La figura di Cristo nel commento al salmo 118 di Ambrogio di Milano

Perché Sant’Ambrogio abbia dedicato ventidue riflessioni al Salmo 118 sotto forma di omelie alla comunità cristiana di Milano non ci è dato di sapere. Si sa che esso è il più lungo del salterio, perché si compone di ventidue strofe di otto versi ciascuna. Il tema del salmo è duplice: la legge di Dio e la Parola del Signore. Si trova in esso un riferimento a Cristo e questo ha attirato l’attenzione del santo padre milanese, di Origene e di altri. Sant’Ambrogio trova in questo salmo, che ha un largo uso liturgico, una particolare “suavitas” e una “summa gratia”, oltre che la categoria morale imperniata sulla legge e una dottrina cristologica.
Se la legge ha un posto così importante, quale ruolo spetta a Cristo su cui San Paolo è molto chiaro nel definire superata la legge mosaica, perché “Christus finis legis” (Rm 10,4) e ancora: “In lege nemo iustificatur” (Gal 3,11ss)? Ma se Sant’Ambrogio dice di camminare nella legge, come si concilia tale posizione con la cristologia paolina? La soluzione sembra trovarsi nel chiarire che la legge ha valore di giustificazione solo se ad essa viene data una interpretazione spirituale: in questa linea si trovava anche Davide. La giustificazione dell’A.T. era piuttosto in “specie et imago”, ora con Cristo essa si eleva alla “veritas”.
Questa breve nota non rende conto della complessità della ricerca di Giorgio Maschio, suffragata dalle fonti, dalla letteratura più accreditata sull’argomento e da un sano equilibrio nel prospettare le possibili soluzioni.

Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)