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Citazione spirituale

Immagini di Gesù Cristo nel cristianesimo primitivo

di

Edoardo Scognamiglio

 (1 recensione)

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EAN 9788821593703

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Descrizione

Un saggio sul Dio che ama e si comunica come amore. Ricorrendo a categorie di forte respiro biblico e antropologico, questo volume intende cogliere la rivelazione come momento determinante del cammino che conduce Dio e l'uomo a incontrarsi, nell'orizzonte di un progetto di pace. Ripercorrendo le tappe della Chiesa dei primi secoli, dalla risurrezione ai concilii di Nicea, Efeso e Calcedonia, l'Autore individua la radice comune dell'esperienza dei primi cristiani: l'esperienza autentica e viva ? ossia reale ? che i discepoli hanno fatto di Gesù, il crocifisso risorto. Le comunità cristiane delle origini hanno maturato una coscienza ecclesiale della fede con la morte e risurrezione di Gesù, proclamato (nel kerygma) Signore e Messia (Kyrios e Christos). Di questo Cristo, una tra le più antiche formule di fede confessa: «Cristo è morto per i nostri peccati, secondo la Scrittura, ed è apparso a Cefa, poi ai Dodici» (1Cor 15,3-5). È questo l'annuncio attorno al quale è nata la prima comunità cristiana, quasi certamente proprio quella di Gerusalemme, città-luogo della crocifissione di Gesù e punto di partenza dell'evangelo.

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Tipo Libro Titolo Immagini di Gesù Cristo nel cristianesimo primitivo Autore Editore San Paolo Edizioni EAN 9788821593703 Pagine 144 Data novembre 2014 Peso 173 grammi Altezza 21 cm Larghezza 13,5 cm Profondità 1,1 cm Collana Universo teologia
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L’agile saggio di Edoardo Scognamiglio, teologo e filosofo della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli) e della Pontificia Università Urbaniana (Roma), si propone di elaborare una sintetica ricognizione sull’origine della cristologia dei primi quattro secoli, in modo particolare attraverso il “volto” di Gesù Cristo che ne viene delineato. Appare subito chiaro che due sono le radici della cristologia neotestamentaria: la predicazione di Gesù e la sua morte e risurrezione, ossia storia e fede, vissuto esperienziale e celebrativo. Nella conclusione infatti l’autore ribadisce la tesi, esplicitando che «nel complesso tentativo – spesso ben riuscito – di coniugare la radice storica dell’uomo Gesù con quella divina, ossia teologica» (129), la liturgia è stata il luogo privilegiato in cui questo innesto è pervenuto. È infatti nella celebrazione che l’esperienza viva dei discepoli della prima ora diventa accessibile a ogni tradizione, cultura, comunità. L’incipit della prima lettera di Giovanni secondo cui «ciò che era fin dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita […], noi lo annunciamo a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1,1.3), mostra come questo annuncio non è semplicemente la comunicazione di una notizia, di un’informazione, ma la trasmissione di un’esperienza. Proprio per questo il cristianesimo risulta essere la presenza più piena e densa di Dio nella storia. Come afferma l’autore, «i volti di Gesù che il Secondo Testamento ci consegna, insieme alle immagini sviluppate nei secoli successivi, sono carichi di storicità, di tensioni, di preoccupazioni, ma lo sono altresì dell’approfondimento dell’esperienza della fede in colui che, annunciando il Regno di Dio, lo ha manifestato e realizzato con la sua passione, morte e risurrezione» (17).


Tratto dalla rivista Lateranum n.3/2015
(http://www.pul.it)