Citazione spirituale

La voce dei clienti

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Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:14 ha scritto:

Anche se l'album è vecchiotto, è meraviglioso. Abbiamo appreso e cantato in questi giorni il magnificat. In generale i canti sono belli e facilmente eseguibili.


Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:12 ha scritto:

I canti sono orecchiabili, anche se mi aspettavo qualcosa di più. Nel complesso buono.


Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:10 ha scritto:

E' sempre emozionante e bello suonare i canti tradizionali del Santo Natale. Sufficienti le partiture.

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Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:08 ha scritto:

Adeguato alle esigenze del nostro coro. Buono.


Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:07 ha scritto:

I canti sono meravigliosi; molti li conoscevo ma altri mi fanno vibrare l'anima.


Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:05 ha scritto:

Mi aspettavo qualcosa di più.

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Prof. FRANCESCO RITROVATO il 16 febbraio 2015 alle 17:03 ha scritto:

Veramente molto bello.

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Catechista Francesca Brescianini il 16 febbraio 2015 alle 16:09 ha scritto:

Non posso fare la recensione di questo prodotto perché non mi è mai arrivato in quanto era esaurito...Peccato...alla fine ho scelto un altro prodotto...


mario cutuli il 16 febbraio 2015 alle 10:54 ha scritto:

Chissà, forse risuona ancora, nelle superstiti baracche del Furstenberg am Oder o di Nordhausen...
Melanconico e struggente. Quel vecchio clarinetto, forse suona ancora. Quasi a perenne ricordo di un rosario di sofferenza.
Aldo Valerio Cocco, quei giorni non li ha mai dimenticati. Hanno accompagnato le sue notti. Hanno dato corpo ai suoi incubi. Lo hanno segnato per sempre.
Ora quei ricordi amari, quegli amici che con lui hanno condiviso quell'inferno, quei fratelli che non hanno più fatto ritorno a casa, che hanno chiuso per sempre gli occhi nel freddo del lager, privati persino dell'affetto di una mamma o di una moglie, si sono trasformati in un sofferto diario.
“Un clarinetto nel Lager. Diario di prigionia 1943-1945”. Edizioni Messaggero Padova € 14.00, a cura di Patrizio Zanella, è una Via Crucis sul sentiero della memoria. Un doloroso pellegrinaggio lastricato da infinite sofferenze, da dolori mai sopiti...
Da quel drammatico 8 settembre 1943 alle ottanta ore di viaggio, stipato con in un vagone insieme a tanti altri infelici, all'arrivo al lager. Dalla fame e dal freddo, alle cimici, ai pidocchi che spesso si decideva di... mangiare “per recuperare il sangue che ci avevano tolto...”, ai tanti allarmi notturni che privavano delle già esigue ore concesse al sonno.
Appunti sparsi, pensieri asciutti che ricompongono una trama di violenze, di angherie, di umilianti vessazioni, di dolore, di rabbia, di speranze seguite da immediate smentite di un cuore per sempre ferito, ma anche di orgoglio per non essersi mai piegati alla tracotanza di carnefici addestrati, perché “Der deutsche Kniippel knechtet keinen italiener, denn Nachfolger Rom’s wachsen nicht unterm Joch” - Bastone tedesco, italiano non doma, non crescono al giogo le stirpi di Roma - come Valerio riusciva a dire nelle poche parole tedesche apprese in quell'inferno...
Pagine consumate dal tempo, solcate dal grigio di una matita ormai sbiadita, immortalate dalle note di un clarinetto diventato... “amico” e mezzo per barattare con il suo suono una rapa o un tozzo di pane ispessito e rancido...
Pagine gelosamente custodite in un cassetto che per cinquantanni Valerio si è rifiutato di aprire.
Una storia che appartiene ai tanti soldati che come lui avevano deciso di non aderire alla Repubblica di Salò e perciò prigionieri, ma fieri di essere italiani e soprattutto fedeli a valori patriottici che non possono essere traditi.
Una storia per ricordare. Per non dover più scrivere parole che raccontino di violenza e di morte. (Mario Cutuli)


Mario Cutuli il 15 febbraio 2015 alle 18:08 ha scritto:

Se nelle scritture ebraiche Dio comunica soltanto attraverso la parola, con l'incarnazione il “Verbo”, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, si fa carne, si cala nella storia e rivela finalmente il suo volto.
E' il volto del Padre che diventa - sfigurato, lacerato, deformato... - il volto dell'uomo.
Con “Dio storia dell'uomo. Dalla Parola all'immagine”, Edizione Messaggero, Padova, € 23.00, Andrea Dall'Asta, con la bella prefazione di Bartolomeo Sorge, ci invita ad un percorso molto affascinante che conduce dall'ascolto del Dio del Vecchio testamento, invisibile ma che parla, alla sua manifestazione, nel Nuovo, quando Dio e l'uomo sanciscono un nuovo patto. Una ricostruzione nel quale l'arte fa tutt'uno con la teologia, diventa, in un armonico, preziosissimo, tessuto interdisciplinare, antropologia e filosofia.
Un bel lavoro che prende avvio dal viso – fortemente espressivo, eppur indecifrabile nel mistero che lo racchiude - dell'“Annunciata”di Antonello da Messina che porta già in grembo l'Infinito, l'atteso, vaticinato messia. Lo vediamo già negli occhi dolci e assorti della mamma, quasi presaghi del disegno che Dio ha previsto per lei.
E' l'inizio di una storia di fede nella quale Dio viene annunciato nel corpo di una sconosciuta ragazza di Nazareth. Sono i primi passi sugli stessi sentieri dell'uomo. E il primo irrompere dell'Eterno nel tempo.
Dai mille simboli della divinità propri della cultura orientale, ricchi di allegorie, che velano e contemporaneamente svelano - il pesce, il Buon Pastore, il Basileus … Dall'Asta passa poi al “ritratto” del divino, anzi all'“Autoritratto”, (Albrecht Durer), la cui immagine sprigiona un'intensa sacralità nella quale il rispecchiarsi in Cristo «diventa simbolo di una nuova creazione, della coscienza di una profonda dignità umana che affonda le proprie radici nella fede cristiana».
L'immagine diventa, così, rappresentazione, della potenza, anzi della incontenibile magnificenza, come accade nell'iconografia dei tanti “Cristo Pantocrator”- famosissimo quello del XII sec. di Andrea Jemolo, che campeggia il catino del duomo di Monreale.
Un“Christus gloriosus” il cui sguardo, tenero, ma solenne, si prolunga nel Rinascimento italiano quando la laicizzazione della cultura e l'acquisita consapevolezza che l'uomo ha di essere artefice del proprio destino ripropongono un volto di Cristo che incarna la perfezione fisica e morale dell'uomo michelangiolesco della Cappella Sistina: forte, potente, atletico, rassicurante. Una rappresentazione che va oltre la statuaria bellezza greco-romana per riprodurne con straordinaria efficacia tutta la gloria, anche nella morte...
A differenza, di quanto accade, invece, nella stessa cultura rinascimentale, ma propria dell'area nord europea, soprattutto in quella di stampo luterana, nella quale prevale l'immagine del “Christus patiens” - il volto sofferente, spesso deforme, sfigurato - che sembra nascondere la propria divinità: forse la rappresentazione più autentica della miseria umana. Su quel viso l'uomo vede il proprio peccato.
Il Cristo sofferente, carico dei peccati dell'uomo, ritorna nell'iconografia del novecento, come accade nelle immagini dall'intenso e crudo realismo di Mattias Grunewald (“Crocifissione”) in quelle che si stagliano da uno sfondo notturno per esplodere in un trionfo di colori che trasformano l'uomo dei dolori del Cristo crocifisso nel copro spirituale, esile e leggero dell'uomo della “Risurrezione”, ma che porta ancora intatti i segni della passione.
Il “Christus patiens” caratterizza soprattutto l'opera di Rouault nel ciclo del “Miserere” o nei soggetti, segnati dal peccato – disfatte prostitute, volti inquietanti, clown vagabondi – che ricompongono il volto stesso di Cristo, devastato eppur sublime nei suoi tratti, quasi a garantire la speranza di un riscatto per tutti, secondo quella promessa “Beati coloro che soffrono, di loro è infatti il regno dei cieli...”
L'immagine di Dio può anche diventare testimonianza di un incontro, come succede ad Ignazio di Loyola – nella visione del Bambino Gesù in braccio a Maria – o a Teresa d'Avila alla quale l'apparizione di Dio risveglia e rinsalda la fede. Può, nel modo più semplice, ma fortemente espressivo, sintetizzare il volto stesso della Chiesa amorevole-(“La cena di Emmaus” di Rembrandt Van Rjin), o premurosa sposa di Cristo (“Le nozze di Cana” di Paolo Veronese)...
Dall'Asta chiude poi la ricostruzione della straordinaria irruzione di Cristo nella storia dell'uomo con la cosiddetta “arte della differenza”, nella quale, complice la proclamata “morte di Dio” di Nietzsche o nella monocromia contemporanea (David Simpson) - nella quale la relazione che l'uomo ha col divino va oltre l'immagine - Dio sembra nuovamente eclissarsi. Come pretendesse di essere cercato. Quasi obbligasse l'uomo ad avvertirne la mancanza...
Nella straordinaria ricchezza che il lavoro di Dall'Asta racchiude, riemerge la mai abbastanza ribadita convinzione dell'assenza di una distinzione tra l'arte “sacra” e quella “profana”.
L'artista, o leggiamo chiaramente nelle pagine del libro, non “crea”. Egli è un soltanto mediatore del sacro nella sua più ampia accezione – si pensi a Platone o a Socrate che parla dell'arte come di una “divina possessione”, o se si vuole, in pieno romanticismo, a Schelling che parla dell'Infinito (Dio?), come del vero artista. Chi esegue l'opera d'arte, non parla mai in prima persona, è soltanto “strumento” e ciò che dice viene dall'alto. L'artista di ogni tempo porta alla luce, svela «profondità abissali», non come semplice epifania del divino, né come meccanica imitazione della natura … «Il gesto dell'arte , scrive Dall'Asta, si fa atto che inaugurando una realtà nuova del mondo, imita il primo e inaccessibile “Fiat”, il primo inafferrabile istante creatore». (Mario Cutuli)

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Studente Paolo Schilirò il 14 febbraio 2015 alle 18:06 ha scritto:

Utile per chi, interessato allo studio più analitico della Bibbia se ne voglia accostare cominciando una "infarinatura" a un mondo complesso e articolato come quello delle sacre scritture. Uno studio però che non sia fine a se stesso, ma strumento per una Fede più autentica e gioiosa!

Obbedienza - Raniero Cantalamessa
Libro
Raniero Cantalamessa Ancora (marzo 2013, 80 p.)

Studente Paolo Schilirò il 14 febbraio 2015 alle 18:03 ha scritto:

In un mondo pieno stracolmo di egoismi e privilegi il tema dell'obbedienza sembra antiquato e poco interessante. Il libretto di padre Raniero ci aiuta a dare il giusto senso e significato a una virtù che è la base per creare un mondo più giusto!

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Studente Paolo Schilirò il 14 febbraio 2015 alle 18:00 ha scritto:

Il libro fornisce nuovi spunti di riflessioni al sempre attuale e moderno atteggiamento di Giobbe. Il credente tormentato che soffre sulla sua pelle il mistero della chiamata divina, il mistero del bene e del male|


Studente Paolo Schilirò il 14 febbraio 2015 alle 17:56 ha scritto:

Ogni opera di mons. Ravasi risulta una guida luminosa del credente che come un cercatore di perle si sforza sempre di trovare sempre più nuove e valide motivazioni al suo credere,alla sua FEDE.


Camilla Cicogna il 14 febbraio 2015 alle 15:34 ha scritto:

Nella costruzione di un percorso collegato alla Guida, trovo il testo interessante. Penso però che sia da integrare però con altri approfondimenti legati alla vita dei bambini con cui si cammina e si riflette.