Citazione spirituale

I segreti della nuova Sistina del Vaticano. La cappella Redemptoris Mater

di

Làbadyovà Simona-Sarah


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EAN 9788889736586

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Descrizione
Tipo Libro Titolo I segreti della nuova Sistina del Vaticano. La cappella Redemptoris Mater Autore Editore Marcianum Press EAN 9788889736586 Pagine 320 Data marzo 2009 Peso 800 grammi Altezza 24 cm Larghezza 17 cm Profondità 2 cm

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il 17 giugno 2011 alle 12:29 ha scritto:

“I segreti della ‘Nuova Sistina’ del Vaticano. La cappella Redemptoris Mater” di LÁBADYOVÁ Simona-Sárah, frutto di cinque anni di ricerca, è un libro di 319 pagine interamente dedicato alla Cappella Redemptoris Mater del Vaticano di cui rappresenta il primo saggio completo ed organico che affronta con competenza sia l’aspetto artistico sia quello teologico-spirituale. La Dr.ssa Simona Sarah Labadyova oltre a essere è storico d’arte (laurea in Storia dell’Arte ed Estetica all’Università Komensky di Bratislava) è anche dottore in Teologia Spirituale (laurea presso la Pontificia Facoltà del Teresianum di Roma).
Il libro è stato presentato il 23 marzo 2009, presso l’ambasciata della Repubblica Slovacca a Roma dal Card. Paul Poupard - Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura - e dal Prof. Antonio Paolucci uno dei maggiori critici d’arte a livello internazionale, già direttore degli Uffizi a Firenze e oggi direttore dei Musei Vaticani.
Il Card. Paul Poupard, che è stato il punto di riferimento in Vaticano durante la realizzazione della Cappella Redemptoris Mater, ha elogiato il libro per il suo rigore e la sua obiettività, e per il fatto che ha finalmente dato il giusto rilievo anche alla parete più puramente spirituale: quella della Gerusalemme Celeste dell’artista russo Kournoukov. Anche il direttore dei Vaticani Prof. Antonio Paolucci ha apprezzato la qualità e la completezza del libro facendo pubblicare la sua recensione del libro e brani scelti del libro della Dr.ssa Labadyova su una intera pagina dell’Osservatore Romano (23-24 marzo 2009 p.5).
Il prof. H. Pfeiffer, teologo gesuita e professore di Iconologia e Storia dell’Arte della Pontificia Università Gregoriana, considerato uno dei maggiori esperti internazionali di Arte Cristiana, ha pubblicato sulla rivista “Gregorianum” una recensione sul libro della Dr.ssa Labadayova in lingua tedesca in cui presenta il libro come il più valido e approfondito studio sulla Cappella Redemptoris Mater del Vaticano finora realizzato e come la migliore rappresentazione dei mosaici e della teologia in essi contenuta. La recensione si conclude raccomandandone la lettura non soltanto ai teologi (Gregorianum 2009 n°90/4 pp.905-906).
La dr.ssa Labadyova, in seguito ad una analisi approfondita e interdisciplinare, ha valutato positivamente l’opera della Cappella Redemptoris Mater nel suo complesso, ma per serietà e onestà intellettuale ha dovuto far presente anche alcuni elementi critici e assai discutibili come ad esempio: il fatto che MI Rupnik abbia rappresentato se stesso e le persone della sua equipe, ancora viventi, sulla parete della Parusia vestiti di bianco con impressa la tau della salvezza e con le stimmate sulle mani sanguinanti; l’estromissione dell’artista russo (che aveva esperienza più che decennale nel campo del mosaico mentre per M.I. Rupnik si trattava della prima esperienza con i mosaici) che in base al progetto originale avrebbe dovuto realizzare l’intera opera; la rappresentazione sulla porta di S. Pietro di simboli troppo simili a ying e yang che nulla hanno a che fare con il Cristianesimo; la manualità non eccellente di M.I. Rupnik dal punto di vista artistico soprattutto nella realizzazione delle figure e nei volti; la valutazione dell’arte di M.I. Rupnik come classificabile all’interno dell’arte occidentale e non all’interno della iconografia della tradizione dell’Oriente Cristiano; etc …
Paragonare un libro obiettivo, rigoroso e serio come quello della Labadyova con altri libri successivi , come qualcuno ha fatto, che trattano la Cappella Redemptoris Mater solo incidentalmente e parzialmente, e su cui non appare neppure l’ombra di una critica ma solo appassionate sviolinate all’opera di M.I. Rupnik, non sembra giusto. Soprattutto quando poi si scopre che tali libri sono tratti da tesi dottorali il cui relatore è, guarda caso, proprio l’artista di cui si cantano le lodi, vale a dire M.I. Rupnik.

il 5 dicembre 2011 alle 13:11 ha scritto:

Segnalo la recensione scritta nella rivista scientifica GREGORIANUM, VOL. 90 (2009) FASC. IV: RECENSIONES, pp. 905-906, da Padre H. Pfeiffer, teologo gesuita e Professore di Iconologia e Storia dell’arte della Pontificia Università Gregoriana, considerato uno dei maggiori esperti internazionali di Arte cristiana.

SIMONA-SARAH LÁBADYOVÁ, I segreti della “nuova Sistina” del Vaticano. La Cappella Redemptoris Mater, Venezia: Marcianum Press, 2009; pp. 320 + 42 tav. € 35,00. ISBN 978-88-89736-58-6.

Successivamente alla presentazione della nuova decorazione della Cappella Redemptoris Mater da parte del primo libro di autori vari (M.APA – O.CLEMENT – C.VALENZIANO (edd.), La Cappella “Redemptoris Mater” del Papa Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999) e a quello pubblicato dall’artista stesso (M.I.RUPNIK, Il colore della luce, Lipa, Roma 2003), questo libro rappresenta il più valido e approfondito lavoro su questo tema. Si tratta della tesi di dottorato presentata e difesa il 9 maggio 2006 con specializzazione in Teologia spirituale alla Pontificia Facoltà Teologica del Teresianum. Relatore della tesi è stato P.Jesus Cervera Castellano OCD da poco deceduto. Una parte della sua presentazione durante la difesa della tesi di dottorato costruisce ora la Presentazione del libro (cf.13-14.).
Per il cinquantesimo giubileo del suo sacerdozio è stata messa a disposizione del Papa una considerevole somma della quale liberamente ha potuto disporre e che Egli ha voluto utilizzare per la decorazione della Cappella Matilde. L’ideazione e la realizzazione è stata affidata al Centro Aletti e dunque al Cardinale Tomáš Špidlík S.I., a P.Marko Ivan Rupnik S.I., e alla loro equipe Centro Aletti a Roma. Coinvolto era anche l’ortodosso russo Alexander Kornoukhov.
L’Introduzione del libro (15-24) descrive il contenuto della nuova decorazione della Cappella Matilde che è stata rinominata “Cappella Redemptoris Mater” e con questo compito collegata problematica. Molto bella la formulazione alla p.17: “Lo Spirito unisce il divino all’umano e porta l’umano al divino. È il principio che vivifica la materia e l’invisibile unisce al visibile.” Con questo è dato il principio della creazione propria di un artista cristiano. Seguono alcune distinzioni tra l’arte sacra, religiosa e liturgica (cf. 19-20), da qui alcune riflessioni sul messaggio che l’arte può trasmettere e sulla nuova evangelizzazione, sulla attualità della Cappella e infine due riferimenti sul lavoro stesso dell’autrice che presenta il suo lavoro come interdisciplinare tra la teologia e spiritualità e contemporaneamente come un contributo sistematico-teologico.
Il libro è diviso in sei capitoli di cui il primo mostra come la decorazione musiva crea qualcosa di nuovo rispetto alla originaria Cappella Matilde, cioè uno spazio luminoso con forti movimenti, in cui le energie contenute nella materia delle piccole e delle grandi pietre del mosaico vibrano e si illuminano. Con molti sottocapitoli che rendono questa opera facilmente scorrevole vengono indicati i dettagli riguardo al contenuto, alla forma dei mosaici, al luogo dove vennero applicati. Nel terzo sottocapitolo vengono presentate le analogie rispetto alla più famosa Cappella Sistina, da cui trae origine il titolo del libro; inoltre vengono trattate anche le differenze tra le quattro pareti, la parete dell’altare che ha realizzato il russo Kornoukhov, e le tre restanti pareti, realizzate sulla base dei disegni di Marko Rupnik della equipe del Centro Aletti.
Particolarmente importante è il quinto sottocapitolo in cui vengono descritti la nascita dall’idea base da parte dell’attuale Cardinale Špidlík e i vari momenti della realizzazione. Qui vengono esattamente presentate e valutate anche le differenze tra l’arte di Marko Rupnik orientata verso l’Occidente e quella del cristiano d’Oriente Kornoukhov. L’autrice, e in questo consiste uno dei suoi pregi, cerca anche di rendere in tutto giustizia a quest’ultimo, e si è premurata di entrare in corrispondenza scritta con lui. L’autrice evidenzia in questo sottocapitolo che questa Cappella rappresenta un simbolo della faticosa via verso l’unità tra i cristiani (cf.43).
Il secondo Capitolo è dedicato al difficile problema del rapporto tra tradizione e novità nell’arte ecclesiale. Il terzo, quarto e quinto trattano in modo approfondito gli aspetti più teologici delle tre pareti della decorazione della Cappella che sono state realizzate dal Centro Aletti. Il sesto e l’ultimo capitolo trattano la tematica della parete dell’altare e descrivono i mosaici dell’artista russo in relazione alla tradizione iconografica dell’Oriente cristiano e la decorazione della volta realizzata sul disegno del Pantocrator di Marko Rupnik. Su quello che viene detto nella ricapitolazione conclusiva, che la decorazione della nuova Cappella rappresenta un’opera mai esistita prima, e che l’arte, la teologia, la spiritualità e la liturgia si legano e si conciliano tra di loro, si può essere solo d’accordo. In quanto si tratta finora della migliore presentazione dei mosaici della Cappella Redemtpris Mater e della teologia in essi contenuta si raccomanda questo nuovo lavoro anche grazie alle sue eccellenti tavole fotografiche. Si propone volentieri con buona ragione alla lettura soprattutto ai teologi, ma non soltanto loro.

HEINRICH PFEIFFER, S.I.

In GREGORIANUM, VOL. 90 (2009) FASC. IV: RECENSIONES, pp. 905-906, tr.it.

il 5 dicembre 2011 alle 13:13 ha scritto:

Segnalo la recensione scritta dall’attuale Direttore dei Musei Vaticani Prof. Antonio Paolucci, uno dei maggiori storici d’arte a livello internazionale. Questa recensione è stata pubblicata sull’Osservatore Romano il 23-24 marzo del 2009.

Un segno del crescente interesse per l'arte dell'icona
Le attese dell'Occidente
e il linguaggio dell'Oriente

di Antonio Paolucci

Non c'è dubbio che la Cappella "Redemptoris Mater" nei Palazzi Apostolici Vaticani abbia assunto ai nostri giorni un valore simbolico molto grande.
Di questa "nuova Sistina" - così nel titolo del libro appena uscito per i tipi della Marcianum Press di Venezia - parla Simona-Sarah Lábadyová che è storica dell'arte laureata a Breslavia nel 1990 e teologa. Il libro è bello, appassionato, fitto di saperi scritturali, storici e liturgici, scintillante di riflessioni e di argomentazioni. Merita quindi di essere letto con cura e considerato con ogni attenzione.
Nel libro si parla dei mosaici che occupano la cappella e quindi del messaggio religioso per immagini che Papa Giovanni Paolo ii ha voluto consegnare ai cristiani della Chiesa universale al crepuscolo del suo pontificato. Da ciò la straordinaria importanza della Redemptoris Mater.
Prima di tutto è però necessario fornire le notizie cronologiche e storiche essenziali. La decorazione della cappella, realizzata con i denari che il collegio cardinalizio offrì al Papa nel 1995 per il cinquantesimo del suo sacerdozio, fu inaugurata il 14 novembre 1999 quasi alla vigilia del grande Giubileo e alla chiusura del secolo e del millennio.
Tutto questo è importante perché sottolinea la sacralità e quasi la fatalità dell'evento, ne esalta il significato simbolico di finis temporum; fine di una stagione nella storia della Chiesa, mutazione e rinnovamento dell'immaginario religioso.
Il programma iconografico è opera di tre uomini venuti dall'est Europa e quindi fraterni alla cultura figurativa ortodossa e alla spiritualità slava: Tomás Spidlík cardinale, padre Marko Ivan Rupnik gesuita, teologo e artista, Karol Wojtyla, Papa. Esecutori del progetto sono stati, oltre che Rupnik, le maestranze dello studio Aletti e il russo di fede ortodossa Alexander Kornoukhov. La tecnica è quella antichissima della pittura a mosaico. L'argomento, dispiegato nelle pareti e nella volta, riguarda i supremi misteri della fede cristiana: l'Incarnazione del Verbo, l'Ascensione e la Pentecoste, la Parusia, la Gerusalemme Celeste. A ciascuno di questi soggetti è dedicata una parete della cappella. Ed ora lo stile; quello che noi storici dell'arte chiamiamo "stile" e cioè il modo che ogni singolo artista ha, che ogni epoca della storia ha avuto, di dare immagine a persone, cose, idee, concetti quando si tratta di rappresentare il Vero reale di questo mondo o il Vero immaginato della religione, del mito, della filosofia, dell'estetica.
Ebbene lo stile dominante nella Redemptoris Mater può essere definito - se mi è consentita la semplificazione didattica - "bizantino-moderno". "Bizantino" perché vuole essere la poetica evocazione, recuperata attraverso filtri intellettuali sorvegliatissimi, della ieroscrittura, della cifra sacra della tradizione figurativa ortodossa, greca e soprattutto slava; "moderno" perché intende rivolgersi alla sensibilità religiosa di oggi e tenta, per questo, sofisticate ibridazioni con i codici figurativi della modernità.
Il tema che si sono dati gli iconografi e gli artisti della cappella è il dialogo, asse portante del pensiero di Giovanni Paolo ii: dialogo fra la tradizione e il tempo presente, dialogo fra la Chiesa di Roma e l'Oriente cristiano, i due polmoni con i quali respira la cristianità.
Il risultato è un ciclo musivo fortemente sostanziato di ieraticità e di trascendenza, ispirato alle fulgide estatiche liturgie orientali, astrattizzante, contemplativo ed "iconico" nel senso di "finestra sull'eternità" che Pavel A. Florenskij dava alla icona, all'immagine sacra dipinta.
Naturalmente non dobbiamo immaginare i mosaici della Redemptoris Mater come revival, come operazione di puro citazionismo. Marko Ivan Rupnik che è stato il teologo progettista più importante e il vero leader del cantiere, è artista coltissimo e raffinato, che ha attraversato le esperienze moderne e contemporanee, che conosce e ama Klee, Kandinsky, Malevic, che non è estraneo al minimalismo e all'"arte povera". Nella parete dell'Incarnazione e in quella della Parusia le accensioni cromatiche e l'immaginario visionario del Novecento sia astratto che figurativo sono ben presenti nello stile dell'autore ed entrano nella iconografia bizantina con effetti indubbiamente suggestivi.
Anche l'ortodosso Alexander Kornoukhov nonostante la sua dipendenza dai rigidi schemi stilistici delle scuole monastiche russe, nella sua Gerusalemme Celeste incantevole come un prato fiorito a primavera, riesce a piegare il canone ad esiti di naiveté leggera, screziata di spirituali iridescenze.
Nulla da obiettare quindi sulla qualità dei singoli artisti e sul risultato felice dell'impresa pittorica nel suo complesso. Ciò che a me interessa sottolineare è il significato simbolico della Redemptoris Mater, il suo presentarsi come punto di svolta rispetto a una tradizione figurativa che ha attraversato la Chiesa di Roma per poco meno di un millennio. Sotto il tetto dei Palazzi Apostolici, nella Cappella del Papa, a breve distanza dalla Sistina di Michelangelo, dalle Stanze e dalle Logge di Raffaello, l'arte figurativa religiosa si propone come astrazione e contemplazione, come segno disincarnato, come mistica teofania.
Il libro della Lábadyová porta a mò di epigrafe, nel risguardo di copertina, il versetto di Luca "Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto" (Luca, 12, 2). Io potrei aggiungere la frase di Paolo nella prima ai Corinzi "Num videmus per speculum et in enigmate: un giorno conoscerò come sono conosciuto" (1 Corinzi, 13, 12). Per la spiritualità orientale l'immagine dipinta deve servire a varcare lo specchio paolino, a svelare le cose nascoste. È appunto una "finestra sull'eternità".
Noi latini, attraverso una lunga sequela di secoli a far data almeno dal Cantico delle Creature di san Francesco, abbiamo invece pensato che l'universo così come lo vediamo è esso stesso una teofania, che la Bellezza mondana nella sua variegata multiforme apparenza, è ombra di Dio sulla terra e in quanto tale va onorata e rappresentata nei quadri, negli affreschi, nelle sculture.
C'è da aggiungere che se la nostra Chiesa di Roma non avesse tentato il grande azzardo del confronto col Vero - il Vero naturale, il Vero emotivo e psicologico, il Vero irrazionale e fantastico - se non avesse lasciato ai suoi pittori e ai suoi scultori piena libertà di rappresentarlo, l'arte non avrebbe avuto storia. Non ci sarebbero stati - intendo dire - la Madonna della Seggiola di Raffaello, la Vergine delle Rocce di Leonardo, la Ronda di notte di Rembrandt, il Trés de Mayo di Goya, Guernica di Picasso.
La Cappella Redemptoris Mater è un simbolo ed è anche un sintomo. Un sintomo dell'interesse sempre più diffuso del popolo cristiano per l'iconografia orientale. Io stupisco per la vasta deriva che riempie le nostre chiese rinascimentali e barocche di Deèsis, di Cristi pantocratori, di Glykofiloùse. Non sono attrezzato, dal punto di vista religioso, per spiegare le ragioni del fenomeno. Mi limito, da storico dell'arte, a rilevare il coesistere di sistemi figurativi e stilistici che la storia ha tenuto separati per un millennio.
Sotto il segno profetico di Giovanni Paolo ii gli iconografi e gli artisti della Redemptoris Mater, con il cuore ad Oriente aperto tuttavia alle attese dei cristiani d'Occidente, hanno tentato la conciliazione delle due culture. Se l'innesto darà frutto è presto per dirlo.


(L'Osservatore Romano - 23-24 marzo 2009)