PREMESSA ALLA TRADUZIONE DEI TRE AUTORI
Qualcuno potrebbe chiedersi perché mai in questo volume della collana patristica di Città Nuova sono stati riuniti tre autori: Cipriano, Paolino ed Uranio. Ecco la spiegazione. Si parti dal proposito di tradurre l'opuscoletto di Uranio intorno al transito di Paolino di Nola. Ma non si pensò che l'argomento del « transito » di Uranio che compare per la prima volta in italiano, avesse bisogno di essere illustrato nella sua generale tematica di fondo: la morte di Paolino. Ma chi poteva far luce intorno alla morte celebrata da Uranio, segretario del vescovo nolano, se non lo stesso scrittore e poeta celebrato: Paolino di Nola? Ci parve bene pertanto premettere alla traduzione di Uranio quanto lo stesso Paolino avesse scritto intorno al mistero della morte.
La scelta cadde sul carine XXXI che celebra la morte del fanciullo Celso e sulla epistola tredicesima a Pammachio scritta per la morte della giovane sposa Paolina. L'argomento della morte ci fece risalire, per suo naturale corso, a Cipriano di Cartagine, che, nell'operetta De mortalitate (la pestilenza), riassume gli orientamenti teologici di tutta la tradizione primitiva intorno alla morte. Cipriano ha dovuto occuparsi del problema della morte, non solo per le persecuzioni che portavano al martirio, ma anche perché la pestilenza falcidiava con pauroso vortice vite umane intorno a Cartagine. Cipriano, dal'a pestilenza prende l'avvio, come farà in altre simili circostanze della sua vita, per- sanare il penoso scoraggiamento dei cristiani. Le pagine del De mortalitate rivelano da parte di Cipriano la lettura attenta dei De anima di Tertulliano.
La poesia con la teologia della morte accomuna gli autori dei quali ci siamo occupati per il senso del Cristo vivo che hanno. La morte è il felice momento dell'incontro con Cristo, come per Simeone, che quando capi di trovarsi alla vista del Cristo bambino, esultò perché vide il giorno non della sua fine, bensì del suo inizio di vita con Cristo. Unirsi al Cristo, vederlo a faccia a faccia, contemplarlo, è l'unico insuperabile gaudio del cristiano vero; sicché Paolo stesso, il grande maestro di fede di Cipriano, asserisce che morire per Cristo è un guadagno.
Questa cristologia tanto semplice quanto vera ed efficace anima tutto il De mortalitate. Ad essa fa riscontro l'altra cristologia di Paolino di Nola che per la distanza di tempo da Cipriano e per la naturale esplicitazione è più evidente, più ragionata, forse anche più geniale.