Ho ricevuto quello che a mia volta ho trasmesso. Pasqua 2008

La prima lettera di Paolo ai Corinzi è una delle più antiche testimonianze del cristianesimo. Quando venne scritta i Vangeli, gli Atti e molte delle lettere, ancora non esistevano. Il lettore che si aspetta di trovare qui affermazioni di unità e concordia rimane deluso. Paolo affronta una serie di questioni che mostrano i cristiani di Corinto divisi tra loro e spesso incapaci di rendere testimonianza della loro fede. Tuttavia Paolo è un mistico e sa vedere oltre il contingente. L’imminenza del Regno di Dio gli mostra l’utopia di una comunità alternativa, capace di portare nel mondo e nella quotidianità la carica dirompente dell’evangelo, sotto la guida dello Spirito che trasfigura la realtà.

Quando affronta la questione delle mense del Signore, con l’assemblea divisa tra benestanti e no, tra chi si ciba delle carni immolate agli idoli e chi si scandalizza, Paolo richiama la cena del Signore: “il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Corinzi 11,23b-26).

L’apostolo di Tarso introduce queste parole della cena del Signore in modo solenne ed eloquente: “Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (v. 23a). A smentita dell’accusa di essersi allontanato dalla freschezza apostolica nel suo tentativo di calare l’evangelo nella vita reale delle comunità, egli mostra di essere consapevole che la fedeltà all’evangelo è garanzia di autenticità da parte di chi, in tempi e luoghi diversi da Gerusalemme e dalla Galilea di Gesù, traduce l’evangelo per le comunità che conosce e ama. Per questo Paolo può dare un’indicazione pratica che Gesù non ha dato: “Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri” (v. 33). Per questo può spingere a riconoscere nella diversità dei carismi la chiave dell’unità (cap. 12).