La Chiesa nel Quarto Vangelo

Il libro è dovuto all’assenza del tema «nel panorama editoriale biblico-teologico italiano» a detta del Binni (p. 5). Uno dice: Finalmente! Si spera che l’a. conosca la produzione sulla ecclesiologia giovannea. Ma purtroppo si constata che dalla bibliografia mancano opere molto importanti. Egli ricorda solo i classici Brown e Cullmann. Cito solo quattro opere che mancano dalla bibliografia finale e ne mancano molte altre; in ordine cronologico: F.A. PASTOR PIÑEIRO, La eclesiologia juanea segun E. Schweizer, Univ. Gregoriana, Roma 1968; PIERRE LE FORT, Le structures de l’Église militant selon Saint Jean, Labor et fides, Genève 1970 ; TAKASHI ONUKI, Gemeinde und Welt im Johannesevangelium (WMANT 56), Neukirchener Verlag 1984 ; NORMAN R. PETERSEN, The Gospel of John and the Sociology of Light, Trinity Press International, Valley Forge/PA 1993. Anche se si scrive in italiano, si dovrebbe tener conto della bibliografia specifica sull’argomento, e darne un minimo di «status quaestionis». Il breve riassunto del capo 4 (Breve riassunto tematico) è davvero deludente. L’impressione negativa si consolida vedendo l’organizzazione della materia in 22 capitoli tutti molto brevi eccetto il 18 che ha una funzione di qualificazione della tesi proposta: l’autore del Quarto Vangelo sarebbe un sacerdote e la tradizione giovannea andrebbe posta in ambiente sacerdotale palestinese (pp. 185-205). L’ultimo capitolo (Considerazioni finali) si riferisce ad una prima e seconda parte dell’opera (p. 231) che non si sa quali siano perché né compaiono nell’indice né nella struttura argomentativa interna. I capitoli in realtà sono slegati fra loro e tenuti insieme solo dall’idea dell’ambiente sacerdotale giudaico in cui l’opera va collocata. Per lo più l’argomentazione utilizza letteratura secondaria, spesso datata. Naturalmente il libro ha un suo piglio originale, come laddove asserisce che il gruppo eterodosso maggioritario crede in Gesú come Messia, ma non come Jhwh (p. 186). Su questa identificazione di «Figlio di Dio» con Jhwh credo si possa almeno dubitare a meno che non si ritenga il senso originario di Jhwh «Colui che è». Il Quarto Vangelo distingue bene Gesú, theos da ho theos/il Padre, anche se ne afferma l’unità di essere (Gv 10,30). L’ispirazione della tesi di fondo, sacerdotale, si basa sugli studi puntigliosi della simpatica Maria Luisa Rigato (p. 243).
Tutto sommato, un libro non ben strutturato, non ben fondato, scritto in fretta. Cito solo un esempio. A p. 186 l’a. scrive: «la povertà dei termini usati da Giovanni è tipica dell’ambiente sacerdotale su un complesso di circa 15720 parole usate in totale». Uno dice: «Qui ci manca qualcosa di essenziale!» E difatti mancano «vi sono solo 1011 vocaboli».

Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 2
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)