FOCUS
+ Pietro Parolin, Il Mediterraneo, luogo di conflitti e laboratorio di pace
Dialogo – Mediterraneo – Pace – Religioni – Teologia
STUDI
Christoph Theobald SJ, La Chiesa nella storia messianica dell’umanita
Chiesa – Messianismo – Prassi sinodale - Tradizione – Vaticano II
Lorenzo Gasparro, L’ecologia di Gesu. Il creato e la sua custodia nei vangeli
Creato – Ecologia – Nuovo Testamento – Teologia biblica – Vangeli
Enrichetta Cesarale, Sinodalita della Trinita, sinodalita della Chiesa. «Chi ha orecchio, ascolti cio che lo Spirito dice
alle Chiese» (Ap 2,7a)
Apocalisse – Chiesa – Sinodalità – Teologia del Processo – Triade demoniaca – Trinità
Ignazio Genovese, Dalla concordia degli animi alla tranquillita dell’ordine: per una fondazione interiore della pace
nella Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino
Carità – Pace – Summ a Theologiae – Tomm aso d’Aquino – Virtù
NOTE E DISCUSSIONI
Marco Vitelli, La Giudea di Gesu. Note a margine di un recente contributo al dibattito storiografico
Erodiani – Giudea – Grupp i rivoluzionari – Impero romano –
Somm i sacerdoti
Presentiamo un libro
Claudio Tagliapietra, Un nuovo progetto di teologia fondamentale in dialogo con le scienze. Nota in margine
all’opera Teologia fondamentale in contesto scientifico di G. Tanzella-Nitti
Recensioni
Libri ricevuti
Indice dell’annata 2022
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Focus
Pietro Parolin*
Il Mediterraneo, luogo di conflitti e laboratorio di pace
Il Mediterraneo rappresenta lo scambio tra la dimensione
culturale-religiosa e quella politica-geografica di vari popoli.
Oggi, riflettere sugli effetti storici e simbolici di questa regione
significa guardare il mondo da un angolo prospettico peculiare.
Il Mediterraneo, dopo decenni di marginalità, è infatti
tornato al centro dell’attenzione mondiale e può diventare,
dopo secoli di conflitti, un laboratorio di dialogo, pace e convivenza.
The Mediterranean represents the exchange between the
cultural-religious dimension and the political-geographical of
many people. Today, reflecting on the historical and symbolic
effects of this region means looking at the world from a peculiar
perspective. The Mediterranean, after decades of marginalization,
has in fact returned to the center of world attention
and can become, after centuries of conflict, a laboratory of
dialogue, peace and coexistence.
Carissima Ecc. Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo
metropolita di Napoli, vescovi, professori, autorita, studenti,
vi ringrazio calorosamente dell’invito che mi avete rivolto e porgo
un saluto affettuoso a tutti i presenti1.
C’e una famosa xilografia del 1581, incisa dal pastore e teologo protestante
Heinrich Bunting, che raffigura tre continenti, Europa, Asia e Africa,
come se fossero tre lobi, o meglio, tre petali di un unico fiore uniti al
centro da Gerusalemme e circondati da una distesa di mare che viene definita
come il “grande Mediterraneo”. Questa xilografia nel corso del tempo
ha avuto un grande successo editoriale, anche in epoca recente, perché e stata
utilizzata in alcune copertine di libri, i cui autori hanno voluto mettere
in luce due concetti diversi ma fortemente intrecciati tra loro.
Da un lato, l’elemento religioso del Mediterraneo, caratterizzato dal
fatto che il cristianesimo e stato, sin dalle origini, una “religione tricontinentale”
con una storica presenza non solo in Europa, ma anche in Africa
e in Asia, almeno fino al XIV secolo, quando sopraggiunse una persecuzione
durissima per opera dei mongoli islamizzati che videro nelle minoranze
cristiane i capri espiatori di una profonda crisi socioeconomica.
Dall’altro lato, invece, l’elemento geografico-politico del Mediterraneo,
sottolineando l’aspetto di raccordo, “eccezionalita” e, al tempo stesso, di
“unita” di questa regione che legava non solo tre continenti ma anche
molti popoli e culture diverse.
Questo continuo scambio osmotico tra la dimensione culturale-religiosa
e quella politico-geografica e un aspetto decisivo dell’identita mediterranea
su cui, ancora oggi, vale la pena riflettere perché assume una
rilevanza che va ben oltre quell’ideale linea geografica che collega Beirut
a Gibilterra. Oggi, riflettere sul portato storico-simbolico di questa regione
– e sulle sue ricadute attuali – significa, infatti, guardare il mondo
da un angolo prospettico peculiare, ancorché decisivo. Il Mediterraneo,
dopo decenni di marginalita, e tornato al centro dell’attenzione mondiale
e puo diventare, dopo secoli di conflitti, un laboratorio di dialogo,
pace e convivenza.
1. Mediterraneità della Chiesa primitiva
E opportuno far partire la mia riflessione da un concetto di cruciale
importanza: la mediterraneita della Chiesa delle origini. Perché se e vero
che esiste una “storia perduta del cristianesimo” orientale, rappresentato
soprattutto, ma non solo, dalle eresie monofisite e nestoriane, e vero
altrettanto che, sulle orme di san Paolo – l’uomo delle «tre culture», il
giudeo che parlava in greco ed era cittadino romano – esiste una direttrice
spaziale che guarda verso Ovest e dal Medio Oriente arriva in Europa
attraverso il Mediterraneo. Il mare e infatti il mezzo attraverso il quale il
cristianesimo ha superato i confini etnici, linguistici, culturali. E grazie al
Mediterraneo, come strada di missione e spazio di interculturazione, che
e stato possibile portare l’annuncio della Resurrezione di Cristo al centro
e alla periferia dell’Impero romano. Le Chiese da cui e partita la spinta
missionaria verso il mondo allora conosciuto si sono alimentate, dunque, del
respiro mediterraneo che, da questo punto di vista, e stato uno snodo
fondamentale, non solo per la comunicazione, ma anche per la testimonianza
cristiana e per l’incontro di culture differenti nel nome di Cristo.
La personalita del passato che meglio di altre testimonia questo stupefacente
intreccio socio-religioso e, senza dubbio, sant’Agostino: «l’africano-
latino» che venne battezzato a Milano da sant’Ambrogio, nato
a Treviri, nella notte di Pasqua del 387. In quel battesimo, c’e una convergenza
spaziale tra due uomini di origini geografiche lontanissime – le
attuali Algeria e Germania – in cui il Mediterraneo era stato un luogo di
transito e di incontro. Un incontro di sintesi non tanto etnico-culturale,
quanto di fede. Quel battesimo incarnava simbolicamente le parole che
san Paolo aveva scritto ai Galati: non c’e piu giudeo o greco, schiavo o
libero ma «tutti voi siete uno in Cristo Gesu» e in virtu di questa appartenenza
«allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa».
E questo un fatto specifico del cristianesimo che produce effetti sul
mondo non come frutto di un’opera di ingegneria sociale ma come un’irruzione
dello Spirito Santo nella vita degli uomini. Da quel battesimo, da
quell’incontro in Cristo, si possono ravvisare, infatti, le radici antiche di un
continente e di un mondo culturale-religioso: l’Europa e il Mediterraneo.
Un luogo geografico e di fede, dunque, in cui molti uomini e donne
hanno testimoniato la fede cristiana fino al martirio. Mi permetto di fare
un solo esempio, in questa sede, perché valorizza, a me pare, in modo
originale e fecondo, la mediterraneita del cristianesimo: Charles de Foucauld,
canonizzato da papa Francesco lo scorso 15 maggio. In lui possiamo
vedere, ha detto il pontefice, «un profeta del nostro tempo, che ha
saputo portare alla luce l’essenzialita e l’universalita della fede». Un profeta,
che dopo aver sperimentato il dono magnifico della conversione ha
solcato il Mediterraneo e dalla Francia si e recato in Africa, seguendo una
direttrice opposta a quella che oggi molti uomini e donne percorrono in
cerca di una vita migliore. Charles de Foucauld attuo «l’apostolato della
bonta» con l’obiettivo di «abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani,
ebrei e idolatri» a considerarlo «come loro fratello, il fratello universale»2.
Dalla Francia ando pertanto nel Sahara algerino e trovo la morte nel
1916 per mano di alcuni predoni: una morte silenziosa durante il frastuono
della Prima guerra mondiale. Una vita inutile? No, una vita che […]