Nell'ambito del Cristianesimo vi fu anche chi rifiutò radicalmente la filosofia e il rappresentante più significativo in questa direzione è Tertulliano. Nato a Cartagine tra il 150 e il 160, dotato di ampia cultura retorica e giuridica, esercitò forse l'avvocatura in Roma. Verso il 195 si convertì al cristianesimo, tornò in Africa, ove compose numerosi scritti in lingua latina in difesa della Chiesa contro pagani ed eretici. Tra questi sono particolarmente importanti l' Ad nationes, contro i pagani, e l'Apologetico, composti entrambi nel 197 , e il De praescriptione haereticorum, di poco successivo. Più tardi, verso il 207, aderì al montanismo, eresia introdotta da Montano, fondata sulla credenza nella fine imminente del mondo e sulla necessità di prepararsi ad essa con rigoroso ascetismo. Con vari scritti, Tertulliano intervenne anche su questioni etiche, come l' immoralità dell'assistere agli spettacoli teatrali e circensi o delle acconciature femminili. Morì a Cartagine dopo il 220. Profondamente intriso di cultura classica, anche filosofica e medica, Tertulliano attinge anch' egli a dottrine filosofiche. Esempio significativo di questo atteggiamento è dato dal suo scritto Sull'anima, ove egli si fa sostenitore di una forma di materialismo.
Riallacciandosi allo stoicismo, egli sostiene che tutto ciò che esiste è corpo e, dunque, è corpo anche l'anima. Ne scaturisce il cosiddetto traducianismo, secondo cui l'anima è un derivato dell'anima dei genitori e di conseguenza attraverso di essa viene trasmessa la macchia del peccato originale, commesso dal primo uomo, cioè Adamo. Tertulliano ammette la possibilità di somiglianze tra la verità rivelata e determinate dottrine, per esempio etiche, dei filosofi pagani; egli giunse addirittura a definire Seneca "saepe noster" ( spesso nostro ), in quanto sostenitore di dottrine affini a quelle cristiane. Ma si tratta di somiglianze casuali : anche nelle tempeste, egli afferma , é talvolta possibile giungere per caso in porto. Di fatto , la sua condanna dei filosofi pagani è inesorabile. Il filosofo e il cristiano , i discepoli della Grecia e quelli del cielo, non hanno ai suoi occhi nulla in comune: " Che cosa hanno in comune " egli chiede nel De praescriptione " Atene e Gerusalemme, l' Accademia e la Chiesa , gli eretici e i Cristiani? ". Egli sottolinea la presenza nella vita dei filosofi dell' arroganza, dell' impudicizia, della slealtà, ma soprattutto della curiosità, il loro peccato capitale: dopo Cristo e il Vangelo, curiosità e ricerca non hanno più ragione di essere. In questa prospettiva egli giunge ad affermare che é meglio non sapere quanto Dio non ha rivelato, che imparare da congetture umane.
La verità rivelata da Dio ha messo completamente fuori gioco le presunzioni dei filosofi di pervenire alla verità con forze proprie: l' intera tradizione filosofica diventa la tradizione dell' errore. Alle filosofie si oppone la tradizione unanime e concorde delle Scritture , dei profeti e degli apostoli , e questa tradizione contiene verità che possono apparire assurde nell' ottica delle filosofie. Certezza e fede hanno il loro fondamento nella verità della rivelazione. A Tertulliano è stata erroneamente attribuita l' affermazione " credo quia absurdum " ( credo perchè é assurdo ), ma nello scritto intitolato De carne Christi , egli dichiara espressamente che la crocifissione e morte di Cristo é " credibile perchè inconcepibile " e la sua resurrezione é " certa , perchè impossibile ". La presunzione di attingere una verità fuori dalla rivelazione fa invece della filosofia la causa delle eresie , in particolare delle eresie gnostiche, che sorgono nel seno stesso del cristianesimo, allontanandosi dalla tradizione unitaria delle Scritture e della Chiesa. La radicalità dell' attacco di Tertulliano alla filosofia è spiegata soprattutto proprio dalla necessità di attaccare questi nemici interni, più vicini.