Citazione spirituale

L' autenticità dell'esistenza e il problema di Dio in Martin Heidegger

di

Di Bella Teodoro


Copertina di 'L' autenticità dell'esistenza e il problema di Dio in Martin Heidegger'
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EAN 9788886212311

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Tipo Libro Titolo L' autenticità dell'esistenza e il problema di Dio in Martin Heidegger Autore Editore Istituto Teologico San Tommaso di Messina EAN 9788886212311 Pagine 149 Data 2004 Collana Convegni ricerche atti

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il 17 febbraio 2011 alle 20:23 ha scritto:

Il libro del docente e cappuccino Teodoro di Bella è un libro che lascia parlare il filosofo tedesco glossando né in eccesso, né in difetto - grande è la mole di lavori su Heidegger (1889-1976). Il testo heideggeriamo maggiormente citato è naturalmente Essere e Tempo: il lavoro di una vita, in cui si indagano l'"esser-ci", la "cura", la temporalità. Il Dasein è "questo ente che noi stessi sempre siamo", ovvero l'uomo è protagonista perchè come scrive l'autore, è un animale che ha la ragione. Tutta la filosofia heideggeriana si compie nell'interpretazione dell'Esser-ci, nell'esplicitazione della verità. "L'Esserci, in quanto essenzialmente essere-nel-mondo, è in quanto tale, un prendersi cura", ovvero realtà materiale e formale dell'Esserci in relazione alle cose che sono nel mondo in una tensione di autoprogettazione. "Chi getta, nel progettare, - scrive Heidegger - , non è l'uomo ma lo stesso Essere, che destina (schickt) l'uomo nell'eksistenza dell'Esserci (Dasein) come sua essenza. Questo destino (Geschick) accade come apertura dell'essere", e integra il p. Di Bella, "con ciò si dà la storia dell'essere" e quindi la temporalità è l'orizzonte su cui l'essere è, di più, è la sua stessa storia. Altro aspetto primario della speculazione filosofica di Martin Heidegger riguarda l'autenticità e l'inautenticità dell'esistenza e l'autore coglie, pur nella molteplicità degli elementi, la differenza tra queste due condizioni dell'uomo nella paura che "essendo sempre paura di un ente [...] proviene da una determinata prossimità [e] si pone sul piano ontico", nell'immediatezza e empiricità dell'esistenza inautentica mentre il sentire angosciato conduce ad un sentimento originario ponendosi sul piano ontologico dell'essere immutabile. Tout court "La distinzione tra paura e angoscia è fondata 'nel davanti-a-che' (Wovor) si prova paura o angoscia" ma quest'ultima non è davanti ad un ente determinato ma all'"essere nel mondo come tale" riprendendo il concetto kierkegaardiano, angoscia come "paura del niente". L'uomo afferma Heidegger "impari a sperimentare l'essere nel niente e il chiaro coraggio per l'angoscia essenziale garantisce la misteriosa possibilità dell'esperienza dell'essere" che forse con una forzatura concerne anche il problema di Dio (capitolo IV): Heidegger, riferendosi ai suoi studi teologici giovanili afferma che "la provenienza resta sempre un futuro"; ammente quasi con amarezza il filosofo tedesco che al Dio dei filosofi "l'uomo non può né rivolgere preghiere, né offrire sacrifici... l'uomo non può cadere in ginocchio". Di Bella, nel senso heideggeriano, aggiunge che il pensiero puro e speculativo non incontra Dio, in quanto Dio è "un arresto nella interrogazione". Il problema di Dio viene interpretato attraverso una chiave neorazionalista dove la morte viene indagata profondamente e viene vista come "l'estrema possibilità dell'Esserci, la fine di ogni possibilità", "distruzione dell'esistente come struttura: l'Esserci non è più nel mondo". L'autore rileva come in questa prospettiva l'esistenza può apparire come una colpa originaria - attendere (erwarten) la propria morte, essere-per-la-morte, in una assenza di speranza che però Heidegger non esplicita in definitivo nihilismo anche se l'interpretazione neorazionalista è quella dell'oblio dell'essere come condizione strutturale del pensiero ("Il mondo della metafisica compiuta è il mondo nel quale, secondo l'espressione di Nietzsche, 'il deserto cresce'"). Altra interpretazione è quella ermeneutica, dove l'indagine linguistica ed etimologica è sorgiva, la nuova domanda è: Che cos'è pensare?. Immersi come siamo nella non-verità, la salvezza per la verità è possibile trovarla nel ricordare il riconoscimento della essenzialità e della gratuità nel "raccoglimento interiore"; Scrive Heidegger: [La] parola può avere il tono particolare della pietà e della devozione ed essere riferita alla preghiera solo perché indica già nella sua ampiezza essenziale il rapporto del raccoglimento con ciò che è integro e pieno di grazia... Ciò che da sempre ci dà da pensare" (Dio?!) "è il più considerevole". L'interpretazione religiosa è quella che pone l'accento sul tendere verso un'autenticità che è promessa come salvezza ultrastorica, come vera soteriologia escatologica annunciata dalla Bibbia. Questa è l'interpretazione che dà più problemi agli studiosi, dove è presente l'enigma hedeggeriano ("Ma l'essere di Heidegger si identifica con Dio?"). Il filosofo tedesco pone la questione della preventiva soluzione del problema dell'essere come tappa decisiva alla soluzione del problema di Dio. Nella tarda età, Heidegger affermerà: "Solo un Dio ci può salvare. Ci resta come unica possibilità quella di preparare nel pensare e nel poetare, una disponibilità all'apparire del Dio o al fatto che al cospetto del Dio assente, noi tramontiamo". Disponibilità dell'attesa, quindi, questo il testamento filosofico di Heidegger, che per biografia (fu novizio gesuita) iniziò e concluse la sua esistenza religiosamente (fu sepolto secondo il rito cattolico).
Certo la filosofia continentale perde terreno sulle nuove tendenze delle tradizioni anglofone, ciò non toglie che riscoprire autori come Heidegger può allargare gli orizzonti filosofici per "un possesso del mondo" attraverso una conoscenza senza paure immediate e intrise di inautenticità, riscoprendo quell'angoscia che fa crescere in modo autentico.