Citazione spirituale

La cattività babilonese della Chiesa (1520). Testo latino a fronte

di

Lutero Martin


Copertina di 'La cattività babilonese della Chiesa (1520). Testo latino a fronte'
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EAN 9788870166071

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Descrizione
Tipo Libro Titolo La cattività babilonese della Chiesa (1520). Testo latino a fronte Autore A cura di Fulvio Ferrario, G. Quartino Editore Claudiana EAN 9788870166071 Pagine 368 Data gennaio 2006 Collana Lutero opere scelte
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il 22 agosto 2012 alle 20:02 ha scritto:

Confrontarsi significa per alcuni, affrontare i limiti per superarli. Questo testo, anche se datato, scritto da un grande uomo che ha fatto storia, sa dire ancora le ragioni che dividono, anche se rimane un testo che divide. E' indicato in chi vuole veramente attingere alle sorgenti del dissidio che divide le chiese e non fermarsi a quello che gli altri dicono. Lo consiglio solo a chi vuole veramente fare confronto su basi sicure e non informarsi per confondersi ulteriormente.

il 3 settembre 2018 alle 18:07 ha scritto:

Questo libro l'ho letto con molta attenzione per la mia tesi di Licenza. In questo commento mi astengo dal giudicare il contenuto dell'opera perché non sarebbe giusto, ma vorrei con estrema sintesi far capire il contenuto di questo scritto, che sotto alcuni punti di vista può essere accettato anche da un cattolico. Con quest'opera: "De captivitate babylonica ecclesiae praeludium", pubblicata nel 1520, Lutero si è rivolto soprattutto ai teologi, per presentare la situazione di "prigionia" in cui versa la chiesa (da qui il riferimento alla cattività babilonese esperimentata dal popolo ebraico). La tesi di fondo è la seguente: i sacramenti non sono riti magici che producono un effetto indipendentemente dalla fede di chi li celebra o li riceve. Senza il primato della fede nella Parola salvifica di Dio, i sacramenti sono superstizioni. Riprendendo la distinzione medioevale tra "opus operatum" e "opus operantis", Lutero ha detto che "l'opus operatum" (cioè l'azione sacramentale in se stessa) deve diventare "opus operantis" (cioè azione compiuta nella fede da parte del ministro del sacramento). Il monaco tedesco in questo scritto riconosceva come sacramenti solo il battesimo, la sacra cena (ovvero l'Eucaristia) e la penitenza: «Per me non esiste alcun altro sacramento; esiste un sacramento solo là dove si presenta un'esplicita promessa divina».
Per quanto concerne l'Eucaristia Lutero ha parlato di una triplice prigionia: il rifiuto della seconda specie (il vino) ai fedeli; la dottrina della transustanziazione che dovrebbe essere una semplice ipotesi e non un dogma di fede; l'idea che l'Eucaristia sia un sacrificio o un'opera umana, piuttosto che un dono divino. Per quanto riguarda l'uso lingua nella celebrazione della sacra cena, Lutero preferì mantenere il latino. In uno scritto del 1526, Messa tedesca e ordine del servizio divino, Lutero ha detto espressamente che per timore di scandalizzare i deboli si può continuare ad usare la lingua latina. Tuttavia la lingua volgare rende più semplice la comprensione del rito eucaristico da parte del popolo.
Per quanto riguarda il battesimo Lutero ha affermato che non è tanto l'acqua che lava il peccato, ma la fede di chi si fa battezzare o la fede dei genitori e dei padrini se il battezzato è ancora piccolo. Il battesimo è un simbolo della morte e della risurrezione: mediante la fede anche nel battezzato si realizza una sorta di risurrezione, una rinascita alla vita nuova. Non è l'acqua che opera la trasformazione, ma la fede nella Parola di Dio unita all'acqua.
Per quanto riguarda la penitenza o confessione Lutero ha sostenuto che non è un elenco di peccati, ma la fede nella promessa del perdono. Il confessore si limita a consolare e ad incoraggiare il penitente. Chi perdona è solo Cristo. Da parte del fedele si richiede la fede nel gesto salvifico di Cristo. Ecco cosa ha scritto Lutero a questo proposito: «Nel sacramento della penitenza e nella remissione della colpa nulla di più fa il papa e un vescovo di quello che fa l'ultimo prete, anzi dove non vi è un prete, lo fa altrettanto qualsiasi cristiano, fosse egli pure un bambino o una donna. Un cristiano qualsiasi, infatti, che ti dicesse Dio ti perdona i tuoi peccati, sempre che tu potessi coglierne la parola con ferma fede, come se ti parlasse Dio, nella fede medesima tu puoi essere certo di essere assolto. Ogni cosa dipende, quindi, assolutamente dalla fede nella Parola di Dio».
Successivamente la penitenza è stata messa da parte e i sacramenti per i luterani sono solo due: battesimo e sacra cena.
Secondo Lutero degli altri quattro sacramenti (cresima, matrimonio, sacerdozio e unzione degli infermi) non c'è alcun fondamento biblico. Per quanto riguarda il sacerdozio, Lutero sosteneva che in forza del battesimo tutti i cristiani sono sacerdoti, come dice la Scrittura: «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa» (1 Pt 2,9). Viene in mente qui l'affermazione del Vaticano II che afferma il sacerdozio battesimale. Da qui consegue la dottrina del libero esame: se tutti i battezzati sono sacerdoti, è possibile la lettura diretta della Scrittura senza la mediazione di una classe sacerdotale. La differenza tra i laici e i pastori della comunità non è di grado, ma solo funzionale. I pastori sono semplici funzionari, preposti alla guida delle assemblee comunitarie.
A conclusione del suo trattato Lutero scriverà che il suo tentativo è stato quello di mettere in evidenza sia la retta interpretazione della Scrittura e sia l'autentico uso dei sacramenti. Se c'è riuscito, chi ha letto quest'opera lo potrà dire.
Spero che nessun riformato sia contrariato da questo piccolo commento.