Al cuore del mistero del dolore e della sofferenza. Il saggio più intenso di Paolo Curtaz. Perché esistono il dolore e la sofferenza? Paolo Curtaz riflette su uno dei grandi misteri della vita di ogni persona. La sofferenza, specie la sofferenza dell'innocente, è l'unica seria obiezione all'esistenza di un Dio buono e compassionevole e, da sempre, rappresenta un problema serio per chi accoglie il volto del Padre che Gesù ci ha svelato. Perché soffriamo? A cosa serve il dolore?
Questo saggio riflette, con semplicità , sulla sofferenza, interrogando la Parola di Dio, senza voler dare una risposta esaustiva che la Bibbia stessa non offre. Paolo Curtaz, uno degli autori spirituali più apprezzati e originali di questi anni, porta in questo volume intenso e profondo vicende personali e di altre persone segnate dal dolore, senza nessuna pretesa di dare risposte scontate, ma con il desiderio di seguire le poche tracce di luce che emergono dalla riflessione biblica e dall'esperienza di chi è passato attraverso la sofferenza riuscendo a scorgere una prospettiva di speranza.
PROLOGO
Riapro il file Prima stesura nella cartella Libri in lavorazione.
Il computer, preciso, mi segnala la data dell'ultima apertura del testo: 8 novembre 2008.
Magnifico: sono passati quasi tre anni.
Nel frattempo ho pubblicato almeno altri tre libri e ho vissuto con intensità un significativo e tormentato pezzo di vita.
Sono tre anni che non trovo il coraggio di continuare la riflessione sul dolore iniziata in quell'autunno nevoso. Ci ho pensato diverse volte, avvertendo quasi un senso di fastidio, un latente senso di colpa per non averlo ancora scritto, ma ho sempre soprasseduto, alla fine della fiera.
L'editore mi chiede un saggio sulla sofferenza da almeno cinque anni.
Ho tergiversato, accampando mille scuse, dicendo che non sono pronto, che non sono in grado, che mi sopravvaluta...
Poi, periodicamente, ho chiesto ad alcuni amici fidati un parere sull'opportunità della stesura di un testo così impegnativo.
E tutti hanno manifestato entusiasmo ed interesse.
«Che bello sarebbe leggere un libro sul senso della sofferenza, che spiegasse cosa c'entra Dio col dolore! Sapessi quanta gente ne ha bisogno! Il dolore è davvero un problema! Forse il problema! Dai, Paolo, perché non lo scrivi?».
Uffa.
Oggi ho deciso di prendere di petto la questione.
L'idea, a dirla tutta, era quella di salire a tremila metri, sulla neve ancora abbondante, per registrare il video-commento al vangelo della seconda domenica di quaresima, quello che parla della trasfigurazione di Gesù sul Tabor. Sai che goduria!
Ma le previsioni meteorologiche mi hanno tradito e fuori pioviggina.
Mi arrendo al fato malevolo e mi metto allo specchio.
Per quale dannatissimo motivo non voglio scrivere questo libro?
Valide ragioni
Anzitutto non capisco per quale misteriosa ragione qualcuno dovrebbe entrare in una libreria per comprare un libro che parla della sofferenza.
Se lo fa, è evidente che spera di trovare in quel libro una qualche indicazione, più o meno una risposta. Forse spera di imbattersi in una specie di manuale che lo aiuti a superare il proprio dolore, in una serie di suggerimenti per uscire da una situazione di sofferenza. O, peggio, pensa di regalarlo a qualche amico in crisi: qualcuno che vive un lutto, una separazione, una malattia, una depressione...
Se conoscessi la soluzione per superare il dolore, non la pubblicherei; la regalerei, rendendola accessibile in rete.
Meglio: visto che devo pur vivere anch'io e che il mio lavoro è quello di scrittore e di teologo, scriverei un libro da pubblicare a prezzo simbolico in decine di milioni di copie.
Così non è: non ho soluzioni, non so per quale ragione soffriamo, né so perché Dio, all'apparenza, non si occupi della questione.
E la cosa straordinaria è che neppure un altro libro, conosciuto e studiato, un libro che noi cercatori di Dio pensiamo essere stato ispirato da Dio stesso, la Bibbia, offre delle soluzioni.
Ancora una ragione: non sono l'avvocato difensore di Dio e Dio, se proprio deve, può benissimo difendersi da solo.
Quante volte mi è successo di essere messo alle strette, a causa delle mie convinzioni, da parte di persone che, vivendo momenti di autentica tragedia, sfogavano la propria rabbia verso Dio investendomi con domande e accuse.
Come se io avessi delle risposte pronte, come se ci fosse una logica stringente ed assoluta nel mondo, come se Dio, in fondo, dovesse sempre giustificarsi!
Il ragionamento è semplice: voi cattolici dite che Dio è buono. Ma, allora, da dove proviene il dolore, e, in particolare, il dolore dell'innocente?
Come vedremo più avanti, le risposte che difendono Dio a tutti i costi lasciano l'amaro in bocca e un senso di frustrazione.
Un'ulteriore ragione ha a che fare con il mio carattere. È una tale sofferenza parlare della sofferenza!
Anch'io, come tutti, ho vissuto momenti di puro dolore e ho pensato di morirne.
Quei momenti, ora, sono superati, almeno in gran parte, almeno per l'oggi.
Ma parlare della sofferenza riapre una ferita, come quando cambia il tempo e l'umidità acuisce gli acciacchi e le cicatrici.
No, non mi piace parlare del dolore. (E ancor meno viverlo). E l'idea di passare del tempo a farlo non mi entusiasma. Meglio andare a sciare. Bene: le ragioni per non scrivere sono numerose e valide. Sono proprio felice. Rimando ancora di qualche anno. Ma...
Mentre il cielo si apre ed entra un raggio di luce nel mio studio, mi ricordo di un piccolo segreto che mi accompagna da quando, nell'altro millennio, ho iniziato a seguire il Nazareno.
Una cosa da nulla, incomprensibile per chi non ha la fede, ma che, invece, fa sorridere chi crede.
Si tratta degli interventi del mio angelo custode, con cui ho un rapporto piuttosto conflittuale!
Succede così, da decenni: ogni volta che mi sto ripiegando su me stesso, che sto per scatenare le geremiadi interiori, quando mi sento tanto orfano abbandonato e faccio il lagnoso per le tante cose negative della mia piccola vita, il mio angelo custode, fetente, puntualmente mi fa incrociare per strada un fratello o una sorella diversamente abile.
Sempre.
E il mio sguardo incrocia il suo (intendo quello dell'angelo nascosto in quello del disabile) e mi sento sprofondare. No, sinceramente non ho motivi seri per lamentarmi, non scherziamo.
La memoria di questo piccolo segreto mi fa sorridere, mi disarma, mi mette all'angolo.
Le motivazioni per non scrivere sono numerose e valide, eppure ho più di una buona ragione per riflettere sulla sofferenza; per ricordarmi il senso del limite, per rendere onore ai tanti fratelli che sempre guardano il mondo dall'alto della croce, per imitare Cristo che prova compassione (patisce-con) davanti alla folla che vede come pecore senza pastore (Mc 6,34)...
E un'ultima, decisiva ragione che ridimensiona tutte le mie pur valide obiezioni: voglio scrivere un saggio sul dolore per continuare il dialogo con chi mi segue pazientemente da tempo e mi onora della sua fiducia.
Ho parlato della resurrezione, qualche anno fa, scrivendo che la gioia cristiana è una tristezza superata, un dolore redento.
Voglio farmi coraggio e dedicare ora del tempo a meglio descrivere e approfondire la natura della tristezza da superare, e indicare concretamente come si possa superare il dolore.
E, già che ci sono, ho bisogno di cercare di capire cosa dice la Bibbia riguardo alla sofferenza.
E se il dolore e la bontà di Dio si possono in qualche modo conciliare.
E perché Dio non interviene direttamente per sanare il dolore.
E come sia possibile che alcune persone, all'apparenza, vivano il dolore con maggiore intensità rispetto ad altre.
Ah, solo!
Non ho nessuna soluzione da offrire, non faccio il guru di professione, e non ho avuto nessuna apparizione privata e nessun terrificante segreto da custodire, nessuna spiegazione calata dall' alto.
Ma qualche traccia, quella sì. Te la devo, amico lettore. Me la devo, per avere qualche strumento in più per affrontare il pezzo di vita che mi resta. E ora di scrivere.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
IN PUNTA DI PIEDI NEL TEMPIO DEL DOLORE
Una riflessione
Prima di iniziare questo viaggio occorre fare chiarezza, sgomberare il campo da equivoci, assumere il giusto atteggiamento.
E una cosa delicata, la sofferenza, ed è difficile parlarne con verità.
Di mezzo ci sono delle persone, tante, e sensibilità, ed emozioni, e sentimenti da rispettare.
Assumere la giusta prospettiva ci permette di cogliere, se non una soluzione al problema del dolore, almeno qualche utile indicazione per affrontarlo.
Avvertenze
Probabilmente scriverò delle cose oscene, in queste mie riflessioni. Cose eccessive, impudiche, troppo forti. Ti chiedo scusa sin dall'inizio, amico lettore, ma il dolore è così: osceno. Non si può nascondere, non si può mascherare o dissimulare, cambia dal di dentro, segna come un aratro la vita delle persone.
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La il 4 novembre 2011 alle 10:30 ha scritto:
Come indagare sul dolore senza trasmettere o ravvivare il dolore di chi legge?
Paolo Curtaz riesce a farlo in un libro affatto pesante che alleggerisce chi legge, pur spingendolo a riflettere meglio sul proprio modo di vivere il dolore. Grande come sempre!
CRISTIANA SONNIMINI il 19 febbraio 2012 alle 19:09 ha scritto:
ancora un bel libro di Paolo Curtaz. non da risposte al perchè del dolore fisico o spirituale, ma ci da consigli su come affrontarli dal punto di vista cristiano.
Jaia il 12 settembre 2012 alle 14:24 ha scritto:
Semplicemente bello!
L'ho letto tutto d'un fiato la prima volta, ora lo sto riprendendo con calma e riflettendo di più.
Daniele Vaghi il 16 giugno 2016 alle 16:03 ha scritto:
Questo libro mi è stato molto utile, come educatore (seguo i 18enni) per essere a fianco di chi tra i ragazzi ha dentro delle domande proprio sul tema del dolore. Fornisce sicuramente strumenti utili in tal senso.