Alle nostre sorgenti. La Chiesa ambrosiana pellegrina nella terra di Gesù

Quando una Chiesa particolare si fa pellegrina nella terra del Signore, degli apostoli e dei primi discepoli riceve, tra l’altro, la grazia della consapevolezza: percepisce di essere depositaria del mistero della Pasqua e della missione di renderne partecipi tutti gli uomini della terra.
La consapevolezza si fa più precisa ed ecclesiale quando si cammina per le contrade del Signore sotto la guida del nostro Vescovo, come è avvenuto nel recente pellegrinaggio diocesano.
In Terra Santa abbiamo iniziato a far memoria del suo ministero presbiterale arrivato quasi alla soglia del cinquantesimo anno, cioè della sua prolungata dedicazione totale a Cristo e alla Chiesa. Con il suo carisma episcopale e con la testimonianza della sua fedeltà al Vangelo il Cardinale Dionigi Tettamanzi ci ha richiamati, soprattutto a Nazareth e al Getsèmani, all’esigenza della radicalità missionaria, non solo dei singoli, ma della nostra Chiesa nel suo insieme.
È quanto ci sta dicendo da quasi cinque anni, ma che richiede di essere vissuto, senza sconti, dai presbiteri, diaconi, chierici, religiosi, laici.
Il pellegrinaggio non è stato una pausa nel cammino diocesano, ma una carismatica conferma che la centralità della Pasqua del Signore richiede una Chiesa che vi corrisponda senza riserve e senza risparmi.
Di questo erano coscienti i pellegrini che si riconoscevano ecclesialmente gli uni gli altri, che celebravano con trasporto le Divine Liturgie e che si lasciavano volentieri guidare da giovani seminaristi, bravi e simpatici comunicatori della gioia pasquale.
La presenza dell’Arcivescovo emerito, il Cardinal Carlo Maria Martini, con le sue parole pacate e penetranti, ma soprattutto con la sua presenza forte e fragile nello stesso tempo, ci ha donato la gioia di comprendere come un Arcivescovo ha trovato e trova la sua forza nel suo essere discepolo fino in fondo e quindi nel saper vivere l’attesa del “compimento”, sapendo che la “prova” non conosce soste fino al momento finale.
Lo abbiamo festeggiato per i suoi ottant’anni di vita, ma ci siamo accorti tutti che la sua tensione era rivolta al “maranatha”, al “vieni Signore Gesù”. È bene, pertanto, che quanto la Parola di Dio ci ha comunicato attraverso il ministero episcopale venga messo a disposizione di tutti perché se ne colga il sapore originario e quindi autentico, serva da stimolo per la nostra Chiesa che entrerà tra poco nella Settimana Santa, l’“authentica” secondo il nostro Rito, perché il dono della consapevolezza maturi nella radicale capacità di donarsi per la salvezza del mondo.
Mons. Luigi Manganini
Vicario Episcopale
per l’Evangelizzazione e i Sacramenti

Milano, 21 marzo 2007