Il libro avvicina il lettore all'innato interesse di ricercare ed utilizzare piante spontanee per scopi commestibili, con 400 ricette sul loro impiego.
PREFAZIONE
di Frate Indovino
Amici carissimi,
ho la gioia di presentarvi un nuovo libro che trova la sua origine nella consuetudine di noi Frati Cappuccini di curare quasi tutti i malanni con delle erbe particolari che così copiosamente Nostro Signore ha voluto donarci. Da anni immemorabili l'uso terapeutico di piante dalle proprietà curative, ormai riconosciute anche dalla medicina ufficiale, è andato oltre la preparazione in laboratorio. Aggiungiamo ad insalate, e ad altre preparazioni gastronomiche, quei condimenti a base di piante officinali che non solo arricchiscono il gusto della pietanza, ma giovano anche al fisico.
Ai nostri giorni., con l'aiuto di moderne tecnologie, è un dato di fatto utilizzare le proprietà curative delle varie erbe, magari concentrate in fiale, pillole o creme. Ciò non toglie ad esse l'antico valore medicamentoso, né il loro profumo e soprattutto il gusto che riescono a suscitare sul nostro palato quando le assaporiamo. h, questa la chiave di volta attorno alla quale ruota il senso di questo libro: apprezzare le erbe medicinali anche sotto l'aspetto gastronomico, di fatto... "curandosi a tavola".
Un nostro affezionato antico, il Dr. Alberto Bencivelli, compagno di altre felici e condivise avventure editoriali, con pazienta da Certosino e molto impegno, ha raccolto ricette, informazioni, suggerimenti nei nostri conventi, da nonne all'antica, da prestigiosi chef, da introvabili raccolte di ricette e da altre varie Fonti; sulla base di questo materiale ha curato il presente volume dalle mille sfaccettature e altrettante curiosità di carattere storico, biologico e naturalistico. Il lettore viene così accompagnato attraverso un percorso avvincente e stimolante, che, da informazioni preliminari di base di carattere botanico espresse in modo molto semplice, si snoda lungo oltre 450 pagine, ricche di quasi 400 ricette imperniate sull'impiego di 54 piante terapeutiche/officinali spontanee, incorniciato da oltre 250 immagini che offrono non solo la possibilità di identificare le singole erbe così come compaiono in natura, ma anche di visualizzare la preparazione culinaria con esse realizzata.
A chi ci legge vada il nostro migliore augurio di buon divertimento in cucina, di buon appetito a tavola e... di lunga e sana vita, ringraziandolo per aver scelto di accogliere questo nostro particolare "polivalente" invito.
Vi saluto fraternamente augurandovi "Pace e Bene".
INTRODUZIONE
Da sempre l'uomo ha utilizzato le piante spontanee per fini alimentari. Nel periodo storico caratterizzato da vita nomade, le attività principali dell'uomo erano la caccia e la ricerca di piante o parti di pianta mangerecce.
In seguito, con il passaggio a una forma di vita stanziale, l'abitudine di cibarsi di piante spontanee, frutti, germogli o radici allo stato naturale è continuata per secoli e secoli. Gli antichi Greci e Romani e le civiltà che li hanno preceduti, dagli Arabi agli Egiziani, hanno cominciato ad elaborare in cucina le piante spontanee, per lo più cuocendole e insaporendole con olio, usanza che si è via via consolidata nel corso dei secoli successivi e ha trovato massima espressione presso le famiglie contadine.
In questo contesto le famiglie producevano in casa tutto o quasi ciò che serviva loro per la vita quotidiana, utilizzando quanto veniva prodotto nei loro terreni coltivati o era disponibile nei prati e boschi circostanti.
Un'attenzione particolare era riservata alle piante spontanee; bastava semplicemente raccoglierle e con esse realizzare di tutto, dai tessuti agli attrezzi e utensili vari e soprattutto cibo. La raccolta delle erbe per la tavola era in genere demandata alle donne di famiglia, che andavano per campi e boschi alla ricerca di piante commestibili che venivano cucinate per soddisfare i bisogni della famiglia secondo ricette e modalità non scritte, ma tramandate, spesso in modo disordinato, dalla tradizione popolare.
ALIMURGIA E FITOALIMURGIA
Il primo tentativo organico di mettere ordine in questa materia risale al 1767 ed è rappresentato dalla pubblicazione scientifica del medico e naturalista fiorentino Giovanni Targioni-Tozzetti.
L'opera, intitolata De alimenti urgentia, con sottotitolo abbreviato Alimurgia, descrive i vari sistemi con i quali le popolazioni riuscivano a sfamarsi durante i periodi difficili quali carestie, pestilenze, guerre, calamità naturali, che in qualche modo impedivano la quotidiana pratica di coltivazione dei terreni e allevamento del bestiame.
Per la prima volta compare il termine Alimurgia, unione delle due parole greche alimos (che toglie la fame) ed ergon (lavoro, attività). Più tardi alla parola alimurgia si è aggiunto il termine fato dal greco phytón (pianta). Il termine Fitoalimurgia indica quindi lo studio, la conoscenza e l'utilizzo zione delle piante spontanee per fini gastronomici.