Citazione spirituale

Don Luigi Sturzo sacerdote di Cristo al servizio dell'uomo

di

Sergio Siracusano


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EAN 9788899725495

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Descrizione
Tipo Libro Titolo Don Luigi Sturzo sacerdote di Cristo al servizio dell'uomo Autore Editore Edizioni Palumbi EAN 9788899725495 Pagine 64 Data marzo 2017 Peso 154 grammi
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sacerdote di Cristo
al servizio dell'uomo



prefazione di S.E. Mons. Michele Pennisi
sacerdote
di Cristo
al servizio
dell'uomo
prefazione di S.E. Mons. Michele Pennisi



Si ringrazia:
C.I.S.S. - Centro lnternazionale Studi Luigi Sturzo
Via Pietro Cavallini, 24 - 00193 Roma
Tel. 06 32650423 - Fax 06 32111419
www.centrosturzo.it - ciss.segreteria@gmail.com

© 2017 Edizioni Palumbi - Editoria della speranza



Codice libro: 315
ISBN 978-88-99725-49-5


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PREFAZIONE
S.E. MONS. MICHELE PENNISI


Don Sergio Siracusano, presbitero della diocesi di Messina
nella quale è Direttore dell'Ufficio diocesano per i problemi sociali e
il lavoro, in questo agile volume, pubblicato dalle Edizioni Palumbi
di Teramo, ci presenta il paradosso di un sacerdote che ha vissuto una
spiritualità incarnata nel contesto sociale del suo tempo ed ha esercitato
la sua carità pastorale attraverso un impegno culturale, sociale e politico
d'ampio respiro.

Non si è trattato di un'impresa facile sia per la vastissima
bibliografia sturziana sia per la poliedricità della personalità di Luigi
Sturzo che agì come uomo di pensiero e pensò come uomo d'azione. Il
merito del libro è di andare al nucleo del pensiero e dell'azione di don
Luigi Sturzo che volle essere 'sempre, soltanto, ovunque sacerdote'.

Don Luigi Sturzo con intuito profetico avvertì come sua
missione quella di introdurre la carità cristiana nella vita pubblica
nella convinzione che questa virtù teologale non può ridursi solo alla
beneficenza, ma deve essere l'anima della riforma della moderna
società democratica ove le persone sono chiamate a partecipare
responsabilmente alla vita sociale per realizzare il bene comune. La
carità non può essere dissociata dalla ricerca della giustizia la quale è
determinata dall'amore verso il prossimo, che a sua volta è strettamente
legata all'amore verso Dio. Da queste premesse il sacerdote calatino
concepirà la politica come dovere morale e atto d'amore.

Alla base della concezione teologica di don Sturzo soggiace una
cristologia, basata sul Concilio di Calcedonia, che porta ad escludere
sia una sorta di 'neomonofismo' integrista che confonde fede e politica,
sia una specie di 'neonestorianesimo secolarista', che conduce ad
una schizofrenica separazione dualistica fra vita cristiana e impegno
politico.

3
Don Luigi Sturzo cercò di realizzare una ortoprassi cristiana
della politica, basata su un corretto rapporto tra ordine naturale
e ordine soprannaturale, che escludesse sia un assorbimento del
naturale nel soprannaturale, sia una giustapposizione fra i due ordini.
Quest'impostazione del rapporto fra grazia e natura si ritroverà sia
nell'elaborazione del progetto di un partito laico di ispirazione cristiana,
sia nella sua sociologia storicista che è stata definita 'cristiana nella
radice anche se laica nelle foglie'. Il prete calatino elaborerà in modo
sistematico questa concezione durante l'esilio nell'opera 'La Vera Vita:
sociologia del soprannaturale'.

I principali punti cardini dell'antropologia sociale sturziana che
si ispira alla Dottrina sociale della Chiesa sono: il primato della persona
sulla società, della società sullo Stato e della morale sulla politica; la
centralità della famiglia; la difesa della proprietà con la sua funzione
sociale come esigenza di libertà; l'importanza del lavoro come diritto
e dovere di ogni uomo; la costruzione di una pace giusta attraverso la
creazione di una vera comunità internazionale.

Questi valori si basano sul presupposto che il cristianesimo è un
messaggio di salvezza che si incarna nella storia e influisce positivamente
sulla vita morale, sia privata che pubblica. La moralizzazione della vita
pubblica è legata per Sturzo soprattutto a una concezione religiosa
della vita dalla quale deriva il senso della responsabilità morale e della
solidarietà sociale.

Il contesto attuale, anche in Italia, è molto diverso da quello
vissuto da Sturzo. Oggi in molti tende a prevalere sull'impegno politico
come luogo di 'apostolato sociale' una impostazione pragmatica ed
utilitaristica che rischia di censurare i valori cristiani o uno sterile
moralismo che, considerando la politica 'cosa sporca', si rifugia in una
malintesa 'scelta religiosa' o al massimo in un impegno sociale di corto
respiro in quanto staccato da un progetto politico e culturale di alto
profilo.

Il riferimento a quanto don Luigi Sturzo ha teorizzato ed ha
praticato in tutta la sue esistenza sacerdotale, si rivela di grande

4
attualità, in un momento in cui assistiamo ad un disamore nei confronti
della partecipazione politica, ad un diffuso sentimento antipolitico e al
ritorno di populismi che possono preludere a sistemi antidemocratici
del secolo scorso dai quali pensavamo di esserci liberati.

L'importanza del contributo di don Luigi Sturzo al problema del
rapporto fra carità cristiana e impegno politico non sta tanto nel fatto
che egli abbia trovato delle formule magiche adatte ad ogni situazione
e ad ogni ambiente e capaci di dipanare come d'incanto tutta una serie
di questioni complesse, ma nell'aver indicato con la sua vita e con i
suoi scritti una serie di orientamenti, che rimandano ad un impegno
creativo e responsabile per realizzare una prassi politica animata dalla
fede, vissuta come esigenza intrinseca dell'amore cristiano, in spirito di
servizio e di dialogo con gli uomini del nostro tempo.

Auguro a questo volume per il quale ringrazio oltre all'autore
anche l'Editore e il Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo, un'ampia
diffusione fra il clero e fra i laici desiderosi di rendere attuale e concreto
quanto papa Francesco ha raccomandato soprattutto ai giovani nel
Convegno ecclesiale di Firenze.

' Michele Pennisi
Arcivescovo di Monreale
e Presidente della Commissione storica
per la beatificazione di don Luigi Sturzo




5
INTRODUZIONE


Il presente lavoro intende mettere a fuoco la figura di don Luigi
Sturzo, sacerdote siciliano che ha segnato la storia del movimento
cattolico tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.
L'attenzione è concentrata su don Luigi Sturzo sacerdote:
l'obiettivo è di approfondire come la sua missione poliedrica di
economista, sociologo, politico, trovi la sua origine nella vocazione
sacerdotale.
Nel primo capitolo si guarda alla sua storia personale. In tutto il
suo percorso di vita, pur tortuoso e difficile - si pensi all'esilio ' è stato
guidato sempre da una fede profonda in Dio e dalla consapevolezza
della sua missione nella Chiesa e nell'obbedienza al Sommo Pontefice
per l'edificazione del Regno di Dio.
Il secondo capitolo evidenzia la dimensione profetica della sua
missione, così come emerge dai suoi scritti e attraverso la sua vita. Da
vero apostolo della politica e della vita sociale al centro del suo agire
ha messo sempre la persona umana, affrontando così la 'questione
antropologica' tanto presente nell'attuale magistero dei Vescovi e del
Papa.
Il terzo capitolo volge l'attenzione all'impegno politico, vissuto
come atto di amore. Per Sturzo la politica 'non è una cosa sporca', ma
un impegno di carità. Interessante è poi la sua concezione dello stato:
una visione che tiene conto del principio di sussidiarietà e del primato
della persona umana. Frutto di un'analisi profonda e di una capacità
di lettura del presente è la denuncia dei mali della politica. Vengono
poi approfondite la genesi e le motivazioni che stanno alla base della
ideazione del Partito Popolare.
Nell'ultimo capitolo si analizza la spiritualità sturziana
presente nel libro 'La vera vita', che sottolinea come la dimensione
soprannaturale sia essenziale per vivere la missione e la spiritualità
laicale. Don Sturzo incoraggia una spiritualità incarnata, che stimoli la
testimonianza e l'azione dei laici nel mondo, così anticipando alcune
note essenziali del Concilio Vaticano II sull'apostolato dei laici.

7
CAPITOLO I


Sacerdote di Cristo

1.1 - 'Sempre, soltanto, ovunque sacerdote'

«Di don Sturzo si è parlato molto e se ne parla ancora come letterato, filosofo,
sociologo e, soprattutto, come politico ed è quest'ultimo l'attributo ancora oggi
dominante, malgrado la sua veste sacerdotale. Eppure, se ha lasciato correre i primi
tre attributi di letterato, filosofo e sociologo, don Sturzo ha contestato espressamente
proprio l'ultimo, quello di politico, col dire: 'io sono sacerdote, non un politico'»1.

Don Luigi Sturzo nasce a Caltagirone il 26 novembre del 1871,
da una famiglia dell'aristocrazia agraria siciliana. Educato alla pietà ed
alla disciplina, avviato poi al sacerdozio dal fratello maggiore Mario,
già sacerdote e poi vescovo di Piazza Armerina, nel maggio 1894 viene
ordinato sacerdote e decide di continuare gli studi presso l'Università
Gregoriana di Roma, dove conseguirà la laurea nel 1898. Ad un suo
compagno scrive nel 1895 da Roma, dove è andato a completare gli
studi: «Sono qui per studiare teologia e sociologia: quella per elevarmi
a Dio e alle cose divine, questa per prepararmi a svolgere una proficua
missione a pro' del popolo»2.
Queste poche righe, che già indicano tutto un programma di
vita, mostrano da una parte la fedeltà alla sua vocazione sacerdotale,
dall'altra parte il pensiero dell'uomo di azione, che ha capito che ormai
il suo ministero sacerdotale deve svolgersi in mezzo al popolo.
La sua 'vocazione politica'3, come egli la chiama, viene
provocata dalla lettura dei documenti del magistero ecclesiastico e
dall'incontro con vari esponenti del movimento cattolico-sociale, quali
il cardinale Rampolla del Tindaro, Giuseppe Toniolo, Romolo Murri,
Filippo Meda; ma soprattutto dalla constatazione della miseria sia nei
1
C. Ruini, Apertura del Processo diocesano per la Canonizzazione di don Luigi Sturzo,
in L'Osservatore Romano, 3 maggio 2002, 7.
2
P. Stella, Luigi Sturzo Sacerdote, Pegaso Editore, Caltagirone 2000, 44.
3
L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), Lettere non spedite, Il Mulino, Bologna 1996, 41.


8
quartieri popolari romani, dove viene mandato a benedire le case, sia
nella sua Caltagirone dove un gruppo di operai si rivolge a lui per
avere consiglio e aiuto4.
Di questa esperienza romana, scrive poi lo stesso don Sturzo:
«per più giorni mi sentii ammalato; non presi cibo»5. Il Signore gli fa
comprendere così che deve impegnarsi in prima persona.
Egli, lasciata ogni altra attività, si dedica per ben 21 anni, dai
28 ai 49 anni, nel periodo centrale della sua vita, all'attuazione dei
principi della dottrina sociale della Chiesa, sulla base dell'Enciclica
Rerum Novarum di Leone XIII6.
Tornato a Caltagirone, sostenuto dal suo vescovo monsignor
Saverio Gerbino, istituisce un comitato diocesano e interparrocchiale,
una sezione operaia e successivamente quella degli agricoltori, dà vita
ad una federazione delle casse rurali della sua diocesi; fonda, inoltre,
la rivista La croce di Costantino7, organo dei comitati diocesani
e interparrocchiali di Caltagirone. Nel 1902 guida i cattolici di
Caltagirone alle elezioni amministrative e la sua lista ottiene 7 seggi
su 40. Nel 1905 viene eletto consigliere provinciale. Conserverà le
cariche di pro-sindaco e di consigliere provinciale ininterrottamente
dal 1905 al 1920. Il 23 e il 24 novembre del 1918 Sturzo riunisce a
Roma, in via dell'Umiltà n. 36, un gruppo di amici per dar vita al
nuovo partito dei cattolici. E il 18 gennaio 1919, dall'albergo di Santa
Chiara di Roma, don Sturzo diffonde l'appello A tutti i liberi e forti.
Con questo appello nasce il Partito Popolare Italiano.
Nella sua missione socio-politica non viene mai meno alla
coerenza con la sua vocazione sacerdotale. Quando decide di fondare
il Partito Popolare Italiano si reca con i suoi amici nella chiesa dei SS.
Apostoli per la preghiera. Ricordando questo episodio scrive:


4
Cfr. S. Millesoli, Don Sturzo: la carità politica, San Paolo, Milano 2002, 137.
5
G. De Rosa, L'utopia politica di Luigi Sturzo, Morcelliana, Brescia 1972, 12.
6
Cfr. Leone XIII, Lettera Enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891), in EE, Vol. 3,
EDB, Bologna 1995, nn. 861-938.
7
L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), La croce di Costantino: primi scritti politici e
pagine inedite sull'Azione cattolica e sulle autonomie locali, Ed. Storia e letteratura,
Roma 1958.


9
«Durante quest'ora di adorazione rievocai tutta la tragedia della mia vita. Non avevo
mai chiesto nulla, non cercavo nulla, ero rimasto semplice prete: per consacrarmi all'azione
cattolica sociale e municipale avevo rinunciato alla cattedra di filosofia; dopo venticinque
anni ecco che abbandonavo anche l'azione cattolica, per dedicarmi esclusivamente alla
politica. Ne vidi i pericoli e piansi. Accettavo la nuova carica di capo del partito popolare
con l'amarezza nel cuore, ma come un apostolato, come un sacrificio»8.

In tutta la sua vita, che possiamo 'leggere' attraverso i suoi
numerosi scritti, ha inteso la politica soprattutto 'come la realizzazione
sociale di un ordine interiore; prima l'interiorità dell'idea forza, poi
l'esteriorità delle realizzazioni'9:

«Il segreto di questa forza, come è stato notato giustamente, è non
tanto nella coerenza delle sue idee e nella incisività del suo carattere,
quanto piuttosto nella profondità della sua stessa vita interiore»10.

È impossibile capire profondamente Sturzo se si prescinde dalla
spiritualità sottesa a tutta la sua opera e dal suo impegno pastorale di
prete. Significativa è la testimonianza di un anticlericale come Gaetano
Salvemini:
«Don Sturzo crede nell'esistenza di Dio: un Dio - badiamo bene - che non solo
esiste chissà mai dove, ma è sempre presente a quel che don Sturzo fa, e don Sturzo
gliene deve rendere conto strettissimo, immediatamente, e non nell'ora della morte...
Con quell'uomo buono (naturalmente era anche intelligente) non si scherzava [...].
Discuteva e lasciava discutere di tutto, con una libertà di spirito, che raramente avevo
trovato nei cosiddetti liberi pensatori; ma quando si arrivava alla zona riservata, cadeva
la cortina di ferro, don Sturzo non discuteva più»11.


Jacques Maritain di don Sturzo dice:
«Ciò che al di sopra di tutto colpiva in lui era la pace dell'anima, la fiducia
soprannaturale e una straordinaria serenità la cui sorgente era nascosta in Dio. Si
percepiva che egli riceveva la forza della sua missione sacerdotale e dall'offerta
nella quale donava se stesso offrendo Gesù Cristo. Sacerdote innanzi tutto, egli non

8
L. Sturzo, Politica e morale (1938), Coscienza e politica. Note e suggerimenti di
politica pratica (1953), Zanichelli, Bologna 1972, 106-107.
9
C. Ruini, Apertura del Processo diocesano per la Canonizzazione di don Luigi Sturzo, 7.
10
C. Ruini, Apertura del Processo diocesano per la Canonizzazione di don Luigi Sturzo, 7.
11
G. Salvemini, Memorie di un fuoruscito, Feltrinelli, Milano 1960, 52-53.


10
aveva difficoltà a mantenere intatti, in mezzo alle agitazioni politiche, il suo mi­ istero
n
sacerdotale e la sua vita interiore. In lui l'attività temporale e la vita spirituale erano
tanto più perfettamente di­ tinte perché intimamente unite, nell'amore e nel servizio di
s
Cristo»12.

L'impegno socio-politico di Sturzo è stato sempre concepito da
lui come una esplicazione particolare della sua vocazione sacerdotale:
«Nella mia vita ho chiesto incessantemente al Signore di essere sempre,
soltanto, ovunque sacerdote: alter Christus»13.


1.2 - Gli anni dell'esilio

L'avvento del Fascismo al potere lo vede oppositore intransigente.
Nel 1922 Sturzo si oppone al ritorno di Giolitti ed è contrario anche al
governo Facta e, successivamente, al governo Mussolini. Nell'aprile
del 1923 si tiene a Torino il Congresso del Partito Popolare che
avrebbe dovuto portare secondo le intenzioni di Sturzo a svincolarsi
dalla collaborazione governativa, ma le cose vanno diversamente. Il 10
luglio, nel rispetto alla volontà della Santa Se­ e, Sturzo dà le dimissioni
d
da segretario del partito e nel 1924 anche dalla direzione del partito.
Nel frattempo gli perviene l'invito del cardinale Gasparri a lasciare
l'Italia. Sturzo parte, in obbedienza silenziosa, per Londra il 26 ottobre.
Vennero allora gli anni tristi, quelli che lui chiamò l''inverno politico'
del PPI. «L'esilio di Sturzo diventava una specie di sacrificio necessario
alla pace religiosa in Italia»14.
Il suo esilio dura ventidue anni: prima a Londra (1924-1940) e
infine a New York (1940-1946). Quando il 22 settembre del 1940 Sturzo
lascia Londra diretto a New York, il suo stato d'animo è quello di chi
pensa di «aver subìto un nuovo esilio nell'esilio»15. Fonda a New York
l'American People and Freedom Group, un'associazione di cattolici
12
J. Maritain, Hommage a Don Sturzo, in F. Della Rocca, Itinerari sturziani, Edizioni
Politica Popolare, Napoli 1959, 9-10.
13
P. Stella, Luigi Sturzo, 45.
14
M. Baldini, Introduzione in L. Sturzo, I mali della politica italiana. Pensieri Liberali
(I Maestri del Liberalismo) Armando Editore, Roma 2000, 36.
15
G. De Rosa, Luigi Sturzo, Utet, Torino 1977, 303.


11
democratici e stringe rapporti con esuli quali Gaetano Salvemini, Carlo
Sforza e Lionello Venturi16.
Il tempo dell'esilio segna un momento importante per la vita di
don Sturzo che si dedica, essendo l'azione preclusa, all'opera dottrinale
che doveva portarlo a dare sistemazione alle sue idee, in una visione
complessiva della società e dello Stato. Nascono così: L'Italia e il
fascismo (1928), La comunità internazionale e il diritto di guerra
(1928), La società. Sua natura e leggi (1935), Politica e morale (1938),
Chiesa e Stato (1939), La vera vita. Sociologia del soprannaturale
(1943), L'Italia e l'ordine internazionale (1944), Problemi spirituali
del nostro tempo (1945).
Don Sturzo, lontano dall'Italia e dall'impegno in prima persona,
ha più tempo per meditare. Spesso riflette sul suo essere sacerdote e si fa
«sempre più convinto della stretta consequenzialità tra esperienza spirituale e
impegno socio-politico ' che fu la sua «strada inusitata», la sua «via eccezionale» per
vivere la missione pastorale ', tra rapporto con Dio e dono di sé agli altri»17.

Con insistenza egli tematizza questa nuova consapevolezza nei
suoi libri e nelle lettere inviate da Londra e dagli Stati Uniti.
Si rende conto della disparità tra ansia pastorale e anelito
spirituale che difatti aveva segnato il suo impegno politico e che ora,
guardando dal di fuori l'Italia e quasi prendendo distanza anche da sé,
riconosceva come il limite maggiore di quella stagione: il «divorzio nel
quale si è mantenuta la vita politica dalla spirituale», come nel 1930
scrive in una delle sue immaginarie «lettere non spedite»18.
La sua profonda spiritualità cristocentrica e la sua ansia di
santità emergono anche nel voluminoso carteggio che Luigi, durante
il lungo periodo del suo esilio, ha con suo fratello Mario, vescovo di
Piazza Armerina19. Il 18 maggio 1929, alla vigilia del trentacinquesimo

16
Cfr. M. Baldini, Introduzione, in L. Sturzo, I mali della politica italiana, 37.
17
Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici
Italiani, ' Senza pregiudizi né preconcetti per gli ideali di giustizia e di libertà, nella
loro interezza, Caltagirone, 27 febbraio 2009, 23.
18
Cfr. L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), Lettere non spedite, 204.
19
Cfr. S. Latora, La vocazione universale alla Santità in Mario e Luigi Sturzo (Pastorale
e Spiritualità - Varie - 67), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010.


12
anniversario della sua ordinazione sacerdotale, immaginando di scrivere
al fratello Mario, annota:
«Un tempo sembrava sicuro che la mia attività, per quanto eccezionale, fosse
rispondente al mio ministero, e agli alti scopi spirituali della vocazione. L'intreccio di
vita di cultura e di arte, di azione cattolica e di attività amministrative, di lotte politiche
e religiose mi ha portato a lavorare dove io non sognavo, a coprire cariche alle quali
non aspiravo, a combattere battaglie non prima desiderate. Ma una posizione ne ha
chiamate altre; problemi economici e preoccupazioni politiche hanno agitato l'animo
mio, mentre la mia giornata è stata piena, piena da non avere il momento di riflettere su
me stesso e di rivedere il mio cammino. Mi è parso che la retta intenzione di servire Dio
e di non lavorare per me, ma per gli altri e per Dio non sia venuta mai meno, neppure
nei momenti di maggiore ardore di attività e di più impegno a superare gli ostacoli e ad
affermare la mia volontà. Mi è parso: ma è stato così' Non ho equivocato e creduto che
fosse retto quel che non era' Avrò sbagliato per mancanza di preparazione spirituale,
per mancanza di misura, per non chiara percezione di quel che fosse il mio dovere [...].
Perché tutto ciò mi ritorna a mente, oggi, che non ho più nulla di quel che io ebbi di
lavoro attivo e di lotte nei campi sociale e politico' È perché mentre ieri mi sentivo
sicuro del mio lavoro e quindi ne proseguivo tutte le possibilità con fede e fervore; oggi
non sono più contento del passato, sono dubbioso del presente, e le vie che tento mi
sembrano non conclusive, e temo del mio avvenire come di un avvenire spiritualmente
oscuro»20.

Scrive sempre al fratello da Londra il 19 aprile 1933:
«Vorrei essere santo, ma la via è lunga e io vedo che non progredisco e chissà
che non vado indietro. Tu preghi per me, e te sono grato assai; nella comunione delle
preghiere vi è un conforto reciproco per una più intensa vita spirituale»21.

La celebrazione quotidiana della Messa costituisce il fulcro della
sua giornata. La sua Messa, chiamata da molti suoi amici 'la messa di
S. Alfonso dei Liguori', per la devozione e per la commozione con cui
la celebra, è rimasta impressa in molti che lo hanno conosciuto22.
Durante una malattia scrive da Londra il 28 gennaio 1937:
«L'unica consolazione è che posso andare a dire la Messa e arrivo a
dire il breviario e le preghiere. Tutto il resto mi stanca»23.
20
L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), Lettere non spedite, 104-105.
21
L. Sturzo, Lettera di Luigi a Mario, in L. Sturzo - M. Sturzo, Carteggio, vol. III
(1932-1934), Ed. Storia e letteratura, Roma 1985, 202.
22
Cfr. S. Millesoli, Don Sturzo, 93-94.
23
L. Sturzo - M. Sturzo, Carteggio, vol. IV (1935-1940), Ed. Storia e letteratura, Roma 1985, 222.


13
Queste lettere ci mostrano uno Sturzo desideroso di essere
innanzitutto un buon prete. Non meraviglia dunque che egli abbia
potuto descrivere a Ernesto Calligari, nell'aprile del 1926, la sua attività
sociale come:

«esplicazione di apostolato religioso e morale. Non avessi avuto questa
convinzione e questa finalità, non avrei potuto conciliare le mie attività col mio carattere
sacerdotale e con la mia unica aspirazione di servire Dio»24.


E alla sua traduttrice americana, Barbara Carter, scrive nel 1928:

«Voi non credereste che la mia vocazione politica non fu per niente una
vocazione, né un'aspirazione della mia giovinezza, né un'attrattiva fantastica o
sentimentale; fu una conseguenza non cercata della mia attività religioso sociale presso
operai e contadini»25.


D'altra parte, sempre fingendo di rivolgersi a Barbara Carter,
scrive nel 1931:

«Sono vissuto come in margine al Sacerdozio, spesso travolto dal turbine delle
lotte umane. La mia esperienza della vita e dell'anima umana è abbastanza larga in altri
campi che non quelli strettamente religiosi»26.



1.3 - Il rientro in Italia

Il 27 agosto del 1946 si imbarca a New York e arriva a Napoli il 5
settembre.
Viene accolto come trionfatore con tutti gli onori, ma ormai i
tempi sono cambiati e la situazione è drammatica: i problemi della
guerra perduta col paese da ricostruire materialmente e da ricomporre
moralmente, con l'inflazione da combattere, col referendum e il trattato
di pace da affrontare; incombe la minaccia dello stalinismo. E l'Italia del

24
L. Sturzo, Lettera del 10 aprile 1926 a Mikros (pseudonimo di Calligari) in
L. Sturzo, Scritti inediti, vol. II, Edizione Cinque Lune, Roma 1975, 137-138.
25
L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), Lettere non spedite, 41.
26
L. Sturzo (a cura di G. De Rosa), Lettere non spedite, 245.


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il 12 maggio 2017 alle 16:40 ha scritto:

Ottimo libro e servizio serio, lo consiglio