Le speranze e la speranza cristiana

La speranza è una componente essenziale dell’uomo, come ha sottolineato l’enciclica Spe salvi di papa Benedetto XVI. Occasionato dal testo del pontefice, il vol. non ne costituisce un semplice commento, ma intende presentare un’etica della speranza. Il contesto sociale e culturale, che ha suscitato la nota teologia della speranza, è infatti profondamente cambiato e la speranza si è ritirata lasciando il primato al «principio di responsabilità» di H. Jonas. Ma nessun principio, in prospettiva futura, può prendere il suo posto. Se non c’è speranza, anche la responsabilità cede infatti alla rassegnazione e alla disperazione di fronte al male e ai mali del mondo con la loro incomprensibilità e insuperabilità. Per l’a., oggi manca il perché di ciò che facciamo e viviamo. E la speranza è dentro le cose per dar loro significato.

Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 10
(http://www.ilregno.it)

L’Autore in questo libro non intende fare il commento all’Enciclica Spe salvi di Benedetto XVI. Pur prendendo spunto da essa, presenta invece un’etica della speranza che prende in considerazione il contesto socio-culturale di oggi, con le sue speranze più o meno vane e fallaci, per lanciare l’uomo sulla strada che conduce alla realizzazione della sua pienezza, punto d’arrivo della speranza cristiana. Pertanto, a giusta ragione, egli annota che la temperie culturale che aveva suscitato la teologia della speranza è profondamente cambiata, perdendo di vista la speranza e assegnando il primato al “principio di responsabilità” secondo Hans Jonas. Ma nessun principio, in prospettiva futura, può prendere il suo posto. La speranza è una componente essenziale dell’uomo in cammino. Se non c’è speranza anche la responsabilità cede alla rassegnazione o addirittura alla disperazione di fronte al male e alle sofferenze, talora incomprensibili e insuperabili che accompagnano la vita umana. Non sperare è come morire.

Oggi viviamo in un mondo tremendamente povero di speranza, di futuro, di attesa: lo attestano continui fatti di cronaca che troppo frequentemente parlano di suicidi riguardanti la fascia giovanile, non solo, e di omicidi consumati perfino nell’ambito della propria famiglia. Generalmente si attribuiscono a depressione, ma se vogliamo trovare la causa profonda, responsabile di tutto questo, dobbiamo evidenziare una visione riduttiva dell’uomo che ha permeato una mentalità diffusa: l’uomo non è visto in tutto il suo spessore ontologico, ma unicamente nel suo essere storico, per cui inevitabilmente cerca ciò che lo appaga subito e a buon mercato, e se non lo ottiene non riesce a sopravvivere di fronte alla disillusione. Quando si perde di vista la dimensione fondamentale dell’uomo, ossia la trascendenza, come spesso oggi accade, si perde anche il significato e il senso delle cose. Al contrario, una concezione metafisico-ontologica, che vede l’uomo nella sua onnidimensionalità, garantisce una finalità metaspaziale e metatemporale, che consente il raggiungimento di quella pienezza e felicità verso cui il cuore umano tende. Proprio qui entra in campo la speranza cristiana che, coltivata soprattutto nei momenti di difficoltà, non risparmiati a nessuno, permette di assaporare la gioia di vivere, di guardare oltre, infondendo nell’intimo umano quel supplemento di coraggio che fa superare la paura di fronte alle prove della vita.

Bisogna essere grati all’Autore che con questo libro contribuisce a diffondere la speranza di cui l’homo viator, posto tra il “già” e il “non ancora”, ha estremo bisogno, disorientato com’è da tante strategie promotrici di cultura di morte. Altre note caratteristiche voglio sottolineare nel presente volume. Oltre al contenuto lodevole, è da riconoscere il pregio del rigore scientifico, del linguaggio chiaro e accessibile a tutti e di una bibliografia nutrita e aggiornata, posta alla fine del libro stesso, che mi auguro abbia una grande diffusione.

Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 1/2010
(http://www.pfse-auxilium.org)