“Nel giro di qualche ora dal mio arrivo in Pakistan alcune delle pagine di questo libro sarebbero state emblematicamente annerite dal fuoco e schizzate dal sangue e dalla carne di corpi dilaniati dalle devastanti bombe dei terroristi. Il massacro che ha accompagnato i gioiosi festeggiamenti per il mio ritorno è stato una raccapricciante metafora della crisi che si apre davanti a noi e del bisogno di un illuminato rinascimento sia all’interno dell’Islam che nei rapporti tra l’Islam e il resto del mondo.”
Il 27 dicembre 2007 Benazir Bhutto, leader dell’opposizione democratica pakistana, viene uccisa in un attentato al termine di un comizio pre-elettorale. Cinque giorni prima di morire, Benazir consegna al suo agente letterario Riconciliazione. L’Islam, la democrazia, l’Occidente, libro a cui sta lavorando da diversi anni.
Quella che doveva essere una lucida e illuminante analisi che avrebbe accompagnato Benazir Bhutto nella sua attività di governo del Pakistan e nella gestione dei precari equilibri politici in cui il Pakistan è coinvolto, si è trasformata in un testamento politico, lasciato in eredità a chiunque voglia capire la difficile situazione politica mondiale. E Benazir Bhutto – cui la dittatura militare pakistana aveva già sottratto il padre e il fratello, e che era stata costretta alla detenzione prima e all’esilio dalla sua terra poi – dimostra in questa sua ultima testimonianza, ancora una volta, tutto il suo coraggio, condannando aspramente non solo il fondamentalismo islamico, ma anche l’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, per aver condotto negli anni una politica cinica e scellerata che li ha portati a sostenere gli stessi fondamentalisti islamici e la dittatura militare del generale Zia, in funzione antisovietica.
Ma da queste pagine emerge anche la chiara visione che una riconciliazione è possibile. E forse è proprio questa fede incrollabile che l’ha condotta, con assoluta consapevolezza, al sacrificio della propria vita.
NOTE BIOGRAFICHE
Benazir Bhutto, nata a Karachi, in Pakistan, nel 1953, era la figlia primogenita del deposto primo ministro pakistano Zulfiqar Ali Bhutto. Dopo la laurea in Scienze politiche presso l’Università di Harvard, si trasferì a Oxford per studiare politica, filosofia ed economia. Tornata in Pakistan subì gli eventi che condussero dapprima alla deposizione, quindi all’esecuzione di suo padre per volere del dittatore Muhammad Zia ul-Haq, e fu relegata agli arresti domiciliari. Quando, nel 1984, ottenne il permesso di tornare nel Regno Unito, divenne leader in esilio del Partito del popolo pakistano (PPP), già presieduto dal padre. È stata per due volte primo ministro del Pakistan, la prima nel 1988, all’età di trentacinque anni, divenendo la persona più giovane ma anche la prima donna a ricoprire tale incarico in un paese musulmano contemporaneo. Tornata in Pakistan dopo otto anni di esilio volontario a Dubai e Londra, è stata uccisa il 27 dicembre 2007 al termine di un suo comizio a Rawalpindi, a circa 30 chilometri dalla capitale Islamabad. È autrice di un’autobiografia, Figlia del destino, di prossima pubblicazione presso Bompiani.