Dal latino inquisitio (derivato del verbo inquirere, «interrogare»). Nel
Medioevo, era lo speciale tribunale ecclesiastico per combattere e sopprimere l'
eresia. Quando il
cristianesimo divenne religione di Stato (editto di Teodosio, 381) sorse il problema di difendere l'unità dell'impero anche attraverso l'unità della religione; alcuni padri della Chiesa, tra cui
sant'Agostino - ma con riluttanza -, giustificarono l'uso della coercizione da parte del potere politico contro le dottrine eterodosse o eretiche. Fin dal IV e V secolo gli eretici furono puniti dallo Stato con l'esilio, la confisca dei beni e anche la prigione; l'inquisizione vera e propria, però, si affermò solo successivamente. Fu Lucio III, nel 1184, colui che avviò una procedura più sbrigativa al posto dell'accusa pubblica, obbligando i vescovi a visitare una o due volte l'anno, personalmente o mediante sostituti, le parrocchie contaminate dall’eresia, per sentire, sotto il vincolo del giuramento, le testimonianze di persone degne di fede. All'inizio, spettava ai vescovi la ricerca (inquisitio, appunto) d'ufficio dei colpevoli, la loro riconciliazione con la Chiesa o la loro punizione, se non abbandonavano le idee eretiche. Dopo la crociata contro gli albigesi, il conte di Tolosa, Raimondo VII, il re Luigi I e il legato pontificio firmarono il Trattato di Parigi (1229) che assicurava alla Chiesa l'aiuto dello Stato per ciò che concerneva l'inquisizione; anche Federico II agì su questa stessa linea. Fu così che Gregorio IX istituì per l'Europa, dopo il 1231, una rete di tribunali d'inquisizione, presieduti da inquisitori permanenti, soprattutto francescani e domenicani, che avevano piena giurisdizione per ogni crimine d'eresia. La procedura seguita nell'Inquisizione è conosciuta grazie ai manuali redatti da Nicola Eymeric e da Bernardo Gui. Bastava una denuncia, un sospetto o anche una semplice «voce pubblica» per citare uno a comparire dinanzi il tribunale dell'Inquisizione, o per farlo arrestare. L'interrogatorio aveva luogo in presenza di due testimoni e di un notaio che redigeva il verbale della deposizione. Esente da ogni giurisdizione, l'inquisitore aveva un ampio potere discrezionale circa la procedura da seguire, utilizzando spesso quella sommaria. La colpevolezza era stabilita sia con la confessione degli interessati, sia con prove testimoniali. Per indurre l'imputato a confessare si ricorreva a vari mezzi: digiuni, catene e anche torture. Una volta stabilita la colpevolezza dell'imputato e pronunciata la sentenza, a chi si era presentato spontaneamente a confessare venivano inflitte pene minori, come pellegrinaggi, la pubblica fustigazione o il recare croci cucite sui vestiti; ai falsi accusatori veniva imposto di cucire sugli abiti due lingue di panno rosso. In casi gravi la pena era la confisca dei beni o il carcere, la più severa che gli inquisitori potessero comminare. Quando consegnavano un colpevole all'autorità civile significava che ne richiedevano la condanna a morte. Tra gli inquisitori si distinsero soprattutto i domenicani, che nell'iconografia medievale sono rappresentati dl cane dal mantello bianco e nero che corre con una torcia in bocca e infiamma il mondo (da una visione della Beata Giovanna Aza, madre di
San Domenico. Da qui il gioco di parole in lingua latina: Dominicani/Domini canes, i
Domenicani (che prendono il nome da Dominicus, che a sua volta deriva da Dominus, il Signore) sono "i cani a guardia del Signore", fedeli come un cane è fedele al suo padrone.
Il senso spirituale di questo simbolismo è spiegato dal Beato Umberto de Romanis, quarto successore di San Domenico, nel 'De vita regulari': "Nella visione del cane veniva prefigurata la nascita di un esimio predicatore, che avrebbe portato la fiaccola di un ardente discorso, col quale infiammare con forza la carità, in molti cuori raffreddata, e con i latrati di una assidua predicazione avrebbe scacciato i lupi dal gregge ed eccitato alla vigilanza delle virtù le anime che dormivano nei peccati".
Fortunatamente, in alcune nazioni, l'inquisizione durò poco tempo, anche perché nel XIV-XV secolo in Germania e in Francia le questioni dottrinali andarono perdendo di importanza di fronte alla caccia alle streghe. L'inquisizione acquistò invece una fama equivoca in Spagna, dirigendo i propri sospetti contro gli ebrei e i mori convertiti al cristianesimo (conversioni forzate dal 1391). A partire dalla Castiglia (1481), al tempo del primo «grande inquisitore» spagnolo, il domenicano Tommaso di Torquemada (1420-1498), essa raggiunse il suo culmine con circa 9.000 autodafé (dal latino actus fidei; confessione di fede ufficiale del tribunale dell'inquisizione, proclamazione della sentenza); tuttavia, solo in una piccola percentuale di casi questi si conclusero con il rogo.