Ontologia e gratuità

Monografia davvero esemplare. Discorso asciutto, senza esuberanze; ma denso e ricco di contenuti, bene ordinati tra di loro ed eccellentemente organizzati. Non è che il tema dell’amore si trovi quasi nascosto dentro il pensiero di Blondel, e che occorra quindi grande fatica per estrarlo e metterlo in evidenza. Già altri (p.e. X. Tillette) hanno globalmente riassunto il discorso blondeliano riconducendolo al significato di una ‘metafisica dell’amore’. Ma qui l’Autore offre alla suddetta tesi la prova di una meticolosa ricostruzione analitico storica; veniamo accompagnati nei passi del suo cammino verso la piena chiarificazione. I dieci capitoli del volume (a loro volta divisi in numerosi paragrafi) disegnano appunto tali passi. Si parte dalla concezione di filosofia e teologia, entro cui si situa il discorso cristologico; se la filosofia non crea il suo oggetto, ma deve riconoscere il ‘dato’ ed essergli fedele, essa deve impegnarsi a cercare e sperimentare ogni aiuto che le viene offerto per poterlo interpretare in modo sempre più pieno e perfetto; ecco l’appello blondeliano alla cristologia, senza per questo perdere la propria autonomia (dalla cristologia essa attinge linguaggio, ed anche orientamenti, di cui può servirsi, in un certo senso appropriarsi, per svolgere bene il proprio compito). A questo punto si inserisce il tema più specifico di Blondel: quello sulla ‘Azione’, sul primato della ‘verità che si attua’, vale a dire, sul vitale dinamismo del ‘desiderio’ che anima ogni facoltà umana, anche il pensare; e cioè sul primato del ‘volere’, nel suo significato più radicale: desiderio che attende, per così dire, un suo ‘battesimo’: il dono dell’Amore. Ed allora la Carità si presenta come una forma di ‘transustanziazione dell’essere’. L’essere che è ‘dato’, e cioè è ricevuto ed è dono, si fa azione, vale a dire invocazione, fame e sete, di proprio pieno compimento; l’Amore si offre appunto (viene offerto) come suo esaudimento. La gratuità, allora, è inscritta nell’essere in quanto ‘dato’; la passività radicale dell’uomo, anche del suo pensare, induce al ‘saper invocare, alla disposizione a radicale recettività’. Non si fa questione di esigenze, di diritti, di obblighi e doveri. Il prof. Giacchetta inserisce tutte queste riflessioni dentro una struttura interpretativa molto attuale: quella detta ermeneutica, appunto; ma non impone nulla al pensiero di Blondel, aiuta soltanto a tradurlo in nostre categorie attuali; ma queste sembrano davvero congeniali a lui, che di fatto ha inteso la filosofia come fedeltà alla dimensione ‘passiva’ che caratterizza il pensare umano, e perciò come sforzo di ‘interpretazione’ del ‘dato’.
Nutritissima bibliografia, numerose e pertinenti note accompagnano da un capo all’altro tutto il lavoro; a garantirne la serietà. L’ammirazione nostra e la nostra gratitudine all’Autore, queste sì, non sono omaggio gratuito.

Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 2
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)