INDICE
Chiesa domestica
8. La comunità di Bethesda 3
(a cura delle famiglie della Comunità)
Leggere l’esperienza
8. Alla scuola della Parola.
Quando i giovani manifestano un bisogno
(V. Paniello) 7
Le case del perdono
(G. Pieri) 17
Chiamati alla speranza
5. La chiamata profetica di Maria.
(M. Assaf) 23
Dalla 29a domenica ordinaria a Gesù Cristo Re dell’universo
19 ottobre/23 novembre 37
29ª domenica ordinaria (M. De Santis, E. Bolis, S. Toffolon) 39
30ª domenica ordinaria (M. De Santis, G.M. Vaccarini, S. Toffolon) 60
Tutti i santi (M. De Santis, S. Bertin) 82
Commemorazione dei fedeli defunti (M. De Santis, S. Riva) 99
Dedicazione Basilica Lateranense (M. De Santis, R. Laurita, S. Riva) 118
33ª domenica ordinaria (M. De Santis, R. Marchisio, S. Riva) 140
Gesù Cristo Re dell’universo (M. De Santis, G. Papola, S. Bertin)
RUBRICA
8. La comunità di Bethesda
a cura delle famiglie della Comunità
Nella Bibbia il sogno ha spesso una funzione rivelatrice del volere del Padre. Anche in questa storia tutto ha inizio con un sogno, inseguito da ciascuno di noi a livello personale e poi come famiglia. A distanza di qualche anno, questa profezia la vediamo realizzata in un antico casolare nella prima periferia nord di Padova. Dopo un cammino di discernimento, accompagnati dal vescovo emerito Paolo Bizzeti, noi quattro famiglie Mauro e Chiara con Giosuè, Pietro, Teresa, Martino e Lorenzo; Damiano ed Elena con Giosuè, Tobia e Giorgio; Barbara e Roberto con Maria, Matilde, Tobia, Agnese e Gioele; Luana e Alberto con Giovanni, Giacomo e Tommaso, abbiamo maturato la decisione di camminare insieme e, cercando la struttura più adatta a concretizzare il nostro progetto, abbiamo trovato l’attuale casa in cui viviamo. Alcuni dei figli nominati sono nati qui in comunità. Il casolare non era bello e accogliente come lo vediamo ora. È stata fatta una grande opera di ristrutturazione che ha reso possibile la realizzazione di quattro appartamenti per le singole famiglie. Era chiaro, infatti, fin dall’inizio che l’intimità della famiglia andasse preservata e che questa, se rispettata, permettesse anche il benessere della comunità. Condividiamo inoltre diversi spazi comuni: il grande salone che ospita i gruppi che vengono a trovarci, il pranzo domenicale, l’accoglienza temporanea per singoli in ricerca, pellegrini di passaggio e tutti i momenti aggregativi, soprattutto nella stagione fredda. Una cappellina, luogo di preghiera e raccoglimento, si trova nel cuore dell’edificio. È un piccolo ambiente che ci aiuta a tenere vivo l’ascolto della parola di Dio. Il portico, un altro spazio fondamentale della comunità, è un luogo molto vissuto nella bella stagione, dove si pranza, si scambia qualche chiacchiera e dove solitamente si accoglie con un caffè e una bevanda chi arriva a Bethesda. A tutto ciò fa da cornice un grande giardino, molto abitato nelle stagioni più calde, contraddistinto da un lungo viale all’ingresso. Oltre ai luoghi fisici vi sono gli spazi e i tempi che caratterizzano il ritmo pulsante della vita comunitaria. Tenendo il cancello sempre aperto ed essendoci una targa in legno su cui è scritto “comunità Bethesda”, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: molti sono coloro che entrano, in qualsiasi orario, o per curiosità o per qualche situazione di bisogno. Chi prima vede l’ospite entrare, interrompe quello che sta facendo e incontra la persona che arriva, l’accoglienza non ha orari. Il lunedì mattina ci si sveglia alle 6:30 per recitare insieme le Lodi in cappellina quando ancora i figli dormono, al martedì sera ci ritroviamo per un incontro più organizzativo, in cui facciamo il calendario degli impegni, valutiamo le richieste che ci vengono fatte oppure parliamo di altre questioni comunitarie. Il giovedì sera preghiamo meditando il vangelo della domenica e durante il fine settimana arrivano vari gruppi, per l’Iniziazione cristiana, gruppi scout o chiunque ci chieda un momento di testimonianza e condivisione che spesso si conclude con un pranzo insieme. Altri momenti molto importanti, che ci aiutano a preservare il nostro spirito comunitario, sono degli appuntamenti con una figura speciale: la psicoterapeuta. Abbiamo condiviso da sempre la necessità di una professionista che, data la nostra prossimità gli uni verso altri, si prenda cura che l’umanità di ciascuno, che tante volte vorremmo nascondere, possa emergere. Viviamo in una società che non insegna a mettersi a nudo, anzi spesso ci ritroviamo esperti maestri delle maschere che indossiamo piuttosto che farci vedere per come siamo. In comunità si viene regolarmente “stanati” e ciascuno può rivelarsi per quello che realmente è. Come detto, abbiamo scelto di farci accompagnare da un padre spirituale, padre Paolo, figura molto importante per la comunità, perché ci sprona a tener viva la nostra fede, scrutando la parola di Dio affinché diventi concreta nei piccoli gesti e azioni tra noi e con il prossimo che incontriamo. Vivere insieme non è semplice né tantomeno scontato. Anche condividendo la fede, spesso ci scontriamo nelle cose più semplici e quotidiane. Abbiamo scelto quindi come nome Bethesda, perché non comune e conosciuto, ma soprattutto perché significa “casa della Misericordia”. Vivendo insieme stiamo imparando il vero significato di questa parola e che senza di essa non saremmo in grado di muovere alcun passo. Spesso ci si vergogna di far vedere i propri punti deboli, le proprie mancanze. Il miracolo che accade, tra le mura di Bethesda, è invece quando si riesce a volersi bene proprio nonostante i propri limiti piuttosto che per i propri pregi. È una grazia che si sperimenta in comunità. Nel Vangelo di Giovanni (5,1-18) Bethesda è la piscina in cui il paralitico, che non ha nome e in cui quindi possiamo rivedere ciascuno di noi, viene immerso per ricevere una guarigione. Da solo però non ce l’avrebbe fatta, troppo “paralizzato”. Ogni giorno facciamo esperienza di essere anche noi guariti dal fratello di comunità che ci aiuta a immergerci nella piscina in un sostegno che diventa quindi guarigione. Per vivere in comunità non ci vogliono doti speciali, e certo noi non le abbiamo. Tante volte rimaniamo noi stessi stupiti di quanta forza possa generare il fare le cose insieme e di come il poco di ciascuno abbia la capacità di moltiplicarsi a dismisura, se condiviso. Gesù, nel Vangelo di Giovanni, entra per la prima volta a Gerusalemme attraverso la porta delle pecore, una porta secondaria di accesso alla città. La nostra comunità desidera essere proprio questa porta di servizio, una casa dove si cerca di imparare il vero nome dell’amore nello stare insieme, nonostante le fatiche e le diversità di ciascuno. Case che diventano chiese domestiche. Lo spirito solidale che c’è tra le famiglie ci permette di poter essere compagni di viaggio per chi fatica a camminare da solo. Oltre alle abitazioni e agli spazi comuni vi è un piccolo monolocale dove abbiamo la possibilità di ospitare una mamma con bambino. Lo scorso anno si è concluso un progetto in collaborazione con la Caritas diocesana, attualmente stiamo collaborando con i servizi sociali del comune di Padova. Riteniamo sia una grande possibilità di crescita umana poter essere vicini a delle persone molto diverse da noi culturalmente, con storie a volte anche difficili alle spalle. Con loro si intrecciano le vite sia nostre sia dei nostri figli, condividendo piccole e grandi conquiste quotidiane. Bethesda cerca di essere un nuovo modo di abitare ed essere chiesa. Ciascuno di noi si è sentito visitato nel cuore da Gesù, che ci indica questa strada come una via possibile per spendersi e realizzarsi all’interno del dono di essere famiglia, consapevoli che laddove si manifestano le nostre ferite e resistenze, là non solo è possibile un cammino di crescita umana, ma si viene raggiunti dal Signore. Mettendo in comune le risorse e i talenti di ciascuno e cercando di rispondere alla comune vocazione battesimale, di chiamati e inviati, con umiltà, creatività e coraggio a sostegno dei fratelli più bisognosi.