Citazione spirituale

Cristiani e musulmani

-

In dialogo nel contesto della modernità

 
di

Pierpaolo Conti

 


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EAN 9788825050103

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Tipo Libro Titolo Cristiani e musulmani - In dialogo nel contesto della modernità Autore Editore Edizioni Messaggero EAN 9788825050103 Pagine 256 Data gennaio 2020 Collana Studi religiosi
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PIERPAOLO CONTI




CRISTIANI
E MUSULMANI
In dialogo nel contesto
della modernità
ISBN 978-88-250-5010-3
ISBN 978-88-250-5011-0' (PDF)
ISBN 978-88-250-5012-7' (EPUB)

Copyright © 2020 by P.P.F.M.C.
MESSAGGERO DI SANT'ANTONIO ' EDITRICE
Basilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova
www.edizionimessaggero.it
INTRODUZIONE




Chi ha vinto'

In questi ultimi decenni si è svolto un grave e intenso con-
flitto, molto variegato in quanto a tempi, luoghi e protagonisti,
ma così ampio e onnicomprensivo da potersi definire un even-
to mondiale. Ecco dunque la domanda: alla fine, tra l'Islàm1 e
l'Occidente chi è risultato vincitore, chi ha prevalso' Forse ad
alcuni, o a molti, non pone alcun problema che la domanda sia
così formulata, magari perché ritengono che sia posta in maniera
corretta e cioè che corrisponda alla realtà dei fatti. Io però pen-
so che non sia precisa, che sia opportuno precisare meglio chi
siano stati, veramente, i due contendenti in lizza. In effetti, la
prima questione che si pone è questa: si è trattato davvero di un
conflitto globale tra il mondo musulmano da una parte e l'intero
Occidente dall'altra' Chi ha mosso guerra, e a chi'
La risposta giusta, a mio parere, orienta verso delle precisa-
zioni, e su tutti e due i fronti. Lo scontro di questi ultimi decenni
ha visto anzitutto la contrapposizione e la tensione all'interno
della stessa galassia del mondo musulmano, e quindi tra persone,
gruppi, movimenti politici e stati, tutti facenti parte della grande
«umma», la comunità musulmana mondiale. Analogamente, an-
che l'Occidente si è presentato, in questo conflitto, con modalità

1'
Così come mi è stato insegnato, io uso la dizione «Islàm» come la più
corretta; vedo che, comunque, anche autori musulmani dicono invece «Islam»,
ponendo l'accento sulla prima sillaba. A me è stato insegnato che è importante
che l'accento cada sulla seconda. Pertanto in questo testo il lettore troverà
sempre la prima dizione quando si tratta delle mie parole; e, spesso, la seconda
dizione nelle citazioni.

5
e schieramenti diversificati (spesso con alleanze trasversali, com-
prendenti anche stati a maggioranza musulmana) e, inoltre, con
posizioni variegate circa la comprensione del rapporto tra Islàm
e mondo moderno.
Credo pertanto che sia giusto riformulare meglio la domanda
iniziale, per quanto riguarda i contendenti in campo: chi ha vinto,
nel grande conflitto recente che ha visto da una parte l'estremi-
smo islamico e dall'altra i suoi oppositori, sia musulmani che
appartenenti al mondo occidentale'
Ora che il quadro dei contendenti risulta meglio delineato, si
tratta di provare a dare risposta alla domanda circa il suo conte-
nuto, e cioè circa i veri vincitori di questo conflitto.
Se il nostro orizzonte è quello occidentale, possiamo conveni-
re sul fatto che oggi assistiamo a un rallentamento della tensione,
a un affievolirsi dei fenomeni di terrorismo più grave e di violen-
za esplicita; episodi sporadici ci sono ancora, sempre dolorosi,
ma più rari. Se si tratti di una pausa breve e illusoria o piuttosto
di un nuovo corso delle cose, sarà il futuro a illustrarcelo; ma
per ora credo sia giusto riconoscere la tenuta degli stati e dei
sistemi sociali occidentali di fronte alla minaccia del terrorismo
islamico.
Se invece ci portiamo nel cuore dei paesi musulmani, qui
non sono purtroppo diminuite le tensioni e le guerre vere e pro-
prie, soprattutto in Medio Oriente e nell'Africa sahariana dove
il problema sembra conservare una sua virulenza; tuttavia molti
di questi fenomeni non hanno a che fare, direttamente, con una
recrudescenza dell'estremismo islamico; anzi dal punto di vista
militare abbiamo assistito in questi ultimi anni alla sconfitta e
alla eliminazione dell'Isis/Daesh in quanto entità statale e terri-
toriale.
Pertanto l'insieme di questi elementi orienta a rispondere po-
sitivamente alla nostra domanda: effettivamente, oggi possiamo
riconoscere la vittoria delle forze che hanno combattuto e scon-
fitto il fanatismo e il terrorismo islamico.
Ma è proprio così' Possiamo davvero tranquillizzarci e ras-
sicurarci, dando per scontato e assodato che il pericolo del ter-
rorismo di matrice islamica sia ormai alle nostre spalle' Io temo

6
che una valutazione del genere non colga nel segno, dato che
rappresenta solo l'aspetto più esteriore e più immediato delle co-
se, senza discernere gli elementi più profondi e più significativi.
Detto in altri termini: non vedo proprio una vittoria certa, sicura
e definitiva; mentre osservo con preoccupazione le conseguenze
negative che tutti abbiamo subìto e, più ancora, il disinteresse o
la trascuratezza per la comprensione delle cause profonde che
hanno dato origine a questo conflitto, e che rimangono intatte,
latenti e pericolose.
Riguardo alle conseguenze negative intendo far notare co-
me, a seguito di questi attacchi violenti, sia intervenuto un po'
dappertutto un cambiamento di clima e di atteggiamento: oggi
prevalgono chiusura, paura, volontà di respingimento, intenzioni
ostili' Questi comportamenti, questi sentimenti non sono rivolti
solo all'estremismo islamico ma, in maniera generica e indiffe-
renziata, a ogni musulmano e all'Islàm nel suo insieme. In que-
sto senso lo scopo dell'Islàm radicale, di separare nettamente
il mondo occidentale dal mondo musulmano è stato, almeno in
parte, raggiunto. Sì, noi siamo cambiati, e di molto. Non c'è più
interesse per conoscere il pensiero, la cultura, la spiritualità e la
storia del mondo musulmano; non c'è più propensione al dialo-
go e a un positivo incontro tra culture, civiltà e religioni. Questi
mondi ora sono più lontani, e si fronteggiano come nemici, an-
che se costretti a convivere e a condividere tanti ambienti di vita
sociale.
Analogamente, anche nel mondo dei paesi a maggioranza
musulmana, a livello culturale e sociale, in diversi strati della
popolazione e anche in alcune guide spirituali l'interpretazione
del Corano fanatica e radicale, e perfino violenta, si ripresenta e
si ripropone, per quanto i governi e le forze armate o di polizia
siano decisamente schierati contro i gruppi estremisti, e abbiano
anche conseguito importanti vittorie sul campo. Anche qui, uno
degli esiti del conflitto contro il fanatismo è stato una maggiore
distanza rispetto al mondo occidentale, una più diffusa incapaci-
tà di capire e di dialogare.
Pertanto credo sia giusto riconoscere che il fanatismo musul-
mano violento, che ha perso questa guerra dal punto di vista mi-

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litare, è tuttavia pronto a riproporsi in nuove forme di violenza,
di terrorismo e anche di guerre vere e proprie, se non interverrà
qualcosa di radicalmente nuovo, capace di togliere alla base le
motivazioni religiose, ideologiche, sociali ed economiche che
alimentano un atteggiamento violento. Sì, c'è bisogno di fonda-
menta e comportamenti nuovi, se desideriamo prospettare e pro-
gettare un futuro davvero diverso e migliore. Detto in altri termi-
ni, io credo che oggi stiamo facendo esperienza di una finta pace
e di un periodo di tranquillità quanto mai precario, superficiale e
illusorio, dato che non sono state rimosse le cause profonde che
hanno generato questo conflitto.
Così, se torniamo alla domanda iniziale, penso che la risposta
più corrispondente al vero sia che, al momento, non c'è un vero e
definitivo vincitore, mentre sono diversi coloro che hanno subìto
e subiscono le conseguenze negative di questo conflitto. Sono
molti coloro che hanno perso!
Finora ho affrontato il nostro tema, e le sue implicazioni, met-
tendo quasi in sordina i protagonisti religiosi più direttamente
coinvolti, e cioè i fedeli della comunità musulmana e gli appar-
tenenti alle chiese cristiane. Non credo che qui sia riproponibile
la domanda iniziale circa un vincitore; e questo sia perché il con-
flitto non riguardava uno scontro diretto e globale (per quanto in
alcune frange, dell'una e dell'altra parte, sia stato percepito e vis-
suto così), sia perché gli aspetti spirituali non sono quantificabili.
Piuttosto, la domanda vera, al riguardo, è questa: in quale misura
queste religioni sono state influenzate o contaminate dalla dura
esperienza di questo conflitto'
Rispondo solo parzialmente, per ora; considero cioè solo la
religione cristiana, e di essa la parte cattolica, di cui ho più diret-
ta conoscenza.
Purtroppo noi siamo molto cambiati, che ne siamo più o me-
no consapevoli. Un piccolo, ma significativo segnale di questo
cambiamento: se fino a qualche anno fa si notava un certo fer-
mento di dibattiti, di assemblee pubbliche, di letture e confronti,
di proposte di incontri islamo-cristiani sul territorio, oggi tutto
questo si è molto ridotto e in gran parte è scomparso. Sì, certo,
alcune iniziative, o di élite, o di qualche associazione o di rap-

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presentanze ufficiali, sono ancora promosse e praticate; ma non
raccolgono né il favore né la partecipazione delle comunità; que-
ste piuttosto si defilano o si assentano silenziose.
Si assiste pertanto, in forma più o meno manifesta, a un oscu-
ramento delle prospettive e delle iniziative del dialogo, a un venir
meno di una volontà positiva di incontro e di conoscenza reci-
proca. Perché' Perché anche nella comunità cristiana il giudizio
è già dato: l'Islàm è un pericolo, è il nemico; stiamo attenti, altro
che dialogare, dobbiamo difenderci!
Ogni cristiano cattolico avveduto sa bene che i pronuncia-
menti ufficiali del Magistero, a partire dal concilio Vaticano II,
per proseguire nella serie ininterrotta di tutti i papi fino a papa
Francesco, vanno inequivocabilmente nella direzione del dialogo
interreligioso, e in specie con l'Islàm; ma questo insegnamento e
questa scelta pastorale oggi sono ampiamente disattesi. Non solo
nella pratica, ma anche nella teoria!
Il papa sbaglia! Molti lo pensano tra sé e sé, diversi lo bisbi-
gliano, qualcuno lo dice ad alta voce. Non parlo solo di laici,
di gente comune, ma di sacerdoti e anche di vescovi! Forse per
qualche spirito laico, abituato alla critica di tutti e su tutto, una
situazione del genere può risultare priva di rilievo e di importan-
za; ma chi è più avvezzo alla esperienza e alla disciplina eccle-
siastica sa bene come una siffatta presa di posizione sia, oltre che
rara, quanto mai delicata, importante, problematica.
Sì, il papa sbaglia: perché parla ancora 'bene' dei musulma-
ni, perché li incontra, li accoglie e sorride loro, perché non di-
fende abbastanza i cristiani perseguitati, perché continua su un
percorso, quello del dialogo, considerato ormai superato dagli
eventi della storia recente.
Ci troviamo dunque in una ben strana situazione: da una parte,
a livello ufficiale, il Magistero della chiesa, nei suoi documenti e
nelle sue azioni, con una coerenza lineare, continua a esortarci ad
aprire la porta del dialogo e a procedere con decisione sulle vie
dell'incontro, della conoscenza e della collaborazione possibile;
dall'altra parte, la vita concreta delle comunità cristiane e dei
loro membri, a vari livelli, si mostra ostica, refrattaria e imper-
meabile a tali inviti.

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Chi vincerà'

In questo quadro variegato e complesso, sia civile che reli-
gioso, sia occidentale che islamico, ciò che a me sembra davve-
ro preoccupante è una importante assenza: l'assenza del futuro.
Come pensiamo il futuro' Come lo immaginiamo' Come lo vo-
gliamo' Più in particolare: quale progetto abbiamo per tentare di
risolvere i problemi di comprensione, di conoscenza e di pacifica
convivenza tra queste diverse culture e religioni, tra le religioni e
la società moderna nel suo insieme'
Niente, non c'è più futuro, non ci sono idee, disegni, ideali, so-
gni, utopie, slanci coraggiosi o profetici, novità di proposte signi-
ficative... Né la politica, né la cultura, né il pensiero religioso'
Ci si accontenta di gestire, così come si può, questo difficile
presente, soverchiati dalle emergenze e dai problemi immediati,
rifugiandosi piuttosto in tentativi di conservazione, di difesa, di
resistenza o persino di ritorno al passato.
Ma è possibile gestire in maniera adeguata il presente sen-
za un progetto significativo di futuro' È possibile uscire dalla
complicata situazione attuale senza un'idea positiva, che non sia
semplicemente quella di difendersi, di allontanare il nemico, di
'ritornare' a un 'prima' davvero fuori dalla storia'
E ancora: pensando al tempo che ci è posto davanti, pensando
alle nuove generazioni, dobbiamo per forza rassegnarci a una
visione del mondo in cui prevalgono, e prevarranno, le contrap-
posizioni, le incomprensioni e le ostilità' Dobbiamo davvero
rassegnarci a credere che il futuro del mondo sia già segnato,
inevitabilmente, dal conflitto delle culture e delle religioni' La
storia è già decisamente orientata, è già scritta in questa unica
direzione'
No. Io credo di no: il futuro dell'uomo, delle religioni e della
storia non è già scritto, non è già determinato in maniera univo-
ca; non siamo costretti o vincolati, non c'è un'unica possibilità,
non è già tutto deciso! Il futuro, per sua stessa natura, è nuovo,
è aperto, è disponibile a varie e diverse possibili esperienze e
direzioni, comprese quelle più positive. È cioè possibile, è ra-
gionevole, a partire dal contesto attuale (e da una lettura sapiente

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della storia), pensare il futuro e impegnarsi a costruirlo come
luogo dell'incontro e del dialogo, come convivenza pacifica tra
comunità diverse, come libera pluralità di scelte e comportamen-
ti, capaci di coabitare, confrontandosi e arricchendosi reciproca-
mente.
A questo punto è però necessario introdurre altre domande,
circa il mondo musulmano, domande troppo velocemente esclu-
se dal dibattito o risolte con superficiale leggerezza. Davvero l'I-
slàm è tutto e solo fanatismo e violenza' Esiste un solo Islàm o
questa grande comunità si invera anche oggi (come già nella sua
storia) in una pluralità di forme, di esperienze sociali e spirituali,
e di scelte concrete differenti' Siamo di fronte a un pensiero e a
una prassi storica unici e sempre uguali nel tempo, oppure c'è un
dinamismo interno, ci sono varietà e novità nei diversi contesti
storici e culturali in cui l'Islàm è presente' E infine, ma certo
non meno importante: siamo così sicuri che tutte le colpe, tutte
le responsabilità della attuale situazione dipendano unicamente
dalle scelte e dai comportamenti interni al mondo musulmano'
Eccoci dunque al motivo di questo scritto, che intende partire
dalla situazione attuale con il tentativo di leggere e orientare il
presente in prospettiva di un futuro migliore, di un mondo nuovo.
Lo dico subito con chiarezza: io credo nel dialogo, nella pos-
sibilità di un rapporto positivo e costruttivo con l'Islàm, sia da
un punto di vista religioso che sociale e culturale. Io credo che il
presente, pur nella sua indubbia fragilità e complessità, contenga
però le basi per un cambiamento, per una novità di vita sociale
fondata sul rispetto, sulla convivenza di soggetti diversi e plurali;
in definitiva, sulla pace. Sì: io credo che la pace potrà vincere!
Non dico affatto che questo sia facile, tantomeno intendo pre-
sentare le cose come se tutto dovesse aggiustarsi quasi natural-
mente e automaticamente. Il futuro sarà quello che noi, tutti noi,
decideremo di costruire e per cui ci impegneremo con fiducia e
speranza, con forza e determinazione.
La pace, come esperienza positiva di dialogo e di relazione
tra mondi diversi, sarà il frutto di un'opera plurale, comunita-
ria, trasversale; un'opera di persone, di gruppi e di popoli che
accetteranno di superare la paura e l'incomprensione, per do-

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narsi reciproca fiducia; che accetteranno di abbandonare logiche
e comportamenti oppositivi già sperimentati e fallimentari, per
introdursi in novità di atteggiamenti, in esperienze di vita sociale
e comunitaria fondati sul rispetto, sull'ascolto, sul dialogo della
vita, sulla convivenza pacifica dei diversi.
Invito pertanto chi ha intenzione di procedere nella lettura di
questo testo ad armarsi di pazienza e di costanza. Forse partiamo
da giudizi e da valutazioni diversi, ma anche in questo caso non
sarà inutile confrontarsi con una proposta che intende fornire
elementi per un futuro nuovo e migliore. Io nutro in me la fiducia
che i pensieri qui esposti possano servire per riflessioni, appro-
fondimenti e dibattiti più profondi di quelli qui da me espressi;
nutro la speranza che queste pagine possano essere in qualche
modo utili, almeno un po', non solo per comprendere meglio la
situazione attuale, ma per aiutare a orientare le scelte verso un
mondo davvero nuovo, per tutta la comunità delle religioni e dei
popoli.
Alcuni anni fa ho scritto un primo testo su questi argomenti;
si intitolava: Cantate al Signore un canto nuovo. Cristiani e mu-
sulmani in dialogo nella società moderna2. Ho ritenuto oppor-
tuno questo nuovo scritto sia per correggere e migliorare alcune
parti di quel mio primo contributo, sia perché, nel frattempo, mi
sono reso conto di quanto sia cambiato il sentire comune attorno
a me. Chi ha già avuto modo di leggere il primo testo ritroverà,
in questo, la struttura di fondo e lo stesso procedimento tematico;
spero comunque che noterà anche le tante novità di contenuto e
di approfondimento, soprattutto nella terza parte, quella a mio
parere più importante.
Desidero, da subito, presentare due frasi, due messaggi, uno
cristiano e l'altro musulmano, che insieme si propongono come
colonne solide per una nuova costruzione, per un futuro di pace.
La prima è nel documento conciliare sul rapporto con le religioni
non cristiane, laddove si parla dell'Islàm:


2'
P. Conti, Cantate al Signore un canto nuovo. Cristiani e musulmani in
dialogo nella società moderna, Edizioni Il Ponte, Rimini 2016.

12
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte
tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenti-
care il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione,
nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la
giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà3.
La seconda proviene dal Corano, ed è del periodo medinese,
l'ultimo e il più importante nella vita del profeta e nella rivela-
zione:
A ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Allah
avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto
però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone:
tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose
sulle quali siete discordi4.
Pur nella differenza dei contesti e degli specifici contenuti di
queste due affermazioni, esse comunque si qualificano, in manie-
ra forte, determinata e positiva, come indicazioni significative e
convergenti verso un orizzonte nuovo, dove le volontà, i desideri
e gli impegni degli uni e degli altri si orientano verso un mondo di
pace, di dialogo, superando conflitti e violenze. Naturalmente, si
dovrà tornare su queste frasi, ma è importante notarle, già all'ini-
zio, come sicuri riferimenti nella prospettiva di un futuro migliore.
Infine, una nota di metodo: ho ritenuto opportuno limitare al
massimo citazioni e riferimenti testuali, per non appesantire una
riflessione che già di per sé si presenta complessa e impegnati-
va. Chi desidera approfondire, troverà per ogni tema tanti testi,
articoli e autori di diversa provenienza, e potrà verificare meglio
la consistenza delle argomentazioni e la provenienza delle fonti.
Questo eventuale percorso metterà anche in evidenza come su
ogni argomento vi sia materia per notevoli approfondimenti; e
così risulterà più chiaro che questo è appena un testo divulgativo,
che prova ad affrontare la varietà e complessità dei temi in un
quadro generale, che è più importante della specifica dei singoli
elementi.

3'
Nostra aetate, n. 3.
4'
Cor. 5, 48.

13
Appendice: San Francesco e il sultano

Lo scorso anno abbiamo celebrato un importante anniversa-
rio: ottocento anni fa, nel settembre del 1219, san Francesco si
incontrava con il sultano Malek Al-Kamil, a Damietta in Egitto.
L'incontro tra un cristiano e un musulmano non è di per sé una
notizia, non è un avvenimento raro; non lo è stato mai, in tutti
i secoli da quando queste due religioni hanno convissuto. Molti
incontri sono avvenuti per commercio o per via di viaggi o di
pellegrinaggi; tanti altri non sono stati incontri ma scontri, vio-
lenze o guerre.
Cosa rende particolare e importante l'incontro tra Francesco
e il Sultano' Una serie di aspetti.
Anzitutto, il contesto: siamo nei secoli delle crociate; anzi,
Francesco si ritrova, proprio al suo arrivo in Egitto, nel bel mez-
zo della quinta crociata. Non vi è quindi né da parte cristiana, né
da parte musulmana, alcuna predisposizione a incontri amiche-
voli, di rispetto e di dialogo. Ciò che sta per accadere è del tutto
imprevisto e inatteso.
I due protagonisti mostrano qualità e caratteristiche straordi-
narie. Di san Francesco non è necessario illustrare alcunché; il
suo interlocutore è, almeno in Occidente, meno conosciuto. Il
sultano Malek al-Kamil, di origine curda, è nipote del più famo-
so Saladino, il vincitore dei crociati e conquistatore di Gerusa-
lemme. Questo sultano ci è presentato, dalle fonti arabe, come un
uomo di grande cultura, di ampia curiosità intellettuale; saggio e
moderato nel governo, era tutt'altro che un fanatico e un barbaro.
Dopo l'incontro con Francesco, il sultano avrà diversi contatti
con l'imperatore Federico II, fino alla stipula di un contratto in
base al quale Gerusalemme sarà riconsegnata pacificamente ai
cristiani.
Come è avvenuto l'incontro' Era preparato' Era voluto' Si-
curamente no da parte musulmana, che si è trovata, con sorpresa
e curiosità, di fronte a questa inattesa e strana situazione.
Ma Francesco, desiderava proprio questo' Era sceso in Egitto
con questa intenzione'
Non possiamo dirlo con certezza; più in generale possiamo

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convenire sul fatto che Francesco desiderava entrare in rapporto
con i musulmani per testimoniare e annunciare Cristo e il suo
Vangelo. Ciò che un giorno egli scriverà nella Regola non bollata
corrisponde, con buona probabilità, alle sue personali intenzioni
e finalità anche al momento di questo incontro in Egitto:
I frati poi che vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritual-
mente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano
liti né dispute, ma siano soggetti a ogni creatura umana per amore
di Dio e confessino di essere cristiani. L'altro modo è che, quando
vedranno che piace a Dio, annunzino la parola di Dio.
È probabile che il contesto concreto abbia ispirato Francesco
a dirigersi non in generale verso qualche musulmano, ma proprio
a cercare di incontrare il loro capo, il sultano.
I resoconti che ci sono pervenuti presentano aspetti diversi
e non tutti pienamente compatibili tra loro. Mi sembra che su
alcuni dati il consenso sia piuttosto ampio e condiviso; li elenco.
L'intenzione, e quindi l'iniziativa, parte da Francesco; è lui
che lascia l'esercito cristiano e, accompagnato solo da un fratel-
lo, si avvia verso le linee 'nemiche', con il desiderio e la speran-
za di incontrare il sultano.
I due frati non portano con sé armi, sono poveri nei loro in-
dumenti, sembrano degli straccioni, e quindi somigliano ai 'folli
di Dio' (come alcuni sufi, i mistici del mondo musulmano); è
chiaro quindi che si distinguono e sono del tutto diversi, agli
occhi dei musulmani, dai 'nemici crociati'; né, d'altra parte, è
possibile confonderli con eventuali mercanti.
Il primo incontro con le guardie musulmane deve essere stato
piuttosto turbolento e pericoloso, e all'insegna della incompren-
sione: i due sono imprigionati e malmenati; tuttavia, dopo insi-
stite richieste, vengono condotti davanti al sultano.
E così avviene questo incontro, questo dialogo che dura diver-
si giorni; se Francesco non è solo (dato che con lui c'è fra Illumi-
nato), anche il sultano si fa assistere da persone sagge e religiose;
in particolare dobbiamo al celebre padre Massignon la scoper-
ta di una scritta araba davvero interessante, nella quale si narra
che un certo Ibn al-Zayyât, consigliere spirituale del Sultano,

15
ebbe una «avventura memorabile» con il «monaco cristiano».
Quali furono i contenuti, gli argomenti di questi dialoghi'
Certamente essi sono stati prevalentemente, se non esclusiva-
mente, di carattere religioso, e cioè circa gli aspetti della fede
reciproca; le fonti cristiane evidenziano la franchezza e la riso-
lutezza di Francesco, che non ha inteso offendere o umiliare, ma
che ha presentato, con limpida chiarezza e grande afflato interio-
re, la dottrina del Vangelo e di Gesù figlio di Dio. Le fonti ci di-
cono anche che ci sono state domande, che ci sono state risposte,
nell'ascolto e nel rispetto reciproco.
Un linguaggio franco e sincero, ma non violento, non aggres-
sivo, non arrogante; un linguaggio di dialogo vero e intenso, do-
ve c'è la domanda, l'ascolto, l'attenzione, la risposta, e questo da
ambo le parti. Questo atteggiamento, questo metodo di relazione
va sottolineato, data la sua rarità nel periodo storico in questione.
Non sappiamo se, veramente, Francesco abbia invitato il suo
interlocutore alla conversione; però è piuttosto certo che il sul-
tano (e con lui la sua corte) sia rimasto impressionato da una
fede così viva, da una testimonianza personale così coerente e
convinta, così profondamente spirituale.
Il commiato tra i due è stato molto amichevole, con segni di
rispetto e di stima; i regali che il sultano intendeva offrire, che
siano stati accettati o no, ne danno testimonianza.
Ma il 'regalo' più importante è il salvacondotto concesso a
Francesco e ai suoi frati per la Terra Santa; appare abbastanza
certo che quel permesso, con tutto ciò che ha significato e che ne
è seguito, sia frutto e conseguenza diretta del dialogo amichevole
e pacifico avvenuto tra i due in Egitto.
Come già detto, questo incontro è avvenuto, nello stupore ge-
nerale, nel contesto di un ampio conflitto tra le due religioni di
reciproca appartenenza, in particolare durante una crociata.
Francesco non ha inteso contrastare il suo interlocutore con
parole o predicazioni aggressive, atteggiamenti e pratiche diffuse
nel tempo a lui contemporaneo; ha inteso piuttosto dare il via a
modi e atteggiamenti nuovi, con il suo comportamento e con lo
stile del suo linguaggio, ponendo gesti profetici e genuinamente
evangelici.

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Francesco non ha convertito il sultano (né tantomeno è acca-
duto il contrario); l'esito dell'incontro è stato comunque positivo,
sotto molteplici aspetti: ha testimoniato la concreta possibilità di
esperienze e di dialoghi di pace, ha reso possibile una maggiore
conoscenza reciproca frutto del rispetto e dell'ascolto, e ha anche
prodotto qualche risultato concreto (come il salvacondotto) che
migliora le cose e favorisce ulteriori rapporti futuri.
Questo avvenimento ha avuto una profonda eco, almeno nel
mondo cristiano. Non solo i numerosi scritti di matrice france-
scana, ma anche altre testimonianze sia epigrafiche che pittori-
che (basti pensare all'affresco di Giotto nella basilica di Assisi)
hanno raccontato l'episodio manifestando il senso di stupore e di
meraviglia di fronte a qualcosa di importante e di significativo,
la cui portata andava oltre il fatto in sé e gli stessi personaggi
coinvolti.
Un'eco probabilmente minore e meno documentata riguarda
invece il mondo musulmano. Due menzioni specifiche vanno pe-
rò riportate.
La prima. Alcune cronache musulmane raccontano che il sul-
tano, colpito dal sorriso, dalla gentilezza e dall'umiltà di France-
sco, gli chiese di accompagnarlo nella preghiera in moschea. E
Francesco accettò senza esitare, rispondendo così: «Pregherò il
mio Signore. Egli si trova ovunque». Davvero il santo di Assisi è
stato un precursore, anche nelle vie del dialogo spirituale!
La seconda. Uno dei protagonisti ha voluto lasciare memo-
ria di questo incontro, e soprattutto della sorprendente figura di
Francesco, proprio nell'epigrafe della propria tomba: si tratta di
Ibn al-Zayyât, il quale, come già sopra accennato, fu presente
ai colloqui come consigliere spirituale del Sultano. L'epigrafe
dà testimonianza della grandezza dell'evento, e di come la sua
memoria si sia conservata per il suo valore spirituale. Con brevi
parole, egli ricorda, come esperienza del tutto straordinaria, di
avere avuto una «avventura memorabile» con un «monaco cri-
stiano».
Dopo ottocento anni, questo evento antico conserva ancora
tutta la forza di testimonianza, di proposta, di profezia: France-
sco e il Sultano parlano agli uomini del nostro tempo, soprattutto

17
ai fedeli delle due grandi religioni, e invitano noi, cittadini di
un'epoca di tensioni, conflitti e incomprensioni, a scommettere
sul dialogo, ad aprirci con fiducia all'altro e a percorrere strade
inedite sul sentiero della pace. Solo l'incontro, solo l'azzardo
della fiducia nell'altro, solo l'ascolto reale e paziente compiran-
no il miracolo di autentiche esperienze di convivenza pacifica. E
ciò che allora fu esperienza di pochi, oggi può diventare la parte-
cipazione ampia e condivisa alla costruzione di un mondo nuovo.

Nel mio paese, Villa Verucchio, in provincia di Rimini, ha
sede un antico, antichissimo convento francescano. Le sue radici
risalgono proprio ai tempi del santo, che qui ha sostato, almeno
due volte, prima del 1219. Da allora, tante cose sono cambiate,
ma una è rimasta: è ancora là dove Francesco l'ha posta. Si tratta
di un cipresso, l'antico cipresso di san Francesco.
Si direbbe che la struttura del convento, nei vari periodi in cui
è stata edificata o ristrutturata, abbia sempre inteso preservare
e custodire questo antico albero, conservandolo al riparo dalle
intemperie e situandolo al centro di uno dei lati del chiostro co-
sicché ogni pellegrino o visitatore che varca la porta d'ingresso
se lo ritrova di fronte in tutta la sua grandezza e vetustà.
A prima vista si rimane colpiti dalla sua maestà, dai volumi
straordinari del tronco, dalla massa della chioma e dal suo alto
profilo, che svetta e si eleva ben oltre la linea del chiostro. I nodi
rugosi del tronco accennano a una storia complessa, a un passato
vivace e tenace; la chioma appare oggi disordinata: rara e fugace
sui rami spezzati a sinistra, ben più abbondante e carica sui po-
tenti rami di destra. Ne risulta una immagine nobile, solenne e
insieme fragile, tutto sommato alquanto misteriosa.
Il cipresso parla ancora. Esso racconta di colui che lo ha pian-
tato, lo rende presente e attuale, trasmette la sua forza interiore,
pur in mezzo a tante battaglie e ferite. Il suo profilo, decisamente
orientato al cielo, indica una direzione, una meta; la sua fragilità,
evidente nei rami monchi e nei puntelli oramai necessari, invita
a prendersene cura, a custodirlo con amore; il suo mite silenzio,
ricco di storia e di vita interiore, predispone a una vicinanza par-
tecipe, a un abbraccio amorevole.

18
Al vederlo, pare di incontrare ancora Francesco e di essere
accolti e salutati da lui.
Se poi il vento fa stormire le maestose fronde di questa icona
vivente, allora sembra che risuoni un messaggio antico: «Pace e
bene»; un messaggio, un augurio e un invito per ognuno di noi,
per tutti noi!




19
INDICE




INTRODUZIONE
Chi ha vinto' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Chi vincerà' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
Appendice: San Francesco e il sultano . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Prima parte
LA CONVIVENZA INTERRELIGIOSA
IL DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI . . . . . . . 23
LE OBIEZIONI AL DIALOGO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
L'Islàm è fanatismo e violenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
L'Islàm non cambia, perché non può cambiare . . . . . . . . 32
La società musulmana non ha civiltà
né cultura; sono dei barbari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
La scelta del dialogo non è teologicamente corretta . . . . 34
Non ci si può fidare: oggi sono in un modo, e domani' 35
L'Islàm ha un progetto di invasione
e di conquista: dobbiamo difenderci . . . . . . . . . . . . . . 36
Noi perfetti, loro diabolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

LE RAGIONI DELLA FEDE CRISTIANA . . . . . . . . . . . . . 39
Una nuova apologetica' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
Noi cristiani siamo monoteisti o politeisti' . . . . . . . . . . . 41
Perché diciamo che Gesù è figlio di Dio' . . . . . . . . . . . . 43
Cosa significa che Dio è Trinità' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
Che cosa è il Vangelo' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
Quel che possiamo imparare dall'Islàm . . . . . . . . . . . . . . 61

UNA NUOVA AZIONE PASTORALE . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
Musulmani in parrocchia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

253
La pastorale della carità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
I matrimoni misti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
Iniziative culturali e incontri pubblici . . . . . . . . . . . . . . . . 81
Momenti di preghiera insieme' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
Ambienti della comunità cristiana ai musulmani' . . . . . . 84
Conversioni all'Islàm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
Conversioni dall'Islàm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
Il Vangelo ai musulmani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
L
 a testimonianza della vita cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . 92

Seconda parte
ABITARE LA CASA DELLA MODERNITÀ
PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
LA 'CASA DELLA MODERNITÀ' . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
Boko haram' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
Manzikert, Lepanto, o Assisi' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
«Dar al-islam», «dar al-harb» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
IN ASCOLTO DEL MONDO MUSULMANO . . . . . . . . . . 111
ALCUNI INTERVENTI RECENTI DI GRUPPI
E ISTITUZIONI MUSULMANE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
«Una parola comune tra noi e voi» . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
La dichiarazione di Marrakech . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
Gli ulema del Marocco: apostasia e libertà religiosa . . . . 119
La dichiarazione di Al-Azhar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
La Dichiarazione di Islamabad . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
Cosa succede in Arabia Saudita' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
INTERVENTI DI ALCUNI PENSATORI MUSULMANI . . 127
Mahmud Taha: «Il secondo messaggio dell'Islàm» . . . . . 127
Tariq Ramadan: «Essere musulmano europeo» . . . . . . . . 130
Farid Esack: «Corano, liberazione e pluralismo» . . . . . . 139

254
SCELTE DI BASE PER ABITARE LA MODERNITÀ . . . . 145
La persona al primo posto,
nella sua piena dignità e libertà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
La democrazia come modalità
per le relazioni sociali e politiche . . . . . . . . . . . . . . . . 148
La convivenza pacifica, nel rispetto delle diversità . . . . . 149
PRATICHE PER UNA BUONA CONVIVENZA . . . . . . . . 153
Buone pratiche per la comunità musulmana . . . . . . . . . . 153
Buone pratiche per la società occidentale . . . . . . . . . . . . 157
Buone pratiche del vivere insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

Terza parte
LE RELIGIONI E IL FUTURO DEL MONDO
PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
FUTURO SENZA RELIGIONI' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
Cristianesimo e pace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184
Islàm e pace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
RELIGIONI SENZA FUTURO' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193
Il Cristianesimo di fronte al futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195
L'Islàm di fronte al futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
Crisi di modernità, crisi di futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
I DONI DELLE RELIGIONI
AL FUTURO DEL MONDO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209
DESIDERI, SPERANZE E SOGNI A OCCHI APERTI . . . 225
Punti di non ritorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225
Governare la globalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227
Governare i processi politici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
Governare l'economia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231
I migliori alleati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232
CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237




255
Finito di stampare nel mese di gennaio 2020
Mediagraf S.p.A. ' Noventa Padovana, Padova

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