il tema dell’ospitalità e dell’amicizia può quindi concorrere a sviluppare nuovi linguaggi, immagini e modelli teologici, missiologici, etici e pastorali per affrontare alcuni dei crescenti divari presenti nel nostro mondo tra popoli, culture, religioni, razze e nazioni. Questo fascicolo di Concilium assume il compito teologico di approfondire e tracciare un profilo del messaggio evangelico dell’ospitalità e dell’amicizia come via per essere persone, oltre che cristiani, e come via per essere chiesa. I vari contributi affrontano la tematica da molteplici prospettive. Nella prima parte viene approfondita la possibilità di teologie fondamentali dell’ospitalità e dell’amicizia sviluppate grazie a molteplici immagini teologiche tratte dalle Scritture, dalle culture e dalle tradizioni. Particolarmente significativo, […]

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Parole di VitaEditoriale 2

Annalisa Guida

RACCONTARE LO SCANDALO

DELLA CROCE 4

Mirko Montaguti

SGUARDI SULLA MORTE:

I PERSONAGGI DELLA PASSIONE 12

Giacomo Violi

L’ISTITUZIONE DELL’EUCARISTIA 18

Donatella Scaiola

IL RACCONTO DELLA PASSIONE

E L’ANTICO TESTAMENTO 24

Roberto Pasolini

UNA FINALE “IMPERTINENTE”

(MC 16,1-8) 29

Maurizio Compiani

LA FINALE LUNGA DI MARCO 34

Marco Cassuto Morselli

«COLUI CHE MI CONSEGNA

STA ARRIVANDO» 39

Duilio Albarello

«ITE, MISSA EST!».

EUCARISTIA E TESTIMONIANZA 43

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

«È risorto: non è qui!» (Mc 16,6) 48

PER SAPERNE DI PIÙ

Paolo Mascilongo

Rassegna bibliografica su Marco 51

APOSTOLATO BIBLICO

Paolo De Martino

Ci vuole immaginazione 55

INDICE 2022 56

ARTE

Marcello Panzanini

«Devo andare!». La guarigione del paralitico

 

EDITORIALE

Un autore può decidere quale tipo di conclusione adottare per la sua opera, consapevole che proprio l’ultima scena e le ultime parole resteranno impresse nella mente del lettore. Per Marco la scelta pare scontata: la conclusione di una biografia coincide con la fine dell’esistenza del protagonista. Ma tanto è originale l’incipit (con il protagonista già adulto) tanto è sbalorditivo l’explicit: agli ultimi giorni di Gesù Marco dedica un quinto della sua opera, rallentando enormemente il ritmo narrativo per finire con una chiusura “sfuggente”. Egli considera quei giorni conclusivi non semplicemente la fine dell’esistenza terrena del Nazareno, ma soprattutto il fine e il senso della persona di Gesù, il momento in cui trovano una risposta i diversi interrogativi sollevati di fronte al suo dire e agire. Il presente fascicolo, perciò, si apre con un ampio contributo di Annalisa Guida sui tre capitoli finali in cui Marco narrativizza, cioè mette in racconto, il nocciolo del primitivo e sconcertante annuncio cristiano: Gesù ha sofferto, è morto ed è risorto. L’analisi procede secondo quel metodo narrativo che ha guidato l’approccio di questa annata. Si esaminano le istanze intradiegetiche (attori, intreccio, trasformazioni spaziali e temporali) e quelle extradiegetiche (autore implicito e lettore) del testo, mantenendo sempre aperto il dialogo con il macro-racconto, con le sue costanti e le sue strategie (dirette o indirette). Sul Calvario si scioglie il quesito di fondo: chi è Gesù? La confessione risolutiva «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» non proviene da una voce dal cielo né è proclamata dal suo portavoce. Essa è affidata a un personaggio più che minore, ma in grado di lanciare il fascio di luce pasquale sull’evento ignominioso eppur salvifico della croce. Proprio il ruolo decisivo del centurione romano obbliga a considerare gli sguardi degli altri personaggi del racconto della passione e morte (Mirko Montaguti), anche perché negli ultimi tre capitoli di Marco Gesù diventa sempre più inerme: passa di mano in mano fino ad essere depositato nel sepolcro. E queste mani non sono neutre: possono esprimere com passione o cospirazione, affidamento o tradimento, amorevolezza o prepotenza. Marco padroneggia il racconto dello scandalo e fa muovere con sapienza tutti i personaggi sulla scena (protagonista, deuteragonisti e antagonisti, maggiori e minori) lasciandosi ispirare dalle Scritture: citazioni, allusioni e rimandi non ostacolano la narrazione, la sostanziano, le danno spessore e soprattutto permettono al lettore/ ascoltatore di tenere costantemente agganciato lo sviluppo dell’azione (umana e crudele) al progetto di Dio (Donatella Scaiola). Insieme ad articoli di inquadramento di Mc 14– 16 si trovano contributi focalizzati su singole parti, come l’istituzione dell’eucaristia (Giacomo Violi) e la duplice finale del racconto. In quella breve dominano opacità e incapacità, sorprendono impertinenza narrativa e bizzarria grammaticale (Roberto Pasolini); nell’altra prevalgono efficacia ed efficienza, rifulgono potenza e signoria (Maurizio Compiani). Con la figura di Giuda, infine, si conclude la serie di commenti da parte di Marco Cassuto Morselli che quest’anno ha arricchito la comprensione del secondo vangelo offrendo chiavi di lettura ebraica del testo. E proprio grazie al suo diverso punto prospettico, gli è possibile proporre un’interpretazione assai diversa da quella tradizionale: l’apostolo consegna (vero significato del verbo greco abitualmente tradotto con «tradire») Gesù ai sacerdoti perché lo ungano re messia; ma la paura di provocare una repressione dei Romani induce i sacerdoti a consegnare il rabbi di Nàzaret a Pilato. La “Vita” stesa da Marco, al pari di quelle degli altri evangelisti, prosegue oltre la vicenda terrena del suo protagonista nella vita di quanti hanno creduto nel Crocifisso risorto. Essi, facendo memoria della sua cena pasquale, ri-presentano con il dono di sé agli altri la medesima pro-esistenza di Gesù, in forza dello Spirito (Duilio Albarello). E tra loro – ci auguriamo – ci saranno anche i lettori di questa annata dedicata a Marco che volge al termine.

Marco Zappella

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 F. Feliziani Kannheiser

Scene da un matrimonio

Studi

5 M. Belli

Scienze umane e teologia liturgica

10 V. Conti

In opere e in parole

16 G. Pavan

L’attaccamento e la fede

21 L . Paris

Neuroteologia?

26 E . Parolari

Liturgia e compensazione

32 M. Gallo

La riconciliazione:

psicologo low-cost o liturgia?

37 D. Wlderk

La catechesi e i suoi contenuti

42 G. Zanchi

Un’educazione sentimentale

Formazione

47 L . Palazzi – L. Balugani

Ars celebrandi: celebrare con cordialità

6. Presiedere

52 N . Toschi

Una Chiesa, molti doni e ministeri

6. Ministeri istituiti e forma Ecclesiae

58 D. Locatelli

I mestieri della liturgia

6. Il liturgista

63 A . Join-Lambert

La Liturgia delle Ore: preghiera

della Chiesa

6. Dove? Ovunque vivano dei cristiani

Asterischi

68 D. Piazzi

Il Lezionario

6. «Non soltanto in un solo modo…»

71 M. Gallo – G. Tornambé

Sulle spalle dei giganti

Movimento liturgico e psicologia

 

 

EDITORIALE

Franca Feliziani Kannheiser

Scene da un matrimonio

Rapporti tra psicologia e teologia

Ho scelto di titolare l’editoriale di questo numero, composto da contributi diversi sul rapporto psicologia, teologia e liturgia, con un’immagine che evoca un’unione, una connessione che può riuscire o non riuscire, ma che rappresenta una realtà del nostro vissuto, quella che muove due persone, con personalità e storie diverse, a condividere il loro cammino e a generare vita. Di matrimonio si parla, in senso figurato, anche per indicare il vincolo tra istituzioni o ambiti di ricerca, ai fini di realizzare una collaborazione proficua per entrambi i componenti. Si può allora parlare di matrimonio tra scienze psicologiche e scienze teologiche? O l’immagine è troppo ardita? Tra le tante psicologie e psicoterapie di cui si potrebbe parlare, sceglierò la psicoanalisi e la terapia che ne scaturisce perché è la strada che meglio conosco, percorrendola ormai da quasi 50 anni. Lo studio si è intrecciato con l’analisi personale pluriennale che mi ha fatto sperimentare l’efficacia di un metodo che cura attraverso la parola, ma soprattutto attraverso l’incontro di due menti che, con responsabilità e ruoli diversi, si lasciano coinvolgere in un percorso originale e unico da cui si può uscire con un nuovo modo di concepire la propria storia, il rapporto con se stessi e con gli altri, il senso della vita.

1. Questo matrimonio non s’ha da fare! I rapporti tra psicoanalisi e Chiesa cattolica non sono iniziati, tuttavia, come è noto, nel migliore dei modi. Lo psicoanalista Leonardo Ancona (2006) ricorda nel suo saggio Il debito della Chiesa alla Psicoanalisi la durissima posizione assunta da rappresentanti e organi della Chiesa cattolica nei confronti della psicoanalisi che si andava diffondendo in Itala. Cosicché Padre Agostino Gemelli ne denunciava il pericolo per la coscienza cristiana e un grave Monitum del Santo Uffizio (15 luglio 1961) proibiva a sacerdoti e religiosi di sottoporsi a un trattamento psicoanalitico. Queste posizioni così rigide si andarono nel tempo attenuando fino alla raccomandazione del concilio Vaticano II di servirsi della psicoanalisi per aiutare preti e religiosi in difficoltà Freud e i suoi allievi, dal canto loro, non espressero giudizi meno rigidi nei confronti della religione e del cristianesimo in generale. Alla base di questo conflitto ci sono posizioni obiettivamente diverse, ma anche disinformazioni e pregiudizi che in parte continuano e da cui è necessario sgombrare il campo, per scoprire con gioia alcuni elementi comuni che vitalizzano l’uno e l’altro ambito di ricerca.

2. Un matrimonio possibile, anzi necessario L’incontro tra scienze psicologiche e teologiche s’impone oggi per una rinnovata consapevolezza della centralità della persona, della sua complessità e dinamica e del suo bisogno di orientamento e di cura nella realizzazione di sé, in un mondo sempre più frammentato e complesso. La presa di coscienza che noi siamo un colloquio, dentro e fuori di noi, come già esprimeva il poeta tedesco Hölderlin e come riafferma la psichiatria fenomenologica, impegna scienze teologiche e scienze umane a ricercare insieme le vie di comprensione e di realizzazione di questa realtà. Essa impegna le scienze umane tra cui la psicologia a comprendere modi e tempi in cui ciascuno di noi cresce nella relazione con se stesso e con gli altri, riconoscendo anche quegli aneliti e quelle esigenze che cercano oltre e che sporgono la persona verso una dimensione trascendente. Già Theilard de Chardin raccomandava: Rivolgendomi ai professionisti della psicoanalisi direi questo: fino ad oggi, e per buonissime ragioni, la vostra scienza si è occupata di far percepire all’individuo, nel profondo di se stesso, impressioni dimenticate, complessi che una volta smascherati ed accettati, svaniscono alla luce del Sole. Tutto ciò va benissimo. Ma una volta compiuto questo lavoro di pulizia e di liquidazione, non è che ce ne sia da fare un altro più costruttivo e quindi più importante? Voglio dire, aiutare il soggetto a decodificare nelle zone ancora poco esplorate e chiarite di se stesso quelle grandi aspirazioni che sono: il senso di irreversibilità, di Cosmicità, il senso della Terra, il senso dell’Umanità. Operazione inversa alla precedente. Psicoanalizzare non per liberare ma per impegnare. Permettere l’introspezione non per dissipare i fantasmi, ma per dare consistenza, direzione e soddisfazione a certi grandi bisogni o chiamate che soffocano dentro di noi (e per le quali noi soffochiamo) se non tradotte e capite. In verità si tratta di una delicata e complicata opera di scoperta poiché in questo campo professore e studente, colui che dirige e chi è diretto, avanzano entrambi a tentoni: lavoro però molto fecondo poiché impegnato a discernere non più ciò che ci lega e ci appesantisce ma le molle più segrete e più generose del dinamismo psichico che ci anima1.

3. Le esperienze umane come preambolo antropologico a un discorso di fede È importante riflettere sul tipo di rapporto che si realizza tra esperienza umana ed esperienza di fede: esse non s’identificano, né si giustappongono. Se l’esperienza umana non può essere né ignorata, né by-passata, ma deve essere riconosciuta e ospitata in tutte le sue componenti nei percorsi di educazione alla fede, allo stesso modo, va riconosciuto che la fede è il dono gratuito di Dio da accogliere e a cui corrispondere in modo sempre più consapevole. Solo in questo movimento di accoglienza- risposta, essa potrà diventare, per il singolo e per la comunità, fermento di vita nuova ed offrire senso pieno e pieno sviluppo, proprio come il lievito che trasforma la massa in qualcosa di nuovo che è il pane. La Chiesa esercita nei confronti di ogni battezzato la sua funzione materna/ paterna quando, riconoscendone i bisogni fondamentali, rispettandoli e rispondendo ad essi, li apre alla dimensione del desiderio, della scoperta e dell’accoglienza del Mistero. Così la catechesi – diventata kairotica – fa risuonare parole di vita sulla vita di ciascuno e l’azione liturgica, attraverso i riti, fa partecipare pienamente – corpo, spirito e mente – al Mistero di Cristo, nel segno del dono, dell’esuberanza, della bellezza.

4. L’accompagnatore sapiente Rintracciare le scritture della vita in cui il mistero di Dio si manifesta, richiede accompagnatori che sappiano percorrere, con consapevolezza e umiltà, i sentieri dell’umano e nutrano un’autentica passione per la vita. A loro si possono indirizzare le raccomandazioni che Rainer Maria Rilke (1910) fa al poeta, quando gli ricorda che per scrivere un solo verso: Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone [...]. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d’infanzia che sono ancora inesplicati, […] a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle [...]. Si devono avere ricordi di molte notti d’amore […]. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati […]. E anche avere ricordi non basta […]. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso2. Perché essere appassionati dell’umano è, in modo misterioso e profondo, accogliere e condividere la passione di Dio per ciascuno di noi.

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Servizio della Parola - n. 544INDICE

Sguardi in pastorale

10. La chiesa tra esilio e solitudine

(A. Carrara)

I nostri modi di dire

40. Cadere in tentazione 9

1. Esibire, imitare. La grande tentazione (A. Carrara) 10

2. Non abbandonarci alla tentazione (A. Gennari) 16

3. La difficoltà di restare credenti, oggi (S. Segoloni Ruta) 20

Un mese per la pace

(R. Laurita) 25

Dal battesimo di Gesù

alla 7a domenica ordinaria

8 gennaio/19 febbraio 39

Battesimo del Signore (G. Violi, G. Bezze) 41

2ª domenica ordinaria (A. Busia, P. Bignardi, E. Massimi) 59

3ª domenica ordinaria (A. Busia, C. Cremonesi, E. Massimi) 78

4ª domenica ordinaria (A. Busia, P. Rota Scalabrini, E. Massimi) 98

5ª domenica ordinaria (A. Busia, L. Alici, M. Orizio) 120

6ª domenica ordinaria (A. Busia, I. Siviglia, M. Orizio) 140

7ª domenica ordinaria (A. Busia, I. Lensi, M. Orizio)

 

La chiesa tra esilio e solitudine

di Alberto Carrara 

1. La chiesa «sul pero, sulla pianta». (S)variazioni ecclesiali su Il Barone rampante di Italo Calvino La letteratura offre il campo a tutte le possibili – e talvolta impossibili – variazioni. Tanto più quella letteratura che, già di suo, si presenta come parabola dell’umano, dei suoi desideri, delle sue avventure e sventure e della sua morte. Con il Visconte dimezzato (1952) Calvino dà inizio a una serie di tre romanzi (al “Visconte dimezzato” faranno seguito “Il Barone rampante”, pubblicato nel 1957 e “Il Cavaliere inesistente” del 1959), indicati come una riedizione moderna del “conte philosophique” settecentesco. Di quella tradizione letteraria, i romanzi di Calvino intendono suggerire non solo moderne parabole sulle “eterne” verità dell’uomo, ma anche denunciare in maniera ironica la realtà contemporanea. Il Barone rampante è una storia ambientata nel Settecento ed è narrata da Biagio, fratello minore del protagonista, Cosimo Piovasco di Rondò. Il giovane, di una nobile famiglia ligure di Ombrosa, all’età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa dichiarando di non volerne più discendere per il resto della vita. Cosimo dimostra ben presto che il suo non è solo un capriccio, spostandosi solo attraverso boschi e foreste, costruendosi a poco a poco una dimensione quotidiana sugli alberi. Il protagonista conosce Viola, una ragazzina di cui si innamora, anche lei figlia di nobili; trova un fedele amico nel cane Ottimo Massimo e diventa popolare presso gli abitanti delle terre dei Rondò. Lo stile di vita di Cosimo si trasforma in un percorso di formazione e maturazione: egli conosce i ragazzini popolani, fa amicizia col bandito Gian de’ Brughi (che morirà impiccato), studia la filosofia, arrivando a conoscere Voltaire per lettera, guida un attacco contro i pirati turchi, aiuta dei nobili spagnoli, i quali vivono anch’essi sugli alberi in una città chiamata Olivabassa, e forma una squadra di vigili del fuoco per prevenire gli incendi boschivi. Il ritorno di Viola dal collegio reca a Cosimo una gioia immensa ma temporanea, a causa delle gelosie tra il protagonista e l’amata, che alla fine sposerà un nobile inglese e abbandonerà Cosimo. Nel frattempo, anche a Ombrosa si sente parlare della Rivoluzione francese e dell’esperienza travolgente di Napoleone Bonaparte. Cosimo, dopo tentativi di sollevare la popolazione locale, incontra il generale, rimanendone però deluso. Anziano e provato dagli anni sugli alberi, Cosimo non si arrende e non scende a terra, rispettando fino all’ultimo la propria promessa. Al passaggio di una mongolfiera, si aggrappa all’ancora e scompare all’orizzonte, gettandosi infine in mare1.

2. Epoca di passaggio dagli incerti riferimenti

Pizzichiamo, qua e là, alcuni passaggi e rischiamo – è proprio il caso di dirlo – alcuni ripensamenti non solo “moderni” ma anche “ecclesiastici”. Dunque, doppiamente rischiosi. Il Barone nostro padre era un uomo noioso, questo è certo, anche se non cattivo: noioso perché la sua vita era dominata da pensieri stonati, come spesso succede nelle epoche di trapasso. L’agitazione dei tempi a molti comunica un bisogno d’agitarsi anche loro, ma tutto all’incontrario, fuori strada: così nostro padre, con quello che bolliva in pentola, vantava pretese al titolo di Duca d’Ombrosa, e non pensava ad altro che a genealogie e successione e rivalità e alleanze con i potentati vicini e lontani2. Di «pensieri stonati» è piena la nostra epoca, perché è intensamente epoca di passaggio. E di pensieri stonati è piena la chiesa perché più di tutte le istituzioni sente la fatica del passaggio. E anche nella chiesa si trascorre molto tempo in accese discussioni su genealogie e formalismi di ogni tipo, mentre il mondo se ne va per conto suo. Anche molta teologia è vuota come le genealogie del Barone Armino Piovasco di Rondò e sono spesso vuote anche le piroette attorno alla parola di Dio. Quante parole rivelano la scarnificazione della Parola! Ho la sensazione, anzi, che l’intensità del molto contendere e l’abbondanza delle parole è inversamente proporzionale all’importanza dell’oggetto su cui si contende e della Parola di cui si parla. Perché le epoche di passaggio hanno lasciato il punto di partenza e non sono ancora arrivate al punto di arrivo. Sono girovaghe. E quindi o mancano del tutto di agganci o scambiano per agganci gli incerti punti di passaggio intravisti nei loro lunghi attraversamenti.

3. Scrutando un lontano, ancora invisibile futuro

A un certo punto del racconto Cosimo viene a sapere che, nel paese di Olivabassa, vive una colonia di esuli spagnoli. Questi, banditi dal re Carlos III per via di privilegi feudali contrastati, non potevano “toccare terra” a causa degli accordi fra i cittadini di Olivabassa e il re spagnolo. Quindi, anche loro come Cosimo vivono avventurosamente sugli alberi. Tra gli esuli spagnoli vive, su un olmo, un vecchio, chiamato El Conde. Un suo figlio è detenuto nelle carceri spagnole e torturato. El Conde […]

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Servizio della Parola - n. 543Indice

Sguardi in pastorale

9. La chiesa tra eccesso e carenza di potere.

Ritorno alle “incertezze” delle origini

(A. Carrara)

I nostri modi di dire

39. Dio ti è sempre presente

1. Dio ti è sempre presente (A. Carrara)

2. «Signore, tu mi conosci!».

Variazioni sul Salmo 139 (L. Monti)

3. Dio si fa presente nella nostra vita (P. Bignardi)

Preghiera in famiglia verso il Natale

(R. Laurita)

Tempo di Avvento e tempo di Natale

27 novembre 2022

6 gennaio 2023

1ª domenica di Avvento (G. Violi, G. Bezze)

2ª domenica di Avvento (G. Violi, G. Bezze)

Immacolata Concezione (G. Violi, G. Bezze)

3ª domenica di Avvento (G. Violi, G. Bezze)

4ª domenica di Avvento (G. Violi, G. Bezze)

Natale del Signore (G. Violi, G. Bezze)

Maria Madre di Dio (G. Violi, G. Bezze)

Epifania del Signore (G. Violi, G. Bezze)

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Concilium - 2022/4Susan Abraham – Geraldo Luiz De Mori –

Stefanie Knauss, Editoriale

Abstracts

I. Animali e teologie

1. Considerazioni filosofiche ed etiche

1.1 Roberto Marchesini, La soggettività animale

I/ Premessa

II/ I piani della soggettività

III/ Soggettività e teleologia intrinseca

IV/ In conclusione

1.2 Simone Horstmann, Il significato della vita animale. Tra accessi oggettivanti e accessi soggettivanti nella filosofia e nell’etica degli animali

I/ Introduzione: quando gli animali diventano insignificanti

II/ Che cosa significano le vite degli animali? Accessi oggettivanti

III/ Che cosa significano le vite degli animali? Approcci soggettivanti

IV/ Il nuovo animismo: al di là degli approcci soggettivanti e oggettivanti?

V/ Conclusione: significato vincolato 1.3 Carlos Naconecy, L’etica dell’intrattenimento animale. Zoo, circhi, sport e pets

I/ Introduzione

II/ I rischi dell’uso non devono superare i suoi benefici (etica utilitaristica)

III/ Gli animali hanno il diritto di non essere usati (etica deontologica)

IV/ Due accezioni di libertà

V/ Il nostro uso degli animali va anche a loro vantaggio (etica contrattualistica)

VI/ Dobbiamo promuovere il rispetto per gli animali (etica delle virtù)

2. Riflessioni bibliche e teologiche

2.1 Silvia Schroer, Il mondo animale nella tradizione anticotestamentaria

I/ Introduzione: il variegato mondo animale nell’Antico Testamento

II/ La relazione sociale fra essere umano e animale (Gen 2,18-25)

III/ Essere umano e animale sono imparentati fra loro

al massimo grado (Gen 1,24-31)

IV/ L’essere umano: simile a Dio e incaricato di regnare

sugli animali (Gen 1,28; Sal 8,5-9)

V/ Rispetto per gli animali

VI/ Dio come Signore degli animali della foresta

VII/ La capacità degli animali di conoscere Dio

VIII/ Conclusione

2.2 Eric D. Meyer, Hoc est corpus meum. Ecologie teologiche della salute delle creature nel contesto di una pandemia globale

I/ Introduzione: due concezioni di salute

II/ Paletti teologici

III/ L’illusione e distruzione del modello della fortezza

IV/ La promessa del modello ecologico-integrale

V/ La festa di tutto il creato

2.3 Margaret B. Adam, La fine del consumo.

Una speranza escatologica per gli animali umani e quelli d’allevamento

I/ Introduzione

II/ Escatologia speculativa: animali umani e non-umani risorti

III/ Corpi mercificati

IV/ L’unicità degli animali umani

V/ L’amore ininterrotto di Dio

VI/ Il fine degli animali umani e non-umani

VII/ Relazioni problematiche con gli animali d’allevamento

VIII/ Speranza per la vita oltre il consumo

IX/ Conclusione

2.4 Luiz Carlos Susin, Francesco d’Assisi e frate lupo I/ Introduzione

II/ La “non appropriazione” e l’alterità delle creature

III/ La singolarità di ogni creatura

IV/ Reciprocità e obbedienza fraterna

con ogni creatura vivente

V/ La specificità umana: la missione di mediazione

insieme alle altre creature

VI/ L’eredità spirituale di Francesco: una sensibilità

2.5 Jeania Ree Moore, Considerare i “denti”.

L’intersezione fra teologia, razza e animali in relazione alle persone di colore  

I/ Introduzione

II/ Seguire i “denti” attraverso l’archivio

III/ “Plasticizzazione”, non disumanizzazione

IV/ Un ritorno ai “denti”: la soggettività nera

come punto di partenza teologico

V/ Conclusione

3. Prospettive interreligiose

3.1 Margaret Robinson, Il ruolo degli animali

nella spiritualità dei Mi’kmaq

I/ Gli animali nei racconti L’nuwey

II/ Gli animali dell’iconografia L’nuwey

III/ Gli animali nelle spiritualità L’nuwey

IV/ Protezione del territorio

V/ Conclusione 3.2 Itohan M. Idumwonyi, Ekpen-n’owa.

La concettualizzazione della relazione uomo-animale

nella visione del mondo dei popoli del Benin

I/ Introduzione

II/ Aspetti della visione del mondo del Benin

III/ Ekpen: metafora per l’Oba e implicazioni teologiche

IV/ Verso una valutazione teologica di Osa-n’obuuwa

come leone e Oba come ekpen

V/ Conclusione: l’autorità divina dell’Oba

3.3 Magfirah Dahlan, La relazione uomo-animale

e l’etica dell’uso degli animali nell’islam

I/ Argomenti a favore dell’uso degli animali

II/ Argomenti contro l’uso degli animali

III/ Soggettività e relazione uomo-animale

IV/ Conclusione

II. Forum teologico

1. Elsa Tamez – Cristina Ventura –

Diego Irarrázaval, Bibbia e impegno politico:

Pablo Richard (1936-2021)

2. Geraldo Luiz De Mori, La prima Assemblea ecclesiale

dell’America latina e dei Caraibi

III. Rassegna bibliografica internazionale

 

Editoriale

Mentre preparavamo questo fascicolo per la pubblicazione, una curiosa combinazione di notizie sulla pagina web del Süddeutsche Zeitung, il noto quotidiano tedesco, ha attirato la nostra attenzione: a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, si trovavano questi due pezzi. Anzitutto un servizio – a dirla tutta, un elogio funebre – sulla morte di un ratto gigante africano, addestrato a scovare le mine antiuomo. Magawa (questo il suo nome), per il lavoro svolto in Cambogia, dove aveva individuato oltre cento mine e altri esplosivi, aveva ricevuto come onorificenza una medaglia d’oro (la “George Cross” degli animali) della People’s Dispensary for Sick Animals britannica, un ente benefico per animali. Il tono di ammirazione dell’articolo, il fatto che il roditore avesse ricevuto una medaglia, l’apparente tristezza con la quale veniva annunciata e compianta la sua scomparsa dalla ong che l’aveva addestrato (facevano notare che era morto in pace), tutto ciò è indice di una comprensione degli animali – o, perlomeno, di Magawa – quali soggetti capaci di relazioni, sentimenti, intenzionalità e coraggio1. Un servizio del giorno precedente raccontava il successo del trapianto di un cuore di maiale in un corpo umano (il paziente è poi morto, nel marzo 2022), celebrandolo come pietra miliare per la medicina dei trapianti e come segno di speranza per tutte le persone in attesa di un donatore: forse, in un prossimo futuro, gli organi (cuore, fegato, reni ecc.) potrebbero essere coltivati negli animali e indi raccolti per essere usati nella cura degli esseri umani2. L’articolo si concentrava sulla celebrazione della conquista scientifica, ma non si soffermava a considerare le implicazioni etiche dell’allevamento animale con l’unico obiettivo dello sviluppo di organi da usare poi per sostituire gli organi umani danneggiati, salvando vite umane a scapito della vita di un animale. In estremo contrasto con il servizio sul topo Magawa, il maiale da cui è stato asportato il cuore rimaneva anonimo, non gli erano attribuiti dei sentimenti, neppure uno spirito di sacrificio per il bene superiore della vita umana – questo non meriterebbe una medaglia? Invece che come un essere, un soggetto, il maiale era visto come un magazzino di pezzi di ricambio: un cuore, un fegato, un rene, tenuti assieme da pelle e muscoli, da utilizzare al bisogno (dell’uomo). Naturalmente, non c’è differenza rispetto al modo in cui gli animali vengono visti nell’allevamento industriale: un insieme di tagli – petto, costata, controfiletto, stinco – prodotti per il nutrimento e il piacere (e spesso, la gola) degli esseri umani, di solito con pochissima considerazione del benessere del soggetto animale. Queste due notizie, accostate l’una all’altra, illustrano il rapporto ambivalente che noi umani abbiamo con gli altri animali, con i quali condividiamo l’esistenza su questo pianeta – un’ambivalenza riflessa sia nelle nostre vite quotidiane sia negli studi sulla fauna. Alcuni animali vengono trattati come membri delle nostre famiglie: in loro troviamo degli amici, viviamo un’esperienza di relazione con loro, riconosciamo in loro intelligenza, gioia, dolore, forse addirittura una dimensione spirituale. Altri animali, invece, vengono considerati poco più che cose, oggetti privi di senso, di cui servirsi per soddisfare i bisogni dell’uomo, al quale viene data la priorità su tutte le altre creature. Può darsi che molti di noi si siano chiesti se i nostri animali domestici abbiano un’anima o uno spirito. E molti potrebbero essersi chiesti, forse con una certa dose di disagio, se anche gli animali che vengono uccisi ogni giorno nel nome del desiderio e del bisogno umani siano dotati di un’anima. Laddove le scienze biologiche e anche la riflessione filosofica hanno riconosciuto la soggettività negli animali e hanno offerto dei modi di pensare le vite animali come piene di significato in se stesse (e non solo rispetto a come esse servono la vita umana), come mostrato da Simone Horstmann e Roberto Marchesini nei rispettivi contributi, le concrete conseguenze etiche e le implicazioni teologiche del pensare gli animali quali soggetti con vite piene di senso sono meno evidenti e spesso rimangono non sufficientemente sviluppate. Parte del problema potrebbe risiedere nel fatto che gli animali radicano e al contempo relativizzano la sensazione umana di essere delle creature eccezionali nel creato. Pur percependo una sorta di parentela con gli animali, gli esseri umani considerano la loro idea di un “aldilà” e la loro capacità d’autoriflessione come qualcosa che li differenzia dagli altri animali. D’altro canto, la capacità degli animali di rispondere e di provare empatia con gli esseri umani genera in noi un senso di meraviglia, che spesso c’invita a riconoscere come anche noi siamo animali e condividiamo tutta la vita nel creato. È chiaro qui lo spettro di reazioni affettive che gli esseri umani sviluppano nei confronti degli animali, dal legame quasi di parentela, alla meraviglia, all’apatia, al disgusto e alla paura. Dato che i rapporti di prossimità o di diversità con gli animali variano in maniera considerevole, potremmo sentirci vicini ai nostri animali domestici e figurarci il rapporto con loro come comunicativo, empatico e di cura reciproca. Ma quanto ci sentiamo vicini alla zanzara che ci ronza attorno alla testa in una afosa notte d’estate, alla iena che si rimpinza di carogne o allo scarafaggio che zampetta per la stanza? È importante prendere sul serio queste gradazioni di somiglianze e differenze percepite, così come le diverse forme degli esseri animali, in modo da evitare una visione riduttiva degli animali stessi e da sviluppare una comprensione sfumata della complessità delle questioni con le quali ci confrontiamo. [...]

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Rassegna di Teologia n. 3/2022FOCUS

Emanuele Iula SJ, L’arte di indietreggiare. Dal conflitto alla riparazione

Lavoro di riparazione – Mediazione – Perdono – Sentire – Violenza

STUDI

Mario Imperatori SJ, Dimensione cristologico-trinitaria della teologia della storia e corporeita glorificata di Gesu e di Maria

Agape – Corporeità gloriosa – Eterna generazione – Eternità creata – Teologia dell a storia

Massimo Nardello, Una teologia monista e panenteista per un cristianesimo post-teista.  Riflessioni a margine dell’opera

Deus duepuntozero di Paolo Gamberini

Ermeneutica – Modelli teologici – Panenteismo – Teologia del processo – Teologia trinitaria Paolo Gamberini SJ, Risposta a Massimo Nardello

Monism o relativo – Post-teism o – Teism o – Teism o relazionale – Teologia del Process o

Presentiamo un libro

Flavio Bottaro SJ – Riccardo Battocchio – Annamaria Corallo – Paolo Beltrame SJ – Paolo Gamberini SJ, Ripensare la fede nel post-teismo. A proposito di un recente volume di Paolo Gamberini

Recensioni

Libri ricevuti

 

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FOCUS

Emanuele Iula SJ*

L’arte di indietreggiare

Dal conflitto alla riparazione

L’articolo riferisce i termini principali di un percorso di riparazione. Se l’agire violento può essere visto alla radice di un potenziale conflitto, le conseguenze si fanno sentire da almeno due punti di vista, quello sociale e quello antropologico. Ne segue un processo che, accompagnato da figure terze come i mediatori, aiuta le persone in conflitto a prendere distanza, non tanto l’uno nei confronti dell’altro, ma rispetto alla disposizione provocata dal conflitto. Si conclude riflettendo sulla possibilità del perdono.

In principio c’e una vittima. Il punto di partenza del lavoro di riparazione non e fatto di principi trascendenti e non si fonda su doveri di ragione. Nasce invece dall’ascolto del grido di chi ha subito un torto e chiede che gli venga fatta giustizia. Eppure, parlare di vittima e del lavoro di riparazione successivo implica che una qualche forma di riconoscimento sia gia avvenuta. Se siamo intenzionati a riparare, e perche quel grido e stato ascoltato e ha fatto si che un processo di questo tipo potesse prendere avvio in tal senso. Da un certo punto di vista, poter dire che qualcuno e stato vittima di un atto violento significa che una prima soglia di consapevolezza e stata superata e che qualcosa che va nell’ordine della riparazione vanta già una base su cui potersi poggiare, anche se tutto questo avviene in maniera ancora embrionale.

Obiettivo del lavoro di riparazione consiste nel far si che questo prima della violenza sia seguito da un dopo di pari dignita rispetto a quanto si e perso. Un primo problema consiste nel cogliere cosa ci sia a precedere questa soglia di riconoscimento, prima cioe che il grido della vittima possa essere non solo inteso, ma emesso da chi il torto lo ha subito. Prima del grido c’e vulnerabilita, ma anche paralisi, gelo e silenzio1, sostiene Howard Zehr, uno dei padri fondatori del paradigma della Restorative justice. A ridosso del riconoscimento, ci sono dunque gli effetti della violenza, che traducono la situazione di stallo interiore tipica di chi non puo far altro che osservare la propria vita, ormai incapace di rispecchiarvisi. La riparazione inizia qui, ma non e uguale per tutti. Ci sono vittime capaci di trovare la forza di gridare la propria sofferenza. In altri casi, questa forza non c’e e non si puo far altro che affidarsi alla sensibilita di chi sa riconoscere un grido silenzioso. Il grido non e mai un racconto, ne una razionalizzazione, ma una vera e propria esplosione di rabbia2 che spera di poter essere raccolta da qualcuno capace di farsi prossimo3. Ma questo accade purtroppo solo nel migliore dei casi. Tutt’altro che rara e infatti l’esperienza di chi viene ignorato, i cui bisogni di giustizia vengono disattesi e alla cui voce viene negata la soddisfazione di essere intesa. Questa impossibilita genera violenza, dice ancora Morineau4. Nel suo espandersi, la violenza si cronicizza in conflitto. Ci troviamo qui di fronte a una delle tesi piu celebri e al tempo stesso controverse sul tema della violenza, che consiste nell’attribuirle una fondamentale capacita di riproduzione. Non e possibile, in questa sede, entrare nel merito di una definizione completa e ponderata di cosa sia la violenza5. Se vogliamo […]

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Asprenas n. 1-2/2022EDITORIALE

Il fascicolo doppio, con il quale si apre il 2022, rappresenta per la nostra Rivista il tentativo di percorrere una strada per certi aspetti nuova, anche se in continuità con la sua lunga attività al servizio della ricerca teologica. Asprenas è nota ai lettori come Rivista di Teologia, primariamente attenta agli sviluppi delle scienze teologiche, ma non per questo meno sensibile al contributo che anche gli altri saperi possono offrire alla riflessione credente, oltre che alla possibilità che tutto quanto appartiene all’uomo e alla sua vicenda storica possa essere letto in prospettiva teologica: sub ratione Dei; di qui, la scelta di dare alla Rivista un taglio che risulti al tempo stesso rigorosamente scientifico ed efficacemente divulgativo, con tutti i rischi (e a volte anche i limiti) che questo ha comportato e che ancora comporta. Intendendo proseguire su questa strada, nello sforzo di rendere le nostre pubblicazioni sempre più qualificate e al tempo stesso accessibili a un pubblico che non sia di soli “addetti ai lavori”, il Consiglio di Redazione propone, a partire da quest’anno (e, almeno inizialmente, in maniera sperimentale), una diversa organizzazione dei testi pubblicati all’interno dei quattro numeri in programma per l’annata, in modo da rendere più omogeneo (quanto meno sul piano dell’affinità disciplinare) il contenuto dei contributi dei singoli fascicoli. Questi, dunque, risulteranno strutturati per ogni annata secondo il seguente ordine: 1) Sacra Scrittura e Teologia; 2) Diritto canonico e Pastorale; 3) Volume monografico; 4) Filosofia e Scienze umane. Tale risistemazione non intende “costringere” i contributi all’interno di una maglia tanto stretta da non lasciare spazio a quei criteri di transdisciplinarietà e interdisciplinarietà ai quali il sapere teologico è stato di recente richiamato da papa Francesco (cf. Veritatis gaudium, proemio, 4c): ciò che ha spinto la Rivista a muoversi in una “nuova” direzione è la convinzione che la ricerca dell’unità del sapere passi non per la confusione indistinta dei diversi saperi, ma per la chiarezza epistemologica e concettuale con cui ciascuno di essi sa mettersi accanto all’altro in un dialogo capace di arricchire ognuno degli interlocutori, nella comune ricerca della Verità. La distribuzione dei contributi secondo il suddetto ordine, dunque, non mortificherà il carattere poliedrico che caratterizza taluni testi, né sacrificherà quei testi che, pur non rientrando in senso stretto in una delle discipline sopra indicate, sulla base di una o più affinità con qualcuna di esse potranno trovare appropriata collocazione in uno dei fascicoli della Rivista. Al tempo stesso, per condividere in maniera più intensa con i nostri lettori l’attività di ricerca della Sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, della quale Asprenas è l’organo scientifico dal 1969, la Rivista intende accogliere ogni anno uno o più contributi di dottorandi o di dottori di ricerca della Sezione, nei cui lavori si esprime in maniera particolarmente significativa la vita dei Seminari, degli Istituti e del Dipartimento di Diritto Canonico. Sono questi, come si diceva, i criteri che hanno orientato il confezionamento del fascicolo doppio con il quale si inaugura il 2022 e che, pur nella variegata diversità dei testi di cui si compone, conferma la grande attenzione che la ricerca teologica della nostra Sezione per la dimensione storica della teologia e per i suoi risvolti pratici e pastorali. Il volume si apre con uno studio di GAETANO CASTELLO, che, partendo dalla lettura di un testo giovanneo sul comandamento nuovo (13,34), intende indagare le implicazioni etiche universali delle parole di Gesù: l’esigenza del messaggio giovanneo, pur in assenza di esortazioni etiche puntuali – come quelle riscontrabili, per esempio, nell’epistolario paolino –, risulta quella di mostrare l’amore nella sua dimensione operativa e fattuale, più che quella di offrire “l’estratto teorico o precettistico di una proposta etica”. Segue un interessante lavoro di TADEUSZ SIEROTOWICZ, che offre, di alcuni aspetti della teologia di Hans Urs von Balthasar, una lettura in prospettiva filosofica, secondo la tradizione di ricerca inaugurata da Larry Laudan: in un’epoca che, sempre più a ragione, è da considerarsi post-cristiana e in un tempo nel quale l’uomo appare occupato con se stesso e con il mondo vivendo come se Dio non esistesse, la riflessione di Balthasar si presenta come un invito a tornare a quel punto focale della storia che “scorre sulla verticale tra il cielo e la terra”. GIOVANNI MAZZILLO propone uno contributo con il quale si intende mettere a fuoco il complesso e sostanziale rapporto che lega la teologia all’esperienza: “scienza della Verità rivelata”, la teologia non può prescindere dall’esperienza, nella misura in cui la rivelazione avviene nella storia degli uomini, essa non solo è inscindibilmente legata all’esperienza, ma da quest’ultima è addirittura guidata. L’esperienza, quindi, può essere considerata non semplicemente come uno dei preamboli della fede, ma come il preambolo dei preamboli che consente alla teologia di giungere alla soglia del mistero e di sconfinare in esso. Lo studio di MICHELE MUNNO prende in esame, dal punto di vista del diritto canonico, gli interventi che diversi vescovi italiani – specie nel Meridione d’Italia – hanno fatto, tra il 2016 e il 2022, allo scopo di regolamentare la materia riguardante i padrini e le madrine del Battesimo e della Confermazione: tali interventi, che dispongono di sostituire, sospendere, abolire i padrini, sono da ritenere come deroghe alla legge universale del Codice di Diritto Canonico e, più precisamente, come leggi particolari di natura territoriale. Proprio in forza della loro territorialità, tali interventi stimolano all’assunzione di una prassi comune, che potrebbe servirsi dell’occasione della consultazione sinodale indetta da papa Francesco. Di grande attualità appare anche l’altro contributo di natura giuridicocanonica, che LUIGI ORTAGLIO dedica al ruolo che la mediazione familiare può avere all’interno del processo di dichiarazione della nullità matrimoniale: l’interesse che diversi Stati mostrano nei confronti della mediazione, infatti, va intesa come un’efficace risorsa volta al recupero di un “deficit di comunicazione responsabilizzante” e può rivelarsi utile al fine del riconoscimento da parte di ciascuna delle parti in conflitto delle esigenze dell’altro. Di taglio teologico-pratico sono, invece, le due note di MATTEO PRODI e di LUIGI FUSCO GIRARD: il primo insiste sull’apporto che, soprattutto alla luce della Veritatis gaudium, la teologia è chiamata a dare alla costruzione di una nuova umanità, che non si lasci ingannare dal falso mito di un progresso, che non tenga in debito conto il miglioramento della qualità di vita dell’uomo; il secondo, invece, è dedicato alla Terza Missione dell’Università e, in particolare, del contributo che il mondo accademico può offrire all’edificazione della “città” nella prospettiva del bene comune. Di carattere teologico-pastorale è, poi, la nota di CARLO BUSIELLO che, sulla scia delle recenti indicazioni magisteriali – con particolare riferimento all’Evangelii gaudium –, individua nella “comunità di comunità” il modello secondo il quale procedere al rinnovamento della parrocchia urbana, perché questa sia in grado di adattarsi e rispondere in maniera più adeguata alle molteplici sfide della vita urbana. Evidenziamo anche, nella sezione Rassegne&Figure, il resoconto dettagliato diGIUSEPPE FALANGA sulla Giornata di Studio che lo scorso 23 febbraio si è tenuta presso la Pontificia Università della Santa Croce, su iniziativa dell’Istituto di Liturgia, per commemorare il ventennale della dipartita di Achille Maria Triacca (1935-2002), un maestro per la teologia liturgica. Mentre ci auguriamo che questo ricco volume possa incontrare il favore dei nostri lettori, cogliamo anche l’occasione per dare il benvenuto, all’interno del Comitato scientifico della Rivista, ai professori Riccardo Burigana (Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia) e Massimo Del Pozzo (Pontificia Università della Santa Croce), le cui riconosciute competenze in ambito teologico e il cui impegno nella vita ecclesiale rappresentano un grande stimolo alla serietà e al rigore della ricerca che intendiamo promuovere e trasmettere, ma anche un invito a riflettere sul contributo che la teologia può e deve offrire all’edificazione del Regno, dentro e fuori i confini del corpo ecclesiale.

GIANPIERO TAVOLARO

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Rassegna di Teologia n. 2/2022FOCUS

Carmelo Torcivia, La fondazione teologico-pastorale

della fede popolare

Antropologia – Fede popolare – Fondazione teologico-pastorale

– Inculturazione della fede – Vicinanza di Dio

STUDI

Emanuele Iula SJ, Decostruire le istituzioni.

Dall’etica del rinnovamento all’etica della rigenerazione

Decostruzione – Etica – Generatività – Istituzione – Legami

Simona Segoloni Ruta, Collaborazione fra vescovi o fra

Chiese?

Chiesa particolare – Conferenze episcopali – Episcopato – Relazioni

– Sinodalità

Rocco Pititto, Ludwig Wittgenstein: “uditore della parola”?

Fede – Pensiero religioso – Religiosità – Sacra Scrittura –

Trascendenza

NOTE E DISCUSSIONI

Antonio Lattanzio, Pensare l’identità umana in tempo di

crisi: quali sfide per la teologia pratica?

Confessione della fede – Crisi sanitaria – Identità umana – Teologia

pratica – Transdisciplinarità

Presentiamo un libro

Alessandro Clemenzia, Un recente contributo su Lutero e

l’ontologia

Nicola Salato, Chiesa e spazio pubblico.

In margine a un recente libro di Marcello Neri

Recensioni

 

Carmelo Torcivia*

La fondazione teologico-pastorale

della fede popolare

Il presente articolo introduce a quanto è emerso all’interno del Convegno di studi sulla “Fede popolare”, svolto nella Sezione “San Luigi” della PFTIM dal 25 al 26 febbraio 2022. La fondazione teologico-pastorale della fede popolare è individuata nel processo di inculturazione della fede. I caratteri principali della fede popolare si rintracciano nella centralità del popolo di Dio che rappresenta nelle sue forme culturali il tema della vicinanza tra il fedele e Dio. This article is an introduction to the Conference “Fede popolare” (People Faith) in the PFTIM section “San Luigi” (Saint Louis) which took place on 25-26th February 2022. People faith theological and pastoral basis is identified in the enculturation process of faith. The meaningful features of people faith are traced in the central role of God’s people who represents in its cultural shapes God and believers closeness.

1. L’attuale situazione della fede popolare Quando oggi si esaminano i diversi aspetti della fede popolare1, ci si accorge che si è davanti a un fenomeno complesso nelle sue diverse sfaccettature e ricco di vissuti e di significati. Malgrado infatti le “profezie” sociologiche sulla secolarizzazione degli anni ’60 e ’70 che davano per scontata la fine di questa forma di fede popolare, si deve oggi constatare che essa gode di buona salute, anche se ovviamente risente di tutti i cambiamenti socio-culturali in atto. Questi cambiamenti, infatti, hanno fatto sì che in alcuni casi ci si ritrovi di fronte a forme di fede popolare che sembrano ormai consegnate al folklore. In altri casi hanno creato un evidente contrasto intrapersonale in uomini e donne che da una parte si trovano a seguire convintamente alcune forme devozionali, espressioni tradizionali di visioni teologiche e teologali, e dall’altro lato stanno esistenzialmente dentro alle diverse dinamiche familiari, lavorative e del tempo libero di stampo chiaramente post-moderno2. La presenza della fede popolare è sparsa su tutto il territorio nazionale anche se con diversi esiti. Infatti, se risulta molto diminuita al nord Italia, è invece ben radicata nel sud Italia, dove ancora risulta portatrice sia della memoria dell’identità cultural-religiosa di tanti paesi e città sia di una certa forma di trasmissione della fede. In ordine appunto a questa, occorre rilevare che, dal punto di vista dell’osservazione delle prassi pastorali, si è attuato un passaggio di testimone tra le vecchie generazioni e le nuove. Infatti, per esemplificare, tra i portanti dei fercoli delle statue di Cristo, della Madonna e dei santi si vedono oggi molti giovani, in buona parte figli e nipoti dei vecchi portanti. Sicuramente ciò rientra nella tradizione familiare e tuttavia è opportuno notare che non ci si trova soltanto a un passaggio di ruolo familiare, ma anche di appropriazione delle specifiche devozioni. La cura pastorale a loro rivolta da alcuni presbiteri permette poi lo svolgimento anche di vere e proprie catechesi e di attenzioni spirituali3. La complessità di questa situazione crea una sorta di disagio nell’ambito ecclesiale. E così ci si ritrova a collezionare una serie di critiche, anche trancianti, da parte di presbiteri, religiosi, teologi e operatori pastorali […]

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Rivista di Pastorale LiturgicaEditoriale

2 S. Currò

Quando un valore sembra deprezzarsi

Studi

4 S. Maffi

Dal cortile all’appartamento

8 B. Ducatel

Domus ecclesiae: liturgia

e ambiente domestico

13 F . Feliziani Kannheiser

Riti domestici

17 F . Meusnier

«Non sanno più fare il segno di croce»

22 I . Seghedoni

Criteri per un’alleanza formativa

27 M. Di Benedetto

Liturgia in famiglia:

libri liturgici familiari?

32 A . Matteo

La fuga dei nonni

36 G . Routhier

L’esperienza canadese

delle Comunità domestiche

Formazione

40 L . Palazzi – L. Balugani

Ars celebrandi: celebrare con cordialità

5. Concordia

45 N . Tosc hi

Una Chiesa, molti doni e ministeri

5. Il ministero dell’accolito

50 L . Galliani

I mestieri della liturgia

5. Il giornalista

54 A . Join-Lamb ert

La Liturgia delle Ore:

preghiera della Chiesa

5. Come? Adattamenti necessari

Asterischi

59 D. Piazzi

Il Lezionario

5. «Narrate quali furono le cose passate...»

64 M. Gallo – G. Tornamb é

Sulle spalle dei giganti

Bernard Botte

 

EDITORIALE

Salvatore Currò

Quando un valore sembra deprezzarsi 

L’importanza della formazione liturgica e della preghiera in famiglia emerge particolarmente in rapporto al processo di conversione spirituale e pastorale che la Chiesa attuale sta vivendo e che, in sintesi, è segnato da due spinte tra loro connesse: quella missionaria e quella sinodale. La spinta missionaria provoca la comunità cristiana a uscire, ad abitare il territorio, a costituirsi in dialogo con tutti, dentro l’orizzonte sociale e mondiale. La spinta sinodale provoca a riconoscere il protagonismo dei singoli, a curare la corresponsabilità, a dare valore ai piccoli contesti e ai movimenti dal basso. Gli eventi recenti – dalla pandemia alla guerra, dai fenomeni migratori ai pericoli di disastri ecologici – ci fanno sentire ormai, volenti o nolenti, sulla stessa barca o nello stesso mare, legati gli uni con gli altri. Come cristiani ci sentiamo sempre più in cammino con tutti; condividiamo le speranze e le angosce di tutti; ogni attività pastorale sperimenta, nel suo piccolo, il riverbero delle problematiche del nostro mondo, di tutta l’umanità. A questo allargamento di orizzonte corrisponde la necessità di un radicamento ancora più concreto e la necessità di ridare vigore ai nostri piccoli contesti vitali, familiari e comunitari. È in tali contesti che ci costruiamo, impariamo a leggere la nostra presenza nel mondo, ci progettiamo, partecipiamo alla costruzione della fraternità universale, esercitiamo la speranza. La sfida, in ottica cristiana, è di farli diventare luoghi di reciprocità e gratuità, di vero cammino insieme; luoghi di discernimento, di preghiera, di una nuova ermeneutica del Vangelo in rapporto alle problematiche di oggi, di sperimentazione di una comunione liturgica nel segno della grazia. In questo contesto la famiglia, con le sue dinamiche, con le sue risorse e anche con le sue fragilità, ritrova la sua forza e la sua missione, nel mondo e anche nella Chiesa. Al di là delle apparenze, c’è una grande voglia di famiglia, pur nelle fatiche e difficoltà, e proprio mentre cresce il senso dell’umanità come una grande famiglia, unita nel bene e nel male. È bene che la comunità ecclesiale riconosca questa voglia di famiglia, sappia restituire spazio e protagonismo alle famiglie; sappia pensarsi di più come famiglia e sappia rinnovarsi e modularsi sulle dinamiche che sono proprie della famiglia. Questo non è affatto scontato; troppo spesso, infatti, la famiglia è guardata più come destinataria che come soggetto della pastorale, più a partire da preoccupazioni morali o dottrinali che di riconoscimento e di accompagnamento. La sfida è a rovesciare la prospettiva e ciò implica davvero una conversione a tutto campo: spirituale e pastorale, dello sguardo e degli atteggiamenti, della qualità delle relazioni e della preghiera, della pratica liturgica e della pratica della carità, dei processi formativi e del modo di fare comunità. A pensarci bene, in questo processo di conversione, famiglia, formazione, preghiera e liturgia costituiscono, nel loro intreccio, uno snodo fondamentale; per tante ragioni, che emergeranno negli interventi che seguono. Accenno qui solo ad alcune di queste ragioni, in ottica pastorale. Che la famiglia sia reale esperienza di Chiesa (chiesa domestica) non è un principio teologico astratto e nemmeno soltanto un ideale; è un fatto concreto, un già e non solo un non ancora, se non altro per il fatto che Dio è all’opera in ogni esperienza familiare, per quanto la sua presenza possa essere riconosciuta e accolta solo parzialmente. Tale fatto va assunto più profondamente nelle dinamiche pastorali, superando clericalismi e unilateralità, spesso giustificati con analisi e giudizi negativi sulla famiglia di oggi. Riconoscere la soggettività della famiglia significa anche, come si è accennato, modulare o sintonizzare le dinamiche della comunità cristiana su quelle familiari. Queste sono fatte di: sensibilità, affetto, concretezza, senso educativo, reciprocità, anche di alti e bassi, di perdono reciproco e di sempre nuovo inizio. La crescita nella fede non ha bisogno di ritrovare tali dinamiche? E non ne hanno bisogno anche la preghiera e la liturgia, che sono dimensioni costitutive dell’esperienza e della crescita cristiana? Per questa via si può sprigionare il senso della liturgia, soprattutto dell’eucaristia, come culmine e sorgente della vita cristiana ed ecclesiale. La pastorale è sfidata a situarsi nel movimento tra famiglia, comunità cristiana e società (suscitando percorsi in un senso e nell’altro); a favorire il cammino dal quotidiano (della famiglia, della famiglia umana) all’eucaristia (nella comunità cristiana), e viceversa. Ciò sarà possibile, senza eccessive forzature, se la pastorale (e anche la catechesi) ripenserà la sua mediazione (e la sua proposta formativa) su un piano meno intellettuale e più sensibile, corporeo, rituale, simbolico. C’è un segreto legame tra ciò che potremmo chiamare la dimensione sacramentale dell’esperienza (la presenza di Dio nel concreto) e l’espressione sacramentale della vita cristiana. In questo senso, la famiglia (l’esperienza più concreta) e la liturgia (l’esperienza più grande della grazia) sono molto più vicine di quello che può sembrare. Una mediazione pastorale, con tonalità concreta e insieme sacramentale, può farlo emergere.

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Parole di VitaINDICE

Editoriale

Mara Rescio

DISCEPOLATO E FAMIGLIA IN MARCO

Giulio Michelini

GESÙ E LA LEGGE

Annalisa Guida

DAI FIGLI AI CANI (MC 7,24-30)

Dario Garribba

IN VIAGGIO CON GESÙ

Dionisio Candido

LA FINE DEL TEMPIO

Donatella Scaiola

TRA LA FINE E IL NUOVO INIZIO

Marco Cassuto Morselli

USCIRE DALLA TORÀ?

Alessandro Cortesi

GESÙ CRISTO OLTRE LE FRONTIERE

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

La frontiera del cambiamento

PER SAPERNE DI PIU

Annalisa Guida

Lingua, stile, espedienti letterari prediletti

RILETTURE

Valeria Poletti

Frontiere e confini

APOSTOLATO BIBLICO

Paolo De Martino

Dall’inizio alla fine

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

Da un luogo all’altro: Cristo legge

il profeta Isaia nella sinagoga di Nàzaret

 

EDITORIALE

Di un predicatore itinerante come Gesu non sorprende che si sia mosso su un’area relativamente vasta, coincidente grosso modo con la valle del Giordano. Morto Erode, quel territorio si era frammentato e i confini amministrativi non coincidevano con quelli identitari (Dario Garribba). Spostarsi equivaleva il piu delle volte a varcare frontiere. Ora, se nei vangeli il tempo non e mera successione di fatti ma e carico di eventi, anche lo spazio trasuda senso. Cosi, gli itinerari attribuiti a Gesu non si riducono ad essere una somma di punti geografici, ma si trasformano anch’essi in messaggio, comunicazione della bella notizia. La geo-grafia diventa teo-grafia. Pari valenza hanno i confini e il loro attraversamento. Lo si vede bene nell’incontro con la donna sirofenicia narrato all’interno della sezione dei pani, tutta giocata sulle due sponde del mare di Galilea, dove le linee della demarcazione politica combaciano con quelle della configurazione religiosa. Lo sconfinamento territoriale nella regione di Tiro diventa occasione per mettere in contatto diversita e alterita (uomo/donna, galileo/straniera, giudeo/pagana, puro/impuro ecc.) secondo la “Tradizione” irriconciliabili (Annalisa Guida). L’attraversamento del confine, invece, svela la sua natura bifronte: e si barriera (finis), ma anche comunanza (cum); separazione, ma anche contiguita. Di Gesu, dunque, non si fa fatica a evidenziare i gesti e le parole che inducono a valicare ogni linea divisoria: il cerchio famigliare – tracciato dai legami di sangue – viene spezzato e ampliato per includere quanti intendono aderire alla famiglia escatologica di Gesu (Mara Rescio); il muro sacrale del tempio – equiparato a un fico sterile e destinato a scomparire – viene “risacralizzato” nello stile dei profeti dichiarandolo casa di preghiera per tutte le nazioni (Dionisio Candido); l’orizzonte della fine dei tempi – su cui incombe la minaccia del giudizio finale – diventa scadenza incoraggiante e motivante l’annuncio evangelizzatore rivolto a ogni popolo in attesa del Figlio dell’uomo che radunera tutti gli eletti del mon do (Donatella Scaiola). I teologi piu recenti, poi, hanno visto in Gesu l’anticipatore di quanti oggi varcano confini, su cui vigono divieti, portando a fin di bene merci o accompagnando persone in modo illegale, a meta tra il traghettatore e il contrabbandiere (Alessandro Cortesi). Egli sarebbe colui che va oltre, che apre percorsi sempre nuovi, perche la frontiera da linea di demarcazione diventa punto di partenza per ulteriori espansioni. Una simile prospettiva riverbera quella che guida il movimento narrativo di Atti degli apostoli: da Gerusalemme, alla Giudea, alla Samaria, fino ai confini della terra. D’altro canto, c’e pero da chiedersi in che misura la prassi della chiesa primitiva, indirizzata sempre piu esclusivamente alle genti, abbia indotto a proiettare su Gesu la propria propensione a far coincidere il superamento dei confini geografici del mondo giudaico con il superamento dei capisaldi del giudaismo religioso. La piu moderna ricerca sui vangeli, infatti, rileva come si attribuiscano con troppa facilita al rabbi di Nazaret posizioni contrarie alla Legge. Una corretta e pacata collocazione ambientale permette di focalizzare meglio simili posizioni anti-nomiste come riflesso di una prassi innovatrice dei primi cristiani o come risultato di preconcetti anti-ebraici dei cristiani successivi. Secondo alcune ricerche recenti, Marco presenta Gesu non in tensione radicale con il giudaismo, ma come un ebreo osservante; pur coinvolto in numerose controversie con i farisei per le loro interpretazioni espansive, concordava con loro, per esempio, sul fatto che di sabato si potevano compiere guarigioni (Giulio Michelini). Forse per lui non era indispensabile uscire dalla Torà per andare verso le genti (Marco Cassuto Morselli). Insomma, si propone un fascicolo stimolante, che richiede disponibilita ad abbandonare gli abituali schemi mentali, a varcare i confini dell’ovvio e del solito.

Quindi, buona lettura.

Marco Zappella

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Servizio della Parola - n. 541-542Sguardi in pastorale

8. Del buon uso del Messale/4

Le preghiere eucaristiche (A. Carrara)

I nostri modi di dire

38. Ricorrere ai santi

1. «Ricorrere ai santi» (A. Carrara)

2. I discepoli implorarono Gesù: «Esaudiscila!».

Il ricorso all’intercessione dei santi (F. Manzi)

3. Intercedere: stare davanti a Dio per gli altri (E. Bolis)

Sulla speranza della vita eterna.

Veglia di preghiera

(R. Laurita)

Dalla 30ª domenica ordinaria a Cristo, Re dell’universo

23 ottobre /20 novembre

30ª domenica ordinaria (A. Landi, P. Bignardi, V. Brunello)

31ª domenica ordinaria (A. Landi, C. Cremonesi, V. Brunello)

Tutti i Santi (A. Landi, M. Gallo)

Commemorazione dei fedeli defunti (M. Gallo)

32ª domenica ordinaria (A. Landi, G. Canobbio, M. Della Bianca)

33ª domenica ordinaria (A. Landi, L. Eusebi, M. Della Bianca)

Gesù Cristo, Re dell’universo (A. Landi, D. Mencarelli, M. Della Bianca)

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Studia Patavina 2022/2INDICE

editoriale 203 War, religions and history - La guerra, le religioni e la storia Stefano Didonè focus Riforma sinodale della chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda convergenza 207 Introduzione – Dall’ampiezza e dalla qualità dell’ascolto la portata della Riforma Luca Pertile 213 Luci dall’Oriente. Nota su dialogo cattolico-ortodosso e Sinodo Alex Talarico 225 Una frontiera ecumenica. Per una lettura delle esperienze sinodali nelle chiese della Riforma Riccardo Burigana 243 Dal Sinodo alla sinodalità Giacomo Canobbio 261 Quali potenzialità ecumeniche nel cammino verso il Sinodo del 2023? Un utile confronto tra il Documento di Ravenna e il Documento preparatorio Luca Pertile Prolusione 277 Religioni e fratellanza in Europa, oggi. L’esortazione dell’enciclica Fratelli tutti Miguel Ángel Ayuso Guixot Agorà 297 Studiare il cervello. Intervista a Carlo Arrigo Umiltà Leonardo Paris 309 Scrutare il reale. Intervista a Roberto Battiston Simone Morandini Ricerche 319 Introduzione – La lettura pragmatica della Bibbia in teologia pratica Assunta Steccanella 321 Lectio divina e pragmatica biblica. Per una “conversione ecologica” alla sacra Scrittura Roberto Vignolo 339 Dimensione pragmatica della Bibbia e pastorale Stefano Romanello 353 Racconto di fede e un racconto biblico: una via di ascolto per una centralità della Scrittura in teologia pratica Sara Biscaro temi e discussioni 365 La collocazione dell’Anonimo Commentario al Parmenide nella storia delle idee: la prospettiva gnoseologica come contributo alla questione Zeno Carra recensioni 379 Castiglioni L., Filles et fils de Dieu. Égalité baptismale et differénce sexuelle (G. Osto) 382 Löser W., Elementi per una teologia delle religioni. Sguardi e passi oltre i confini (G. Osto) 385 Bayne T., Filosofia della religione. Una breve introduzione (A. Sartori) 387 Celada Ballanti R., Filosofia del dialogo interreligioso (G. Osto) 390 Rossé G.-Coda P., Il grido d’abbandono. Scrittura, mistica, teologia (M. Ceschia) 393 Balzaretti C., 1-2 Samuele. Nuova versione, introduzione e commento (T. Lorenzin) 396 Carr D. M., Santa resilienza. Le origini traumatiche della Bibbia (T. Lorenzin) 399 Bellusci A.-Burigana R., Storia dell’Eparchia di Lungro. Le comunità albanofone di rito bizantino in Calabria 1439-1919, vol. 1; Storia dell’Eparchia di Lungro. L’Eparchia di Lungro degli italo-albanenesi dell’Italia continentale, vol.2 (A. Talarico) 403 libri ricevuti

 

EDITORIALE

War, religions and history La guerra, le religioni e la storia All’indomani dell’11 settembre 2001 le tesi pubblicate qualche anno prima (1996) da Samuel P. Huntington nel fortunato saggio The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order sembravano offrire al grande pubblico un paradigma interpretativo unico – quanto controverso – con cui affrontare il grande trauma collettivo subito dall’Occidente. In quell’operazione culturale era sottinteso che le cause remote dello scontro di civiltà erano imputabili alle religioni e alle rispettive pretese di universalità e di unicità. Come spesso accade, ogni paradigma interpretativo unitario, come il tentativo compiuto da Arnold Toynbee (1889-1975) di inglobare, con metodo comparativo, la storia universale in un’unica direzione, appare inadeguato. Nella Fenomenologia dello Spirito (1807), Hegel afferma che «la storia è il divenire dello Spirito che sa e media se stesso». com’è noto, l’affermazione si colloca nel quadro di un sistema di pensiero che Paul Ricoeur non esita a smascherare come tentazione di rappresentare e di abbracciare il passato, il presente e l’avvenire come un tutto, ovvero una modalità di «totalizzazione stessa del tempo nell’eterno presente»1. L’interpretazione dello Spirito oggettivo come pensiero che si fa azione nelle istituzioni (famiglia, società, stato) e nel dinamismo della storia risulta coerente quanto ancora non del tutto adeguata. E qui emerge il carattere paradossale, e perciò fecondo, di un sistema di pensiero in cui anche la storia risulta soggetta anch’essa alla «astuzia della Ragione», la quale manovra coloro che se ne credono protagonisti. Sotto questo profilo, la lezione di Hegel rimane come una moderna “parabola” filosofica sulla storia, fonte di ispirazione per ogni riflessione che voglia cimentarsi con il tema del senso e del fine ultimo del fluire delle vicende storiche nel loro insieme, ovvero una filosofia della storia aperta alla riflessione sull’eterno, in qualsiasi senso lo si intenda. La lezione di Hegel rimane come una moderna “parabola” filosofica sulla storia, fonte di ispirazione per ogni riflessione che voglia cimentarsi con il tema del senso e del fine ultimo del fluire delle vicende storiche nel loro insieme, ovvero una filosofia della storia aperta alla riflessione sull’eterno, in qualsiasi senso lo si intenda. In questa prospettiva, il 24 febbraio 2022 appare certamente come una data dal valore simbolico. Non perché si colloca all’interno di una visione ancora ingenuamente eurocentrica, quanto per l’imprevedibilità delle possibili ripercussioni economiche e sociali (in particolare migratorie) legate al ritorno di uno scenario novecentesco come l’invasione su vasta scala di un intero paese europeo. Al netto della retorica delle presunte ragioni storico-culturali e pseudoreligiose – se non persino “mistiche” – presentate pubblicamente come giustificazione razionale per legittimare l’iniziativa militare, le conseguenze del ritorno della guerra in suolo europeo non sono al momento prevedibili. L’unico dato certo è che si tratta dell’ultimo conflitto in ordine di tempo rispetto alle 169 guerre già esistenti prima del suo inizio. Anche in questa occasione, la voce del magistero ecclesiastico si distingue per il tratto profetico. Con lungimiranza papa Francesco, primo papa non europeo, nell’enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020) già tracciava una diagnosi precisa circa gli ostacoli presenti nell’attuale congiuntura storica. Egli vede nella pena di morte e nella guerra due «situazioni estreme» che «in definitiva non fanno che aggiungere nuovi fattori di distruzione nel tessuto della società nazionale e mondiale. Si tratta della guerra e della pena di morte» (n. 255). Ora che la guerra è tornata in territorio europeo è ancora piú evidente che essa non è «un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante» (n. 256) per le nostre società. La questione non è solo di intensità (“bassa” o “alta”), ma di equilibri mondiali, rispetto ai quali il continente europeo appare drammaticamente privo di visione e soprattutto di un’anima comune. Il sogno dei padri fondatori dell’Europa unita (Adenauer, Schumann, De Gasperi), appare di fatto evaporato dalla Realpolitik che vede nella corsa al riarmo l’unica strada possibile per la sicurezza del territorio europeo. Il sogno dei padri fondatori dell’Europa unita (Adenauer, Schumann, De Gasperi), appare di fatto evaporato dalla Realpolitik che vede nella corsa al riarmo l’unica strada possibile per la sicurezza del territorio europeo. La posizione di radicale condanna della guerra da parte di papa Francesco non riscrive la dottrina cattolica, ma ne prosegue lo sviluppo dell’insegnamento avviato all’inizio del Novecento. Sviluppo certamente recente, se paragonato alla posizione storicamente favorevole alla “guerra giusta”. Agostino sviluppò una criteriologia razionale per la giustificazione della guerra, sistematizzata poi da Tommaso nella quaestio 40 nella Secunda Secundae della Summa (De bello). La prima domanda che si pone Tommaso riguarda la liceità morale della guerra (utrum bellare semper sit peccatum) e prevede che la legittimità di una guerra (aliquod bellum sit iustum) risponda a tre condizioni: l’autorità del principe, una giusta causa (una colpa da parte di coloro contro cui si fa la guerra) e che l’intenzione di chi combatte sia retta, cioè che miri a promuovere il bene e a evitare il male. Successivamente la Seconda scolastica con Francisco de Vitoria allarga la giustificazione della guerra come rimedio estremo quando sono stati esauriti tutti gli altri mezzi per la soluzione del conflitto, quando c’è ragionevole previsione di successo, quando il successo non abbia come conseguenza danni peggiori di quelli per cui la guerra è stata scatenata e, infine, con il divieto assoluto di coinvolgere civili innocenti. L’equilibrio di questa teologia dipende dalla concezione del «principio di proporzionalità». Solo a partire da Benedetto XV (1854-1914) la chiesa cattolica si pronuncia contro il ricorso alle armi in occasione dei conflitti. Per una vera e propria condanna decisa della guerra occorre attendere Giovanni XXIII con l’enciclica Pacem in terris del 1963, in cui il papa proclama l’irrazionalità del ricorso alla guerra come soluzione dei conflitti umani (n. 67) e denuncia la disumanità di ogni guerra. L’enciclica, proprio per la sua indole di razionalità condivisibile a tutti, è rivolta agli uomini di buona volontà in quanto tali e non solo ai cristiani. Questi brevi e fugaci cenni per suggerire l’apprezzamento per l’evoluzione interna al magistero ecclesiastico su un tema altamente sensibile. La posizione di radicale condanna della guerra da parte di papa Francesco non riscrive la dottrina cattolica, ma ne prosegue lo sviluppo dell’insegnamento avviato all’inizio del Novecento. In questo frangente storico in cui l’etica dell’informazione è la prima forma di virtú civile da perseguire per combattere ogni forma di manipolazione della verità, Studia patavina continua il suo percorso, offrendo una riflessione pacata sulla possibile convergenza tra la riforma sinodale della chiesa cattolica e le istanze del dialogo ecumenico. Il Focus dal titolo Riforma sinodale della chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda convergenza si collega idealmente con i precedenti approfondimenti sulla sinodalità nel primo millennio della chiesa (si veda Studia patavina 1/2021 e 2/2021), sulla quale pesano evidentemente le incertezze legate alla guerra e alle presunte ragioni di credibilità per la sua legittimazione nella lotta culturale contro l’Occidente. Ciononostante, come osserva il coordinatore del Focus, Luca Pertile, l’invito all’ascolto, anche di ordine teologico, mantiene la sua validità. «L’ascolto teologico, soprattutto quando riguarda elementi essenziali della vita della Chiesa, non s’improvvisa, ma va pazientemente costruito e affinato, anche perché non è mai disgiunto da un “atteggiamento ecclesiale complessivo” nei confronti di chi ci si propone di accostare e ascoltare». La rubrica Agorà ospita due approfondite interviste legate al tema fede e scienza, proseguendo idealmente il dialogo con il mondo universitario in occasione degli 800 anni dell’Ateneo di Padova (si veda l’editoriale del n. 1|2022). Infine, la sezione Studi e ricerche presenta il lavoro sulla giornata di studio dedicata alla lettura pragmatica della Bibbia nel metodo teologico-pratico, svoltasi nella sede della Facoltà il 28 ottobre 2021. Stefano Didonè direttore

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https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026386/studia-patavina-20222.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026386/studia-patavina-20222.htmlFri, 23 Sep 2022 17:54:01 +0200
L’impronta delle donnehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873955/limpronta-delle-donne.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873955/limpronta-delle-donne.htmlThu, 21 Jul 2022 06:01:32 +0200Professione volontariohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873153/professione-volontario.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873153/professione-volontario.htmlThu, 21 Jul 2022 06:01:25 +0200Rivista di Pastorale LiturgicaINDICE

Editoriale

2 F. Dossi – A. Colzani

Quando un valore sembra deprezzarsi

Studi

5 E. Curzel

Sposarsi nella storia

8 P. Mirabella

Come interpretare la crisi?

15 A. Bozzolo

Un “sacramento anomalo”?

20 V. Trapa ni

Esigenze rituali e desideri degli sposi

25 E. Massimi

La musica e il canto

nelle celebrazioni nuziali

31 G. Benatt i

Il sogno di una coppia… speciale

36 W. Ruspi

La preparazione al matrimonio:

corso o percorso?

42 G. Tornambè

Sposarsi in (quasi) tutte le lingue

del mondo

48 M. Baldacc i

“Sposarsi” in tre

Formazione

53 L . Palazzi – L. Balugani

Ars celebrandi: celebrare con cordialità

4. La competenza somatica

58 N . Toschi

Una Chiesa, molti doni e ministeri

4. Il ministero del lettore

63 R . Martinucci

I mestieri della liturgia

4. Il designer

69 A. Join-Lambert

La Liturgia delle Ore:

preghiera della Chiesa

4. Quando?

Asterischi

74 D. Piazzi

Il Lezionario

4. Il primato della Parola

 

EDITORIALE

Francesca Dossi – Alfonso Colzani

Quando un valore

sembra deprezzarsi

Il nonno Angelo era un finissimo artigiano intagliatore, formatosi a una prestigiosa scuola d’arte a inizio ’900. Costruiva mobili di pregio, arricchendoli di intarsi, bronzi e marmi, con tanta meticolosita e precisione. Qualche anno fa, le figlie ormai novantenni dovettero vendere casa e gli amati mobili. Si aspettavano che il dolore per la separazione potesse essere almeno lenito dall’apprezzamento di qualche appassionato compratore e, perche no, da un congruo corrispettivo in denaro. Grande fu la delusione quando, dopo mesi di ricerca di un acquirente – nemmeno i nipoti vollero quei ‘tesori’ – alcuni furono svenduti a prezzi irrisori, altri furono ritirati da una cooperativa sociale che, per di piu, chiese soldi per lo sgombero. Si perdoni il riferimento biografico, ci si e presentato un po’ per analogia: i dati sulla celebrazione del matrimonio cristiano ci hanno suscitato lo sgomento delle zie, in quanto custodiamo tesori di famiglia che pare non interessino piu e questo ci fa soffrire perche per esperienza ben conosciamo il loro valore. La congiuntura odierna ci chiama cosi alla sofferta presa d’atto che per i nostri contemporanei il matrimonio cristiano e un po’ come i mobili in stile: semplicemente non vanno piu, non piacciono e le case sono troppo piccole per contenerli. L’analogia – centrata sulla dimensione affettiva – termina qui. Ci aiuta a capire che, collocato sullo sfondo di questo lutto, il fascicolo si mostra coraggioso nello scegliere di affrontare il tema dello sposarsi, oggi faticoso e negletto, come i contributi di taglio storico e sociologico mostrano. Il tenore della sfida e quasi drammatico, ci dicono. Fortunatamente gli altri interventi, ciascuno con il suo taglio specifico, confortando, ricordando e mettendo a punto architettura, ragioni e bellezza del sacramento e della sua celebrazione, sembrano dire: Venite pure, noi siamo pronti, abbiamo tante cose buone e nutrienti da donare. Si, le comunita sono pronte. O meglio all’interno di esse molte coppie e preti sono dediti alla pastorale familiare e spesso hanno proposte di valore, accompagnano con passione e affetto, si prendono cura e fanno star bene i nubendi, preparano al futuro, lasciano una persistente eredita di ricordi luminosi. Tuttavia, le coppie sempre meno si accostano alle comunita e, da quanto ascoltiamo dai nostri studenti delle scuole superiori, non sembra che il futuro prepari cose migliori. Cosi possono tornare alla memoria le parole di Gesu: Come avvenne nei giorni di Noe, cosi sara nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noe entro nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti (Lc 17,26-27). Il loro tono apocalittico, che si riferisce a un prendere che e sotto il segno del male, perche allora la malvagita degli uomini era grande sulla terra (Gen 6, 5), ci puo tentare rafforzandoci nella condanna di una generazione persa fra peccati e vizi postmoderni, segno certo dell’avvicinarsi della fine dei tempi. Pensiero desolante e invasivo, che puo farci dimenticare che da allora Dio ha mutato il suo cuore; si legge infatti poco piu sotto: Non sara piu distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, ne il diluvio devastera piu la terra (Gen 9,11): anche questa e una generazione benedetta e il cristianesimo la puo attraversare e fecondare come ha fatto per le centinaia che l’hanno preceduta. Non ci sara un altro diluvio a lavare il male della terra, e questo sia uno sprone ad alzare lo sguardo al fine di cercare un nuovo futuro per i nostri tesori e i nostri giovani. Probabilmente non si trattera tanto di soffermarsi a ri-lucidare l’argenteria di famiglia, piuttosto di adoperarsi per rendere possibile anche per questa generazione l’abitare la casa ecclesiale. E il kairós del cammino sinodale e del riequilibrio dei generi ci offre due poderose occasioni per ristrutturare casa e renderla piu accessibile e funzionale. I due temi sono intrecciati e rappresentano due ambiti nei quali la Chiesa e in grave ritardo nel testimoniare il kérygma evangelico. Anzitutto duole constatare che l’approccio dottrinale e pastorale alla vita sessuale e ancora di fatto ampiamente sbilanciato in un’ottica di interdizione e tabu che allontana da un reale dialogo con le giovani generazioni. L’ascolto sinodale si propone cosi come imperdibile occasione in vista dell’articolazione di una morale familiare che non resti cieca davanti alle nuove costellazioni sociali (convivenze, divorzi, dilazione e rarefazione della responsabilita genitoriale), trovando nuove parole progettuali. Parimenti ci auguriamo che il percorso sinodale operi sulla mentalita e sull’architettura canonica e istituzionale, archiviando un clericalismo che e il pesante lascito dell’assetto sociale patriarcale in cui il cristianesimo si e incarnato storicamente, mantenendo un modello di governo (verticale) che risulta oggi estraneo all’autocomprensione dei piu. La questione non e solo quella di concedere spazi, ruoli e quindi visibilita ai laici e in particolare alle donne, ma di ristabilire il primato dell’equivalenza tra autorita e servizio. Una riforma anzitutto teologicamente dovuta, ma anche imprescindibile se vogliamo avere una chance per essere ascoltati dalle giovani generazioni. Rinnovare l’impianto ministeriale della Chiesa e quindi riattivare la pluralita dei carismi nella loro uguale dignita, promuove l’uscita del laicato dal ruolo passivo e marginale, riconoscendolo anche nei fatti attore centrale dell’azione testimoniale e di evangelizzazione cui e chiamata la Chiesa come popolo di Dio. Poter essere riconosciuti nel valore personale e testimoniale della propria condizione di vita, trovare un ruolo attivo e responsabile nella comunita, partecipare a una progettualita pastorale condivisa, godere di adeguato alimento spirituale per la vita quotidiana: una comunita che offre queste condizioni di pratica si dispone su un piano omogeneo rispetto all’autocomprensione esistenziale dei nostri giovani. Chissa che rimuovere barriere architettoniche, apparentemente remote rispetto al matrimonio sacramentale, non permetta almeno un incuriosito avvicinamento; a quel punto la mistagogia liturgica potra fare appieno la propria parte.

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Parole di VitaIL VANGELO SECONDO MARCO

«DIETRO A ME»

Editoriale

Giacomo Violi

CHIAMATI, COSTITUITI E INVIATI

Paolo Mascilongo

LA FORMAZIONE DELLA COMUNITÀ DEI DISCEPOLI IN MC 1,16–8,30

Augusto Barbi

SULLA STRADA VERSO GERUSALEMME

Nicoletta Gatti

STRADA E CROCE: ESSERE DISCEPOLI

Ombretta Pettigiani

UN CIECO CHE VEDE BENISSIMO… IN MEZZO A MOLTI DISCEPOLI

Mirko Montaguti

LA PASQUA DEL DISCEPOLO. FALLIMENTO E PROMESSA

Marco Cassuto Morselli

I MAESTRI E I DISCEPOLI DI YESHÙA

Alessandro Cortesi

SEGUIRE GESÙ. CRISTOLOGIA E SEQUELA

BIBBIA E SCUOLA

Marco Tibaldi

Il vero discepolo

PER SAPERNE DI PIÙ

Paolo Mascilongo

Genere letterario del vangelo e questione sinottica

RILETTURE

Valeria Poletti

I discepoli

APOSTOLATO BIBLICO

Paolo De Martino

La Bibbia, una parola “nuova”

VETRINA BIBLICA

ARTE

Marcello Panzanini

Cristo e i peccatori penitenti di Pieter Paul Rubens

 

Editoriale

Dopo l’annunciatore e il suo annuncio, è il momento dei destinatari. Fin dall’inizio Gesù e il Regno sollecitano reazioni. Ora, essendo l’identità del primo complessa e la realtà del secondo articolata, anche le risposte degli interlocutori si presentano diversificate. I primi credenti in Gesù sono ricorsi a molteplici immagini per esprimere il loro rapporto con lui e con il Regno. Marco si affida alla ruota delle preposizioni per rappresentare le posizioni rispetto a Gesù: ci sono quelli insieme (i familiari: 3,21), quelli che si pongono di fronte (gli avversari: 3,22), altri stanno intorno (la nuova famiglia: 3,34), altri vanno dietro a (1,17), stanno con (3,14) o sono inviati da lui (6,7). Ma Marco vede in due immagini la migliore sintesi del rapporto stabilito con Gesù e da stabilire con il Risorto: discepolo e seguace. Oggi, per assuefazione, la scelta forse non sorprende, eppure nasconde due particolarità. Se considerati con attenzione, i due sostantivi uniti formano un ossimoro: il discepolo sta, ai piedi del maestro; il seguace cammina, dietro o sulle orme del leader. Ciò avviene perché il rabbi di Nàzaret esercita il suo magistero in modo del tutto peculiare: non in una yeshivà ma per strada, in movimento. C’è un’altra particolarità nella scelta terminologica di Marco che non andrebbe scordata: mentre oggi quasi senza badarci si usa ripetutamente il sostantivo astratto «sequela », Marco e gli altri evangelisti invece ricorrono soltanto a forme verbali, cogliendo e valorizzando la dimensione esperienziale e storica di quel tipo di rapporto con Gesù. Ne deriva che Marco elabora e propone percorsi narrativi di sequela, nel senso che lo snodarsi della narrazione forgia modelli di discepoli che seguono Gesù, messia e figlio di Dio, invitando il lettore a sceglierne uno e a ricrearlo. La prima metà del vangelo (1,16–8,30) è dedicata alla formazione del gruppo, nel duplice senso del termine, cioè a crearlo (Giacomo Violi) e ad educarlo ai valori del Regno (Paolo Mascilongo). Con il goffo e insensato tentativo da parte di Pietro di fermare Gesù diretto verso una conclusione sanguinosa e ingloriosa della sua vicenda inizia la focalizzazione sul mistero del Figlio dell’uomo, che dovrà soffrire, morire e risorgere. Discepolato e sequela si incontrano, scontrano e sostanziano sulla strada e con la croce (8,31– 10,45), dove la meta geografica (Gerusalemme) diventa meta teologica (si compiono le Scritture, come illustrano i contributi di Augusto Barbi e Nicoletta Gatti). Significativamente il percorso formativo si conclude con la guarigione del cieco Bartimeo, che pare vederci benissimo (Ombretta Pettigiani): colui che giaceva sul ciglio della strada balza in piedi e si mette dietro al suo guaritore per salire a Gerusalemme, disponibile cioè a coprire quei mille metri di dislivello, immagine di quanto sia impervia la strada verso la croce. A una cecità superata se ne contrappone una pervicace: la nuvola dell’incomprensione, distesa sul racconto fin dall’inizio, da cirro diventa nembo e avvolge non solo gli esterni, ma anche il gruppo più ristretto. Il Maestro muore senza discepoli, il leader senza seguaci. Ma al fallimento degli uni e degli altri sopperisce la promessa del giovane biancovestito: «Vi precede in Galilea» (Mirko Montaguti). La vicenda, sospesa sul piano della narrazione, si apre sul piano della storia. Il rimando al luogo delle origini implica che, se da una parte il fallimento fa parte del percorso discepolare, dall’altra il Risorto rende possibile una relazione rinnovata con lui. Il fatto che la convivenza storica con Gesù da parte dei primi testimoni non li abbia esentati dall’incomprensione e dalla conoscenza parziale implica che la conoscenza di lui non si esaurisce in una dottrina su di lui, ma è parte di un’esperienza di cammino insieme con lui. Sequela e discepolato diventano luoghi della conoscenza e dell’incontro (Alessandro Cortesi) nel testo dell’autore e nel contesto del lettore, chiamato a immedesimarsi creativamente con i personaggi incontrati.

Buona lettura.

Marco Zappella]]>
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Concilium - 2022/3Indice

Bernardeth Caero Bustillos

Antony John Baptist – Margareta Gruber

Esther Mombo, Editoriale

Abstracts

I. Approcci contestuali alla Bibbia 25

1. L’interpretazione biblica contestuale: una necessità teologica

Peter-Ben Smit – Klaas Spronk

Kirsten van der Ham,

Interpretazione contestuale della Bibbia.

Un’esigenza teologica

Introduzione

I/ Interpretazione contestuale della Bibbia secondo la Scrittura

II/ Interpretazione contestuale della Bibbia nella prospettiva della “tradizione”

III/ Un approccio ecclesiologico

Conclusione

2. L’interpretazione biblica dopo la svolta post-coloniale

2.1. Demetrius K. Williams,

Far parlare il “Libro parlante” in modo antirazziale . 

Introduzione

I/ Formazione identitaria, Bibbia e concettualizzazioni razziali

II/ La tradizionale interpretazione biblica razzista

III/ Verso un’interpretazione biblica antirazziale

Conclusione

2.2. Bernardeth Caero Bustillos, La Bibbia e la teologia india. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10)

Introduzione

I/ Ferite storiche

II/ Voci profetiche nella teologia india

III/ «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10)

Conclusione

2.3. Samuel Kapani, Ermaneutica tribale: un percorso verso un dialogo integrale 

Introduzione

I/ Tribali del nord-est dell’India

II/ L’avvento del cristianesimo

III/ Ermeneutica tribale

1/ Ermeneutica della liberazione; 2/ Ermeneutica del dialogo; 3/ Ermeneutica della prassi sintetica; 4/ Ermeneutica incentrata sul creato o eco-ermeneutica

Conclusione

3. L’interpretazione biblica oggi: contesti pastorali

3.1. Ma. Maricel S. Ibita, Cambiare il mondo trasformando la parola di Dio. Avvicinare le Scritture in termini narrativi, ecologici e orientati al futuro

Introduzione

I/ Approcci alle Scritture narrativi, ecologici e orientati al futuro

1/ Le domande di Megan McKenna; 2/ La caratterizzazione dei personaggi; 3/ Il triangolo ecologico modificato; 4/ La normatività del futuro

II/ Cambiare il mondo, trasformare la parola di Dio

Conclusione

3.2. Christian Hennecke, In principio era il Verbo…

Esperienza e teologia evangelica nel movimento dei Focolari

I/ Impulsi per un paradigma ecclesiale

II/ Il dna dell’ecclesiogenesi nel riflesso della Parola vissuta

III/ Provocazioni: una profezia ecclesiale

IV/ La Parola per eccellenza

V/ La Parola nella parola: una mistica trinitaria

3.3. Fatima Tofighi, Una lettura eticamente responsabile della Bibbia. Una prospettiva musulmana sul velo delle donne in Paolo (1 Cor 11)

Introduzione

I/ Paolo e l’osservanza della legge, visti dall’esterno

II/ L’altro velato

III/ Rileggere il velo

Conclusione

3.4. Angela Standhartinger, «Più che maschio e femmina?». Una prospettiva LGBTIQ sul Nuovo Testamento

Introduzione

I/ Creazione e nuova creazione

II/ Passioni contro natura?

III/ «Ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1 Gv 3,2)

Conclusione

4. Interpretazioni bibliche: sfide e ostacoli

4.1. Norbert Reck, Il grande sconosciuto. Antigiudaismo, antisemitismo e la ricerca su Gesù di Nazaret

Introduzione

I/ L’Antichità: la controversia con Marcione e la gnosi

II/ La Modernità: la riscoperta di Gesù ebreo e la teologia cristiana

1/ Le reazioni dei teologi filo-illuministi; 2/ Le reazioni dei teologi anti-illuministi; 3/ Bilancio

III/ L’ebreo Gesù e il suo “progetto”

4.2. Michael Theobald, La questione dei ministeri. La relazione della chiesa cattolica con la Bibbia

I/ La storia della fondazione del ministero ordinato secondo Lumen gentium

II/ L’origine dei primi ministeri ecclesiali dal punto di vista della critica storica

III/ Gli inizi della chiesa: in partenza verso il futuro

4.3. Paulo Augusto de Souza Nogueira, Leggere l’Apocalisse a partire dalla periferia del mondo

Introduzione

I/ La lettura fondamentalista dell’Apocalisse mostra i segni rivelatori della Modernità

II/ I l linguaggio dell’Apocalisse non è prescrittivo

III/ L’Apocalisse è dualista, ma anche inclusiva

IV/ L’Apocalisse richiede una interpretazione performativa e creativa

V/ Leggere l’Apocalisse in tensione dialettica con le culture della periferia del mondo

II. Forum teologico 149

1. Nikolaos Asproulis, «Un messaggio congiunto per la tutela del creato». Una riflessione ortodossa orientale

2. Grigorios Larentzakis, Un appello comune per il futuro del pianeta. Un commento dalla prospettiva ortodossa

3. Mercedes Laura García Bachmann, Le teologie femministe ed ecofemministe, necessarie per pensare alla cura del creato

Introduzione

I/ Un primo esame generale del messaggio

II/ Lo sguardo femminista ed ecofemminista

Conclusione

4. Kevin Flynn, Fungere da amministratori

e nuova creazione in Cristo. Una prospettiva anglicana

III. Rassegna bibliografica internazionale

 

 

Editoriale

Approcci contestuali alla Bibbia

L’interpretazione della Bibbia è tanto antica quanto la Bibbia stessa. I testi più recenti rimandano a quelli più antichi, interpretandoli in contesti nuovi e dando così loro un nuovo significato. Gli autori del Nuovo Testamento si concepiscono come interpreti delle Scritture a cui si riferiscono. La Bibbia, così intesa, è un unico spazio interpretativo dell’esperienza religiosa dei credenti di Israele e dei primi cristiani. Questo processo continua sia nel giudaismo rabbinico che nel cristianesimo delle origini, e arriva fino alla moderna globalizzazione. I testi biblici sono continuamente aggiornati, man mano che le persone li rileggono dalla prospettiva delle proprie realtà contestuali e dal significato dato a questi contesti. La realtà contestuale concreta che inquadra l’interpretazione di un testo biblico ha un ruolo fondamentale non solo per l’interpretazione pratico-pastorale, ma anche per gli studi teoretici e teologici dei testi biblici. La teoria e la prassi sono strettamente legate fra loro, specialmente quando si tratta di comunicare un messaggio. Un importante contributo alla teoria e alla pratica dell’interpretazione biblica viene, senza dubbio, dal documento della Pontificia commissione biblica L’interpretazione della Bibbia nella chiesa (1993). Questo documento tratta i diversi metodi di interpretazione biblica, compresi alcuni approcci contestuali, come quello liberazionista e quello femminista. Nel tempo, in un mondo globalizzato, l’approccio contestuale alla Bibbia è diventato sempre più importante: il testo biblico viene interpretato a partire dal contesto delle realtà dei lettori, poiché Dio e l’umanità non possono essere pensati separatamente. Partendo da una prospettiva paolina, Rudolf Bultmann scrive: «Ogni affermazione riguardante Dio è contemporaneamente una affermazione riguardante l’uomo, e viceversa»1. Ne consegue che «l’intero processo di interpretazione della Scrittura nella chiesa è anche un processo di vita, in cui l’esegesi ha certamente un ruolo importante, ma è solo una parte tra le altre»2. Il punto di partenza di un approccio contestuale è la ricerca della connessione tra il testo e la realtà di vita del lettore. La Bibbia si lega qui all’esperienza spirituale. Il significato del testo non è ricercato solamente nell’intenzione dell’autore biblico che si trova dietro al testo (esegesi storico-critica), né nell’intenzione che si trova nel testo (studi letterari), ma anche nel lettore che si trova davanti al testo. Questo significa che l’interpretazione non è uno studio passo-dopo-passo di brani biblici, ma piuttosto un dialogo in cui ogni partner della conversazione ha pari rango e spazio: «La crescente pluralità tra gli studi sulla forma finale ha portato a capire che l’interpretazione biblica odierna, nel suo complesso, è descritta in termini di una “tri-lettica” tra autore, testo e lettore, piuttosto che da una dialettica tra sincronia e diacronia»3. Da un punto di vista esegetico, nella diversità di sviluppi, approcci e letture, deve essere tenuta presente la questione dei «limiti dell’interpretazione» (Umberto Eco). Per questo motivo la diversità di interpretazioni bibliche dev’essere accompagnata da un’accurata riflessione ermeneutica. La ricerca interdisciplinare può inoltre aiutare a costruire ponti […]

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Servizio della Parola - n. 540 - La predicazione marianaLa predicazione mariana

1. Da Lumen gentium a Marialis cultus

1.1 Dio ha operato grandi cose in Maria: la madre di Gesù in Luca di Antonio Landi

1.2 Maria, modello del discepolo di Cettina Militello

1.3 Il rapporto dei credenti con Maria: la devozione mariana di Antonio Escudero

2. La predicazione mariana nelle grandi feste mariane

2.1 Immacolata concezione di Maria di Francesco Sca nziani

2.2 Madre di Dio regina della pace di + Antonio Staglianò

2.3 Annunciazione del Signore di Corrado Maggioni

2.4 Assunzione e devozione mariana di Giac omo Canobbio

3. La predicazione mariana a partire dal Messale e Lezionario mariani

Nei tempi liturgici forti

3.1 Maria figlia eletta della stirpe di Israele

di Rosanna Virgili .

3.2 Santa Maria di Cana

di Roberto Vignolo

3.3 Santa Maria discepola del Signore

di Marinella Perroni .

Nel tempo ordinario

3.4 Maria immagine e madre della chiesa (I) di Gianca rlo Bruni

3.5. Maria Vergine tempio del Signore di Nunzio Capizzi

3.6 Maria vergine sostegno e difesa della nostra fede di Maurizio Aliotta

3.7. Maria regina e madre della misericordia di Simona Segoloni Ruta

3.8. Santa Maria salute degli infermi di Luciano Sandrin

4. La pratica della predicazione e della devozione mariana

4.1. La predicazione in un santuario mariano di Luigi De Candido

4.2 Maria Vergine madre e mediatrice di grazia di Giova nni Rota

4.3. Luci e ombre della devozione mariana oggi di Giac omo Canobbio]]>
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Servizio della Parola - n. 539Sguardi in pastorale

7. Del buon uso del Messale/

La liturgia eucaristica (A. Carrara)

I nostri modi di dire

37. Purificare l’anima

1. «Purificare l’anima» (A. Carrara)

2. Con occhio limpido. Uno sguardo

libero, scevro da bramosia (P. Rota Scalabrini)

3. Lasciare che l’anima venga purificata (M. Torcivia)

Incontro per i membri dei Consigli parrocchiali per gli affari economici

(R. Laurita)

Dalla 23ª alla 29ª domenica del Tempo ordinario

4 settembre /16 ottobre

23ª domenica ordinaria (A. Landi, P. Bignardi, M. Roselli)

24ª domenica ordinaria (A. Landi, A. Montanari, M. Roselli)

25ª domenica ordinaria (A. Landi, M. Aliotta, M. Roselli)

26ª domenica ordinaria (A. Landi, G. Lanzi, G. Tornambé)

27ª domenica ordinaria (A. Landi, L. Felici, G. Tornambé)

28ª domenica ordinaria (A. Landi, D. Mencarelli, A. Andretto)

29ª domenica ordinaria (A. Landi, C. Stercal, D. Fidanza)

 

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7.

Del buon uso del Messale/3

La liturgia eucaristica

di Alberto Carrara

Dopo aver ascoltato la Parola, dopo aver proclamato la fede e pregato per la chiesa e per il mondo, inizia la liturgia eucaristica. Da notare, fin da subito, una sottigliezza espressiva che va precisata. La liturgia eucaristica è il “contenitore” nel quale rientra la preghiera eucaristica, che comincia con il Prefazio. Dunque, la preghiera eucaristica è un momento – seppure importante – della liturgia eucaristica. L’oscillazione delle parole ribadisce, nel suo piccolo, la natura complessa della liturgia eucaristica che, quindi, non può essere ridotta a semplice parola e neppure a semplice preghiera. Questa, anzi, riceve tutto il suo senso più alto proprio dalla sua collocazione nell’insieme della liturgia della messa e, in particolare, della liturgia eucaristica.

1.      La «preparazione dei doni»

Terminata la Liturgia della Parola, i ministri preparano sull’altare il corporale, il purificatoio, il calice, la palla e il Messale, mentre si può eseguire il Canto di offertorio. È bene che i fedeli esprimano la loro partecipazione all’offerta, portando sia il pane e il vino per la celebrazione dell’Eucaristia, sia altri doni per le necessità della Chiesa e dei poveri (MR, 325). Questa la sobria indicazione del Messale. Dalla quale, però, è comunque possibile trarre qualche suggerimento di concreta pratica liturgica. Anzitutto, si dice che sono i ministri che devono preparare, non il celebrante. A riprova che i ruoli della messa sono vari e articolati. Inoltre, si dice che i ministri preparano «sull’altare». Non sarebbe strano se il prete, a questo punto, finita la preghiera dei fedeli, per un istante, si sedesse alla sede, mentre avviene la preparazione e mentre si raccolgono le offerte nell’assemblea. Dovrebbe trattarsi, cioè – se l’espressione va presa sul serio – di vera preparazione e come tale dovrebbe anche apparire. Da qui, alcune semplici indicazioni. Se è a questo punto che «i ministri preparano» ciò che serve per la cena, appare logico che ciò che deve essere preparato adesso non deve già essere preparato prima. Si ripropone, anche in questo passaggio, la funzione simbolica centrale dell’altare, che non funge indistintamente da ambone, sede, tavolo di servizio, “spazio di rifugio” per tutto quello che serve… In particolare, gli oggetti che devono essere preparati a questo punto della liturgia dovrebbero trovarsi, possibilmente, su un tavolo laterale diverso dall’altare, per essere poi spostati sull’altare. Il che permetterebbe di vedere la «preparazione dei doni» come vera preparazione, vera messa in tavola del cibo e della bevanda che servono. In effetti non è – e non può apparire – vera preparazione lo spostare, per pochi centimetri, il calice e il resto da un lato al centro dell’altare. Quando è così, la preparazione è striminzita, poco visibile: si fatica a vederla, appunto, come vera preparazione. La liturgia, il “fare” tipico della liturgia, giova ripeterlo anche a questo punto, o lo si vede e lo si percepisce, o non è. Tutto questo vale anche nel caso di una celebrazione “solitaria” del prete senza ministri. Il prete dovrebbe, lui, spostare le cose dal tavolo laterale all’altare, disporre, preparare. In quel caso il prete è il ministrante di se stesso. Non è il massimo, ma è la verità di quella particolare liturgia e della sua relativa povertà. Non si salva la nobiltà della liturgia semplicemente facendo […]

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Miscellanea Francescana n. I - II/2022https://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026324/miscellanea-francescana-n-i---ii2022.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/2484300026324/miscellanea-francescana-n-i---ii2022.htmlFri, 15 Jul 2022 16:53:22 +0200Il testo sacro dei musulmanihttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829010073/il-testo-sacro-dei-musulmani.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829010073/il-testo-sacro-dei-musulmani.htmlFri, 15 Jul 2022 05:57:30 +0200Storia di una sconfittahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829017324/storia-di-una-sconfitta.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829017324/storia-di-una-sconfitta.htmlFri, 15 Jul 2022 05:57:25 +0200Tornare a Itacahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829015757/tornare-a-itaca.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829015757/tornare-a-itaca.htmlFri, 15 Jul 2022 05:56:55 +0200Bibbia e Corano, un confrontohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829015894/bibbia-e-corano-un-confronto.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788829015894/bibbia-e-corano-un-confronto.htmlFri, 15 Jul 2022 05:56:51 +0200Primi libri per leggere il mondohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788893575218/primi-libri-per-leggere-il-mondo.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788893575218/primi-libri-per-leggere-il-mondo.htmlWed, 13 Jul 2022 05:57:24 +0200Come nasce un leaderhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873689/come-nasce-un-leader.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788849873689/come-nasce-un-leader.htmlSat, 09 Jul 2022 05:55:23 +0200Gioco dell'Eroehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539034/gioco-delleroe.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539034/gioco-delleroe.htmlWed, 06 Jul 2022 06:01:45 +0200Gioco dell'Eroehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539027/gioco-delleroe.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539027/gioco-delleroe.htmlWed, 06 Jul 2022 06:01:40 +0200Sabbiahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539058/sabbia.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539058/sabbia.htmlWed, 06 Jul 2022 05:59:31 +0200Sabbiahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539041/sabbia.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539041/sabbia.htmlWed, 06 Jul 2022 05:59:27 +0200Fiabe giapponesihttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539072/fiabe-giapponesi.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539072/fiabe-giapponesi.htmlWed, 06 Jul 2022 05:58:58 +0200Fiabe giapponesihttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539065/fiabe-giapponesi.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539065/fiabe-giapponesi.htmlWed, 06 Jul 2022 05:58:54 +0200Anna M. Cànopihttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788867371587/anna-m-canopi.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788867371587/anna-m-canopi.htmlWed, 06 Jul 2022 05:58:41 +0200Anna M. Cànopihttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788867371570/anna-m-canopi.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788867371570/anna-m-canopi.htmlWed, 06 Jul 2022 05:58:38 +0200Il cielo delle Alpi Ogni estate i giornali annunciano la fine dei grandi ghiacciai alpini. Ma com'è cambiato il clima sulle nostre montagne? E soprattutto, come l'uomo ha convissuto con le trasformazioni che hanno attraversato i millenni? La storia del cielo sopra le Alpi in 12 tappe appassionanti.

Cosa pensava ...tzi dell'ambiente in cui viveva e in cui trovò la morte? Da dove nasce l'idea di Annibale di valicare i passi alpini? A quali esseri magici e religiosi si sono da sempre votati i Walser per vivere fra le nevi e i ghiacci del Monte Rosa? Da quali fenomeni atmosferici e climatici si è fatto incantare Leonardo da Vinci di fronte alle Alpi? O, ancora, come hanno osservato, vissuto, studiato, rappresentato il clima alpino tra Sette e Ottocento de Saussure, Napoleone, Turner e Segantini? Come lo hanno raccontato Mario Rigoni Stern e Pierluigi Cappello? Cos'ha significato per i più grandi alpinisti del Novecento, Walter Bonatti e Reinhold Messner? Il cielo delle Alpi vuole ripercorrere e ricostruire il rapporto che l'uomo ha instaurato con il clima delle Alpi nel corso dei secoli attraverso le vicende di alcuni fra i personaggi più noti del passato e del presente. Un percorso lungo il tempo e lo spazio narrato dall'interno, attraverso lo sguardo e le sensazioni di coloro che più di tutti sono entrati nell'immaginario collettivo come i veri conoscitori delle Alpi.

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Il digiuno secondo Santa Ildegardahttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788827231807/il-digiuno-secondo-santa-ildegarda.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788827231807/il-digiuno-secondo-santa-ildegarda.htmlWed, 06 Jul 2022 05:55:33 +0200Contemporaneo Classicohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788893575065/contemporaneo-classico.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788893575065/contemporaneo-classico.htmlFri, 01 Jul 2022 06:10:46 +0200Le nuove storie del negozio di bambolehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539010/le-nuove-storie-del-negozio-di-bambole.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539010/le-nuove-storie-del-negozio-di-bambole.htmlThu, 30 Jun 2022 06:07:49 +0200Le nuove storie del negozio di bambolehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539003/le-nuove-storie-del-negozio-di-bambole.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833539003/le-nuove-storie-del-negozio-di-bambole.htmlThu, 30 Jun 2022 06:07:45 +0200Viaggio nell'Antico Egittohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833363943/viaggio-nellantico-egitto.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833363943/viaggio-nellantico-egitto.htmlThu, 30 Jun 2022 06:06:55 +0200Viaggio nell'Antico Egittohttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833363936/viaggio-nellantico-egitto.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833363936/viaggio-nellantico-egitto.htmlThu, 30 Jun 2022 06:06:52 +0200Stickeen: La storia di un canehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833538990/stickeen-la-storia-di-un-cane.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833538990/stickeen-la-storia-di-un-cane.htmlWed, 29 Jun 2022 06:34:26 +0200Stickeen: La storia di un canehttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833538860/stickeen-la-storia-di-un-cane.htmlhttps://www.libreriadelsanto.it/ebook/9788833538860/stickeen-la-storia-di-un-cane.htmlWed, 29 Jun 2022 06:34:13 +0200