Teologia come sapienza della fede. Teologia e filosofia nella crisi ariana del IV secolo

Il libro tratta di un tema importante nella Chiesa nella seconda metà del IV sec., nella quale la posizione ariana, giunta ormai alla sua forma più radicale e organica nell’anomeismo e la dottrina teologica ortodossa, giungono a un confronto aperto e radicale. Le tappe di questo cammino va dal Concilio di Nicea (325) a quello di Calcedonia (381), l’evoluzione delle posizioni, l’approfondirsi del dibattito teologico e delle sue tematiche, il maturare sempre più consapevole di un metodo teologico sono le piste percorse in questo volume (cf. p. 7).

La filosofia greca, e con essa la cultura ellenistica, aveva concepito un tipo di cosmogonia neoplatonica che si sviluppava in dipendenza delle emanazioni che dall’Uno, l’Ingenerato, si manifestavano nel Logos prima, nel Pneuma, e in seguito, in successioni di energie e di operazioni, agivano sugli avvenimenti della creazione come descritte dalla genesi biblica. Era necessario contrastare tenacemente questa impostazione razionalistica del pensiero ellenistico eunomiano, che minava l’ortodossia della Chiesa. Tre grandi figure di santi, provenienti dalla Cappadocia, guidati dal vero Spirito, con scritti vari e interventi personali sono riusciti a debellare l’eretico che si era presentato con scritti subdoli e all’apparenza convincenti per dimostrare la ragionevolezza delle sue affermazioni. Basilio il Grande prende le mosse con i suoi scritti contro la posizione di Eunomio. Basilio imposta la sua discussione su alcuni punti essenziali che poi verranno raccolti e ampliati dai suoi successori, Gregorio Nazianzeno e Gregorio di Nissa, fino ad arrivare alla definizione di una dogmatica cristiana di vero e proprio impianto metafisico.

Nella storia della Chiesa si sono verificati di continuo movimenti culturali, scissioni, nascita di nuovi gruppi che ebbero con le loro eresie, lo scopo evidente di distruggere la fede cristiana esistente o la possibilità all’accesso alla fede. Quello che è avvenuto nel IV sec. con il movimento anomeo che si era costruito una filosofia e teologia pur libero dalla mitologia ma in contrasto con la verità rivelata, lo verifichiamo oggi come effetto dell’illuminismo con la variante che se allora si mettevano in discussione i principi teologici a supporto della verità rivelata, oggi è messa in discussione la stessa esistenza di Dio. La razionalità umana sicura delle sue conquiste in campo scientifico è diventata così superba da sentirsi nel diritto di stabilire lei la verità e di imporla a scopo di potere. L’impianto filosofico idealista cerca in tutti i modi di scalzare ogni verità trascendente ridicolizzandola come nuova mitologia, incapace di risolvere i grandi problemi associati alla crescita dell’umanità. Il presente volume non entra in questioni così complesse, ma lascia ben comprendere, dalla vivezza dell’analisi, condotta sulla base di un ampio bagaglio culturale e con grande chiarezza espositiva, quanto il dibattito teologico della seconda metà del sec. IV sia stato segnato da grande creatività intellettuale e da ricca pluralità di impostazioni differenziate che hanno condotto, in una consapevole evoluzione, ad acquisizioni di rilievo assolutamente straordinario (cf. p. 10).

Non rimane che auspicare la venuta di nuovi santi «cappadoci» i quali con mente illuminata dimostrino al mondo teologico riluttante, la necessità di accettare le nuove conquise scientifiche e al mondo della scienza la necessità di considerare il limite della ragione umana e di accettare le verità escatologiche e spirituali, riguardanti i destini eterni dell’uomo, più reali di quelle razionalmente accertate, le quali per loro natura sfuggono a ogni ricerca scientifica. Teologia e filosofia si devono necessariamente tenere per mano nel procedere lungo le argomentazione non solo ai teologi, ma pure al popolo di Dio.

Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)