Hai mai pensato che, mentre scrivi o prendi appunti, senza accorgertene stai disegnando il tuo ritratto? È così. La scrittura è lo specchio della tua personalità.
Lo specialista che si occupa di queste cose è il grafologo. La grafologia è una cosa seria, parente stretta della psicologia.
Quando parliamo ci rivolgiamo agli altri non solo con il significato delle parole che usiamo, ma anche e soprattutto con il modo con cui le pronunciamo, con il tono della voce, con i gesti e la situazione che l'accompagnano. Dire « Bravo » con un certo tono (« Bravo », « Bravo! », « Bravo! ! », «... Bravo », « Bravo... », «Bravo!?», «Bravo?» ecc.) può indicare addirittura l'opposto di quello che la parola significa.
Anche la parola scritta ha un suo « tono » cioè un movimento, una forma, un percorso: il solco lasciato dalla penna. Il grafologo ricostruisce questo percorso con un procedimento analogo a quello che il medico segue per fare la diagnosi partendo da alcuni sintomi (la febbre, il mal di pancia in questo punto..).Il grafologo attraverso i segni della scrittura ti dice di che pasta sei fatto. Questi tipi di analisi fanno riferimento a quelle di Girolamo Moretti (1879-1963),un uomo particolarmente intuitivo che è anche riuscito a individuare gli aspetti della scrittura (i segni grafologi appunto) che, opportunamente integrati e interpretati, permettono di eseguire un ritratto della personalità. E’stato scritto che non si può non comunicare. Comunichiamo (eccome!) con i nostri gesti e i nostri tic, e addirittura anche con il silenzio. Quando scriviamo, ci mettiamo in comunicazione non solo ovviamente con il significato che siamo abituati ad attribuire alle parole che usiamo (per questo ci è stata insegnata la scrittura e per questo continuiamo a ricevere magari qualche osservazione e qualche richiamo quando non si riesce a leggere ciò che scriviamo), ma con il semplice tracciato spontaneo dei segni alfabetici con cui «traduciamo » sulla carta i suoni delle parole.
E per nostra fortuna, al grafologo non interessa tanto che la scrittura sia particolarmente leggibile. Chi ha stabilito le regole per interpretare quei segni a volte indecifrabili? Non è il caso di ripercorrere qui la storia della grafologia (che, tra l'altro, probabilmente a te interessa ben poco), ma ti basti sapere che le regole sono sostanzialmente quelle del codice generale della comunicazione non verbale utilizzata da noi tutti i giorni nei più svariati comportamenti ed espressioni. Un'importante chiave di «lettura» della scrittura (che non è la lettura della mano!) è data dal simbolismo.
Esso non è una costruzione astrusa e fantasiosa, inventata da qualcuno dotato di particolare immaginazione, ma un modo, naturale e inconscio, di vedere le cose, di reagire, di rispondere, di organizzarci, che ormai fa parte di noi e che condividiamo non solo con il nostro « gruppo », ma anche con altri uomini lontani nel tempo e nello spazio (gli studiosi parlano di inconscio collettivo).
Questi modi condivisi di esprimerci e di comunicare, di cui normalmente non abbiamo coscienza, si attivano ad esempio quando l'architetto progetta un appartamento o un ufficio, quando acquistiamo un vestito, quando l'artista produce la sua opera, quando il bambino scarabocchia, quando ognuno di noi scrive spontaneamente (e cioè senza pensare a come scrive, ma solo a ciò che scrive). Proprio perché questi meccanismi sono spontanei e automatici, in sintonia con il nostro stile, parlano di noi, raccontano il nostro mondo e magari tradiscono ciò che vorremmo tenere nascosto.