Citazione spirituale

Il paese che sfidò l'Impero

di

Santaniello Andrea


Copertina di 'Il paese che sfidò l'Impero'
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EAN 9788882645403

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Descrizione
Tipo Libro Titolo Il paese che sfidò l'Impero Autore Editore LER EAN 9788882645403 Pagine 168 Data settembre 2011 Peso 460 grammi Dimensioni 17 x 24 cm
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il 9 febbraio 2012 alle 15:20 ha scritto:

Su Quindici, paese nel quale sono nato e della cui cultura mi sento onorato di far parte, c'è tanto e tanto ancora da ricordare.
Ad esempio, il nome preromano di Quindici è Fenser, che letteralmente significa proprio
"Quindici" (dal fenicio "fen", cinque, e "ser", dieci, come nell'etrusco). Di Fenser, che i Romani
chiamavano "Veseris", Arthur Sambon riporta una interessante serie di didrammi, in osco ed
in greco. Fenser cadeva a 15 miglia esatte dalla piccola Pompei osco-greca. Era ubicata, cioè,
ai piedi del Monte Saro (Pizzo d'Alvano), nella pianura oggi detta di "Paragnano", a mezza stra-
da tra la frazione "Vusaro" (Bosagro) ed il capoluogo comunale. Il Monte Saro, come attesta
Svetonio, era una altura sacra in grado di rendere divinità i propri eroi. Di essere oriundo del-
la regione si vantava il retore Marco Epidio: maestro di Virgilio, Augusto e Marcantonio. Il
Monte Saro era dedicato a Giove Sarnense (Ammone) e a Giunone.
Ai piedi del Saro, il generale Silla piantò l'alloro ed una sua villa munita di teatro. Nacque,
così, la nuova Quindici romana: a 15 miglia esatte dalla più estesa Pompei greco-romana.
L' "albanum" di Silla appartenne poi a Tiberio che, come riconosciuto da accreditati stori-
ografi moderni, visse più nei dintorni di Nola che non nella stessa Capri, nella Villa di Giove
sul Monte Lauro. E, nel suo enclave, Tiberio, dopo averlo attrezzato di un piccolo anfiteatro, tenne addirittura la quarta olimpiade campana. Col suo gesto, in pratica, Tiberio mandò su
tutte le furie i Pompeiani, cui spettava di diritto tenere la quarta "sebasta". Nel Vallo Lauro
venne accolto e si spense Augusto, prima dell'allestimento della sua "camera ardente" nel-
lo Octavianum, alle falde del Vesuvio. Nel Lauro i romani facevano risiedere il governatore
della Campania: consuetudine mantenuta quasi fino al passaggio delle redini a Napoli (1266),
con la preminente carica parzialmente preservata dal principe capuano (Conte di Caserta e
Signore di Lauro).
Sotto il generale bizantino Narsete, Patrizio d'Italia, Quindici ritornò ad essere importan-
te, accogliendo una nutrita Colonia Romea che aveva un suo vivace porticciolo nei "Campi
Scaphati" sul Sarno. Da Scafati, nuova e piccola Pompei dove è stato individuato il sepolcro
del nobilissimo Quinto Decio, corrono, fino alla scomparsa Chiesa di S. Sebastiano a Quindici,
esattamente 15 miglia. Tappe intermedie sono Taverna Penta (5) di Poggiomarino e Taverna
Palma (5 da Nola) di Decalano, o Teglano (10), nell'odierno Vico di Palma Campania.
Ma Quindici fu soprattutto importante, e oggetto di aspra contesa tra Longobardi e Bizan-
tini, quando "si cinse la testa" della Corona Ducale (Stemma con Sole e Luna), al tempo della
spaccatura della Campania nei due mondi della Ducea Bizantino-Napoletana, sulla costa, e
del fortissimo Ducato Longobardo di Benevento, su una gran fetta del Sud.
Quindici ebbe la peggio (primavera del 663), mentre Benevento, sotto la minaccia di
Carlo Magno (788), dovette cedere ai Napoletani parte dell'Agro di Cimitile. Per correre ai
ripari, Benevento approntò senza successo un castello sul colle di Cicala (833). La cosa scontentò non poco i Quindicesi che, per tutta risposta, voltarono le spalle a Benevento e si schierarono dalla parte del Castaldo di Salerno. Tutta la Pontilia, cioè tutto il Ponte montano (futuro Terzo del Ponte tra Palma e Forino) del vecchio ed esteso Gastaldato di Quindici - spiega il napoleonico Renè Poupardin, Professore della Scuola Francese di Roma - si sollevò contro Benevento. E Radelgario di Benevento, per soffocare il malcontento, decise di creare un palazzo, e di insediarvi un suo conte, nel sito dell'odierna Lauro (840). Con la forza, vi trasferì pure molti suoi servi di Quindici. Il dissidio tra Quindicesi e Beneventani preparò la
strada alla famosa Divisio Ducatus (848/849), con la quale tutte le terre al di qua della "linea
di taglio", cioè tra Forino e Scafati, già coordinate da Quindici, passarono all'emergente
Castel Lauro. Col nuovo accordo poi del 972, subentrato alla guerra greco-longobarda del
969-71, Napoli potè estendere la sua influenza fino ai Monti Nolani e ridar vita, così, ad una
nuova Nola.
La conquista Bizantino-Napoletana di Quindici, nel 663, impose nel Vallo la nascita del
Monastero del Santo Agnello di Dio Salvatore che, col più sintetico Titolo di S. Aniello, e non
senza distruzioni e ricostruzioni, rimarrà legata a Napoli fino al 1607: cioè fino a dopo la
scomparsa dell'Impero di Costantinopoli. Al trasferimento coatto di Quindicesi ai piedi di
Taurano (840), invece, risalgono le radici delle Casate Lauretane dei Santaniello, Trione, Vivenzio, ecc. Tanta storia va compresa, recuperata, rivalutata, mettendo da parte inutili campanilismi e pretestuosi atteggiamenti di arroccamento culturale.