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Dono e perdono

di

Enzo Bianchi


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Copertina di 'Dono e perdono'
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EAN 9788806222789

In ristampa breve
Descrizione
Allegati: Estratto
Tipo Libro Titolo Dono e perdono Autore Editore Einaudi EAN 9788806222789 Pagine 94 Data maggio 2014 Peso 90 grammi Collana Vele
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Il dono



Il dono non è sufficiente se non è presente
anche il donatore.
martin lutero


Introduzione.

Il tema del dono è uno tra i piú presenti
nel grande cantiere della ricerca e della ri-
flessione contemporanea: sul «dono» le teo-
rie sono certamente molte, e anche diverse.
Marcel Mauss con il suo Essai sur le don è
stato decisivo nell'elaborazione delle teorie
sul dono, ma dopo di lui molti, soprattutto
i filosofi francesi, hanno sondato e cerca-
to di comprendere, discernere e interpreta-
re l'homo donator, l'uomo capace di donare,
l'uomo che fa dono: Georges Bataille, Émile
Benveniste, Jacques Derrida, fino a Jacques
T. Godbout. È di quest'ultimo, per esem-
pio, un'immagine molto suggestiva:
C'è una sorta di legge sociale che fa sí che ciò
che non circola muore, come avviene per il lago di
Tiberiade o il mar Morto. Formati dallo stesso fiu-
me, il Giordano, sono l'uno vivo e l'altro morto,
perché il primo dà acqua ad altri fiumi mentre il
secondo la tiene tutta per sé.




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Si medita e si ricerca sul «dono» ma si
pongono anche molte domande sulla pre-
senza del dono oggi: in una società domi-
nata dal mercato, segnata da un accentuato
individualismo, con i tratti di narcisismo,
egoismo, philautía, egolatria che la carat-
terizzano, c'è ancora posto per l'arte del
donare' È ancora possibile il donare, al di
fuori dell'ambito dei legami affettivi e del
clima della festa' Ma c'è un'altra doman-
da, a mio avviso decisiva: nell'educazione,
nella trasmissione alle nuove generazioni
della sapienza accumulata, c'è attenzione
al dono e all'azione del donare come atto
autentico di umanizzazione' C'è la coscien-
za che il dono è la possibilità di innescare
i rapporti reciproci tra umani, qualunque
poi sia l'esito'
Da una lettura sommaria e superficiale si
può concludere che oggi non c'è piú posto
per il dono ma solo per il mercato, lo scam-
bio utilitaristico; addirittura possiamo di-
re che il dono è solo un modo per simulare
gratuità e disinteresse là dove regna invece
la legge del tornaconto. In un'epoca di ab-
bondanza e di opulenza si può anche pra-
ticare l'atto del dono per comprare l'altro,




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per neutralizzarlo e togliergli la sua piena
libertà. Si può persino usare il dono ' pen-
sate agli «interventi umanitari» ' per ma-
scherare il male operante in una realtà di
guerra. Quest'ambiguità che pesa sul donare
e può pervertirne il significato non è nuova;
già nell'antichità si diceva: Timeo Danaos et
dona ferentes, «Temo i greci anche quando
portano doni» (Virgilio, Eneide II,49). Ma
c'è pure una forte banalizzazione del dono
che viene depotenziato e stravolto anche se
lo si chiama «carità»: oggi si «dona» con un
sms una briciola a quelli che i mass media
ci indicano come soggetti ' lontani! ' per i
quali vale la pena provare emozioni.
Dei rischi e delle possibili perversioni del
dono noi siamo avvertiti: il dono può esse-
re rifiutato con atteggiamenti di violenza o
nell'indifferenza distratta; il dono può esse-
re ricevuto senza destare gratitudine; il do-
no può essere sperperato: donare, infatti, è
azione che richiede di assumere un rischio.
Ma il dono può anche essere pervertito, può
diventare uno strumento di pressione che
incide sul destinatario, può trasformarsi in
strumento di controllo, può incatenare la
libertà dell'altro invece di suscitarla. I cri-
stiani sanno come nella storia persino il do-




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no di Dio, la grazia, abbia potuto e possa
essere presentata come una cattura dell'uo-
mo, novello Prometeo, un'azione di un Dio
perverso, crudele, che incute paura e infon-
de sensi di colpa.
Situazione dunque disperata, la nostra
oggi' No! Donare, cosí come amare e fare
fiducia, è un'arte che è sempre stata diffici-
le: l'essere umano ne è capace perché è ca-
pace di rapporto con l'altro, ma resta vero
che questo «donare se stessi» ' perché di
questo si tratta, non solo di dare ciò che si
ha, ciò che si possiede, ma di dare ciò che si
è ' richiede una convinzione profonda nei
confronti dell'altro. Chi è l'altro' O è l'in-
ferno ' come scriveva acutamente Jean-Paul
Sartre ' oppure è un dono che riconosco do-
nando all'altro me stesso! Cosa può essere la
società, la polis' Una communitas, un met-
tere insieme i doni (cum-munus), oppure il
non riconoscimento, il rifiuto dell'altro at-
traverso una immunitas, una chiusura asso-
luta, come ha ben analizzato nei suoi studi
Roberto Esposito. Donare all'altro, agli al-
tri, non è solo una forma di riconoscimento
comunitario, sociale, ma è il modo necessario
per entrare nell'alleanza della communitas.
Nella coscienza degli uomini, nelle strut-




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ture di umanizzazione, non c'è solo la pas-
sione per l'utile, ma c'è anche la ricerca
del legame, della relazione che sa generare
la generosità, l'amore, l'alleanza. Spesso il
comportamento individuale sembra detta-
to solo dalla pulsione philautica, egoista,
che cerca unicamente il proprio interesse;
eppure sempre si conoscerà l'eccedenza del
dono, perché l'essere umano è sempre capa-
ce di operare il bene, percependo la propria
insufficienza e cercando l'altro per una pie-
nezza di vita, che egli non possiede in sé.
Per questo, nonostante le dominanti cultu-
rali contraddicano talvolta la logica del do-
nare, persiste l'evento del dono.


1.'L'arte del donare: dare e ricevere.

Donare significa per definizione conse-
gnare un bene nelle mani di un altro senza
ricevere in cambio alcunché. Bastano que-
ste poche parole per distinguere il «donare»
dal «dare»: nel dare c'è la vendita, lo scam-
bio, il prestito; nel donare c'è un soggetto,
il donatore, che nella libertà, non costret-
to, e per generosità, per amore, fa un dono
all'altro, indipendentemente dalla risposta




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il 25 giugno 2014 alle 10:29 ha scritto:

Da leggere e rileggere.