Sofonia, secondo alcuni, era di sangue reale e discendente di Ezechia. La
Bibbia lo dice figlio dell'Etiope. Esercitò il ministero profetico ai tempi del re Giosia, tra il 640 e il 630 circa, mentre ferveva il culto idolatrico di Baal e Ninive era ancora in piedi. Si crede che abbia abitato a
Gerusalemme. Egli rimprovera aspramente i peccati di Giuda e Gerusalemme, specie dei principi, dei sacerdoti, dei falsi profeti e dei magistrati.
Possiamo dividere il libro in tre parti:
I) annunzia a Giuda e a Gerusalemme il castigo di Dio, lo dice vicino ed esorta alla penitenza;
II) annunzia il giudizio contro le nazioni;
III) oppone al generale stato di immoralità, che provoca l'ira di Dio, il regno messianico, col ritorno a Dio del popolo eletto e la distruzione delle nazioni pagane.
Gioele, figlio di Petuèl, era del regno di Giuda ed ivi esercitò il suo ministero profetico, ma dalla sua vita non si sa altro. L'epoca della sua esistenza, stando ad alcuni dati che rimandano all'occupazione persiana della
Palestina, sarebbe l'inizio del V secolo a.C. Forse di stirpe sacerdotale, si rivolge con una certa autorità ai sacerdoti, anche se il suo annuncio è destinato a tutti gli abitanti della città santa. Alla base della profezia di Gioele vi è sicuramente una calamità naturale verificatasi proprio in quei tempi. Ma il profeta ne prevede una peggiore e invita alla penitenza. La seconda parte del libro è una descrizione del «giorno del Signore», cioè del suo supremo intervento nella storia, accompagnato da una straordinaria ed universale effusione del suo Spirito. Seguirà il Giudizio divino sulle genti e l'alba di un nuovo mondo.
Il contenuto del libro è semplice: prendendo occasione da un'invasione di cavallette, il profeta annuncia il giorno di Jahvè, che è nello stesso tempo castigo del popolo eletto e delle nazioni pagane. Però ci sarà un resto di salvati, i quali saranno ripieni dello Spirito di Dio, e godranno in Gerusalemme di una felicità paradisiaca.
Possiamo riconoscere due parti nel libro:
I) annunzia il giudizio di Dio contro Giuda, simboleggiato nel flagello delle cavallette, ed esorta al
digiuno e alla penitenza;
II) dopo aver detto che Dio ha perdonato al suo popolo, promette un felice avvenire, pioggia abbondante, che renderà fertile la terra, e sarà simbolo dell'effusione dello Spirito sul popolo di Dio. Poi descrive il gran giorno di Dio, il giudizio di Dio contro i nemici, la lotta fra Dio e i nemici, che saranno annientati.
La descrizione del giorno del giudizio e dei suoi segni precursori fanno di Gioele il profeta del Giudizio.
Di Abdia non si sa nulla di preciso. Il nome vuol dire 'servo del Signore'. Visse probabilmente dopo la distruzione di Gerusalemme.
La profezia di Abdia, un solo capitolo di 21 versetti, è lo scritto più corto dell'
Antico Testamento e annunzia essenzialmente il giudizio di Dio.
Giona, figlio di Amittai, di Gat-Hefer. Così il profeta viene citato nel Secondo Libro dei Re (14,25). La sua vicenda si colloca tra la Samaria, capitale del regno settentrionale di Israele, e la Ninive dell’VIII secolo a.C., sotto il regno di Geroboamo II, in un'epoca di notevole prosperità e caratterizzata al tempo stesso da ingiustizie sociali. Cooperò probabilmente col profeta Amos. Ardente patriota, odiava i Gentili, specialmente gli Assiri, che vedeva pericolosi per il suo popolo. Ma Dio gli ordinò di andare a predicare proprio a Ninive. L'ardente patriota disobbedisce e fugge a Ioppe, e lì si imbarca su un battello fenicio. Ma una furiosa tempesta lo obbliga a manifestare il suo gesto. Gettato in mare, inghiottito da un grande pesce e rigettato dopo tre giorni sulla spiaggia, canta la potenza di Dio e va a predicare a Ninive. Ninive si converte: Dio ritira il decreto di distruzione e risponde ai lamenti di
Giona, deluso della misericordia divina, col famoso verme mandato a far seccare il ricino che faceva ombra al profeta.