Nella fine l'inizio

Giustamente l’infaticabile Rosino Gibellini titola il suo editoriale: “una teologia per il regno di Dio. A quarant’anni dalla Teologia della speranza”, l’opera che ha rivelato J. Moltmann, uscita nel 1964, al centro di un appassionato dibattito. Egli riassume in quattro punti i caratteri distintivi di questo breve lavoro, conclusivo del suo percorso: la vastità dell’orizzonte della speranza cristiana, la radicalità e la creatività della speranza cristiana, la speranza nell’orizzonte del Regno. Tre sono le grandi parti in cui si struttura: Ogni inizio ha il suo fascino (il fascino della nascita del bambino e della giovinezza tempo fenomenologico della speranza; Nella mia fine è il mio inizio (il nuovo inizio dopo le catastrofi, di cui la piú grande è la morte di Gesú in croce e la risurrezione nuovo inizio assoluto); O inizio senza fine (la vita dopo la morte cioè i novissimi). Delle tre parti le piú vivaci sono le prime due, mentre la terza è ovviamente la piú diafana, ancorché pur essa suggestiva. Il linguaggio è quello della conferenze come dichiara l’A. stesso: “I capitoli che si susseguono sono conferenze da me svolte allo Studium generale dell’università di Tubinga, all’Accademia evangelica, al Kirchentag e in varie conferenze” (p. 18). Della conferenza ha la vivacità, il vasto ricorso a fonti culturali e religiose (fino alla Bhavagad Githa indiana), l’uso dell’analisi fenomenologica e della rigorosa argomentazione teologica. Perciò unisce insieme l’alta argomentazione e lo sguardo al presente cui muove la critica di essere senza speranza come suonano chiaramente alcuni sottotitoli: “Figli del consumismo”, “Le attuali paralisi spirituali”, “culto degli antenati”, rivalutazione di tale culto in alcuni paesi dell’Asia e dell’Africa. Un libro che si legge con piacere e con profitto anche perché dona speranza.

Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)